La stradina sale ripida. Collega la piazzetta al provinciale nei pressi dell’imbocco dell’autostrada. Li vicino il cimitero.
Un ironico accoppiamento pensando alla tomba dei desideri e alla strada che ti porta lontano a liberarti dal fardello del vivere, o sopravvivere, quotidiano. Guardando indietro vedi l’irregolare arco delle sette sorelle che ospitarono Eolo. Nel naso puoi sentire l’odore del mare e l’acre respiro della terra asciutta che partorisce figli con la valigia, come fossero lumache asimmetriche.
Impresa che in ogni caso, si innesta sempre in un contesto, fatto anche di strade, di servizi, di infrastrutture preesistenti all’impresa stessa, oltre che dell’umanità cui si rivolge e di cui necessita. Che coinvolge comunità intere, che han costruito una dimensione, dotandola di quanto necessita. Il lessico si arricchisce di invenzioni aggettivanti un contesto diverso da quello in uso sino al giorno prima. Così si definisce “precario” o “atipico” un lavoro che ha un limite temporale indefinito o che non ha le caratteristiche necessarie per poter garantire la necessaria dignità a chi lo svolge. Perché non chiamarlo non convenzionale come le armi improprie? Giochi giuridici e linguistici per scioglier le briglie all’impresa che, coerentemente sarebbe giusto chiamare avventura. Ecco un modello economico esportato dal sud al nord, la labilità del lavoro che porta alla dipendenza, socialmente tossica, dall’umore e dalle capacità di chi offre e organizza il lavoro, qualsiasi esso sia. Ripassi a memoria le partenze e gli arrivi annuali, fatti di abbracci che si slegano in un arrivederci. Cimitero e autostrada sempre li, come il rosso e il nero sul panno verde, dove scegli il colore e poi la pallina decide.Resti o parti? Cerchi o speri? Fuggi o combatti?
Una filastrocca, ascoltata una sola volta anni fa, completata ipnologicamente, in quello stato in cui il sonno ancora non è sonno e i sogni sono giochi mentali in attesa di Morfeo, recitava:
Una filastrocca, ascoltata una sola volta anni fa, completata ipnologicamente, in quello stato in cui il sonno ancora non è sonno e i sogni sono giochi mentali in attesa di Morfeo, recitava:
talè talè talè c’era nu nidu
talè talè talè ci sunnu l’ova
talè talè talè stannu cuvannu
talè talè talè cuvati sunnu
talè talè talè stannu schiuvannu
talè talè talè schiuvati sunnu
talè talè talè stannu niscennu
talè talè talè nisciuti sunnu
talè talè talè stannu mpinnannu
talè talè talè mpinnati sunnu
talè talè tale stannu vulannu
tale talè talè vulati sunnu
Passi semplici che in do/sol7, descrivono il corso della vita dal nido al volo (talè/guarda c’è un nido, ci son le uova, stanno covando, son covate, si schiudono, escono i pulcini, metton le piume, completano la crescita imparando a volare e volano via). Chi si affaccia alla vita, così si prepara ad una lunga serie di arrivi e partenze? No, non si nasce con la valigia, si nasce con le ali e le devi sbattere sempre più forte se dopo l’inseguimento vuoi artigliare i sogni.
Popof 23/ Luglio/ 2009
Talé talé, buone vacanze popof.