L’avventura la sta correndo, ma non è ancora finita, una giornalista in Sudan.
La Repubblica del 9 settembre 2009 ha indicato le tappe della vicenda. La protagonista è Lubna Ahmed Hussein.
Ed ecco le tappe.
L’arresto
Lubna viene arrestata il 3 luglio in un ristorante insieme ad altre 9 donne. In commissariato ne trova altre 4. Portano tutte i pantaloni.
L’accusa
Le 13 donne sono accusate d’indossare un capo “indecente” in base all’art. 152 del codice penale. La pena: una multa o 40 frustate o entrambe.
La battaglia
In 10 si dichiarano colpevoli. Lubna no: si dimette da un incarico all’ONU per rinunciare all’immunità e manda 500 inviti al suo processo.
Un giorno in cella
Alla condanna a 140 euro di multa, Lubna preferisce il carcere ma, dopo un giorno di galera, il sindacato dei giornalisti paga per lei la multa e viene liberata.
Non finisce qui, come dicevo.
La giornalista è furiosa, riferiscono i suoi colleghi giornalisti, “restituirà i soldi versati dal sindacato contro la sua volontà e chiederà di essere riportata in prigione. In ogni caso presenterà ricorso, anche dinanzi alla Corte Costituzionale se necessario”.
Questi i fatti, nudi e crudi. Ne facciamo un argomento di nostre valutazioni?
Lorenzo.rm 11/ 09/ 200
Ringrazio tutti per l’attenzione al tema.
Certo, ci sarebbe bisogno di una teoria di azioni da compiere,come quelle, ad esempio, indicate da Giovanna.
Ma non credo che gli eldyani abbiano una forza adeguata in proposito.
Questi fatti emblematici, comunque, testimoniano come la donna venga maltrattata ed umiliata in certe parti del mondo. La via della vera liberazione è ancora lunga purtroppo. E non possiamo dimenticarcene tacendo, magari in nome di pretese legittime diversità delle culture.
NON HO PAROLE………….E PENSARE CHE HO RINUNCIATO QUANDO LAVORAVO AD UN INCARICO MENO GRAVOSO SOLO PERCHè AVREI DOVUTO INDOSSARE INA DIVISA COMPOSTA DA GONNA E GIACCA IO KE HO SEMPRE PORTATO I PANTALONI!!!!!!!!SI SICURO IN SUDAN SAREI MORTA IN PRIGIONE!!!!TANTO AVREI SEMPRE MESSO I PANTALONI ….. POVERE DONNE!!!!!!!!!
Il coraggio dimostrato da Lubna Ahmed Hussein è eccezionale, nelle circostanze in cui sono costrette a vivere le donne, in Sudan. E’ forse uno dei paesi islamici più integralisti, dove le leggi coraniche vengono applicate in modo assoluto.
La sola maniera che abbiamo per aiutare Lubna, e tutte le sue sorelle sudanesi, è di parlarne, e far conoscere a tutti tali realtà.
Questo è il metodo che impiega Amnesty International nelle sue battaglie: informare,scrivere e protestare presso le più alte autorità del paese, presso le ambasciate dello stesso, insomma presso l’opinione pubblica, in generale. Spesso la pubblicità negativa del paese in questione, che ne deriverebbe, ha permesso la soluzione di alcuni problemi. Chissà che non produca un risultato analogo, anche in questo caso!
Onore a Lubna Ahmed Hussein, ritengo un esempio per tutti i popoli, infierire con malvagità, cattiveria e codardia contro le donne, generatrice della vita umana, lo ritiene un palese e vergognoso insulto al concetto di chiamarci Uomini! Un saluto