Paul Gauguin- Pittore francese (Parigi, 1848-La Dominique, Isole Marchesi, 1903).
Da parte di madre aveva ascendenti peruviani, e da fanciullo era vissuto qualche anno a Lima: dal nonno materno, don Mario Tristan y Moscoso.
La casa di don Tristan, dove l’artista visse fino all’età di sette anni, circondato da lusso e da tenerezze, sarà il primo paradiso perduto, rimpianto da Paul Gauguin.
Alle sue origini peruviane egli amava far risalire il suo amore per le cose esotiche e il suo desiderio d’evasione da un mondo troppo civilizzato.
La conoscenza di quella civiltà molto diversa da quella occidentale fu importante per tutta la sua vita.
Passò qualche tempo in seminario, divenne marinaio a 17 anni, viaggiò in Brasile, entrò nella flotta e la lasciò nel 1871; s’impiegò quindi presso una banca, si fece una famiglia e guadagnò facilmente denaro.
Aveva frattanto cominciato a dipingere da dilettante, guardando soprattutto a Pissarro, a cui infatti vagamente s’ispirano alcuni paesaggi esposti la prima volta nel 1880.
L’anno successivo egli partecipa alla quarta mostra impressionista e in questa occasione Joris-Karl Huysmans nota la sua opera e G. ne ricevette notevole consenso.
Da allora la passione di G. per la pittura crebbe al punto da fargli abbandonare nel 1883 l’impiego, quindi la famiglia, per darsi a dipingere con dedizione totale, e anche con violenta oltranza polemica, in conflitto non solo artistico, ma sociale con il mondo e le consuetudini borghesi.
Nella sua arte vi prendano parte simbolismi e allusioni e persino la retorica del «selvaggio ingenuo e brutale».
Le sue opere migliori possiedono pur tuttavia un’autentica originalità di accento e una qualità di timbro coloristico fondo e intenso, un largo articolarsi di ritmi compositivi.
Le sue opere più belle le dipinse a Tahiti, prendendo a modello gli indigeni, di cui amava la bellezza elastica e squadrata e i toni cupi della pelle, e in cui trovava tagli e atteggiamenti di idoli barbarici.
L’interesse che Paul Gauguin si rivolge più alla sostanza delle cose che alla luce, dopo una prima maniera ancor legata all’impressionismo, cominciò decisamente a scostarsene durante i soggiorni in Bretagna (al Pouldu e a Pont-Aven) dove vanno delineandosi i caratteri salienti del suo stile, che volge a campiture piatte e violente di colore, a larghi intarsi di gialli, arancioni, indaco, violetti, verdi fondi, spesso cerchiati di bordi scuri a guisa d’incastonature.
Il periodo bretone, che fu felice e fecondo (Le Christ jaune. La lutte de Jacob avec l’ange, La belle Angèle), fu interrotto dall’ottobre al dicembre 1888 da un soggiorno ad Arles in Provenza, dove fin dal febbraio si trovava van Gogh, che insisteva perché G. lo raggiungesse. Fu però una convivenza breve e burrascosa, che rischiò di concludersi tragicamente e si sciolse con la fuga di G. e una grave scossa psichica di van Gogh.
Ai fini dell’arte l’influsso reciproco non fu grande, né positivo. E se spesso nella storia dell’arte moderna si associano i loro nomi, ciò ha un senso nei confronti dell’impressionismo, in quanto entrambi vi reagirono in direzione di un colore più intenso e puro e svincolato da effetti atmosferici, più legato invece all’espressione di moti dell’animo o allusivo a suggestioni simboliche; ma le soluzioni artistiche sono poi profondamente diverse nell’uno e nell’altro pittore. Ma di questo non mancherà occasione per parlarne piu diffusamente.
Nel 1889 G. ebbe contatti con i simbolisti.
Nel 1891 partì (e questa volta per un’assenza assai più lunga) per la lontana Tahiti; al ritorno in Francia dimorò ancora qualche tempo a Pont-Aven; e infine nel 1895 la partenza definitiva per Tahiti, e la morte a La Dominique nel 1903.
Gli anni dopo il 1890 furono i più fecondi per la sua arte, a cui risalgono le opere più celebri: Ragazza di Tahiti; L’esprit des morts qui ville (1892); D’où venons-nous? Où allons-nous? Qui sommes-nous? (l897); Il cavallo bianco (1898); Natività (1902); ecc.
G. incise anche zincografie e xilografie, per lo più da suoi quadri; fece della ceramica, e soprattutto nell’ultimo periodo alle Marchesi, si dedicò molto alla scultura: pannelli di legno scolpito per rivestirne la sua casa, statue e statuette di divinità maore.
Affidò le sue idee e le sue convinzioni a numerosi scritti polemici e autobiografici: Noa-Noa (1891-93), Avant et Après, Racontars d’un Rapin, e molte lettere agli amici.