Artemisia Gentileschi Artista indipendente
Si è sempre parlato in modo marginale del talento femminile, sia nel campo letterario che artistico. Se ci riferiamo, poi, a periodi molto lontani, e precisamente al Cinquecento, epoca in cui visse l’artista della quale parlerò, sarebbe stata un’onta grandissima, di “lesa maestà”, poiché la pittura era esclusivo appannaggio del mondo maschile.
Espressione della “pittura-donna” fu proprio Artemisia Gentileschi, nata a Roma nel 1593, che apparteneva, come il padre Orazio, alla corrente pittorica del caravaggismo.
La figura di questa artista in Italia è, purtroppo, ancora in penombra, mentre è molto più conosciuta ed apprezzata all’estero, soprattutto in Inghilterra, dove visse alla corte di Carlo I.
Figlia, come detto, del pittore toscano Orazio Gentileschi, Artemisia, fin dall’infanzia dimostrò un grande talento per la pittura, di gran lunga superiore a quello dei fratelli.. Dal padre apprese il disegno, il modo di impastare i colori e di dare lucenezza ai dipinti.
Aveva solo diciassette anni quando dipinse la sua prima opera: “ Susanna e i vecchioni”, oggi appartenente alla collezione Schönborn a Pommersfelden, che riflette lo stile del Caravaggio.
Artemisia crebbe con un carattere molto indipendente, volitivo, intraprendente, ed avvertì costantemente un grande desiderio di autonomia, nonostante avesse un rapporto morboso, anche se conflittuale, con il padre.
A diciotto anni subì uno stupro da parte del pittore Agostino Tassi, collaboratore del Gentileschi.
Il padre di Artemisia denunciò il Tassi che, dopo la violenza, non avrebbe potuto “rimediare” con un matrimonio riparatore, poiché era già sposato.
Il resoconto della testimonianza della giovane, al processo, è di una crudezza estrema:
“Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne”.
Artemisia subì un’ulteriore violenza ed umiliazione: fu sottoposta a tortura, perché ritrattasse le accuse al Tassi, (schiacciamento dei pollici… un supplizio crudele per una pittrice).
Lo stupratore se la cavò con una lieve condanna, poiché lo stupro non era considerato un fatto grave a quei tempi, ma una conseguenza “quasi naturale” nel rapporto tra un uomo e una giovane donna…..
Artemisia rimase profondamente segnata dalle violenze ed umiliazioni subìte e se ne ritroveranno le tracce nel suo capolavoro “Giuditta decapita Oloferne”, esposto a Firenze, nella Galleria degli Uffizi, dipinto nel 1612-1613. Il quadro raffigura una scena di violenza impressionante.
Un mese dopo la conclusione del processo, Orazio Gentileschi combina il matrimonio di sua figlia Artemisia con l’artista fiorentino Pietro Antonio Strattisi. La coppia si trasferì a Firenze ed ebbe quattro figli. Tuttavia, solo la figlia Prudenzia visse sufficientemente a lungo per seguire la madre nel ritorno a Roma e poi a Napoli.
Artemisia ebbe una vita assai movimentata e affascinante, ma anche costellata di insidie, che riuscì a superare grazie alla sua spiccata personalità, a un’ indomita volontà e all’eccezionale forza d’animo.
Durante il suo soggiorno a Firenze, ebbe un incoraggiante successo e seppe mantenere buoni rapporti con i maggiori artisti del tempo. Conobbe anche Galileo Galilei con il quale rimase in contatto epistolare anche dopo il periodo fiorentino.
Da Firenze si trasferì a Napoli, dove ricevette attestati di grande stima dal Viceré Duca d’Alcalà.
Nel 1638 Artemisia raggiunse il padre a Londra, alla corte di Carlo I, dove Orazio era diventato pittore di corte.
Padre e figlia, dopo molto tempo, si ritrovarono legati da un rapporto di collaborazione artistica.
Alle prime avvisaglie della guerra civile, nel 1642, Artemisia lasciò l’Inghilterra e ben poco si seppe dei suoi successivi spostamenti.
Si trovarono, in seguito, delle tracce di una sua ulteriore permanenza a Napoli, dove morì nel 1653.
Nonostante la discriminazione culturale, di natura sessuale, Artemisia fu una delle poche protagoniste femminili della Storia dell’arte europea. Essa diventò anche il simbolo del femminismo e della ribellione al potere maschile.
Elenco dei suoi principali dipinti:
-Susanna e i vecchioni – 1
-Susanna e i vecchioni – 2
-Giuditta decapita Oloferne
-Autoritratto, come allegoria della pittura
-Danae
-Giuditta con la sua ancella
-Autoritratto come martire
-Lucretia
-La morte di Cleopatra
Giovanna3.rm 23.06.2009
Tio ringrazio Flavio per il commento approfondito che hai lasciato su Artemisia Gentileschi.
Quando lessi una sua biografia,rimasi profondamente colpita dalla sua personalità, dalle sue vicende umane e dal suo grande talento. Cercai quindi di ampliarne la conoscenza, studiando i suoi quadri, alcuni dei quali senza dubbio riflettono la violenza subìta, per esorcizzarla, penso.
Comunque mi fa piacere sapere che conoscevi la sua storia.
Un cordiale saluto
E’ davvero un bel pezzo questo di Artemisia Gentileschi, a torto spesso ignorata o trattata con molta sufficienza. Ma io credo che, come il padre, Artemisia Gentileschi occupa un posto importante fra i cosiddetti “caravaggeschi”, quella importante schiera di pittori che seguirono le orme lasciate dal grande Michelangelo Merisi.
In un primo momento, come risulta evidente dalla “Susanna” datata 1610, nella pittura di Artemisia si può notare una grande affinità fra Lei e il padre Orazio. Nel periodo successivo al 1630 quando subì l’influenza della pittura napoletana assunse una fisionomia ben lontana dal tocco raffinato del padre.
Nelle sue opere si notano molti tratti di uno stile pervaso da sensi di violenza dovuti anche alla terribile vicenda che dovette subire e affrontare successivamente.
Ma oltremodo realistico è il quadro che rappresenta “Giuditta e Oloferne” realizzato a Firenze. Qui Giuditta, assistita dall’ancella, taglia con energia la testa del suo nemico. Lo spadone entra nel collo spinto con forza e il sangue schizza dappertutto, Lei si mantiene a distanza preoccupata di non sporcarsi ma anche perché (atteggiamento e sentimento squisitamente femminili) ha ribrezzo per quello che sta facendo.
Sei molto brava Giovanna a parlarci del bello che facilmente possiamo trovare oggi solo nell’arte.
Ciao
Domenico, grazie per i complimenti e per gli auguri: li ho graditi moltissimo.
Giovanna, complimenti, continua in questo viaggio nell’arte. Che le donne non siano da meno come artiste è indubbio, ma non sono molto conosciute (forse solo da me) Grazie di aver colmato una lacuna!
Cara Giovanna siamo veramente contenti di poter leggere ciò che con tanto amore ci hai proposto. Il filone artistico che hai intrapreso credo che sia di grande interesse per tutti noi Difficilmente saremmo andati a documentarci su questa grande artista ,che oggi ,con grande bravura ci saputo presentare ,,brava!Grande artista,di forte carattere,di spiccata sensibilità da sapersi imporre in un periodo come quello ,,credo che ,in tutta tranquillità possiamo dire che è stata una pioniera della rivendicazione femminile .Le sue opere ,la sua vita ,meriterebbero di essere approfondite, perché un artista di cosi’ alto spessore ,non può e non dovrebbe passare inosservato ,colgo l’occasione di farti i miei auguri di cuore per il tuo onomastico ,ciaooooooooo sei una persona ,dire squisita dico semplicemente e solamente poco ….AUGURI…………….domè
Hai ragione lieve il libro è molto bello e fa parte di una serie di libri che raccontano sia pure in forma romanzata la vita e le vicende di pittori famosi e di altri artisti.Come la ragazza dall’orecchino di perla sulla vita di Vermeer il grande pittore fiammingo; e La dama dell’unicorno sulla produzione degli arazzi due bei libri che consiglio a chi si occupa d’arte
Grazie Giovanna. Stai facendo un lavoro di approfondimento che ci mette a conoscenza, fra l’altro, di particolari imoprtanti. La vita di Artemisia, poi, è illuminante sui problemi di vita delle donne, anche se di rango e impegnate nell’arte.
Il tuo servizio merita la mia stima!
Non conoscevo a sufficenza Artemisia Gentileschi, ti ringrazio,con il tuo scritto ho potuto conoscere il suo valore e la sua vita travagliata di artista indipendente.
ho letto un bellissimo libro “la passione di Artemisia” ed è scritto da Susan Vreeland,narra la straordinaria avventura di Artemisia, prima pittrice celebrata e riconosciuta nella storia dell’arte.Donna di grande spessore artistico e di forza d’animo. Essa infranse tutte le regole del tempo x affermarsi. un libro che tutte le donne dovrebbero leggere… (anche tutti gli uomini)…