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Quante vite salvano gli scienziati? scritto da francomuzzioli
Nel Corriere della Sera di qualche giorno fa, Federico Rampini ha scritto questo interessante articolo del quale faccio seguire uno stralcio:
“[…] Qualche genio ci ha lasciato le impronte digitali: Albert Einstein, Enrico Fermi e Robert Openheimer non sono estranei alla sorte di Hiroshima e Nagasaki. Si può ricostruire la fiducia sulla ricerca? Un sito internet americano, dedicato alla divulgazione scientifica per i giovani, ha avuto una idea originale. Altro che premi Nobel, l’unico Pantheon degli scienziati illustri deve ammetterli in base alla loro effettiva utilità sociale. Quale misura oggettiva se non il numero di vite salvate? I risultati sono sorprendenti. Una rivelazione che sconvolge le graduatorie consolidate. Interrogate uno studente sui nomi dei padri della scienza e le sue risposte conterranno i nomi di Galileo Galilei per l’astronomia, Isaac Newton per la fisica, Charles Darwin per l’evoluzione. Ora il sito www.scienceheroes.com promuove nomi ben diversi, per lo più sconosciuti o dimenticati. Sono i “veri eroi della scienza”. A fianco di ogni nome c’è il dato che conta: il numero di vite salvate, dalle centinaia di migliaia ai miliardi. E’ il criterio per costruire una classifica in base al merito e dà un volto umano alla ricerca, motiva gli studenti a cercare nell’attività scientifica un ideale umanistico una ragione di vita […]”
Quello che mi ha stupito è che lo scienziato al quale è stato attribuito il merito di avere salvato più vite umane è per me lo sconosciuto Fritz Haber che inventò il fertilizzante sintetico, senza il quale il 30/40% dell’umanità non sarebbe viva, si ritiene abbia salvato 2,7 miliardi di persone. Il terzo di questa top ten, è un certo N.Bolrlaug, padre della “rivoluzione verde”, ovvero la coltivazione del grano ad alto rendimento e si stima abbia salvato 245 milioni di vite umane. Tanto per intenderci Gaston Ramon (che fa sempre parte della top ten) e che negli anni venti scoprì i vaccini contro la difterite ed il tetano si stima abbia salvato soltanto (si fa per dire) 58 milioni di persone.
L’insegnamento che si può trarre da questa classifica è che l’umanità è ancora legata al tenue filo della sopravvivenza e che il cammino da percorrere è ancora lunghissimo.
francomuzzioli 19 giugno 2010
Noto che a fronte dicommenti personali molto apprezzabili molti preferiscono riportare articoli di giornalisti e di altri trovati in internet.Mi piacerebbe moltodi più vedere citate quando è il caso delle tabelle statistiche ma sapere che ne pensa questo o quel giornalista trovo che sia poco interessante.Perciò mi astengo dal fare commenti
Analizzando l’articolo di Franco,è vero che spesso vengono messi in ombra quei ricercatori che hanno salvato vite umane o che abbiano fatto scoperte a favore del genere umano. Questo problema determina l’indifferenza della società, quante sono le persone che si pongono questa domanda? Oltre a l’esodo dei cervelli per la ricerca in altri paesi, per completare l’opera si dimezzano anche i finanziamenti. Penso che tutto ciò demoralizzi e faccia allontanare tutti quelli che hanno la volontà e la voglia di far progredire il loro paese,che sta in questo campo arretrando vergognosamente. I nomi da citare per la loro opera saranno sempre di meno, speriamo che questo non succeda.
tutti questi scienziati come i ricercatori non fanno notizia o passano sotto banco. solo le notizie negative (vedi cronaca nera)fanno colpo sulle persone.
Io posso testimoniare che in quel periodo nero della poliomelite lavoravo in ospedale dove bambini erano nella macchina della respirazione Il santo Sebin ha salvato vite umane ha eliminato storpi perenni ecc…..
grazie a loro alla loro ricerca anche il male del secolo non è più tanto nero, grazie delle vite salvate onore al merito
Interessante ed attuale l’articolo di francomuzzioli sul valore della ricerca. Franco Rampini,ottimo conoscitore della nostra società, ha fatto un esauriente quadro della situazione in ambito mondiale, segnalando l’importanza dei “Veri eroi della scienza”. A quanto già detto aggiungerei questo quesito: Cosa si fa in Italia per migliorare la ricerca? Visti gli ultimi tagli della finanziaria direi pochissimo. Se pensiamo, soltanto per citarne una , alla chiusura della GLAXO
( importante industria farmaceutica ) a Verona che lascia senza lavoro 600 ricercatori, affermando che la neuroscienza non fa guadagnare.Quando verrà il tempo dei lungimiranti, di coloro che si preoccupano delle generazioni future?
Articolo intelligente e commento storico enciclopedico. Che fare se non condividere?
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Stralcio ripreso da STORIA in network
E’ vero che lo storico dovrebbe, per sua stessa natura, guardare il passato, scrutarlo, studiarlo, eccetera; ma oggi abbiamo voglia di partire dal presente, da alcuni fatti banali della vita di ogni giorno. Immaginiamoci per esempio una domenica mattina: ci siamo svegliati, abbiamo realizzato che oggi è festa, magari abbiamo uno o due figli in ottima salute e di buon appetito che fanno la prima colazione. Usciamo per prendere il giornale e incontriamo la signora del piano di sopra, che con i suoi ottantatré anni è ancora vispa, solo un po’ sordastra; poi incontriamo un’amica che spinge una carrozzina e ci fermiamo a chiacchierare un po’ con lei, per complimentarci per il suo bellissimo bambino di pochi giorni (i bambini piccoli sono tutti bellissimi, anche quando sono orrendi) e per commentare il fatto che il nostro figlio più piccolo ha appena fatto il morbillo, mentre la sua più grande ha fatto la scarlattina. In altre parole, hanno fatto un po’ di giorni di vacanza da scuola. E così via. Ora non chiedetevi se il vostro storico stia rincitrullendo: non vogliamo certo intrattenervi con un articolo in cui descrivervi come tirar sera in un giorno di festa. Vogliamo solo mettere in luce che, nelle irrilevanti vicende sopra elencate, ci siamo imbattuti in una serie di cose che ormai diamo per scontate, tanto fanno parte della nostra quotidianità: dei figli sani, una vecchietta in gamba, una mamma felice di portare a spasso il suo bimbo appena nato, due genitori che parlano con distacco dei figli che hanno contratto malattie di scarsa importanza, certo non pericolose. Torniamo ora a fare gli storici; ci basta andare indietro di cent’anni e quella vecchia signora avrebbe rappresentato un vero “sfondamento” dell’età media; quel bimbo in carrozzina sarebbe stato “a rischio” per il solo fatto di non aver ancora compiuto il primo anno di vita, di quelle malattie non si sarebbe ragionato con distacco, ma col cuore pieno di angoscia. Lasciamo parlare i numeri: la durata media della vita, che attualmente sta sfiorando gli ottant’anni anche per gli italiani di sesso maschile (mentre il gentil sesso ha già superato questa soglia), all’inizio del secolo superava di poco i cinquant’anni. Nel 1901, in Italia, la mortalità infantile nel primo anno di vita era di 168 bambini ogni 1.000; nel 1935 questo triste numero era già sceso a meno di 100. Oggigiorno la mortalità infantile nel primo anno di vita è di poco superiore all’uno per mille. Sfogliando un dizionario medico del 1938 apprendiamo che il morbillo era una malattia grave, con possibile esito mortale, e che l’isolamento legale per il malato di scarlattina era di quaranta giorni, mentre la cura consisteva, sostanzialmente, in riposo e alimentazione controllata e nella speranza che il malato se la cavasse con le proprie forze.
Ma se vogliamo dare un’occhiata anche al secolo scorso, scopriamo una notizia a dir poco impressionante: nella civilissima Vienna imperiale, nel 1852, tredici madri su cento morivano per infezioni contratte dopo il parto. Insomma, quando i nostri vecchi ci dicevano che “se c’è la salute c’è tutto” erano proprio così banali? Qualcosa è quindi successo, qualcosa che ha permesso all’uomo di migliorare enormemente la propria vita. E’ successo che la Storia non è fatta solo di eventi clamorosi in senso negativo, di guerre, rivolgimenti, sperimentazioni politiche sulla pelle della gente, glorie di satrapi che poi, purtroppo, non muoiono mai da soli. E’ fatta anche, grazie al Cielo, di uomini che hanno dedicato le proprie energie, la propria intelligenza, la propria vita, nella ricerca scientifica per il bene di tutti. Purtroppo spesso questi uomini sono dimenticati perché, per dirla con linguaggio giornalistico, non “fanno notizia” come può invece farla qualche lieto avvenimento che comporti una bella strage o una bella guerra. Questi uomini non hanno fatto la politica delle grandi nazioni, anche perché il vero ricercatore, per sua stessa natura, è un apolide o, meglio ancora, un cittadino del mondo. Chi lavora per l’uomo non ha in genere alcun interesse per quelle bizzarrie inventate dagli uomini, quali le nazioni e le frontiere, troppo spesso utili solo per stabilire confini di potere. E per converso, il nemico contro cui combattono questi uomini, la Malattia, non conosce a sua volte frontiere. Il vaiolo uccideva, con grande democraticità, in tutta l’Europa, e la poliomielite non chiedeva a nessuna delle sue vittime a quale nazione, razza o religione appartenesse. Cosa ha spinto (e spinge) questi uomini alla ricerca? Difficile stabilirlo, difficile trovare una spiegazione valida per tutti. Di certo una grande intelligenza e una grande curiosità, una voglia insanabile di capire il “perché” dei fenomeni.[…] l’intelligenza e la curiosita al sevizio dell’umanita contina……..