Prendo lo spunto dai sette ciclisti uccisi a Lamezia Terme e dall’articolo di Paolo Rumiz nel giornale “La Repubblica ” del 7/12. Il Giornalista, da buon ciclista dice : “…gli automobilisti non ti guardano, non ti vedono, ti considerano un bersaglio per il parabrezza”…..e aggiunge….” che questo è uno scontro culturale prima che urbanistico, le due ruote sono viste come un intralcio al traffico e non come la base per il decongestionamento…” Sono d’accordo con questa ultima riflessione e sono anche addolorato per le centinaia di ciclisti uccisi nelle strade, ma questa visione un po’ manichea, non considera che in Italia un ciclista è quasi sempre anche un automobilista….pertanto!?!?! Una cosa è certa non abbiamo il civismo e la cultura urbanistica degli olandesi, dei belgi e dei tedeschi, quando saliamo in macchina tendiamo ad essere “padroni della strada”, ma anche quando saliamo in bici facciamo altrettanto. Giriamo bardati da finti corridori del Giro d’Italia con caschi, magliette e bici al titanio a grappoli di venti o trenta per stradelle dove passano a stento due auto. Sfrecciamo per le strette strade medioevali delle nostre città oltrepassando le auto a destra o a sinistra, fregandocene degli stop o dei semafori. L’Italia non è un paese per ciclisti perché mancano le piste ciclabili, perché c’è troppo traffico su quattro ruote, ma soprattutto perché siamo maleducati, non rispettiamo le regole e ce ne freghiamo degli altri in macchina o in bici.
Franco Muzzioli
Cari amici, chi scrive è il Presidente Provinciale ANMIL di roma, la nostra è un’associazione Nazionale ONLUS e ci occupiamo soprattutto a tutelare i diritti dei nostri 470.000 soci, ma estendiamo la tutela a tutta la categoria, e cooperiamo con l’INAIL per comunicare la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e nelle strade, adoperandoci per diminuire gli infortuni invalidanti e mortali.
diverse sono le iniziative dell’Associazione.
una in particolare si rivolge al mondo giovanile ed è definita SILOS- Scuola Innovazione Lavoro Organizzazione e Sicurezza- termine questo che racchiude in sè il traguardo del progetto che viene presentato nelle Scuole medie superiori, ai ragazzi del penultimo ed ultimo anno, cercando di sensibilizzare e responsabilizzare proprio coloro che sono i prossimi ad affrontare il mondo del lavoro. Si cerca invero di coinvolgere emotivamente i ragazzi con racconti di storie vissute, narrate direttamente dagli stessi protagonisti degli eventi.
I ragazzi nel corso degli incontri, sono sollecitati e volentieri partecipano al dibattito che segue la narrazione, portando anche le loro esperienze personali, riferite ovviamente non soltanto nell’ambito lavorativo ma anche a quello personale, in particolare per quanto concerne le problematiche legate al mondo giovanilee a quello dello svago del sabato sera; che, come è noto, può presentare aspetti parimenti drammatici a quelli degli infortuni sul lavoro. Alcool e droga infatti rappresentano un pericolo tanto nei cantieri quanto nelle strade.
Ormai troppo spesso accade infatti che giovanissimi sotto l’effetto di alcolici o di droghe sfrecciano sulle strade incuranti della incolumita altrui, causando incidenti drammatici.
Ma sarebbe erroneo pensare che quando si parla di pericolo sulle strade, ci si debba riferire solo agli autoveicoli. Anzi, la tragedia menzionata in alcuni commenti letti in questo sito che si è consumata a Lamezia Terme, ci ricorda che sulle strade si muore anche in bicicletta, molto spesso peraltro gli appassionati di ciclismo, per i quali la bici è una passione da condividere e vivere su strada, si ritrovano spesso in gruppi numerosi a percorrere centinaia di chilometri. Tuttavia, mentre in competizioni agonistiche ufficiali o, come si vede in TV, al giro d’Italia o al tour de France, i corridori sono protetti dagli agenti della polstrada, i nostri amici e parenti che escono con la gioia di fare sport, spesso non fanno ritorno a casa.
Quindi appare palese che la differenza fondamentale tra le due attività di cui appena detto risiede, sotto il profilo che ci interessa, nella SICUREZZA.
Forse anche in ragione del fatto che istituzionalmente l’ANMIL si occupa di sicurezza, si ritiene che proprio in ossequio a detto principio, l’Associazione possa suggerire come evitare tante morti sulle strade, di persone che hanno l’unica colpa di avere una passione smisurata per la bicicletta.
Del resto, a ben vedere, è alquanto singolare che per praticare il motociclismo o l’automobilismo si debbano realizzare impianti appropriati e sicuri, per quanto possibile, mentre per correre in bicicletta, o anche semplicemente praticare questo sport per hobby, si debba… scendere in strada.
La domanda che sorge spontanea, e che al tempo stesso si tramuta in un consiglio è la seguente:” ma non sarebbe il caso di realizzare dei circuiti in aree appropriate ed attrezzate riservate unicamente agli appassionati della bici da corsa?” (dette aree occorrerebbero, infatti, non solo a salvare vite umane- nel 2009 in Italia sono morti 295 ciclisti sulle strade, contro i 288 dell’anno precedente, con un aumento del 2,4%; mentre il numero dei feriti che riportano esiti invalidanti permanenti è altrettanto e forse più sconvolgente del primo dato, essendo pari a 14.804) ma ad evitare costi sociali enormi.
Si ritiene che i dati di cui sopra ci debbano far riflettere.
Le istituzioni dovrebbero cominciare a prendere dei seri provvedimenti per far si che questa tragica e dispendiosa catena di eventi luttuosi abbia termine; e ciò, ovviamente non solo perchè gli appassionati di ciclismo possano si avere il diritto di allenarsi, anche se la sola vita di uno di loro sarebbe motivo sufficiente per cambiare lo stato delle cose.
Nei telegiornali quando si parla, sempre più spesso, di questi tristi eventi, si cerca sempre di riflettere su quella che potrebbe essere la soluzione del problema, sotto il profilo del codice della strada e/o di quello penale, con l’inasprimento delle sanzioni per gli automobilisti.
Nessuno, invece, parla mai di soluzioni diverse e radicali, come quella appena prospettata.
La realizzazione di aree ad hoc- preposte per la pratica di tutti gli sport da effettuare con la bici: dalla strada alla BMX, dalla pista alla mountain bike- riteniamo che sia la soluzione migliore, ed alla fine di tutto la meno costosa, pur prevedendo un necessario impegno economico; che peraltro, se ben gestito, potrebbe portare posti di lavoro, sia per le costruzioni degli impianti che per il mantenimento degli stessi, inoltre potrebbe portare un notevole ritorno patrimoniale.
Peraltro, per comprendere la pericolosità del fenomeno, ci si dovrebbe immedesimare in chi, impegnando una curva, si trovi di fronte ad un gruppo di 40-50 ciclisti in allenamento che occupano tutta la carreggiata, mentre un camion sopraggiunge in senso opposto. A quel punto, anche il non poter scegliere sarebbe comunque drammatico.
Sono queste disgrazie- come la menzionata di Lamezia Terme in cui sette persone hanno trovato la morte- che si vorrebbero evitare in futuro.
chi ama il nuoto si reca in piscina, chi ama il fitnes e vuole tenersi in forma si reca in palestra, chi ama il kart si reca in pista, chi ama la bicicletta, dovrebbe poter avere un luogo predisposto in cui recarsi per svolgere in sicurezza la propria attività, soprattutto visto che la disciplina è praticata anche da bambini ma soprattutto da persone che rientrano nella così detta, terza età.
piste di questo genere, con qualche accortezza e comfort in più, potrebbero diventare anche dei veri e propri luoghi di ritrovo e divertimento anche per le famiglie degli appassionati di questo sport.
In Italia tutti gli anni nei periodi estivi bruciano migliaia di ettari di terreni proprio perchè incolti, con spese da capogiro per la collettività.
Basterebbe evitare anche uno solo di questi mega incendi, per ripagare il costo di un impianto quale quello di cui si è parlato.
sono anni che il firmatario della presente, rappresenta invano nelle diverse sedi quanto sopra rappresentato, per contribuire alla sicurezza dei nostri amici e parenti ciclisti
Presidente Provinciale
ANMIL di ROMA
Claudio Betti
Mi sta bene egregio signor muzzioli,quando lei dice che siamo e ribadisco siamo un paese di incivili,ma non mi trova daccordo sul dire che l’Italia non è un paese per ciclisti, ne tanto meno sono daccordo con lei quando parla dei mezzi e dell’abbigliamento,è giusto fare la critica, ma prima bisognerebbe informarsi sul perche queste persone vanno per strada cosi vestite,per quanto riguarda il mezzo poi io penso non si giusto criticare,ogni passione ha i propri eccessi,io ho girato per anni in bicicletta e come me molti altri senza arrecare intralcio alcuno a lei ed hai suoi simili,anzi criticando ,nelle sedi opportune il comportamento di chi metteva in cattiva luce noi ciclisti, poi per quanto riguarda il passaggio sui maleducati , splendidi Italiani,preferisco lasciar scorrere la penna ,non l’accetto da chi non porta il giusto rispetto al nome della propria Nazione.
avrei preferito leggere il suo articolo in occasione di una giornata normale ma in occasione di un simile disastro il suo articolo come quello del giornalisto mi sembrano quanto meno inopportuni,gentilmente la saluto riccardo2.co
Commenti abilitati VOGLIO dire anchio la mia ma le sue colpe se la devono prendere anche i ciclist. Qui sono padroni della strada se rispettano il codice quei disastri non sucederebbero. dunque piu’ attenti ache loro se sarebbero stati piu’ attenti non ci sarebbero stati 7 morti
Il problema principale è l’assunzione di alcolici e super alcolici e l’assunzione di droga prima di mettersi alla guida, occorrerebbe rivedere la legislazione relativa alla non punibilità in tali casi con la scusa della assenza della capacità di intendere e di volere, chi si accosta ad una bottiglia o alla droga è sobrio nell’attimo che lo fa e quindi già sa che tali pratiche possono trasformarlo in un assassino.
Poi sarebbe utile la reintroduzione dell’educazione stradale nelle scuole oltre che la costruzione della piste ciclabili.
Non credo che Franco volesse il risultato delle statistiche dei ciclisti morti sulle strade, ma semmai richiamare tutti-tutti- al senso civico e al rispetto del codice della strada.Bisogna anche riconoscere che:-quando ci sono gare amatoriali , anche non competitive, ma autorizzate, vi sono i controlli etc sul percorso stabilito che i corridori faranno.Vigili urbani, polizia, chiusura al traffico e, tutto scorre regolarmente.Il problema viene quando, improvvisamente ti trovi un plotone di corridori che occupano tutta la careggiata e non sai come fare a passare, qui è sempre in agguato la disgrazia.Mancano, sul nostro territorio, almeno in Versilia, le piste ciclabili.Credo che questa sia la lacuna più grossa. Poi è ovvio che , purtroppo, esistono anche i pirati della strada
Ognuno può vederla dalla parte che ritiene più confacente alle sue abitudini ,ma come solito il mio articolo voleva essere provocatorio e se lo leggete bene dico che siamo quasi tutti (forse salvo qualche eccezione) strani animali….un pò pedoni..un pò ciclisti….un pò automobilisti..MA SIAMO SEMPRE NOI! Che non rispettiamo i limiti di velocità, che parcheggiamo in seconda fila ,che non usiamo mai le frecce ,che guidiamo telefonando , che caracolliamo in bici con dieci sacchetti della spesa nel traffico cittadino, che giriamo ,sempre in bici, sui marciapiedi, che non rispettiamo le segnaletiche neppure nelle piste ciclabili, che non attraversiamo sulle righe pedonali, che non attendiamo il verde per attraversare zigzagando tra le auto.ecc. ecc. ecc…SIAMO SEMPRE NOI! Indisciplinati, incivili, maleducati…splendidi italiani.
L’Italia è un paese più ciclista del mondo e la bicicletta appartiene alle masse. Si danno appuntamento la domenica per le gare amatoriali, per i raduni, per le passeggiate.
Ogni fine settimana escono e vogliono godere di qualche pedalata, e di un panino mangiato in bella compagnia. Spesso l’allegria e l’euforia e troppa e dimenticano che sulle strade circolano anche le automobili. Procedono in gruppetti e si affiancano incuranti del pericolo. Credono che alla guida delle macchine ci siano persone responsabili che comprendono le esigenze dei ciclisti.
Ed ecco all’improvviso la macchina impazzita. Che come un proiettile , cosi dicono i superstiti della strage a Lamezia Terme. Il gruppo dei ciclisti viene preso in pieno. Corpi che volano con le biciclette. Sette ciclisti muoino sul colpo altri tre restano feriti, una scena agghiacciante.
L’autore della strage è un marrocchino drogato. Vi risparmio amici che leggete questi righi, il solito bla…bla..di quelli che…”io non sono razzista” ecc ecc. Ma non è la prima volta che accade un fatto del genere.
Mi fermo qui per soffocare la mia rabbia e rivolgere un pensiero di grande dolore alle famiglie colpite da questa tragedia per colpa di uno scellerato irresponsabile, ha compito una strage ma state certi che tra poco tempo lo rivedremo circolare, libero e forse ancora alla giuda di un altro proiettile impazzito.
cè da dì franco cmq ke a volte fanno gruppi inamovibili su strade troppo frequentate quando non si rilassano alzando mani da manubrio e te tocca svicola’ al massimo, certo a lamezia eran fila indiani poverini sono in cielo mo’ ke pedalano fra na nuvola e l’altra ciao
In Italia, nel 2010, sono 300 i ciclisti morti sulle strade, abbiamo quasi un morto al giorno e ben 40 feriti. Non credo sia una questione di provenienza geografica me di civiltà. E’ sbagliato addossare tutto il peso della sicurezza su chi pedala, travestendolo come un cavaliere o illuminandolo come un albero di Natale, come alcuni hanno proposto. La responsabilità dell’attenzione deve essere rivolta a chi sale in macchina e continua a telefonare, scrivere messaggi, spesso trovandosi in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti. Ci vorrebbe una severità maggiore nell’applicare le leggi esistenti, dovrebbe essere chiaro che chi sbaglia paga e il rischio di uccidere qualcuno è reale e non verrà perdonato
Commenti abilitati be queste tue considerazioni,non li condivido,sono critiche di chi vede il problema senza praticarlo,come al solito fa comodo puntare il dito con affermazione ingiuriose sulle persone che praticano lo sport del cilcismo.Io essendo un praticante attivo 4/5 mesi all’anno,anche fuori dell’italia ,non è cosi che si possa miglorare il fenomeno ,di come lo dipingi tu.Certo manca la cultura in alcuni,percchè praticano il ciclismo senza amarlo,è una sorte di modo pe fare vedere le loro origine di ricchezza ecc.Carrisimo un ciclista vero si comporta bene,senza crare disagio a nessuno,sia alla circolazione e agli arredi pubblici ecc. buona giornata
Franco, il tuo articolo copre tutte le sfaccettature dei problemi. Metidiamo, dunque, ciclisti, motociclisti, automobilisti e, perché no, anche pedoni che attraversano improvvisamente la strada, forti? della precedenza che hanno sulla carta. Occhi attenti, dunque, ed educazione.