Ho cominciato a fare vela a 16 anni. A quel tempo ero amico del figlio del comandante dell’Accademia Navale di Livorno e cosi insieme a lui cominciai a prendere lezioni di vela da un sottocapo che ad ogni errore ci premiava con un colpo di stecca da vele. Certi pomeriggi avevamo le gambe piene di lividi.
Imparammo senz’altro a guidare una stella che è già una considerevole barca a vela, ma non sapevamo altro.
Ai diciotto anni abbiamo fatto un corso completo. Una cosa più seria dove oltre che alle tecniche relative alla vela si cominciò a parlare di navigazione, di rotta di calcoli di rotta, di uso del sestante, di radio goniometri e di calcolo del punto nave.
Ora si poteva parlare di andare per mare. Ma non avevamo una barca; la prima occasione si presentò quando un medico amico di mio padre e proprietario di una bella barca, ci chiese se volevamo fare un giro per l’arcipelago toscano, visto che non si fidava ad andare solo. Fu un giro di soli otto giorni ma fu indimenticabile facemmo l’Elba, la Capraia e la Gorgonia, tre isole una più bella dell’altra, il tempo era splendido e potemmo provare tutte le andature bolina, traverso e poppa.
Poi per diversi anni ci siamo accontentati di fare vela con piccole derive 5,20 e 4,70 niente di più. Intanto avevo cominciato a lavorare e la vela la potevo fare solo durante le vacanze. Venni trasferito a Ivrea dove ci sono diversi laghi, e dove sul più grande c’è un circolo velico, qui mi sono subito iscritto e ho comprato un piccolo cabinato di 6 metri, su cui passavo gran parte del sabato e della domenica. Comprai un carrello e durante le vacanze me lo portavo dietro sino a Castiglioncello, dove mio padre aveva una casa e cosi tutti i giorni uscivamo in mare con moglie e bambini e facevamo il bagno al largo. Si perché nel frattempo mi sono pure sposato e sono arrivati due figli un maschio e una femmina. Cominciai a viaggiare per lavoro e in Norvegia sono stato invitato spesso da colleghi a far parte di equipaggi di vela, cosi ho preso confidenza col mare del nord, che è molto più difficile dei nostri mari e spesso è molto violento.
Ma anche lì si impara. Si apprende che si può navigare anche con condizioni estreme, si impara a ridurre la velatura e ad affrontare il mare nella maniera più conveniente. I Norvegesi sono bravissimi e io ho imparato a trattarli con rispetto, dopo aver visto con che disinvoltura guidavano la loro barca. Purtroppo sono quasi sempre andato in Norvegia d’inverno e cosi, il piacere della vela, era un po’ rovinato dal gran freddo, cui io non ero abituato . Loro i “Vikinghi”, come li chiamavo io, ridevano e mi offrivano la bottiglia di Snaps per riscaldarmi, ma io mi spellavo le mani intirizzite dal freddo. Solo una volta ho fatto vela in Norvegia d’estate e la cosa era totalmente diversa. Il mare più calmo, il sole che tramontava alle 23,30 e risorgeva alle una e mezza, la possibilità di passare tutto il fine settimana in mare, comprare il pesce dai pescatori e mangiarlo a bordo, senza toccare terra. Una esperienza unica.
Dopo la Norvegia il lavoro mi ha portato in Israele, ma lì si poteva far vela solo con piccole derive, ma era divertente lo stesso.
Indubbiamente le esperienze più belle le ho vissute in Australia. Sidney è una città splendida, affacciata su una baia enorme, che si apre sul pacifico e che in ogni momento brulica di barche a vela dalle più piccole, alle più grandi. E’ uno spettacolo vedere tutte quelle vele colorate e il gran rispetto che i natanti a motore hanno per i velisti, cosa impensabile in Italia. I tramonti sul pacifico hanno colori incredibili e il navigare senza rumore (e senza inquinare) è splendido. Meno splendido è vedere che si è sempre seguiti da due o tre pescicani, di notevoli dimensioni, che impediscono in modo assoluto di fare il bagno. Noi abbiamo i delfini che sono molto più belli e soprattutto sono innocui, loro hanno i “ damn sharks” gli squali dannati come li chiamano laggiù.
Mi sono quindi trasferito in Perù dove ho vissuto per sei anni e anche lì ho potuto fare vela spesso, perché molti degli amici avevano una barca a vela. Il pacifico è veramente il paradiso dei velisti, con i suoi venti costanti e con le correnti ben segnate sulle carte e questo spiega la bravura dei Neozelandesi in fatto di vela. Sono spesso andato a pescare con amici in barca a vela e si pescavano dei pesci di considerevoli dimensioni. Io guardavo stupefatto, visto che di pesca d’altura non capisco molto, cosa riuscivano a tirare su.
Al ritorno dal Perù per dieci anni con un gruppo di amici, ogni anno ci prendevamo venticinque giorni di pausa e affittavamo a Trieste una grossa barca a vela e per tutto questo tempo scorrazzavamo in lungo e in largo per l’Adriatico, eravamo in nove e su una barca di 19 metri si stava più che comodi. Abbiamo girato tutto l’arcipelago delle Kornat comprando il pesce dai pescatori e andando a terra solo per rifornirci di acqua per la doccia. Siamo arrivati sino a Dubrovnik e al Pireo in Grecia e abbiamo smesso solo quando la situazione con la Yugoslavia è peggiorata. Nel 1990 infatti siamo stati fermati da una fregata Croata che pensava trasportassimo armi e dopo una perquisizione, sotto la minaccia dei mitra, abbiamo deciso che era meglio smettere. Dopo queste esperienze, per due anni sempre con quel gruppo, ho fatto due Barcolane che sono la regata annuale di Trieste alla quale partecipano centinaia di barche. Andato in pensione e dopo un infarto che si è felicemente concluso, si è chiusa la mia stagione velistica.
Antonio2.li 31 05 2009
Ah dimenticavo,sono anch’io un appasionato di vela, ma non praticante, se non quando qualche amico mi invita sulla sua barca, ma questo succede molto di rado, cosa che mi piacerebbe succedesse piu spesso.
Ciao Antonio, ho letto il tuo racconto e’ molto emmozionante, complimenti,mi auguro che tu abbia ancora qualcosa da raccontarci arrivederci alla prossima.
ero già al corrente di qualcosa,ma mi hai affascinata lo stesso,grazie Antonio.
allora Antonio io ci conto e non farmi fare da zavorra…
Infatti Popof non mi ha fermato affatto e vedrai che vi racconterò qualche altra cosa
Ricorda Antonio, un infarto non ci deve fermare, mai.
Se no che ci racconti la prossima volta?
Grazie per il passagio in barca.
Sono io che ringrazio voi per l’ospitalità e l’attenzione
Grazie Antonio per le emozioni che ci hai dato.