Per alcuni è un sogno, per altri uno spauracchio da rimandare più in là possibile; in ogni caso, il momento in cui ci si ritira dal lavoro è un passaggio fondamentale e carico di significati. Desiderato o temuto, è comunque un cambiamento radicale che determina un certo grado di stress.
Già nel periodo che precede il pensionamento si alternano speranze e paure, progetti e incertezze. Ci si trova in una specie di limbo; non si appartiene ancora alla categoria dei pensionati, ma non si è più neanche del tutto parte del mondo dei colleghi, che guardano con un misto di invidia e compassione chi sta per andare via.
L’ingresso nel mondo del lavoro è preceduto da una lunghissima preparazione che prevede anni di formazione e tirocinio, mentre dell’uscita nessuno si preoccupa. Per di più, questa data che cambia radicalmente la vita, non può essere, spesso, scelta e negoziata; ci si trova a subirla, con tutti i suoi significati
L’unica forma sociale di accompagnamento in questo delicato passaggio è costituita dal pranzo, la festa con il regalo dei colleghi, il discorso, il ricordino. C’è tanta frenesia attorno al pensionando, in un’atmosfera forzatamente chiassosa e allegra che copre qualche sentimento meno nobile (il collega felice di togliersi di torno il rivale, le fantasie su chi occuperà ora il posto vacante…ect.) e una vena di malinconia per la conclusione di una fase di vita vissuta in quei reparti di lavoro. Del resto, convenzionalmente, si fa coincidere l’inizio “ufficiale” dell’età anziana, proprio con la fatidica data del pensionamento; i sessantacinque anni.
Malgrado oggi molti pensionati sono attivi, soddisfatti e in buona salute, l’associazione mentale pensione = vecchiaia permane, genera un certo senso di tristezza e induce a compiere un bilancio, non sempre felice, della propria esistenza. Nel primo periodo prevale comunque l’euforia per l’inconsueto senso di libertà e di autonomia decisionale; non è più necessario sottostare a orari imposti, scadenze, ordini di capi e capetti; si ha finalmente la possibilità di dedicarsi alle proprie passioni. D’altra parte il lavoro, oltre che una fonte di reddito, era anche l’origine di molte altre cose; forniva innanzitutto un ruolo sociale riconosciuto dagli altri e un senso di identità personale. Non a caso, quando ci si presenta a degli sconosciuti, una delle prime domande che ci si scambia allude proprio alla professione: “Che fai nella vita?”, “Di cosa ti occupi?” e, soprattutto nel caso di mestieri prestigiosi, si viene presentati agli altri con un riferimento al proprio lavoro: “Ti presento il dottor Rossi..l’avvocato Bianchi” etc…
Il lavoro è la chiave dell’inserimento, permette di avere un posto rispettabile nella società: chi è disoccupato è considerato con commiserazione ma anche con disprezzo, ed egli stesso si vergogna nella propria condizione. Il pensionato è stato parte di un ciclo produttivo, ma ora ne è fuori. La società valorizza l’uomo giovane, attivo, che si dà da fare, produce e spende; il pensionato occupa una posizione marginale, anche se ultimamente, a dire il vero, la pensione del vecchietto può essere l’unico modo di tirare avanti per tutta la famiglia, con i figli che hanno perso il lavoro e i nipoti scoraggiati che non lo hanno mai trovato. Il lavoro è anche una fonte di rapporti interpersonali; questi possono essere più o meno gradevoli, ma costituiscono comunque una rete sociale che dà sicurezza e protegge dall’isolamento; il lavoro regola inoltre il ritmo della giornata e dà significato alle feste e alle vacanze, che perdono gran parte della loro attrattivà quando diventano la norma. Il pensionamento suscita reazioni diverse da un individuo all’altro, in base a molteplici variabili.
Chi ha un lavoro prestigioso e gratificante può vivere negativamente la pensione, che comunque determina una perdita di considerazione, responsabilità, reddito.
Chi è costretto a svolgere un mestiere faticoso e insoddisfacente guarderà invece alla pensione come un traguardo desiderabile da raggiungere il prima possibile.
Chi svolge lavori manuali pesanti va in pensione più volentieri di chi fa un lavoro intellettuale, però poi ha più difficoltà a crearsi degli interessi alternativi.
Il pensionamento è vissuto positivamente quanto più è una scelta volontaria, che garantisce un tenore di vita soddisfacente, e quanto più le condizioni di salute sono buone.
Le donne sembrano reagire più positivamente alla perdita del ruolo lavorativo, perché comunque continuano a ricoprire un ruolo fondamentale in famiglia e in casa. Anzi dopo aver faticato per decenni su entrambi i fronti, casa e lavoro, può essere un sollievo dedicarsi a un solo compito.
L’uomo senza lavoro si trova disorientato e fa fatica a trovare occupazioni e interessi alternative; inizialmente succede quindi che si aggiri per casa in modo inconcludente, turbando la consolidata routine domestica della moglie e determinando anche un carico di lavoro aggiuntivo!
Si è visto che il pensionamento è un “fenomeno di coppia”, nel senso che il grado di soddisfazione dopo il pensionamento e il livello di conflitto di coppia, dipendono anche dal fatto che il partner lavori o no.
Ad esempio, gli uomini appena pensionati sperimentano maggiori livelli di conflitto di coppia se la moglie continua a lavorare.
Anche le donne appena pensionate risultano depresse se il marito è ancora al lavoro.
In ogni caso, la transizione verso il pensionamento di ciascuno dei due elementi della coppia rappresenta un importante evento di vita, che richiede un processo di riaggiustamento psicologico di entrambi i partner.
L’equilibrio che durava da decenni viene messo in discussione; il tempo trascorso insieme nello stesso spazio aumenta di colpo, richiedendo una redifinizione del rapporto di coppia.
C’è finalmente l’occasione di godere di una maggiore presenza dell’altro, ma anche il rischio di una esacerbazione di conflitti preesistenti.
In questa fase vitale, inoltre, i figli, in genere sono adulti e hanno lasciato la casa o stanno per lasciare la famiglia di origine. I genitori si trovano quindi nella fase cosiddetta del “nido vuoto”, che di per sé richiede alla coppia un riaggiustamento: ci si ritrova infatti di nuovo soli, dopo tanti anni in cui ci si è presi cura dei figli e spesso si è concentrata su di loro la propria attenzione.
Vengono quindi a sommarsi più fattori; pensionamento, uscita dei figli da casa, a volte problemi di salute, la menopausa e magari la necessità di curare i propri genitori anziani e non più autosufficienti… un mix abbastanza impegnativo!
Il pensionamento può però, diventare un’occasione preziosa da sfruttare, per prendersi cura di se stessi, per mettere in atto progetti, anche osare quello che prima il proprio ruolo non permetteva.
Ognuno può trovare un modo personale per rendere soddisfacente anche questa fase della vita, continuando a coltivare la ricerca del piacere e della gratificazione.
POVERETTI QUESTI PENSIONATI QUANTO DEBBONO TRIBOLARE
Lorenzo.an 11 novembre 2009
Commenti abilitati Per alcuni è un sogno, per altri uno spauracchio da rimandare più in là possibile; in ogni caso, il momento in cui ci si ritira dal lavoro è un passaggio fondamentale e carico di significati. Desiderato o temuto, è comunque un cambiamento radicale che determina un certo grado di stress.
Già nel periodo che precede il pensionamento si alternano speranze e paure, progetti e incertezze. Ci si trova in una specie di limbo; non si appartiene ancora alla categoria dei pensionati, ma non si è più neanche del tutto parte del mondo dei colleghi, che guardano con un misto di invidia e compassione chi sta per andare via.
L’ingresso nel mondo del lavoro è preceduto da una lunghissima preparazione che prevede anni di formazione e tirocinio, mentre dell’uscita nessuno si preoccupa. Per di più, questa data che cambia radicalmente la vita, non può essere, spesso, scelta e negoziata; ci si trova a subirla, con tutti i suoi significati
L’unica forma sociale di accompagnamento in questo delicato passaggio è costituita dal pranzo, la festa con il regalo dei colleghi, il discorso, il ricordino. C’è tanta frenesia attorno al pensionando, in un’atmosfera forzatamente chiassosa e allegra che copre qualche sentimento meno nobile (il collega felice di togliersi di torno il rivale, le fantasie su chi occuperà ora il posto vacante…ect.) e una vena di malinconia per la conclusione di una fase di vita vissuta in quei reparti di lavoro. Del resto, convenzionalmente, si fa coincidere l’inizio “ufficiale” dell’età anziana, proprio con la fatidica data del pensionamento; i sessantacinque anni.
Malgrado oggi molti pensionati sono attivi, soddisfatti e in buona salute, l’associazione mentale pensione = vecchiaia permane, genera un certo senso di tristezza e induce a compiere un bilancio, non sempre felice, della propria esistenza. Nel primo periodo prevale comunque l’euforia per l’inconsueto senso di libertà e di autonomia decisionale; non è più necessario sottostare a orari imposti, scadenze, ordini di capi e capetti; si ha finalmente la possibilità di dedicarsi alle proprie passioni. D’altra parte il lavoro, oltre che una fonte di reddito, era anche l’origine di molte altre cose; forniva innanzitutto un ruolo sociale riconosciuto dagli altri e un senso di identità personale. Non a caso, quando ci si presenta a degli sconosciuti, una delle prime domande che ci si scambia allude proprio alla professione: “Che fai nella vita?”, “Di cosa ti occupi?” e, soprattutto nel caso di mestieri prestigiosi, si viene presentati agli altri con un riferimento al proprio lavoro: “Ti presento il dottor Rossi..l’avvocato Bianchi” etc…
Il lavoro è la chiave dell’inserimento, permette di avere un posto rispettabile nella società: chi è disoccupato è considerato con commiserazione ma anche con disprezzo, ed egli stesso si vergogna nella propria condizione. Il pensionato è stato parte di un ciclo produttivo, ma ora ne è fuori. La società valorizza l’uomo giovane, attivo, che si dà da fare, produce e spende; il pensionato occupa una posizione marginale, anche se ultimamente, a dire il vero, la pensione del vecchietto può essere l’unico modo di tirare avanti per tutta la famiglia, con i figli che hanno perso il lavoro e i nipoti scoraggiati che non lo hanno mai trovato. Il lavoro è anche una fonte di rapporti interpersonali; questi possono essere più o meno gradevoli, ma costituiscono comunque una rete sociale che dà sicurezza e protegge dall’isolamento; il lavoro regola inoltre il ritmo della giornata e dà significato alle feste e alle vacanze, che perdono gran parte della loro attrattivà quando diventano la norma. Il pensionamento suscita reazioni diverse da un individuo all’altro, in base a molteplici variabili.
Chi ha un lavoro prestigioso e gratificante può vivere negativamente la pensione, che comunque determina una perdita di considerazione, responsabilità, reddito.
Chi è costretto a svolgere un mestiere faticoso e insoddisfacente guarderà invece alla pensione come un traguardo desiderabile da raggiungere il prima possibile.
Chi svolge lavori manuali pesanti va in pensione più volentieri di chi fa un lavoro intellettuale, però poi ha più difficoltà a crearsi degli interessi alternativi.
Il pensionamento è vissuto positivamente quanto più è una scelta volontaria, che garantisce un tenore di vita soddisfacente, e quanto più le condizioni di salute sono buone.
Le donne sembrano reagire più positivamente alla perdita del ruolo lavorativo, perché comunque continuano a ricoprire un ruolo fondamentale in famiglia e in casa. Anzi dopo aver faticato per decenni su entrambi i fronti, casa e lavoro, può essere un sollievo dedicarsi a un solo compito.
L’uomo senza lavoro si trova disorientato e fa fatica a trovare occupazioni e interessi alternative; inizialmente succede quindi che si aggiri per casa in modo inconcludente, turbando la consolidata routine domestica della moglie e determinando anche un carico di lavoro aggiuntivo!
Si è visto che il pensionamento è un “fenomeno di coppia”, nel senso che il grado di soddisfazione dopo il pensionamento e il livello di conflitto di coppia, dipendono anche dal fatto che il partner lavori o no.
Ad esempio, gli uomini appena pensionati sperimentano maggiori livelli di conflitto di coppia se la moglie continua a lavorare.
Anche le donne appena pensionate risultano depresse se il marito è ancora al lavoro.
In ogni caso, la transizione verso il pensionamento di ciascuno dei due elementi della coppia rappresenta un importante evento di vita, che richiede un processo di riaggiustamento psicologico di entrambi i partner.
L’equilibrio che durava da decenni viene messo in discussione; il tempo trascorso insieme nello stesso spazio aumenta di colpo, richiedendo una redifinizione del rapporto di coppia.
C’è finalmente l’occasione di godere di una maggiore presenza dell’altro, ma anche il rischio di una esacerbazione di conflitti preesistenti.
In questa fase vitale, inoltre, i figli, in genere sono adulti e hanno lasciato la casa o stanno per lasciare la famiglia di origine. I genitori si trovano quindi nella fase cosiddetta del “nido vuoto”, che di per sé richiede alla coppia un riaggiustamento: ci si ritrova infatti di nuovo soli, dopo tanti anni in cui ci si è presi cura dei figli e spesso si è concentrata su di loro la propria attenzione.
Vengono quindi a sommarsi più fattori; pensionamento, uscita dei figli da casa, a volte problemi di salute, la menopausa e magari la necessità di curare i propri genitori anziani e non più autosufficienti… un mix abbastanza impegnativo!
Il pensionamento può però, diventare un’occasione preziosa da sfruttare, per prendersi cura di se stessi, per mettere in atto progetti, anche osare quello che prima il proprio ruolo non permetteva.
Ognuno può trovare un modo personale per rendere soddisfacente anche questa fase della vita, continuando a coltivare la ricerca del piacere e della gratificazione.
POVERETTI QUESTI PENSIONATI QUANTO DEBBONO TRIBOLARE
Lorenzo.an 11 novembre 2009
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Leggendo le righe di Lorenzo debbo dire che mi riconosco in pieno, io sono tra quelle persone che si trovano nella fase poco prima della pensione, e sto vivendo proprio tutte le sensazioni che tu hai descritto benissimo.
Comunque stiamo vivendo momenti veramenti brutti a livello di occupazione giovanile e non solo, che avere alle spalle 37 anni e mezzo di lavoro ti fa sentire più fortunato che depresso.
Non so ancora cosa farò dopo la pensione ma mi sono ripromessa appunto di fare tutte quelle cose che non sono riuscita a fare mentre lavoravo tipo andare a giro per la mia città (Firenze) che di cose da vedere ce ne sono tante, di coltivare le amicizie vecchie e nuove, di fare volontariato con le persone che ne hanno bisogno e, a seconda dei turni di mio marito fare qualche bella vacazina anche giornaliera, in più vorrei ricominciare a camminare per i boschi con la mia canina, mi piacerebbe anche fare la baby sitter a una piccola nipotina che è arrivata dopo tanti anni a un cugino/fratello,
Bhè! che dire non so se riuscirò a fare tutto, ma diciamo che sicuramente ci proverò e la pensione vista così non mi sembra proprio noiosa.
Un saluto
Pensione cosa è?Ho lavorata per una vita con il marito nella nostra bottega.Chiusa bottega,ho incomminciata a crescere i nipotini.Mia figlia infermiera con turni,a chi lasciava i figli?
Appunto a me.
Va bene non parliamo di me…perchè bisogna essere d’accaio inox come nonna/madre/moglie.
Perchè credo che il pensionamento procuri una crisi d’indentità.
Perchè finchè si lavora sei il signor Mario ragioniere,o il signor Antonio il falegname…sei un membro attivo della società,e ti chiamano con il tuo nome e professione.Dopo sei solo Mario o Antonio.Molte volte ti chiamano “He nonno”!
Personalmente non me la prendo…li stendo con le mie chiacchere(^___^),ma vedo che il marito si sente rubato un ruolo!
Sopratutto perchè ho deciso io di chiudere bottega!!!
Perchè lui ebbe un ictus,il nostro lavoro non lo poteva fare io da solo,come donna(macelleria)anche se sapevo fare tutto,c’era una famiglia,dove ogni figlio aveva(ha)un suo lavoro….e io già mi dovevo dividere tra casa e negozio.Eravamo in 7 in casa…c’è il figlio della figlia grande divorziata in casa nostra.
Eppure sono già 11 anni che ho chiusa bottega!
Willy.
Commenti abilitati Ciao LORè,bella diagnosi sulla pensione!!!!!!come sai io sono andata in pensione da 1 anno e mezzo e sino all’inzio di quest’anno mi consideravo ancora in ferie ma adesso ho realizzato che non riprenderò più a lavorare.Mi manca?No di sicuro!!Quello ke mi manga sono i colleghi dopo 37 anni nella stessa azienda penso di aver conosciuto parekkia gente anke perkè lavorando in una grande distribuzione ho avuto parekki direttori e tanti altri colleghi diversi.Di sicuro nn mi mancano i primi, anke se qualcuno lo meriterebbe,gli altri si e poi essendo tutto il giorno da sola in casa mi manca la gente.L’unico lato positivo è la salute ke ne ha tratto vantaggio e la cura x me stessa con qualke ” ma si lo faccio domani oggi sto al pc o mi leggo un bel libro ” A Mario vorrei dire ke mi è spiaciuto tanto ke nemmeno da parte dei colleghi nn abbia avuto un riconoscimento e averlo festeggiato con i dovuti meriti,io su 100 dipendenti ho avuto alla mia festa organizzata da loro in un ristorante ben 80 persone e la cosa nn può ke avermi fatto piacere.Me lo sono meritato come mi hanno detto?Non lo so……….ma se……..Caro lorenzo adesso cerco di godermerla al meglio anke se le finanze sono di meno e mi auguro ke quando tokkerà a mio marito potremo fare insieme quelle cose ke per mancanza di tempo o per stankezza abbiamo dovuto sempre rinunciare.A tutti i pensionati mando un caloroso augurio e saluto
E ti pareva che un altro toscanaccio non dicesse la sua? Ebbene, un conto è aspettare che venga la sera consumando il telecomando della TV, o sdrucire i pantaloni sulle panchine , inoperosi e annoiati, l’altro, è avere degli interessi , non solo per se stessi , ma anche per gli altri.Posso dare un suggerimento a coloro che si …rompono. – Ascoltate la canzone di Domenico Modugno “Meraviglioso” e da li prendete/prendiamo lo spunto di assaporare veramente la vita; e sapete perchè? Io ho dei grossi dubbi nell’aldilà. Ho la convinzione che il paradiso sia sulla terra .Mi perdonino i credenti.
Commenti abilitati Caro Lorenzo, inizio questo mio piccolo commento dicendoti: che ho apprezzato tanto il tuo articolo, costatando, con quanta bravura sei riuscito a districarti in questa realtà. Sembra che, tu, abbia rivissuto, momento per momento, tutti i passaggi della tua vita. Perché della tua vita si tratta, vero? Sembra che li stessi rivivendo nuovamente, trasferendo le tue emozioni, e sempre più coinvolgendo chi legge, tanto da essere trasportati da queste tue parole. Si intravede, anche ampiamente, il trasporto con cui l’illustri, bravo!complimenti ancora una volta. Come penso, anch’io, leggendo, mi sono lasciato prendere dalle tue parole, come se, in quel momento, fossi, veramente, io a riviverli, non rendendomi conto di essere ancora distante dalla fatidica data. A dire il vero, ciò è sempre successo, specialmente, in quelle occasioni che si andava a festeggiare con la classica cena di pensionamento, di qualche collega, tutte le volte pensavo al mio, a quel giorno, Tante domande si susseguivano, tanti pensieri s’ accavallavano, non nascondendo che, più delle volte mi lasciavo prendere dal magone, con qualche punta d’invidia verso il festeggiato, guardando alla sua libertà, costruendo immagini, fantasticando con pensieri che mi portavano lontano dalla realtà,.Si! Certamente, volevo essere una persona libera da impegni di ogni genere, per poter, finalmente, gestire la propria vita nel migliore dei modi,.I come, e i ma, si susseguivano continuamente, con un grande punto interrogativo. Poi, naturalmente, la ragione prendeva il sopravvento, ridimensionando il tutto, la coscienza di vivere oggi come figlio di questo tempo, e un domani, magari, sperando, da pensionato. La mia metà è ancora lontana, inutile cercarla anticipatamente, attraverso queste bellissime parole, che tu, caro Lorenzo hai saputo, abilmente, descrivere, proiettandoci/mi, in questa, sicuramente, bellissima realtà che meriterebbe di essere vissuta nel migliore dei modi, guardando con immenso piacere a ciò che si ha tanto avuto ,e con altrettanto piacere di speranza a ciò che si deve ancora avere in questa vita, intensamente da vivere……
La pensione è il giusto coronamento a una vita di lavoro.Ci si ritira e si è finalmente liberi dai vincoli che il lavoro creava e ci si puo finalmente dedicare a tutte quelle cose che la mancanza di tempo non permetteva.Ho ripreso a giocare a scacchi e a bridge dedico piu tempo alla lettura e posso giocare con quello strumento che per anni è stato il mio compagno fedele di lavoro.La fine del lavoro per me non ha portato nessun trauma ho di bellissimi ricordi.Il mio lavoro mi ha permesso di girare tutti e cinque i continenti e di fare molte amicizie alcune delle quali durano ancora malgrado le distanze che ci separano.L’aver fatto una bella carriera mi permette oggi di vivere serenamente.Sono contento di aver scelto le aziende giuste dove il mio lavoro è stato riconosciuto e in qualche modo premiato.Che posso dire di piu? Che ci sono molti modi di andare in pensione io ho avuto la fortuna di andarci nel migliore dei modi.
lorenzo, hai fatto centro con quanto hai scritto. E’ chiaro che quando sei in servizio sei qualcuno, ma appena sei pensionato, io ho detto sempre: “sei un numero”!……che il governo spera di cancellare prima possibile.
In quanto al pranzo di addio, alle feste, ecc. posso dire che sono stato una mosca bianca: non fatto nessun pranzo e non ho voluto alcun regalo da parte degli ex-colleghi. Anzi ho scritto una lettera di addio che è stata pubblicata da “L’Informatore Agrario” n. 10 del 2004 e che, tra le altre cose, ho chiuso chiuso con: “me ne vado sbattendo la porta; il mio rammarico è che si tratta di una porta metaforica perchè vorrei sbatterla sul muso di chi dico io”.
Ora mi consolo dicendo che sono dipendente dell’INPDAP e così, continuando a fare qualcosa, ma senza l’orologio al polso, passano i giorni ed i mesi.
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Amico mio Luciano, è sacrosanto quello che dici. Il pensionato, nella considerazione sociale, è quello che è. Importante è sopravvivere non facendo soltanto qualcosa che piace ma anche qualcosa che è utile al prossimo. E diversi pensionati ci riescono e ricevono gratitudine e simpatia. Grazie a Lorenzo, mio omonimo, che ha introdotto così bene l’argomento.
Lorenzo 3.an. Ho letto con molta attenzione il tuo scritto, Non è che ora la mia vita da pensionato non sia interessante e viva, anzi! Solo che drasticamente cambia, ciò che prima in qualche sostanziale misura impediva e ingabbiava, ora si scioglie e stempera. Ora posso starmene in pace, prendere il sole in terrazza ascoltare musica quando lo desidero, leggere i giornali, un buon libro, vedermi un film correre al computer, per scrivere quello che mi preme dentro e collegarmi con amici anche se inizialmente sono virtuali come in Eldy. Tutto bello questo, se la mia pensione che prima con la lira era discreta ora con l’euro si è ridotta alla metà, mi costringe a fare qualche lavoro per poterne assorbire le spese. Perché le parti politiche TUTTE considerano il pensionato, una zavorra arrivata alla fine di aumenti di pensione non se ne parla mai siamo stati buoni soli a versare contributi. Un saluto.