Ho letto sui Tempi n. 38 del 17 settembre pag. 66 un articolo di Marina Corradi di cui riporto ampi stralci.
Scrive la Corradi:
“Alle due di una notte d’estate in un albergo delle Cinque Terre svegliarsi, e non riuscire più a dormire. Affacciarsi allora al balcone che dà sul mare. C’è vento, rumoreggiano le onde. Sbattono le sartie delle barche ormeggiate nel porticciolo, cigolano come in un gemito. Il cielo senza stelle, ma il mare più grande e più nero. La spiaggia deserta nella luce giallastra dei lampioni sul lungomare.
Ma dal porticciolo sulla riva sbuca una figura d’uomo. Cammina adagio, le mani dietro la schiena. Ha i capelli bianchi. E’ un vecchio. Procede a capo chino, assorto. In lontananza, verso sud, da un promontorio un faro lancia a intermittenza la sua luce. Il fascio lucente taglia le tenebre sul mare e poi si spegne. Pare lunga l’attesa di un nuovo raggio, nel buio. L’uomo cammina curvo, indifferente.
E tu dal tuo balcone segui con gli occhi il vecchio, il faro e quel silenzio fondo che emana dalla distesa oscura del mare. Fa quasi freddo stanotte, rabbrividisci eppure resti a guardare. Che cosa? Non c’è niente da vedere. Quello è un estraneo, cui di giorno non baderesti nemmeno. E allora perché quel suo camminare solitario, colto per caso in una notte insonne, ora ti torna in mente? Perché in realtà per un istante avresti voluto scendere sulla spiaggia, e fermare il vecchio, e domandare, per favore, quali pensieri lo portavano ad andarsene così solo, nel fondo della notte……….
….perché non rientravi, e te ne restavi infreddolita e incantata a fissare i passi di un uomo mai visto? Con quella strana voglia di fermarlo, e ascoltare…………
….Nella folla non l’avresti neanche visto. E invece in quel silenzio, l’evidenza: ogni uomo ti riguarda, ognuno è lì col suo mistero, che aspetta di dirsi. Di violare l’educata omertà con cui taciamo ciò che è più vero, con una strana vergogna. Il passo del viandante sulla riva, la linea del capo inclinato, ti hanno svegliato una inconsueta misericordia……..”
Io non so che cosa ne pensiate voi. A me sembra una bellissima favola in cui l’individuo, naturalmente, senza alcuna costrizione, si avvicina, almeno a livello ideale, ad un suo simile e prova se non altro la curiosità di conoscerlo.
Certo, la curiosità non è ancora solidarietà. Ma è un principio che forse proseguirà. Io lo chiamo il principio dello “sguardo fuori”. E non dello sguardo rivolto a se stessi. E’ vero, come dicono, che non si può fare alcunché di positivo se non ci si vuol bene. Ma è anche vero che l’autostima potrebbe assumere forme egoistiche in misura tale da renderci difficile se non impossibile la proiezione esterna di un nostro impegno.
Penso che possa essere materia di dibattito se siete d’accordo.
Lorenzo.rm 20 settembre 2009
Pino, condivido del tutto la tua speranza, ti apprezzo e ti ringrazio.
Grazie anche a Nadia e a Giovanna il cui immpegno conosco.
Lorenzo ci porta spesso a riflettere su argomenti e aspetti della vita, molto importanti. Io gliene sono molto grata.
ho imparato a guardar fuori , dopo una vita vissuta correndo mi sono fermata, e devo dire che ho scoperto un’altro mondo fatto di solidarieta’ di interessamento x il prossimo. (averlo saputo….mi sarei fermata molto prima)ma come si dice….non è mai troppo tardi .è vero lorenzo ,il guardar fuori mi ha cambiato la vita…in meglio
caro lorenzo,
il calar della sera e la notte in arrivo rendono l’uomo più disponibile agli altri, ricordi i due viandanti di emmaus come dissero al Viandante sconosciuto al calar della sera “…RESTA CON NOI SI FA SERA…”.
Quando di notte il chiasso ed il tran tran esterno tace, l’uomo nello scoprire il proprio mondo interiore, riesce a capire di non essere un isola nel creato ed apre il proprio cuore a Dio ed agli uomini, peccato che poi di giorno gli affanni ed il tran tran della vità lo fanno ripiegare su se stesso come il girasole che quando non si rivolge più al sole piega la testa.
Comunque, anche la notte è funzionale al giorno quindi una buona nottata rinfranca l’uomo nel corpo e nello Spirito.
Ho fiducia che a lungo andare l’uomo riflessivo di notte si possa aprire alla solidarietà non solo nei sentimenti affacciato al balcone ma quando di giorno calato nella cruda realta viene a contatto con gli altri… SPERIAMO
Grazie LorenzoRM , considerami amico, idem da parte mia
Ciao Maledetto Toscano. Pur non conoscendoti ti sento emotivamente, istintivamente Amico. Un abbraccio.
Per LorenzoRM
In un mio scritto di alcuni anni fa gridavo al mondo, io piccolo uomo, queste frasi:-Fermiamoci un attimo, perchè tanta fretta?A cosa servono la vista e l’udito se siamo sordi al grido della fame , ciechi alle sofferenze(…) viviamo in un iferno, vogliamoci bene e della terra faremo il paradiso.Poi terminavo , ancora gridando:-ma tanto non mi ascolta nessuno…-
Ecco, ha detto questo perchè, io quell’uomo, avrei fatto di tutto per affiancarmi e piano, piano , aprire un dialogo. Poi il rispetto ci impone e ci insegna che: Ognuno di noi si chiude nei suoi pensieri, e apre un dialogo muto con quanto ci circon
da.Se però siamo ciechi e sordi calandoci nell’indifferenza, non ti avvicinerai mai al prossimo.Giulio Salvatori. Il maledetto toscano
Accetto il rimprovero, Lieve. Il fatto è anche che quelli che “guardano fuori” sono pochi.
lore’lo “sguardo fuori” ce lo impedisce nn solo l’autostima, ma anche la fretta… i troppi impegni che ci prendiamo,ci impediscono di leggere dentro il ns prossimo….. provare x credere… a volte ci riserbano straordinarie sorprese!!!!!dobbiamo imparare a guardarci intorno e a correre meno….lore’….
Aquilotta, grazie. Occorrerebbe coniugare, a mio parere, i due principi: della libertà e della solidarietà.
Titina, io ci ho provato. Lo dico sempre a me stesso. Basta incominciare così. poi è chiaro che si torna dentro per il semplice motivo che devi confrontare le tue forze con le esigenze esterne. E non sempre ce la fai. Ma quella partenza, quello sguardo fuori, ti cambia la vita.
Lorenzo, il tuo principio dello “sguardo fuori” mi piace e sarebbe molto utile se servisse a farci accorgere della presenza dell’altro, a farci provare la “curiosità” di conoscere l’altro; sempre più spesso, invece, restiamo chiusi nel nostro piccolo mondo, senza renderci conto che accanto a noi ci sono dolore e soffernza. Sono troppo pessimista? Può darsi, ma è quello che osservo frequentemente anche nella piccola realtà dove vivo.
IL RACCONTO E` BELLO ED EMOZIONA UN PO`, PENSANDO ALLA NOTTE CHE DA` MODO DI RIFLETTERE, MENTRE STAI AL BALCONE, AFFACCIATA CON QUEL BELLISSIMO VIEW DEL MARE, CON LE SUE ONDE SPUMEGGIANTI, CHE SEMBRANO PARLARE CON TE, (PER ME SIGNIFICA LIBERTA` ASSOLUTA), A GUARDARE, CIO`CHE AVVIENE, GIU` IN STRADA, E NESSUNO SI ACCORGE DI TE`. GRAZIE LORENZO PER LE BELLE LETTURE E PER LE POESIE CHE CI DAI.
L’autrice non ci mette al corrente di quello che avrebbe chiesto al vecchio viandante. Tuttavia ci espone un’intenzione, una curiosità. E questo non è da tutti.
Grazie Luciano.
E grazie Paola per le bellissime immagini.
Lorenzo, è un racconto davvero toccante che fa molto riflettere quello che nitidamente a me traspare, è la risposta che avrebbe dato il vecchio triste e solitario, (spero che il mare mi restituisca ciò che mi ha preso), ma su questo lembo di spiaggia rischia di veder tramontare la tua vita, senza riavere nulla di ciò che gli è stato tolto. Un saluto