Le ore, ciascuna con il suo imprevedibile interrogativo, che si rivela nelle circostanze dei nostri giorni, dei nostri anni, della nostra vita:
L’Ora colorata che vorrebbe volare via, come il palloncino che si agita nell’aria, prigioniero di un filo quasi invisibile nell’esile mano di un bambino sorridente e del suo desiderio di salire con lui lassù, a toccare il sole.
L’Ora dell’ingenuità che disvela un sentimento improvviso, forse sognato, ma colto come per caso fuori da ogni attesa, e che con gioia e stupore si elegge a definitivo, quando invece è soltanto il primo amore con le sue dolci pene.
L’Ora celata tra le pieghe dell’adolescenza, quando ancora si ammira con stupore il sole che ripiega lentamente i suoi raggi tra le nubi orlate d’oro di un tramonto fiammeggiante e, nell’approssimarsi della notte, si culla il vaneggiamento di una tenera illusione sostenuta da un senso di eccitazione, di impazienza e di turbamento.
L’Ora della spensierata e fervente giovinezza, vissuta istintivamente nel segno dell’inesperienza e nell’incosciente convinzione che tutto ciò che guida i sensi è da sempre presente in natura.
L’Ora vissuta intensamente rifuggendo i freni della rinuncia, che abbatte il rimorso con una smorfia sprezzante di freddo cinismo e un’alzata di spalle al male arrecato a chi non se lo meritava, rimandando l’espiazione del peccato a un tempo che appartiene ad una rassegnazione e a un pentimento ancora sconosciuti.
L’Ora, troppo breve, in cui la nobiltà della passione è preludio all’amore vero e incontaminato dagli attacchi della gelosia, dalla tristezza delle incomprensioni e dal timore dell’inganno.
L’Ora che si vorrebbe non finisse mai e che svanisce improvvisamente strappandoci alla beatitudine per abbandonarci tra le dense coltri di desideri insoddisfatti.
L’Ora lieta, al tramonto, in cui indugiamo a contemplare il punto dell’orizzonte che segna la linea tra le tenebre e la luce e catturiamo l’infinito dentro un abbraccio, senza che lo scorrere frettoloso del tempo riesca a incutere oppressione e a sollecitare impazienza.
L’Ora influenzata da quegli affetti mai sopiti, che spinge a ricordare gli eventi intimi della propria vita di cui non si ha ragione di vergognarsi.
L’Ora in cui appassisce un’emozione ma che, come una rosa abbandonata sullo scrittoio, posata sopra una lettera mai scritta, mantiene intatto il suo tenue profumo.
L’Ora amara dell’amicizia tradita che lascia un vuoto di irrimediabile solitudine nel chiuso di una stanza buia, preda della nostalgica malinconia e dello struggente ricordo del vagabondare insieme in un prato fiorito rammentando le sommesse parole che il vento recitava sopra le acque chete del lago.
L’Ora in cui lottiamo strenuamente per divincolarci dall’inganno di un destino avverso che asseconda il carceriere del nostro tempo, attratto, in qualche modo, dalla sua brutale prepotenza che rende vani antichi giuramenti e sincere promesse.
L’Ora che avvolge nella solitudine più acuta e fredda, in cui vorremmo scrostare dai sentimenti ingannati la patina greve degli ingredienti disperati dell’odio cieco e della gelosia tormentosa e divorante.
L’Ora del vincitore e quella del vinto che drammaticamente si sovrappongono quando il glorioso tripudio del trionfatore si specchia dentro la lacrima implorante dello sconfitto.
L’Ora tormentata del dubbio in cui inganno e verità ci pesano come un’offesa generando un’insana certezza che dilania il cuore.
L’Ora vorticosa che travolge l’apatia in cui si è caduti, sollevando un’atmosfera dolciastra che tinge la vacuità del cielo alternativamente con i cupi colori del ricordo di dispiaceri e con i vivaci colori di ricordi felici.
L’Ora che non passa mai, stagnante nell’irrequietezza che incatena alla triste sensazione di un’esistenza sprecata e che trascina nello sconforto in balia di una sopravvivenza che appare completamente priva di scopo.
L’Ora in cui non si ha più nulla da attendere, quando il sole stanco si riduce a un pallido riflesso alabastrino dietro le coltri di nuvole che repentinamente si abbassano a nascondere la vista di uno scenario opaco, spento da chi non verrà più.
L’Ora che non vivremo mai e che insistiamo ad aspettare dentro una trepidazione sempre più vaga, mentre sentiamo scorrere via tutto il carico di illusioni riposte, lasciando soltanto rimpianto e l’impulso di liberare l’attesa inutile.
L’Ora malvagia che scava il profondo abisso che separa per sempre chi si è amato, e su cui, come estremo omaggio, gettiamo un ultimo ponte con un sorriso per attenuare il dramma dell’abbandono.
L’Ora buia, che spinge a rintanarsi nell’antro oscuro di una notte artificiale, perché gli occhi ormai stanchi non sopportano più di vedere né i violenti bagliori né le funeree sventure degli esseri umani.
L’Ora della resa, segnata da un orologio senza lancette, che non offre riferimenti alla durata dell’angoscia, in compagnia di poche cose sopravvissute che non servono più, di tutto quello che non si ha più e non ci manca, subendo inerti il grave senso di irrimediabilità.
L’Ora consacrata all’abitudine, priva di ogni mistero, ma che, nella sua irrinunciabile monotonia, rinnova la lucida esaltazione della prima volta.
L’Ora suprema, quella segnata dagli ultimi farinosi granelli di sabbia che, approssimandosi alla stretta apertura della clessidra, formano il piccolo gorgo turbinante che trascina giù l’ultimo pensiero a coprire il tempo di tutta una vita.
L’Ora muta dell’estremo rintocco dell’orologio della torre, immobile da sempre, dimenticato dal tempo e ignorato dagli uomini, che custodisce la pietosa memoria di tutti coloro che hanno varcato l’ultima soglia, quella che conduce nella venticinquesima ora.
Come darti torto …Franco! Grazie
Perchè che….fifa …Giulia ? Quando arriverà la morte tu non ci sarai…come dice Margherita Hack. Io faccio sempre questo ragionamento ….non penso con ansia e paura a prima della mia nascita…..semplicemente non c’ero…..così sarà dopo…..semplicemente non ci sarò.
Trovo interessante questo ricondurre il percorso della vita allo scandire delle ore di un giorno, difficile da commentare, perché credo che ognuno di noi ha potuto in qualche modo riconoscersi in qualche ora.
Viene un po’ il magone … è vero, perché invita a riflettere sulla propria esistenza, e sulla domanda che già qualcuno ha scritto “in quale ora sarò?”
Secondo me conviene, mettere maggiormente in evidenza, nel ticchettio della propria vita, tutte le cose piacevoli che ci hanno permesso di godere del bello, e lasciare in secondo piano il resto … però … che fifa … quella venticinquesima ora
Complimenti ADSO, come sempre.
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Le stagioni della vita
Con occhi di stella
incontri sorridendo un mondo nuovo,
cercando rifugio, stupito e spaurito
dal buio o da un’insolita ombra.
Col cuore impazzito
vivi, combatti ed impari
e, tra amarezze e gioie profonde,
crei il tuo domani rinnegandolo poco dopo.
Con gli occhi stanchi
ti guardi indietro,
affidandoti ad affollati ed ingannevoli ricordi,
sgranando i tuoi errori come un rosario.
Eppure chiedi ancora un altro giorno
prima che il libro della vita, rilegato
di sogni e battaglie, per te si chiuda.
(flameonair)
http://youtu.be/dma3aIawdeo
Commenti abilitati non aggiungo altro, bella poesia che fà molto riflettere e lascia un magone sul cuore,bravo.
Una vita scandita da un orologio impietoso, che non si ferma, che non dà tregua,che ci trascina crudele verso la 25^ e ineluttabile ora! Tic, tac, tic , tac!! Le prime ore deliziose, colorate ,spensierate, giovanili! Non illudiamoci , però, arriveranno i tormenti,le irrequietezze, le lontananze dolorose e l’ orologio prosegue con il suo tic, tac. La nostra esistenza intera, piacevole o no, ci viene descritta da Aslo con la consueta maestria e , in questo scritto ,che come dice Francomuzzioli si può definire una splendida poesia, con riflessioni psicologiche notevoli. La 25^ ora arriverà quando l’orologio avrà finito il suo tour , e noi non sentiremo più il suo dolce o triste tic, tic,……. e saremo in un futuro inimmaginabile!!!!!
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E alla 24° ora barare e mettere le lancette indietro? Non si può, vero? Non siamo noi a manovrare questo grande orologio. Emozionante come sempre , Adso….grazie!☺
Molto bella la poesia di Adso, perchè di poesia si tratta!
Le ventiquattro ore descritte sono la summa delle gioie, tristezze,entusiasmi, passioni ,vertigini e drammi della vita, tutto descritto con partecipato lirismo.
La venticinquesima ora non esiste …è forse la prima ora di qualcun’altro , noi esseri mortali finiamo a metterla bene alla ventiquattresima ora, poi …qualsiasi cosa succeda ,non ci sarà più il tempo a scandire le ore.
Ogni ora scandisce un tempo della nostra vita che se ne va.Le cosepiù belle che ci accadono,gli avvenimenti che ci fanno gioire vorremmo che si fermassere per poterli godere di più,ma implacabilmente le ore passano e portano tutto via con se.Spesso mi capita di organizzare la mia giornata in modo da scandire le ore più belle senza perdere neanche un attimo così a vuoto.Ma purtroppo dobbiamo fare i conti col tempo permettendo così ai giorni di volare inesorabilmente.Ed è allora che comincio ad aver paura…Quale sarà ,ma come sarà la mia venticinquesima ora ?
…E’ tempo che fugge, niente peura che prima o poi ci riprende..
“C’è tempo di Ivano Fossati”
Ogni giorno provi a cambiare la tua vita. Tutti i giorni ci riesci ma la vita resta sempre quella. Ogni giorno cambi le tue scelte. Tutti i giorni credi di aver preso la strada giusta, ma la strada è sempre quella e raggiunge la stessa identica meta. Hai mai provato a misurare il tempo, nel giusto compito delle distanze parallele, di nascosto dalla tua età e dalle tue ambizioni.
Il resultato è sempre lo stesso e il contrario di te stesso.
Finchè non verrà il giorno in cui il tempo tirerà le somme della propria stanchezza e ti elargirà il giusto risultato, per ricominciare di nuovo a cercare la vita.
Penso che tutti noi ci facciamo la domanda: a che ora siamo? Bravo Adso.