Son fermo al passaggio a livello. Il motore è spento e aspetto che passi il treno.
Eccolo arriva sferragliando. Mi stupisco a vedere dietro la vecchia Tartaruga, la carrozza di un pendolino, e poi un carro merci, una carrozza di prima, una di seconda, e poi una di quelle con i sedili di legno e le porte che si aprivano stando appesi alla prendellina, ma che riuscivi ad aprire e anche se eri in ritardo saltavi su col fiato grosso e la gola secca.
Insegne diverse, Ferrovie dello Stato – Société nationale des chemins de fer français –Deutsche Bundesbahn – Österreichische Bundesbahnen – Polskie Koleje Państwowe….mi fermo ché mi vanno appresso gli occhi, mi limito a contare venticinque vagoni e due locomotive, una in testa e una in coda.
Strabuzzo gli occhi, sono sceso dalla macchina e come me altri autisti a guardare questo treno lungo lungo, che passa e sembra non finire mai.
Che è, han fatto l’Euroferrovia? Sarà impazzito qualcuno al deposito carrozze o avrà fatto tutto da solo il macchinista? Certo che questo treno variopinto mi sembra l’Europa, carrozze da alta velocità insieme a carri merci. Eppure riesce a stare insieme, forse non se ne rende conto neanche il macchinista, eppure è un treno, l’Art.2 Comma 13 del Regolamento per la Circolazione dei Treni specifica «Agli effetti della circolazione sulle linee, costituisce treno qualsiasi mezzo di trazione con o senza veicoli che debba viaggiare da una ad altra località di servizio, o che parta da una località di servizio per disimpegnare un servizio lungo linea e faccia ritorno nella località stessa. » Si è proprio un treno, corrisponde alla definizione dell’RCT, ognuno paga il biglietto in €, ciascuno occupa il posto che ha prenotato o che ha trovato disponibile e se le locomotive non tirano o spingono eccessivamente, magari si riesce anche a fare un bel viaggio gustandosi lentamente il bel panorama.
Popof 12 dicembre 2010.
Commenti abilitati bel racconto popof, classico di una persona che sa cosa vuol dire avere vissuto al tempo del fare, non come certi nostri coetanei abituati sempre al tempo del dire,
tutti dovremmo poter viaggiare seguendo i nostri ritmi,rincorrere i prof di turno porta solo a parlare a vanvera.
mi è molto piaciuto il racconto ,che secondo il mio modo di leggere, vuole far capire ,ai fautori del solo dire che tutti uniti anche se con velocità diverse possiamo arrivare alla soluzione di ogni problema,se ogni uno di noi va per suo conto ,allora si può solo acoltare il piagnone di turno che si lamenta dopo che una disastro è successo.
Titolo originale Edis? Tre-no: metà-fora.
(non era bello, mancava di spritz)
… c’entra Franco.
Se il treno fosse un balcone ci si potrebbe affacciare, o ci si potrebbero appendere i panni, oppure le coperte … come per la processione.
Poi il treno è anche un punto d’incontro. Sai quanti lunghi viaggi in cui si raccontava di tutto, anche antesignano della chat, che con la sua fluidità liquida mette a contatto vite diverse e distanti.
Remember…quel disco 33 giri dalla copertina bianco nera sul canto popolare…erano gli anni 70 …l’ho consumato a forza di ascoltarlo…la Marini, la Monti ,la Montinaro poi Otello Profazio che epoca! Poi vennero gli Inti Illimani col “pueblo unido…” …eheheh ero giovane ! Ma Popof che c’entra un treno europeizzante che sferraglia ad un casello con le radici di protesta del 68 ….solo per quei treni che andavano a Reggio Calabria ….fatto poco conosciuto di lotta tra province?
Sono terriblmente curiosa : ci puoi dire quale era il titolo originale che avresti voluto assegnare al tuo scritto , Popof????? Giovanna Marini ti scuserà certamente, ma noi che ci siamo arrovellati per capire, non meritiamo una scusa???? ahahaaaha!!
Cari amici, stavo scrivendo sotto un altro titolo, poi mi è suonata in testa una canzone della Giovanna Marini “I treni di Reggio Calabria”.
Era un altro treno quello, anzi erano treni veri partiti da ogni dove il “… 22 settembre del 1972, quel treno che sembrava un balcone …” l’ho preso in prestito me ne scuserà la Marini.
E se invece di pensare, a metafore, idee accennate o preoccupazioni nascoste , pensassimo solo e ci soffermassimo, veramente e realmente , ad un treno come ce lo presenta Popof? Ci costringe a riflettere sul suo scritto, a discuterne tra di noi, a trovare una spiegazione logica al suo titolo un po’ ambiguo . ! Treni di ogni tipo, da quelli dell’antiguerra , ai merci, a quelli di ultima generazione, e noi, per pochi euro , ci saliamo, ci divertiamo a guardare il paesaggio vario, e ,felici, viaggiamo e viaggiamo!! Ma chi osserva dal di fuori, è perplesso e dice : chi guida questa accozzaglia immane? Che può succedere? Meno male noi siamo solo su un balcone ad osservare , non siamo responsabili! Non è vero, siamo tutti responsabili, nel nostro piccolo!Ogni giorno saliamo sul “ nostro piccolo treno “”e tentiamo di guidarlo nel miglior modo possibile!!!
caro Popof leggendo i commenti vari e confusi, ci vuoi dare una tua interpretazione di che cosa vuoi dire con il titolo che hai proposto “SE IL TRENO FOSSE UN BALCONE” te ne sarei molto grato è una mia curiosità.
Conoscendo Popof, sono portato a ritenere che il treno di cui parla non sia una metafora. Lui quel treno l’ha visto davvero e vi è montato sopra e ha parlato in tutte le lingue. “S’il vous plait, Madame”. “Prego, Signora”. “Encantado”. Il treno dei popoli non cammina spedito come quello di Popof. E i popoli del mondo sono più distanti del reale e dell’ammissibile. Eppure è bello crederci. Anzi, ci crediamo.
Popov parla quasi da buon ferroviere e dimostra di conoscere non solo il mondo ferroviario ma anche la vita. In effetti il treno è come un balcone. Stare al finestrino di un treno è come stare in un balcone in movimento e tutto il panorama passa e fugge lontano da un lato e avanza verso cose nuove dall’altro. Tutto si può vedere prima lontano, poi vicino e poi di nuovo lontano. E` come la vita vissuta: tutto ciò che passa non ritorna più. Poi si entra in galleria, una galleria lunga, lunga, lunga che non ha uscita e tutto finisce lì. Ma noi cerchiamo di stare al balcone fin che si può, poi cediamo il posto sperando, in questo caso, di cederlo a quelli più giovani.
Secondo me il titolo di Popof :”Se il treno fosse un balcone” questo certamente non correrebbe sui binari e non porterebbe con sé tutti i popoli d’Europa, indicati con le loro scritte colorate nelle carrozze, ma da esso si potrebbe guardare l’andamento che ogni nazione, e valutarne tutte le sue problematiche, fino a risolverle unitariamente.
Originale la metafora del treno per segnalare la convivenza delle diversità all’interno dell’Europa. Che, nonostante le differenze delle varie nazioni, riesce a marciare con la stessa velocità verso un unico obbiettivo. Chiederei a Popof il significato del titolo perché mi sfugge..
Forse è una metafora dell’Europa ,questo treno variopinto e diversificato , con carrozze di varie classi e carri merci . In quel casello il panorama era quantomai vario ,”l’essenziale è che la motrice vada e porti tutti a destinazione “, sperando che di macchinisti ce ne sia più d’uno ,comsapevoli del tragitto da effettuare, sobrii e presenti alla loro funzione.
L’unica cosa è che anche noi facciamo parte di quel panorama ….siamo su quel mezzo sferragliante e salutiamo con la manina l’attonito Popof.