Uno scritto di Flavio46

Parlare dell’amicizia non è cosa facile, talmente tante le cose che si potrebbero dire, e poiché il tema è stato affrontato sapientemente da numerosi filosofi e poeti, mi limiterò a citarne solo due certamente fra i piu grandi.
Aristotele riteneva che “L’amicizia è una virtù o s’accompagna alla virtù; inoltre essa è cosa necessarissima per la vita. Infatti nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se avesse tutti gli altri beni (e infatti sembra che proprio i ricchi e coloro che posseggono cariche e poteri abbiano soprattutto bisogno di amici; quale utilità vi è in questa prosperità, se è tolta la possibilità di beneficare, la quale sorge ed è lodata soprattutto verso gli amici? O come essa potrebbe esser salvaguardata e conservata senza amici? Infatti quanto più essa è grande, tanto più è malsicura). E si ritiene che gli amici siano il solo rifugio nella povertà e nelle altre disgrazie; e ai giovani l’amicizia è d’aiuto per non errare, ai vecchi per assistenza e per la loro insufficienza ad agire a causa della loro debolezza, a quelli che sono nel pieno delle forze per le belle azioni”.
(Aristotele, Etica Nicomachea, trad. it. in Opere, vol. VII, Bari, Laterza, 1983, libro VIII, cap. 1, pp. 193-194)
Cicerone nel “De Amicizia” si esprime in dettaglio e molto esaurientemente sull’argomento: “Mi sembra chiaro – egli dice – che siamo nati perché si instauri tra tutti gli uomini un vincolo sociale, tanto più stretto quanto più si è vicini. Così agli stranieri preferiamo i concittadini, agli estranei i parenti. L’amicizia tra parenti, infatti, deriva dalla natura, ma difetta di sufficiente stabilità. Ecco perché l’amicizia è superiore alla parentela: dalla parentela può venir meno l’affetto, dall’amicizia no. Senza l’affetto, l’amicizia perde il suo nome, alla parentela rimane. Tutta la forza dell’amicizia emerge soprattutto dal fatto che, a partire dall’infinita società del genere umano, messa insieme dalla stessa natura, il legame si fa così stretto e così chiuso che tutto l’affetto si concentra tra due o poche persone. L’amicizia non è altro che un’intesa sul divino e sull’umano congiunta a un profondo affetto. Eccetto la saggezza, forse è questo il dono più grande degli dèi all’uomo. C’è chi preferisce la ricchezza, chi la salute, chi il potere, chi ancora le cariche pubbliche, molti anche il piacere. Ma se i piaceri sono degni delle bestie, gli altri beni sono caduchi e incerti perché dipendono non tanto dalla nostra volontà quanto dai capricci della sorte. C’è poi chi ripone il bene supremo nella virtù: cosa meravigliosa, non c’è dubbio, ma è proprio la virtù a generare e a preservare l’amicizia e senza virtù l’amicizia è assolutamente impossibile.
Certo l’amicizia non deve essere una conseguenza dell’interesse, ma l’interesse conseguenza dell’amicizia.
E per capirla e parlarne bisogna averla conosciuta non solo in teoria ma soprattutto nella in pratica.
Bisogna diffidare da quelle persone fortunate dal carattere affabile, cambiano dopo aver ottenuto una carica pubblica o un successo, e disprezzano le vecchie amicizie e per farsene delle nuove.

Gli amici scelti devono essere dotati di fermezza, stabilità e coerenza – e di tali caratteristiche vi è grande penuria! E giudicare una persona senza metterla alla prova è davvero difficile, ma la prova è fattibile solo se si è instaurato il legame. Così, l’amicizia precorre il giudizio e finisce con eliminare la possibilità di fare una verifica.
Conviene sempre scegliere un amici sinceri e gentile che siano mossi dai nostri stessi sentimenti e che siano sempre in buona fede.
“Così accade in verità che l’amicizia non può esistere se non tra gli onesti. Infatti, è proprio dell’uomo onesto, che è lecito chiamare saggio, osservare che non vi sia niente di finto o simulato; infatti, è proprio degli animi nobili persino odiare apertamente piuttosto che celare il proprio pensiero dietro un falso aspetto. Inoltre non solo respinge le accuse fattegli da qualcuno, ma non è neppure sospettoso, pensando sempre che l’amico abbia commesso qualche errore.
Conviene aggiungere, infine, la dolcezza di parola e di modi, condimento per nulla trascurabile dell’amicizia. Il cattivo umore e la continua serietà comportano sì un tono di sostenutezza, ma l’amicizia deve essere più rilassata, più libera, più dolce, più incline a ogni forma di amabilità e di cortesia”.
Degno di amicizia è chi ha dentro di sé la ragione di essere amato. Specie rara! Davvero, tutto ciò che è bello è raro; niente è più difficile che trovare una cosa perfetta, nel suo genere, sotto ogni aspetto.
Di tutti i beni della vita umana l’amicizia è l’unico sulla cui utilità gli uomini siano unanimemente d’accordo. È vero che molti disprezzano la virtù e la considerano uno sfoggio, un’ostentazione; molti, che si accontentano di poco e amano un tenore di vita semplice, spregiano invece le ricchezze; e le cariche politiche, il desiderio delle quali infiamma alcuni, quanto sono numerosi quelli che le disprezzano, al punto da considerarle il culmine della vanità e della frivolezza! Allo stesso modo, quel che per gli uni è meraviglioso, per moltissimi non vale niente. Ma sull’amicizia tutti, dal primo all’ultimo, sono d’accordo, da chi fa della politica una ragione di vita a chi si diletta di scienza e filosofia, da chi, al di fuori della vita pubblica, si occupa dei propri affari a chi, infine, si dà anima e corpo ai piaceri. Tutti sanno che la vita non è vita senza amicizia, se almeno in parte si vuole vivere da uomini liberi.
L’amicizia, infatti, si insinua, non so come, nella vita di tutti e non permette a nessuna esistenza di trascorrere senza di lei. Anzi, se un uomo fosse di indole tanto aspra e selvaggia da rifuggire da ogni contatto umano e da detestarlo, non potrebbe tuttavia fare a meno di cercare qualcuno cui vomitare addosso il veleno della sua acredine.
Allora è vero quanto ripeteva, se non erro, Archita di Taranto: “Se un uomo salisse in cielo e contemplasse la natura dell’universo e la bellezza degli astri, la meraviglia di tale visione non gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe, ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe nessuno cui comunicarla.” Così la natura non ama affatto l’isolamento e cerca sempre di appoggiarsi, per così dire, a un sostegno, che è tanto più dolce quanto più caro è l’amico.
È vero: la natura stessa ci dichiara con tanti segni cosa vuole, cosa ricerca ed esige, ma noi diventiamo sordi, chissà perché, e non diamo ascolto ai suoi avvertimenti. In realtà, i rapporti di amicizia sono vari e complessi e si presentano molti motivi di sospetto e di attrito; saperli ora evitare, ora attenuare, ora sopportare è indice di saggezza. Un motivo di risentimento in particolare non va inasprito, per poter conservare nell’amicizia vantaggi e lealtà: bisogna avvertire e rimproverare spesso gli amici e, con spirito amichevole, bisogna accettare da loro gli stessi rimproveri se sono ispirati dall’affetto
Se, dunque, è indice di vera amicizia ammonire ed essere ammoniti – e ammonire con sincerità, ma senza durezza, e accettare i rimproveri con pazienza, ma senza rancore -, allora dobbiamo ammettere che la peste più esiziale dell’amicizia è l’adulazione, la lusinga e il servilismo. Dagli tutti i nomi che vuoi: sarà sempre un vizio da condannare, un vizio di chi è falso e bugiardo, di chi è sempre pronto a dire qualsiasi cosa per compiacere, ma la verità mai.
Del resto l’adulazione, per quanto sia pericolosa, nuoce soltanto a chi l’ammette e se ne compiace. Ecco perché è proprio l’uomo pieno di sé e tutto preso dalla propria persona a spalancare le orecchie agli adulatori.
È la virtù, sì è la virtù, o Caio Fannio e tu, mio Quinto Mucio, a procurare e a conservare le amicizie. In essa c’è armonia, stabilità e coerenza. Quando sorge e mostra la sua luce, quando vede e riconosce la stessa luce in altri, vi si avvicina per ricevere, a sua volta, la luce che brilla nell’altro. Si accende così l’amore, o l’amicizia (entrambi i termini derivano infatti da amare). E amare altro non è che provare per chi si ama un affetto fine a se stesso, indipendente dal bisogno e dalla ricerca di vantaggi. I vantaggi, tuttavia, sbocciano dall’amicizia, anche se non sei andato a cercarli.
Ma dal momento che la fragilità e la caducità sono componenti della vita umana, dobbiamo sempre cercare persone a cui dare amore e da cui riceverne: senza amore e affetto la vita perde ogni gioia.
Vi esorto dunque a collocare tanto in alto la virtù, senza la quale l’amicizia non può esistere, da pensare che nulla è più nobile dell’amicizia, eccetto la virtù.
(Vos autem hortor ut ita virtutem locetis, sine qua amicitia esse non potest, ut ea excepta nihil amicitia praestabilius putetis.)”

Autore: Flavio46     24 aprile  2009

4 Commenti a “L’AMICIZIA”

  1. flavio.46 scrive:

    Cara Paola, il discorso woloff, della cui cultura oer la verità non sono assolutamente preparato ma che non si può non condividere, non fa che confermare, se non ripetere, tutto ciò che ci ha insegnato Cicerone il quale ha detto esattamente le stesse cose.

  2. flavio.46 scrive:

    Per Lorenzo. Sarò felice di parlarne ma corriamo il rischio di ripetere pedissequamente quanto detto da Cicerone che in fatto di amicizia ne sapeva moltissimo.
    Comunque mi impegno a farlo ma non subito, solo ai primi di giugno, perchè domani domenica 26 parto per un tour in giro per l’Italia e tornerò verso la fine di maggio.
    Ciao e grazie

  3. paolacon scrive:

    Tanti anni fa un ragazzo senegalese, che mi è molto caro, mi insegnò un proverbio woloff:
    “Non si prende l’anima d’un amico senza dare l’anima”.
    Questa è in poche parole, per me, la vera letteratura sull’amicizia, anche se appartiene alla tradizione orale woloff, e non ha mai avuto il bene di essere stata scritta.

  4. lorenzo.RM scrive:

    Bene Flavio, abbiamo saputo come la pensavano gli antichi. E noi? Com’è l’amicizia dell’era contemporanea? Vogliamo parlarne? Ricomincia tu

Scrivi un commento
nota:  I COMMENTI DEVONO ESSERE PERTINENTI ALL ARGOMENTO A CUI SI RIFERISCONO E NON DEVONO ESSERE INSULTANTI PER CHI HA SCRITTO L'ARTICOLO O PER UN ALTRO COMMENTATORE