Sino a qualche settimana fa lo spettro della deflazione, cioè abbassamento indiscriminato dei prezzi, si aggirava per il mondo economico: nemico indiscusso dello sviluppo e terrore delle banche.
Oggi, mentre qualcuno già caldeggia l’idea che il peggio è passato, tra le righe si leggono due segnali.
Uno viene dal Governatore della Banca D’Itatlia Draghi che, pur ammettendo che il peggio sembra sia passato, avverte che c’è un eccesso di liquidità e quindi un pericolo inflazionistico.
Stesso pericolo avverte anche qualche commentatore economico, individuando la provenienza dell’effetto negli USA.
Ecco questi elementi mi han fatto riflettere raso terra, per aiutarmi a non restare sbalordito tra qualche mese.
Qual è il ragionamento alla base di questa conclusione?
La crisi è iniziata con il default di alcune banche, più all’estero, in USA in particolare, che non da noi dove è stata sufficiente (?) la dotazione di qualche stampella qua e la. Poi si è trasferita all’economia reale, con un calo degli ordini e conseguente diminuzione dell’occupazione.
In questo momento viviamo un incremento della disoccupazione ed un’impennata dei mezzi messi a disposizione per il sostegno del reddito (cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga; mobilità; prepensionamenti).
Ad un certo punto, visto che il PIL (Prodotto Interno Lordo) crolla, crolleranno anche le entrate tributarie e contributive.
Quale sarà l’esito finale? L’accettazione di un po’ di inflazione.
Come? Ad esempio con l’immobilismo nei confronti delle speculazioni che gonfiano i prezzi, ad esempio la speculazione attuale sul petrolio.
Mi chiedo: come mai un anno fa il barile di petrolio costava 150 dollari, poi è sceso a 35 e ora torna a 80 (con la prospettiva di chiudere l’anno a 90)?
Quando la domanda aumenta il prezzo sale.
Altra domanda: ma chi acquista petrolio, fa scorta quando il prezzo aumenta o quando diminuisce?
La risposta è ovvia, si compra sempre quando il prezzo diminuisce, a meno che
la nostra classe imprenditoriale non sia capace di fare il suo mestiere.
Viste queste considerazioni mi sembra ovvio che quello che stiamo consumando oggi è il petrolio acquistato quando i prezzi erano bassi.
Ecco cos’è una speculazione: vendere benzina a 1,35 come se il petrolio acquistato si fosse pagato a 80 $ e non a 45. Ed ecco che l’immobilismo dei governi fa il resto (non di tutti, lo scorso anno quando il gasolio qui era a 1,55 in Francia l’ho pagato al massimo 1,25 e oggi in Spagna costa 0,87 contro i nostri 1,12). Come?
Consentendo un’artificiale aumento del prezzo della benzina, e del gasolio, si innesca un aumento generalizzato dei prezzi, questo permette di aumentare le entrate tributarie pur in presenza di una diminuzione del PIL, vale a dire recuperare parte di quelle risorse utilizzate per gli ammortizzatori sociali.
Inoltre una modesta inflazione consente di far diminuire il valore di stipendi e pensioni attraverso un minore potere d’acquisto.
A questo si oppone la BCE (Banca Comune Europea) che ritiene prioritario dover tenere l’inflazione sotto controllo. Ma cosa propone la BCE? Una stretta finanziaria, cioè minore spesa pubblica che, in soldoni, significa minori prestazioni ospedaliere e specialistiche, minori risorse per la scuola pubblica, i trasporti, le comunicazioni e tutti quei capitoli di spesa che possono essere tagliati.
Magari avremo un po di uno e un po dell’altro al fine di mantenere il materialismo della felicità attraverso i mezzi economici distribuiti a macchia di leopardo senza un progetto, se non il vivere alla giornata.
Coraggio, abbiamo appena votato il rinnovo del Consiglio Europeo: con tutta la
gente nuova che c’è prenderanno decisioni vecchie? Auguri.
Popof, gli equilibri inflazione-deflazione non possono essere affidati al libero mercato, cioè non sono automatici. Se una cosa ci ha fatto capire la crisi in atto è questa. Naturalmente tale circostanza aumenta le responsabilità dei governi, sia degli stati singoli che delle organizzazioni superstatuali. L’equilibrio, in una situazione di concorrenza internazionale e della fatale crescita delle domande di intervento interne non può che essere precario. Si procede spesso a tentoni o sulla base di spinte e controspinte. Io penso che in una situazione così complicata è inutile prendersela con questo o con quello. Bisogna mettersi attorno ad un tavolo e coinvolgere quanti hanno potere decisionale alla ricerca della soluzione migliore sia sul piano interno che internazionale, coscienti del fatto che una cosa che va bene a noi o a parte di noi potrebbe andare molto male , ad esempio, per altri stati che stanno assieme a noi in Europa. O per gli stati che sono poveri e non hanno santi in paradiso. Io sinteticamente direi che bisogna verificare le compatibilità. Non tutti possono raggiungere gli obiettivi che si prefiggono. Capitalisti, lavoratori, pensionati, finanzieri, UE, USA, ecc. Dalle compatibilità possono trarsi ricette giuste e condivise. Se invece guardiamo solo ad un problema, ad un interesse e ci scordiamo tutte le altre variabili non facciamo il bene di nessuno e, forse, una grande confusione.
popof bene l’articolo che evidenzia, con convinzione che l’italia è piena di furbetti di quartiere, che s’arricchiscono alle spalle della povera gente, ma nonostante la TV e la carta stampata , negano l’evidenza d’una crisi reale, il popolo comincia a rumoreggiare chissà dove arriveremo staremo a vedere i pensionati sono in sofferenza i lavoratori dipendenti, ormai annaspano alla 2 settimana, con il continuo aumento dei prezzi, e come al solito si dice che siamo in ripresa di cosa?
popof,scrivili piu’ spesso questi articoli,almeno persone come me che nn capiscono nulla di tutto questo, possono capire grazie popof