9 novembre 1989, crollo del Muro di Berlino. Vent’anni da allora. Ricordiamo insieme.
Un po’ di cronaca a ritroso
Era una bella giornata d’estate, il 13 agosto 1961, quando i berlinesi videro che qualcosa stava succedendo al confine tra Berlino Est e Berlino Ovest. C’erano nuovi reticolati e cavalli di Frisia, ma anche tanti operai e ruspe e betoniere e grande movimento. Le autorità della Germania Est quel giorno chiusero definitivamente i passaggi tra le due Berlino. Frontiere chiuse con filo spinato, 20000 soldati che controllavano le operazioni di costruzione del muro. Fu un’azione improvvisa e brutale che era stata preparata da tempo, in segreto, come dimostrazione di forza da parte dei russi. E l’occidente, che non voleva ancora una guerra, non reagì.
La costruzione del “muro” cominciò così, senza troppa pubblicità, all’improvviso e, pochissimi giorni dopo, i berlinesi si trovarono definitivamente e irrimediabilmente divisi.
Le famiglie separate con violenza, uno strappo non modificabile. L’imponente “porta di Brandenburgo”, che apre su una delle più belle strade di Berlino, “Unten der Linden”, tagliò la città in due. I magnifici musei del “Museumsinsel” restarono a est e il giardino zoologico a ovest, ma questo sarebbe stato assolutamente senza importanza, le famiglie si trovarono repentinamente divise e impossibilitate a riunificarsi. Chi aveva l’appartamento all’est, per molti anni non poté vedere i suoi cari. Proprio dietro l’angolo c’era “il Muro” e quello era un ostacolo invalicabile.
Mi racconta una mia amica che, quando ci fu il ritorno a scuola dalle vacanze estive, metà della classe non rispose all’appello: era rimasta all’Est. Che dolore terribile per i ragazzi, gli amici disgiunti per sempre.
Da quel momento cominciarono mille strategie per comunicare in tantissimi modi, i più disparati e disperati. Come far conoscere ai nonni il nipotino appena nato? E mostrare all’amica il fidanzato, o controllare di quanto era cresciuta la cuginetta? E poi i fratelli divisi, i figli separati dagli anziani genitori, con l’angoscia di saperli non in buona salute e senza aiuto. Le persone che lavoravano a Berlino Ovest rimasero senza lavoro e, solo pochi, furono autorizzati a recarsi nell’altro settore di Berlino. I pensionati furono tra quelli a cui fu immediatamente accordato il permesso di recarsi all’Ovest, visto che così persero ogni diritto alla loro pensione dell’Est e anche a qualche persona fu concesso il visto, ma mai, tutti i membri di una stessa famiglia, poterono viaggiare insieme.
Una foto ci dà il senso di quegli anni, delle persone che, da una finestra di una casa ad Ovest, salutano con fazzoletti bianchi i propri cari a est. O filmati che mostrano persone che fanno segnali Morse, usando specchietti per riflettere il sole, altre che cercano di parlare a segni, e poi tanto sventolìo di fazzoletti, un segnale di presenza, ma anche un addio.
E l’inferno cominciò…
Nei quartieri di Berlino dove il fiume Spree serviva da frontiera, dei bambini morirono annegati, perché i pompieri non erano autorizzati a trarli in salvo. Altri cercarono di passarlo a nuoto lo Spree e qualcuno ci ruscì; si cercò in tutti i modi di fuggire, di scavalcarlo quel muro e mille strattagemmi furono inventati. Ma molti non ebbero successo.
La vita in Germania Est era durissima e mancava quasi tutto. Mi racconta un’altra mia amica, che una prassi comune, era quella di darsi appuntamento nei grills dell’autostrada e gli amici o i parenti dell’Ovest, ci andavano con i loro vestiti più belli, anche due capi uno sopra l’altro e poi con noncuranza, senza dare nell’occhio, facendo finta di non conoscersi, si sedevano allo stesso tavolo, visto che in Germania è un’abitudine normale sedersi insieme anche tra sconosciuti e si scambiavano gli abiti, le scarpe sotto il tavolo, giornali, regali.
Die Berliner Mauer, come si chiama in tedesco il muro di Berlino, che ha diviso nettamente in due la città per 28 anni, era una barriera di lastre di cemento con un’altezza minima di 3,5 m. lunga 155 km, 43 all’interno della città e 112 fuori della città; 15000 soldati erano di guardia e, da 300 torrette di controllo, si potevano seguire tutti i movimenti. Si sparava a vista a chiunque si avvicinasse.
Durante questi 28 anni più di 200 persone furono uccise mentre cercavano di fuggire da Berlino Est verso l’Ovest, nel tentativo di superare il muro. Questi i dati ufficiali, ma quasi sicuramente furono molte di più. Fortunatamente 50000 ebbero successo positivo.
Bernauer Strasse fu un centro di fughe tragiche. Quando fu costruito il muro, i berlinesi si resero conto che le case di questa strada avevano il portone principale a Est, ma le finestre a Ovest. Cominciò una fuga precipitosa, cercando di non farsi notare, di un centinaio di persone. Le persone si gettavano letteralmente dalle finestre, e sotto c’erano i pompieri dell’Ovest, con i teli pronti ad accoglierle. Ma alla fine la polizia dell’Est se ne accorse e murò tutte le finestre. Più tardi quelle case sul confine furono abbattute.
Altri tentativi di fuga furono fatti con i mezzi più disparati: doppiofondo nelle automobili, valigie, bauli, borse della spesa per nasconderci bambini e addirittura un paio di tentativi, da una finestra all’altra di due palazzi vicini, ma in due settori diversi, tendendo una corda con una carrucola, con il fuggitivo appeso.
Alla stazione di metro di Postdamer Platz tutte le porte d’ingresso erano sbarrate e nascoste dietro una parete di rovi che crescevano in modo disordinato. I treni attraversavano la stazione rallentando, senza fermarsi, sotto lo sguardo spento dei soldati che controllavano giorno e notte, misurando a gran passi i marciapiedi, avanti e indietro, affinché nessuno salisse su quella metropolitana diretta a Ovest.
Il tempo sembrava sospeso. Tutta la città aveva assunto un aspetto grigio, uniforme e triste.
Grigio negli edifici, negli abiti, nei cuori.
Mi ricordo una canzoncina di Nina Hagen, in voga nei primi anni ottanta: “99 Luftbaloon” (99 palloncini ) che era il simbolo di come l’Ovest cercasse sempre di comunicare con l’Est. Furono lanciati centinaia e centinaia di palloncini rossi con attaccati bigliettini di saluto, da Berlino Ovest in direzione di Berlino Est. Il cielo, in quell’occasione, era per una volta pieno di colori.
Berlino per 28 anni è stata tagliata in due, c’era tutta una generazione che non aveva visto altro che il regime.
Ma con due parole sole: ”ab sofort” (da subito), è iniziata la fine di un regime di terrore, che ha colorato di un grigio triste e drammatico metà della Germania. Un regime controllato dalla famigerata Stasi, in un clima di sospetto e di paura.
Che cosa accadde in quei giorni?
Cronistoria, come si arrivò alla caduta del Muro.
Dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale la Germania fu divisa in due con quattro zone di occupazione: francese, inglese, americana e russa.
Anche Berlino è stata divisa in due ed era occupata da quattro nazioni; ma nel pieno della guerra fredda, la zona di occupazione russa diventò teatro di un braccio di ferro con l’occidente “capitalista e imperialista”.
Il 13 agosto 1961 il settore russo di Berlino chiuse le frontiere definitivamente, ed i cittadini tedeschi residenti di Berlino Est non ebbero più la possibilità di recarsi in nessun altro settore della città.
Una data storica fu il 26 giugno 1963, giorno della visita del presidente americano John F. Kennedy. In quell’occasione pronunciò la famosa frase :” Ich bin ein Berliner” Tutti gli uomini liberi sono dei cittadini di Berlino “io sono berlinese” e sono fiero di esserlo. Era un chiaro monito ai russi e un incoraggiamento per i berlinesi.
http://www.youtube.com/watch?v=7drzQE9ssek
Nel 1989, pochi mesi prima della caduta del muro, in agosto, e anche dopo, gli oppositori del regime ungherese permisero, ai tedeschi dell’Est, di passare in Austria, attraverso le loro frontiere.
Un totale di circa 60000 persone passarono.
E così si arrivò alla indecisione e confusione del mese di ottobre; il regime pensò che, se avesse allentato un po’ la sua rigidità nel dare permessi per andare in occidente, lo scontento della popolazione, che già manifestava violentemente in varie città, cominciando da Lipsia, sarebbe scemato. Le decisioni furono prese dal Politburo, ma non erano chiare, né definitive.
E a questo punto, anche oggi, viene chiamato in causa Günter Schabowski , porta parola del governo e che, involontariamente, facendo il rendiconto delle decisioni del consiglio dei ministri favorì l’abbattimento del muro di Berlino. Il 9 novembre 1989, in seguito ad un malinteso, Schabowski annunciò in una trasmissione in diretta, nel corso di una conferenza stampa, che tutte le norme per i viaggi all’estero erano state revocate con effetto immediato (“ab sofort”).
Le leggende di quella sera sono tante. Sembra che Schabowski tornasse dalle vacanze, non fosse propriamente al corrente delle decisioni del Politburo e avesse solo pochi appunti scritti da un altro e l’ordine di divagare e intrattenere soltanto, i giornalisti. Ma alle domande insistenti dell’ex corrispondente italiano dell’Ansa, Riccardo Ehrmann, giunto in ritardo alla conferenza e per questo appollaiatosi sulle scale sotto il palco, e che chiese: “Da quando? da quando saranno in vigore queste regole?” “da subito” “Ab sofort, da subito” Schabowski rispose .
Da subito i cittadini della DDR avrebbero potuto lasciare il proprio paese: due parole in risposta alle domande. Due parole che cambiarono il corso della storia.
Ma “ab sofort” lo ascoltarono alla radio , alla televisione e migliaia e migliaia di berlinesi dell’Est si riversarono ai posti di blocco, mostrando il passaporto e chiedendo di passare. Le guardie erano disorientate, non avevano ricevuto nessun ordine e fortunatamente nessun ordine di “sparare sulla folla” così, due semplici parole, aprirono il muro della guerra fredda e portarono poi come conseguenza alla riunificazione della Germania.
Alla frontiera regnava il caos, la gente, che aveva sentito alla radio e alla televisione l’equivoco annuncio, premeva per passare e le guardie di frontiera non ricevettero ordini di nessun genere.
Poi fu tutto veloce, in una commozione generale e nel caos, cominciarono a passare a decine, a centinaia un fiume senza fine; poi furono decine di migliaia e fu una notte senza sonno e senza tempo.
I tedeschi che vivevano all’Ovest arrivarono anche loro a frotte per accogliere amici e parenti, ma anche solo per dare il benvenuto ai cittadini dell’Est, per regalare un fiore, per abbracciarsi, piangere insieme, ridere e urlare. Fu una notte che nessuno potrà mai dimenticare per tutta la vita; un regime così stretto che crolla quasi all’improvviso, lo stupore di cominciare a smantellare il muro e di vedere passare da quella breccia centinaia e centinaia di persone e poi file interminabili di macchine, la vecchia Trabant e biciclette e carrozzine coi bambini, il tutto in un’atmosfera quasi irreale, di sbigottimento, di meraviglia, abbracciandosi e cantando l’inno nazionale: finalmente di nuovo insieme! Freiheit! Freiheit! Frei! Libertà, libertà, liberi. Ci si abbraccia fra sconosciuti, si ride e si piange.
Mi ricordo le parole di una donna in macchina: ”Non posso credere che sto per passare, sento che sto per svenire!” Tutta l’emozione di quel momento è sintetizzata in queste poche parole.
A ripensarci, ancora oggi mi viene la pelle d’oca e mi turbo.
Poi ci fu quest’altra cosa bellissima di Rostropovich (il più grande violoncellista di allora, bandito da tutti i paesi dell’Est) che prese il suo violoncello e si mise a suonare sotto il muro, per celebrare l’evento.
Il 9 novembre è il grande giorno, ma già dal 1° novembre sono cominciate le celebrazioni.
Con la cerimonia che si è svolta, in un teatro di Berlino, si sono aperte le commemorazioni per il ventennale della caduta del “Muro” 1989 – 2009
Gli artefici della caduta del “Muro” e della riunificazione delle due Germanie: George Bush senior, Mikhail Gorbaciov e Helmut Kohl, si sono ritrovati, insieme a Köhler e alla Merkel e a circa 2000 persone, tutte con le lacrime agli occhi. Hanno rievocato quei momenti esaltanti di groppo alla gola e Berlino ha festeggiato i «Leoni del muro» « i nostri eroi». Il presidente federale tedesco Horst Köhler ha detto sono «Tre Nazioni, tre uomini e un’ora storica» che si trovano qui riuniti a ricordare quando, la notte del 9 novembre 1989, a Berlino i posti di blocco della Germania Est si aprirono e il popolo, da 28 anni dietro al Muro, passò a Ovest, a piedi, in bicicletta o in Trabant, finalmente. Neanche un anno dopo la Germania tornava unita: il 3 ottobre 1990.
Per la storia tedesca e forse per il mondo, la data del 9 novembre 1989 segna l’evento più importante della seconda metà del Ventesimo Secolo: la rottura finale della Cortina di Ferro che divideva l’Europa. Per Kohl è stata una commozione profonda ricordarlo; ha detto che: noi tedeschi “non abbiamo nella nostra storia molte ragioni delle quali essere orgogliosi, ma sono fiero di quegli anni e della riunificazione tedesca”. Bush ha sottolineato che la caduta del Muro segnò, non solo la fine della Seconda guerra mondiale, ma anche della Prima: cioè dei drammi del Ventesimo Secolo in Europa.
Se non lo doveste aver visto, vi consiglio di vedere il film, vincitore di numerosi premi, tra cui l’Oscar: “Le vite degli altri”, vi darebbe un’idea di che cosa sono stati quegli anni a Berlino.
Vi propongo questo bellissimo filmato, pazientate per il primo minuto e mezzo che è solo un susseguirsi di dati, ma poi comincia il film, che è molto toccante.
paolacon.rm 09/11/2009
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Paola: Hai saputo riscrivere una lunga storia che è stata per molti anni la SPINA D’EUROPA. E’ una PAGINA culturalmente didattica per quegli studenti che volessero studiare la storia e, ringraziare , soprattutto, quella insegnante che, con sentimento e dolore ha evidenziato quei fatti.Ricordare per non dimenticare. Perchè come a volte si sente dire, se il cancro è una tremenda malattia, l’indifferenza lo è ancora di più.
L’indifferenza innalza mura sopra mura esistenti. Grazie ancora Paola. E se ti ringrazia un – maledetto toscano -vuol dire: Brava, Brava e ancora Brava.
Un grazie di cuore anche a Marc, che ha impreziosito il fatto.
Bravo anche a te Marc
Purtroppo per uno che è finalment caduto altri ne restano a Belfast è in Palestina .E poi ci sono i muri della incomprensione e dei pregiudizi che ancora dividomo paesi come la Korea e tante regioni dell’Africa.Speriamo che ogni anno si possa festeggiare la caduta di uno di questi muri.
Commenti abilitati grazie paola, i ricordi sono bellissimi, specie per quelle persone che sono state travagliate da una divisione , portate ad essere rinchiuse come in un lager, finalmente quel muro si è spezzato, ha dato la luce a quelle famiglie divise, a quelle persone che hanno dato coraggio ad andare avanti in un mondo chiuso come la cortina di ferro, non ho parole, mi hai fatto commuovere, sapendo che dividere una famiglia comporta dolori e pianti ad entrambi, viva chi è riuscito a fare del muro un ricordo perennne, alche nessuno faccia più una cosi drastica chiusura hai popoli. BRAVA PAOLA
Paola, hai rievocato gli eventi storici accaduti in Germania in modo appassionato e coinvolgente, da far rabbrividire: te ne sono grata. Ho davanti agli occhi il ricordo di tutti coloro che venivano massacrati quando tentavano di superare il Muro e non potrò mai dimenticare quella tragedia che divise per 28 lunghissimi anni gli abitanti di Berlino.
Grazie per averci riportato, sia pure con molta tristezza, a ripercorrere quella penosa storia: dovrebbe essere un preciso insegnamento per i giovani di oggi e un grande monito per i politici implicati in decisioni analoghe, vedi la Palestina e Israele…..
la commozione ha avuto il sopravvento su di me, come dimenticare quei giorni.Non dimentichiamo…mai