Mathieu Cointrel, ribattezzato all’italiana Matteo Contarelli era un nobile francese, nominato cardinale, che volle decorare nel 1565 una cappella chiamata poi Contarelli con opere che rappresentassero San Matteo. Forse intendeva onorare il suo nome (Matteo), ma non vi riuscì perché morì nel 1585 quando il pittore incaricato nel 1565, certo Girolamo Muziano, non aveva nemmeno iniziato le tele. Nel 1591 l’erede del cardinale Virgilio Crescenzi, si incaricò di portare a compimento l’opera e il 23 luglio 1599 fece il contratto per i due quadri laterali con il pittore Michelangelo Merisi che consegnò le opere il 4 luglio 1600 sistemate sulle pareti in via provvisoria per essere sistemate definitivamente nel dicembre del 1600 quando fu ultimato il telaio.
Il Martirio di San Matteo presenta due versioni sovrapposte, che secondo i critici del tempo e anche in tempi successivi si ritenne che non fossero coerenti con la storia rappresentata. Addirittura fu detto che “l’oscurità della cappella e del colore sottraevano il quadro alla vista”. Oggi è sufficientemente illuminata da apposite lampade per poterne ammirare la grandezza.
La prima tela quindi presenta due dipinti uno sovrapposto all’altro e, fin dall’inizio i critici sostennero che nessuno dei due riuscì a rendere fedelmente il fatto da rappresentare.
La prima versione è prettamente manieristica ed è molto diversa dalla seconda con le persone in posizioni completamente diverse.
Per la solita tiranna brevità ci si limiterà a parlare solo dell’ultima versione dove l’immagine dell’aguzzino è posta al centro della scena rappresentato quasi completamente nudo e, chiaramente in contrasto col realismo del Caravaggio. Sullo sfondo la croce di Malta; a terra, tra le gambe dell’aguzzino, è disteso il Santo completamente vestito con i propri abiti di sacerdote e la mano destra alzata afferrata dalla sinistra dell’aguzzino che nella destra brandisce la spada.
In primo piano ancora un nudo che si appoggia sulle mani posate per terra e dietro a questo un uomo vestito caduto con la mano sinistra tesa verso l’altro quasi allo stesso modo del santo, ma con mano diversa.
Dietro quest’ultimo due giovani con un cappello piumato e ancora dietro l’immagine del pittore che guarda con interesse e meraviglia la vicenda del martirio. Sull’estrema destra altro nudo, questa volta ripreso di spalle con, appena accennato, il capo di un’altra persona. Davanti a loro un chierico spaventato dalla vicenda che tenta di scappare mentre dall’alto un angelo scende fra le nubi e tende un ramo di palma al santo che cerca di afferrarlo con quella mano tesa di cui si è detto avanti.
Qualcuno sostiene che tutta la scena, anche perché rappresentata con forti giochi d’ombra e di luce, sia riuscita come una “stasi monumentale”; forse non è sbagliato affermarlo; è certo però che l’opera suscita grandi emozioni e che non si può fare a meno di riconoscere la drammaticità della vicenda rappresentata che riesce a toccare la sensibilità di colui che si trova di fronte al dipinto.
Completamente diversa l’opera rappresentante la Vocazione di San Matteo dove vengono rappresentati personaggi attuali vestiti con abiti del tempo. Qui la luce acquista rilievo essenziale perché entra al di fuori del dipinto e va a illuminare il braccio del Cristo che entra sulla destra.
Anche del San Matteo e l’angelo esistevano due versioni, e la prima raffigurante un San Matteo troppo popolano in atteggiamento ritenuto poco appropriato fu rifiutata dai committenti. Tempo dopo non se ne seppe più nulla era andata perduta.
Nelle opere della Cappella risulta evidente la maturazione verso uno stile personale del Caravaggio che da inizio a una corrente più moderna che condizionerà molto la pittura del tardo seicento.
Con il Martirio di San Matteo e la Vocazione, avvalendosi d’effetti di luce e d’ombra, faceva nascere quella tecnica pittorica monumentale e drammatica che si sviluppò poi in molte sue opere.
Caravaggio tentava di rappresentare la verità, si rivolgeva ai soggetti più umili e spesso anche volgari, perché, artista rivoluzionario, non voleva seguire le orme dei suoi predecessori che tendevano di idealizzare con virtuosismi vari i soggetti rappresentati.
Voleva invece rappresentare la realtà umana con i suoi drammi e le sue tragedie e voleva farlo senza retorica e eccessive decorazioni e nemmeno virtuosismi; sceglieva soggetti semplici, moderni, privi di alcuna storia e a volte anche persone di facili costumi; Le sue figure erano appena illuminate da fasci di luce sempre indirizzate verso le figure principali; e la luce spesso nei quadri di C. costituisce l’elemento principale della scena perché è la luce che estrae dalla tela le persone che illumina e crea la vicenda.
Flavio46 28/sttembre/2009
Ahi ahi ahi maestrina smemorata..!! Certo che ho citato Napoli ma e’ nell’articolo del 24 febbraio di Marc e Paola sempre sul Caravaggio. Dai scherzo Rosaria, ma vedo con piacere che ricordi le meraviglie che abbiamo visto insieme a Napoli e Capodimonte, come potrei scordarmi di tali fantastiche opere?
L’arte, in tutte le sue forme è mio cibo quasi quotidiano. Ma quanto ho ancora da imparare.
Pardon ….mi sono appena accorta, guardando le date dei commenti che l’articolo è datato 29 settembre e in quella data Franci non era ancora venuta a Napoli e lo stesso credo che valga x Flavio, che ci è stato anche lui di recente. Chiedo scusa, ma non avevo proprio notato che è un articolo vecchio riproposto. Il precedente mio commento quindi non vale.
Ma come, Franci, non citi Napoli nel tuo excursus artistico!!!! ma se sei venuta a Napoli “quasi esclusivamente” x ammirare le Sette Opere della Misericordia!!! E, poi, hai gia’ dimenticato l’andata al Museo di Capodimonte per ammirare altri capolavori del Merisi e non solo? Ah ah ah, Franci “smemoratella”!!!. Ovviamente scherzo. Quanto a Flavio non immaginavo che, dopo tutte le sue venute a Napoli, non avesse ancora visto le Sette Opere della Misericordia. Motivo in + per ritornarci, Flavio? Grazie, Flavio, x averci ancora una volta, con i tuoi scritti, accompagnato per mano attraverso questo mondo meraviglioso che è l’arte e soprattutto x aver maggiormente edotto me che non sono una profonda conoscitrice di questa materia.
Ciao Franci
E’ vero condividiamo soprattutto l’amore per l’arte e, penso, Caravaggio in particolare.
Come te ho ammirato le opere di Milano, Roma e Firenze, ma non sono stato ancora a Napoli, nè a Messina, e Conto di farlo al più presto. Mi mancano soprattutto: Le Sette opere di Misericordia, il Davide con la testa di Golia e La madonna del Rosario.
Grazie a te per il bel commento.
Ciao
Caspita, mi son detta quando, entrando in Riflettiamo ho visto il dipinto che ho in casa mia del San Matteo e l’Angelo di Caravaggio; eh si, caro Flavio, perchè io adoro il Merisi e sono poche le opere sue che non ho ancora visto dal vivo (mi riferisco ovviamente a quelle esposte in Italia).
A Milano mi sono vista la meravigliosa “Cena in Emmaus” alla Pinacoteca di Brera e la “Canestra di frutta” alla Pinacoteca Ambrosiana. A Roma, in San Luigi dei Francesi, come tu descrivi, ho ammirato estasiata il Martirio di San Matteo e devo dire che mi è stato difficile allontanarmene. E in questa tela, come in moltissime altre del Merisi, egli si autoritrae tra le figure che osservano la scena.
Sempre a Roma ho ammirato stupendi dipinti come Giuditta e Oloferne, Narciso a Palazzo Barberini, poi alla Galleria Borghese “Bacchino malato”, “Fanciullo con canestro di frutta”, “Madonna dei Palafrenieri”, uno splendido “San Gerolamo” e un inquietante “Davide con la testa di Golia” dove ritroviamo il Merisi in autoritratto e ancora “San Giovanni Battista” e ancora nella meravigliosa Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo non mi sono persa la “Conversione di San Paolo” e la “Crocifissione di San Pietro”. E che dire della pluri-discussa “Madonna dei Pellegrini” nella Chiesa di Sant’Agostino sempre a Roma, ritratto che scandalizzò preti e popolani. La modella che posò per il Merisi era la prostituta Lena, amante dello stesso, che si ritroverà poi anche nella “Madonna dei Palafrenieri”.
E non mi sono fatta mancare neppure l’enorme tavola della “Conversione di Saulo” quando, dalla collezione privata Odescalchi e’ stata esposta, per pochi giorni a Palazzo Marino a Milano.
Ebbene si, caro Flavio, credo che condividiamo qualcosa noi due.
Grazie per gli articoli.
Flavio, il mio commento appare nella seconda parte di Caravaggio.
Ciao
Flavio. non mi resta che inchinarmi alla tua conoscenza,la competenza e soprattutto l’amore che esterni per l’arte. Che dire se non ringraziarti delle bellezze che ci proponi ?
Il -Maledetto toscano- ti dice :Grazie veramente di cuore a Te e a Paola.
Che belle cose, Flavio. Da rimanere senza respiro. Grazie a te e Paola.