Che combinazione! Proprio ora che in Parliamone si discute di internet e bambini, del ruolo dei genitori, di come sono permissivi, di come controllano o non controllano i figli, ecco che sul Corriere della Sera, Antonio Polito, oggi 31 gennaio 2012, pubblica un articolo direi proprio ad hoc, in cui fa un interessante predicozzo ai genitori, anzi, come li chiama lui, ai “sindacalisti della prole”.
Lo trascrivo per intero, anche se non è mia abitudine farlo, perché mi sembra interessante quello che dice e penso che sia utile “allargare l’argomento” proposto precedentemente. (pca)
“Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli”
Dunque, ricapitoliamo. I nostri figli hanno diritto ad essere fuori corso anche dopo i 28 anni senza che austeri ministri li definiscano «bamboccioni» o frivoli viceministri diano loro degli «sfigati». Però, a 28 anni, hanno diritto a un posto di lavoro non solo stabile e comparabile alle loro aspirazioni, il che è ragionevole, ma anche inamovibile e sorvegliato da un giudice ex articolo 18.
Hanno inoltre diritto a una facoltà nel raggio di 20 chilometri da casa, così che non debbano vivere lontano dalla famiglia, e dunque hanno diritto a non fare quei «Mcjob» (commessi, camerieri, pony express), che i loro più sfortunati coetanei americani sono costretti ad accettare temporaneamente per mantenersi agli studi. Infatti i nostri figli non devono mantenersi agli studi, perché lo Stato chiede a ciascuno di loro tra i mille e i duemila euro l’anno mentre ne spende in media settemila (e molto di più per formare, per esempio, un medico); dunque a mantenerli agli studi ci pensa la fiscalità generale, cioè le tasse pagate anche da chi i figli all’università non li manda. Frequentando l’ateneo con comodo e senza fretta, i nostri figli hanno anche diritto a che il valore legale della loro laurea sia identico a quello di chi la laurea se l’è sudata un po’ di più, magari emigrando, magari in cinque anni, magari in un’università in cui i 110 non fioccano dal cielo, perché in una società veramente egualitaria tutte le lauree devono essere uguali come tutti i gatti di notte devono essere bigi. Se poi i nostri figli per caso volessero continuare la loro carriera universitaria dopo la laurea, hanno diritto a non farlo all’estero, lì dove fuggono i cervelli, ma in patria, lì dove ammuffiscono i cervelli. Naturalmente, hanno infine il diritto di protestare contro questo stato di cose e contro chi ruba loro il futuro, «Occupyando» qua e là tra gli applausi dei contestati medesimi.
Questo elenco di «diritti» può apparire paradossale, ma è quello che si evince dal dibattito pubblico che in queste settimane si è finalmente acceso sulla questione giovanile (fino a qualche mese fa verteva di più su temi come il mestiere di velina o l’età dell’emancipazione sessuale). Diciamoci la verità: il senso comune degli italiani, in quanto genitori, è questo. Al punto che perfino un governo di professori e di liberali si è ritratto inorridito di fronte all’ipotesi di cancellare il valore legale del titolo di studio, cavallo di battaglia dei professori liberali dai tempi di Einaudi. A questo universo morale in cui non compare mai la parola «dovere», o «responsabilità», si deve aggiungere una crescente condanna popolare e mediatica per il «successo», sempre più considerato solo un’altra manifestazione della tanto deprecata ineguaglianza, quasi come se non si potesse avere successo senza una raccomandazione, un’illegalità, un’evasione fiscale. Ne esce così rafforzato all’inverosimile un malinteso senso di protezione verso i nostri figli; malinteso perché in realtà tradisce una sfiducia collettiva nei loro mezzi, una paura di lasciarli nuotare con le loro forze e il prima possibile, che a sua volta contribuisce a deprimere la loro autostima, assuefacendoli all’insuccesso col metadone di una potente giustificazione morale e sociale. Senza capire che l’unico vero antidoto all’ineguaglianza è la lotta del merito e del talento per emergere negli anni dell’educazione, affrancandosi così dalla condizione sociale, familiare o geografica.
Protagonisti di questo paternalismo (o maternalismo) non potevamo che essere noi, la generazione dei baby boomer , la prima generazione ad aver disobbedito ai padri e la prima ad aver obbedito ai figli. Invece che fare i genitori, ci siamo trasformati a poco a poco nei sindacalisti della nostra prole, sempre pronti a batterci perché venga loro spianata la strada verso il nulla, perché non c’è meta ambiziosa la cui strada non sia impervia. È un grande fenomeno culturale, e sempre più un carattere nazionale, forse in qualche relazione contorta e perversa con il calo delle nascite, come se ne volessimo pochi per poterli coccolare meglio e più a lungo. Ed è un grande fattore di freno alla crescita, non solo economica ma anche psicologica della nazione. Mentre negli Usa infuria il dibattito sulle mamme-tigri, asiatiche che spingono i figli fin oltre il limite della competizione con se stessi e con gli altri, da noi comandano i papà-orsetti, pronti a lenire con il calore del loro abbraccio il freddo del mondo reale, così spietato e competitivo.
Antonio Polito sul Corriere della Sera /31 gennaio 2012 | 13:26
La nostra generazione è cresciuta con davanti agli occhi il miraggio del “pezzo di carta” e, chi è riuscito a raggiungere l’obiettivo, lo ha fatto spesso a prezzo di sacrifici personali… salvo naturalmente i fortunati che non erano pressati da problemi economici. Per chi non poteva arrivare alla laurea, era già un traguardo riuscire a raggiungere un diploma di media inferiore e rivolgersi quindi al mercato del lavoro.
Questa realtà ci ha portato a puntare, in modo forse eccessivo, sul valore del titolo di studio e da cosa esso rappresenta, almeno agli occhi di molti: una possibilità di miglioramento dal punto di vista economico e anche come avanzamento nello status sociale.
Ma siamo certi che il nostro spingere i figli verso lo studio non fosse dettato anche da altre nostre considerazioni? Non è che desiderassimo realizzare dei nostri sogni “mancati” attraverso loro? Abbiamo veramente permesso a loro di scegliere la strada da seguire o, inconsciamente, l’abbiamo scelta noi? Prima di indirizzarli abbiamo provato a conoscere di quali potenzialità erano capaci?
Questo potrebbe anche rispondere al perché molti ragazzi, e mi riferisco a coloro che non hanno dovuto perdere anni di studio per problemi economici, si trovino fuori corso: stanno veramente seguendo un indirizzo a loro congeniale? Il perdurare nel limbo delle aule universitarie può considerarsi un’ultima difesa inconscia nel non voler accettare un futuro da loro non scelto? Quali prospettive hanno di trovare un’occupazione alla fine del ciclo di studi?
E’ facile tacciarli di bamboccioni…sfigati…fannulloni…viziati e così via, quando questi ragazzi si ritrovano davanti a un panorama deprimente… quello che noi adulti ci siamo premurati di lasciare in eredità, da dove si evince che l’onesto è stupido!
E ancora: che cosa fanno i nostri governanti per questi ragazzi? Direi poco o nulla. Per assurdo, molto meglio avere studenti a vita che giovani che “pretendono” di avere un’occupazione. Oppure invogliarli ad emigrare per poi stupirsi quando i “cervelli” migliori si fanno una fama fuori i nostri confini.
Non voglio, comunque, essere fraintesa. La mia non vuole essere una difesa ad oltranza nel trovare scusanti per coloro che invecchiano tra un corso e l’altro. Tra loro ci sono ragazzi che si limitano all’attesa di un qualcosa “fatto” da altri, ma anche ragazzi che vivono questa situazione con amarezza, nel non riuscire a scorgere una soluzione che possa dare una risposta a tanti anni di studio.
Nina
e brave roberta alba donne vere sino in fondo ke san dare indirizzi ai propri figli aiutandoli giustamente al massimo cosa ke oggi nella società pe loro è assai difficile trovà, quell’aiuto ke indirizza alla crescita vera senza finì allo sbando di cattivissimi maestri pure vestiti de agnelli o stole infide troppi di loro, in casa mia quella d’origine non ho avute tante ciance, ma esempi a livello sovrumani indirizzati nella fede di Esseri veri tutti, Divini e terrestri, ci sono dei solchi delle strade dei sentieri ke gli onesti vedono distintamente, da ciò, non è appunto co discipline stupide ke se crean adulti ma da vicinanze amorevoli amorose gioiose vedè nel peggio il poco di luce ke forse c’è……….
Polito rappresenta i sentimenti ed l’aiuto dei genitori come fosse un “crimine sociale”
Un analisi assai superficiale che non spiega il vero perchè in una società dominata da caste che cercano di riprodursi in prole superprotettee sponsorizzate, rendendo quasi impossibile ad una famiglia non benestante di far laureare un figlio.
Polito dimentica che la cura, la protezione e l’istruzione dei “cuccioli”è un comportamento standar in tutto il mondo animale, non è anomalia è un comportamento “viscerale”alogico che non ha una sua logicità,dimentica anche che noi apparteniamo al mondo animale
Commenti abilitati Io credo che siamo diventatai più protettivi nei confronti dei nostri figli perche si vede meno luce nel mondo del lavoro, non riusciamo a trasmettere ottimismo, questo fa si che siamo più protettivi sui loro piccoli errori o mancanze. Come mi dico sempre genitori si diventa, non ce un manuale dove prendere esempio, magari e sempre meglio valutare e non farsi condizionare dalle varie “bamboccioni” o parole simili. ricordandosi che non siamo tutti uguali e quindi si deve valutare un figlio e diverso da un altro. Amiamoli e aiutiamoli senza esagerare, è giusto fare i propri errori per cresce servono davvero anche quelli…
Paul,non è necessario darmi del “Distinto signor Angelo”, in questi blog ci diamo tutti del “TU”, SCUSAMI.
Tante sono le situazioni soggettive da sottoporre all’attenzione del comportamento di genitori a confronto dei propri figli, buone e cattive nel modo di educarli.
Caro Paul, sono pronto ad accettare le tue critiche ma se avessi letto anche i miei precedenti commenti capiresti meglio. Ho detto sempre che fra grenitori e figli ci debba essere un aperto dialogo e dare certe regole,curarsi di loro secondo le proprie possibilità e non a briglia sciolta, in modo che in futuro non abbiano sorprese.
Distinto Signor Angelo,…Ognuno ha le sue ragioni e il suo modo di vedere le cose ,giusto e sacrosanto… Ho riletto il suo scrivere non riuscendo a capire se la sua mentalita’ ha accettato che l’educazione dei figli deve avvenire impartendo loro la comprensione all’ubbidienza delle leggi. Questo e’ uno dei tanti doveri dei genitori, se conviene. Ora se ognuno di noi la pensa a modo suo, chi dotera’ i figli con la giusta e necessaria formazione sociale per inserirsi in essa in maniera attiva, propria e nel rispetto della legge? In altre parole se la formazione sociale dei figli non viene impartita a tutti su le stesse basi ci viene da pensare che le leggi sono irrilevanti. Avere questa mentalita’ non e’ certo d’aiuto ne ai figli ne alla societa’. Solo un punto di vista per onorare la logica.Paul
Cara Paola, non c’era bisogno di arrivare in Finlandia e vedere i ragazzi e bambini in mezzo alla neve mezzi nudi, è successo anche qui, non tanto tempo fa, quando la fame, il freddo e i mezzi di sostentamento erano nulli. Le abitudini e la vita è cambiata troppo rapidamente per dimenticare i momenti bui che abbiamo passato, certo ora è tutto è diverso come dici tu, figli imbacuccati con madri che li accompagnano a scuola a 800 m. distanza con auto di grossa cilindrata, questo per enfatizzare il loro stato sociale, ormai sono abitudini che non destano più meraviglia, le osserva solo chi non è all’altezza di arrivare a quelle condizioni. Tante sono le situazioni soggettive da sottoporre all’attenzione del comportamento di genitori a confronto dei propri figli, buone e cattive nel modo di educarli. Ognuno ha le sue ragioni e il modo di vedere le cose ,questo è giusto e sacrosanto.
Aggiungerei anche quest’altro di commento e poi se ne aveste voglia vi consiglierei di andare a leggere qualche altro commento lasciato sul Corriere
VIZIATI SIN DA BAMBINI
31.01|15:16 A75
In Finlandia mi capita spesso di vedere bambini di nemmeno 10 anni che, di mattina presto, con buio, neve, ghiaccio e 12 gradi sottozero, camminano allegri e spediti nei loro cappottini alla volta della scuola, distante magari diversi km e che raggiungono autonomamente a piedi o coi mezzi pubblici.
In Italia mi tocca vedere, anche nelle giornate più miti e soleggiate, ragazzi sino a 16 anni, apatici e immusoniti, scortati da madri alla guida impacciata di fuoristrada di due tonnellate per raggiungere scuole distanti magari non più di 800 metri.
Non mi stupisco dunque del fatto che i finlandesi paghino le tasse, accettino la concorrenza e la loro economia da tripla A marci benone, mentre da noi si evada, ci si produca in piagnistei per difendere le corporazioni e la nostra declassata economia stia andando in malora.
penso, supposizioni, ke data cultura, scienze, studi + estesi a possibilità di ki vuole effettivamente farne b uso il mondo fosse meglio, invece be lo s….. galleggia sempre, scusate sì esplicita considerazione. e la patria è una sola il mondo l’umanità vera………
Ecco, Giulian, questi sono i “sacrifici ” dei RAGAZZI VOLENTEROSI di cui parlo nel mio commento ! Con la loro perseveranza troveranno la strada, perchè la meritano! Ce ne sono ancora , fortunatamente !
Figli che colpevolizzano i genitori perchè hanno dato educazioni fondate su principi etici – Figli che vedono la differenza di trattamento tra un padre aculturato ma che ha avuto un lavoro e delle garanzie ed un figlio laureato con 110 costantemente precario – Figli che rivendicano la loro costanza e fedeltà allo studio mentre i coetanei si vanno a fare la “birretta”.
Giuliano siamo in 60 milioni e sono sicuro che potrebbero esserci 60 milioni di pareri diversi, credo però che dobbiamo fare sintesi e vedere il problema dalla nostra parte di vecchi genitori o di nonni……il commento di Edis-maria è una buona sintesi.
Dopo aver letto l’articolo mi sono chiesto perché non andare a leggere qualche commento degli interessati?
Presi dal Corriere:
Distinguo per Polito
31.01|19:25 claudiocarcaci
Evidentemente Polito non ha provato a frequentare un corso di ingegneria in uno dei Politecnici italiani. Prima lo faccia poi mi dica se è praticabile lavorare nel mentre e laurearsi nei tempi. Tant’è che a fine percorso tutto il mondo invidia la preparazione teorica e culturale di un ingegnere italiano e specificatamente di un “Politecnico”. Come sempre generalizzare non fa bene, io quando i miei coetanei uscivano per la “birretta” coi soldi di mammà ero chino sui libri a risolvere equazioni differenziali o trovare punti di curve ellittiche, questi sono fatti, il resto sono parole.
xrandom…
31.01|19:19 Mario123
Vede caroo sig.xrandom, non so bene cosa dovrei capire, ma appena laureato sono andato fuori casa ed ho iniziato a lavorare pagandomi l’affitto e tutte le altre spese. Però vorrei raccontarle una cosa. Come mio padre prima di me (30 anni fa) io sono andato a lavorare a Bologna. Lui è partito a fare l’operaio, io con una laurea con 110 e Lode in ingegneria in tasca. Lui aveva un contratto a tempo ind. io un contratto che veniva rinnovato ogni 3 mesi (ero un ricercatore allo IOR), lui aveva i contributi pensionistici io non solo non avevo i contributi, ma mi sono anche dovuto pagare l’assicurazione per poter lavorare. Lui aveva il diritto a scioperare, il mio stipendio veniva pagato dopo due mesi previo una lettera di consenso da parte del mio superiore. Lui si è comprato la macchina, io la mia l’ho regalata a mio fratello perché non la potevo mantenere. Oggi dopo 7 anni di lavoro mi sono iscritto ad un Master in Economia Aziendale perché nonostante la laurea, nonostante sia capace di parlare 3 lingue, bisogna aggiornarsi e formarsi. Evviva i bamboccioni!
Un ribaltamento
31.01|19:10 Lettore_2195946
Sono madre di un giovane uomo che si e’ laureato entro tempi canonici, e’ stato in grado di andare ad abitare da solo precocemento, rispetto alla media dei suoi coetanei, lavora con competenza, credo, e con una discreta soddisfazione professionale ed economica. Qualche mese fa, in occasione di un nostro incontro mi ha, di fatto, rimproverata per averlo cresciuto in un sistema valoriale che lo ha reso “debole” perche’ troppo responsabile, troppo onesto, troppo orgoglioso della propria liberta’ individuale, insomma praticamente incompatibile con lo stile dei tempi. Mi sono trovata in una situazione paradossale, mentre una certa retorica, forse non sempre espressione di un sentimento sincero, vorrebbe che i figli fossero grati ai genitori per l’orizzonte di valori etici e culturali verso i quali sono stati orientati, mio figlio ha ribaltato la situazione e si e’ espresso come se fosse stato danneggiato da un’educazione fortemente ispirata ai valori sopra citati. Alla mia domanda ” cosa ti saresti sentito autorizzato a fare senza tutti gli scrupoli creati dall’educazione ricevuta?” non ha voluto rispondermi direttamente, sottolineando piuttosto il disagio che gli ha creato in piu’ circostanze, essere…una persona, diciamo, “per bene”.
Sono tanti e tutti sullo stesso tono…e di mio :
perché fare il confronto con gli USA e non con la più vicina Germania e Inghilterra?
Mi complimento con Edis che ha saputo fare una lettura esatta dell’articolo di Polito, dando il giusto significato alle sue affermazioni.
i miei figli li vedo meglio di me mi pare sian + moderni nel senso autonomia personale concreta, nelle brutte traversie in cui finora sono incappati son riusciti districarsi abbastanza bene e non credo ke la maggioranza pekki di cattiva volontà, troppo spesso sono nelle scie di cattivi maestri magari straciarlanti ma assai poco concludenti…………
Non mi piace il termine “sfigato”. Non sono una mamma-tigre ma ho combattuto fino all’estremo con uno dei miei figli, che si era un pò “adagiato”, perchè conseguisse quel “pezzo di carta” al quale ora si vuol togliere valore legale. Sapevo, già da allora, che non sarebbe servito poi così tanto per trovare un buon posto di lavoro, ma ciò che mi premeva era un’ulteriore un’acquisizione, comunque, di cultura.
Da sempre vado a fare la spesa con la calcolatrice “in testa” per cui i miei figli, “tirati” su così, non hanno neanche sofferto di crisi esistenziali o complessi di inferiorità se non compravo loro telefonini di ultima generazione o abbigliamento firmato. Hanno imparato con l’esempio, più che con le parole.
So bene che io non faccio testo, ma quando li abbraccio è solo per dimostrare loro affetto e non per “proteggerli” dal freddo mondo reale.
Non sono una marziana ma una normalissima mamma come ce ne sono tante altre che ogni giorno debbono combattere e insegnare, anche (e soprattutto) a fare sacrifici.
O forse sono una che fa solo di necessità virtù?
Il giornalista Antonio Polito , che io leggo sempre volentieri, dà un “ taglio “ ben preciso e inquietante alla figura dei genitori. : sindacalisti dei loro figli!!! Un’ aggravante a tutto ciò che finora abbiamo discusso e dibattuto. Secondo Polito non solo li difendono, ma pensano che la società li debba aiutare , in tutto e per tutto, nel farli studiare e poi trovargli un lavoro adeguato agli studi!! Antonio Polito infatti nel suo articolo tratta principalmente degli universitari, dei diritti che pretendono e che non vengono loro forniti ( non sto ad elencarli, leggeteli!) dalla società, dalle tasse anche ,magari ,di coloro che NON MANDANO FIGLI ALL’UNIVERSITA,’. Non si è ancora capito che lo studio è un vantaggio per chi si impegna , genitori e ragazzi , e non un diritto acquisito! Non tutti devono, per forza , laurearsi , a qualunque costo, a spese dello Stato e di tutti noi. Troppi studenti lasciano gli studi , perchè non si impegnano, altri sono sempre fuori corso, e dissanguano famiglie e società. Certamente ci sono anche ragazzi volenterosi , che lavorano per pagarsi gli studi, anche perdendo qualche anno, ma sono una minoranza. Le famiglie devono capire, per prime, e poi insegnare ai loro rampolli, che lo studio è fatica e che la laurea non è obbligatoria se non si hanno determinazione e capacità! Meglio un buon artigiano o un diplomato tecnico ,che uno studente che si laurea a 30 anni, magari in una università scadente ,che regala il “pezzo di carta” ma non garantisce il lavoro futuro .Giustamente il giornalista aggiunge che questo continuo proteggere i figli indica che le famiglie stesse hanno poca fiducia nelle capacità personali dei loro ragazzi .Il “ taglio “ che Polito dà all’argomento genitori-figli si discosta completamente dalle nostre precedenti conversazioni, perchè dire che i genitori fanno i “ sindacalisti dei figli” coinvolge tutti anche chi figli non ne ha!! Ottimo giornalista ha toccato proprio un punto dolente della nostra società!
Quando in una famiglia non regna il rispetto, la determinazione di tutti, compresi i figli essa va in crisi. Il dialogo con i figli deve essere costante e far capire a mano a mano che crescono che ci sono delle regole e degli obblighi ben precisi da rispettare, a volte noi genitori siamo troppo blandi a soddisfare quello che essi chiedono, ma qualche volta bisogna anche dire no. Spesso avviene che si affaccia l’idea del ricatto per ottenere qualcosa che interessa loro, sbagliato cadere nella trappola. Quando un genitore in una età matura vede i suoi figli e si sente dire:”L’insegnamento dei miei mi ha reso la vita felice e ringrazio loro per quello che mi hanno donato quello che hanno fatto per me e quello che oggi sono” penso che questo sia il più bel regalo che ogni genitore si dovrebbe sentir dire. Purtrtoppo oggi i giovani sono presi da altre cose che tutto interessa meno il rapporto stretto con la famiglia, salvo eccezioni, non vorrei generalizzare, ma è quello che si vede. Si può dire anche che non sanno aggrapparsi a punti di riferimento, si sentono insicuri e sbandati sul loro futuro, questa è una realta che esiste. Dobbiamno essere ottimisti e ci auguriamo che presto le cose cambino per trovare quella giusta dimensione.
Caro Alfred negli anni novanta di anni ne avevo una cinquantina, non mi sono mai lavato con l’acqua fredda e non ho mai avuto problemi di sussistenza , quindi non dovevo “dare ai miei figli quello che non avevo ricevuto”, mi sono solo lasciato prendere da un consumismo non ragionato ,pensando erroneamente che tutto fosse possibile e che era un messaggio da passare ai figli e loro mi hanno preso sul serio aiutati da una società edonistica senza ideali. Ecco il danno che ho fatto, mi sono raccontato delle favole e le ho raccontate a loro.
Alla fine del tuo commento dici….” abbiamo voluto evitare loro queste esperienze “è stato giusto così”, ma ora le dovranno scoprire da soli e non sono preparati”…….questo “non averli preparati” non è sufficente per sentirci colpevoli?
Forse ora , se è chiara la nostra posizione, dobbiamo cercare di mandare messaggi diversi dicendo ” ragazzi ci siamo sbagliati vi abbiamo dati insegnamenti non giusti….ecc. ecc. ecc.
Non sono daccordo. No.
A mio parere è tutto da circoscrivere nell’arco di tempo che va dai primi anni sessanta per arrivare nei primissimi anni novanta. Un trentennio!
Trentennio nel quale noi trenta \ quarantenni ( nel ’90) abbiamo lottato assieme ai nostri gentori (cinquanta \ sessantenni in quegli anni) non siamo stati capaci o non abbiamo voluto mettere a frutto le esperienze che ci erano state lasciate dai nostri e dai loro predecessori nella convinzione che mai più sarebbero state necessarie.
I nostri genitori hanno cercato di evitare a noi i loro sacrifici e noi ci siamo convinti che non fosse più necessario fare sacrifici per cui non li abbiamo chiesti ai nostri figli i quali a loro volta hanno perso del tutto il significato di sacrificio.
Proviamo a raccontare ad un tredicenne, un quindicenne che noi da ragazzini si andava a piedi, ci si lavava con l’acqua fredda, si mangiava la carne una volta ogni tanto, che il pollo era un lusso, che si lavorava il sabato tutto il giorno e spesso anche la domenica mattina.
Proviamo a raccontare loro come era veramente la vita allora: crederanno che siamo marziani.
Abbiamo voluto evitare loro queste esperienze e forse è stato giusto cosi ma ora le dovranno scoprire da soli e non sono preparati.
i miei figli non han avuto jeans telefonini stracostosi, senz’altro perkè di famiglia da vekkia data operosa po’ risparmiatrice e poi quando stavan seguì esempio cattivo han avuto no scossone non se salutare o meno, cmq in certe università vari professori sono i primi a parcheggiarsi, non han mai tempo di esaudì richieste esami celeri e gli esempi ripeto sempre sono la meglio educazione, e concordo con sandra a volte anke se consigliati non ascoltan si brucian le dita, e così spesso capiscono a fondo le meccaniche della vita……..ciò messo anke cipputi me rido da me ahaahahha ciao
Concordo pienamente con Franco, ho l’impressione che noi genitori passiamo troppo tempo a difendere i giovani che riteniamo sfortunati e vittime della situazione economica e politica del momento. Quando il ministro Martone giorni fa ha detto : “Chi si laurea a 28 anni è uno sfigato», non ha sbagliato del tutto, forse non lo ha fatto nel modo giusto, ma quanti ragazzi parcheggiano per anni nelle nostre università perché non sanno che altro fare, studenti fuori sede a carico dei genitori che a tutto pensano fuorché allo studio. Ai nostri giovani va data una scossa, nati negli agi e mai pronti alle privazioni, non sono pronti a fare rinunzie e a lottare per affermarsi, noi abbiamo il compito di spiegargli che noi il lavoro l’abbiamo imparato intorno a vent’anni e nessuno ci ha permesso di oziare e perdere tempo. Conosco famiglie di operai che sono riusciti a dare una posizione brillante ai propri figli con sacrifici da parte di tutti, oggi le nuove generazione difficilmente riescono a conservare il patrimonio accumulato dai genitori, il più delle volte sperperando quello che è stato loro lasciato.
Dunque, non ci disinteressiamo dei nostri figli ma li proteggiamo troppo. Sarà vera la prima o la seconda diagnosi? Il primo articolo sui problemi di internet o il secondo, di Polito? La sintesi potrebbe essere che, sia che i ragazzi vengano lasciati troppo a se stessi, sia che vengano troppo protetti, la palla passa sempre a loro, alla loro natura, a ciò che sono. E come sono i ragazzi? Che idee hanno in testa? Quali sono i loro schemi culturali, sociali, morali? Qui possiamo sbizzarrirci come ci pare. Con la coscienza che si tratta comunque di persone con le quali dobbiamo dialogare e non sottoporre a giudizi. Nel merito Franco e Angelo danno contributi interessanti che sottoscrivo.
Vorrei commentare con una frase di ‘GANDY’
UN GENTORE SAGGIO LASCIA CHE I FIGLI FACCIANO ERRORI.E” BENE CHE OGNI TANTO SI BRUCINO LE DITA.
Distinta Signora Paola: non so se al suo scrivee si possa mettere un bel nastro rosa o blu con un tagliandino: SI RACCOGLIE SEMPRE QUELLO CHE SI SEMINA.
Con amore e affetto da mamma e papa’. Paul
Leggendo il commento di Franco, condivido in pieno quello che egli ha scritto, i nostri figli sono sempre vissuti nella bambagia dando tutto loro, secondo le loro esigenze, magari anche con qualche errore da parte dei genitori,sia per la loro educazione sia il per modo come si abituano. L’articolo di Polito mi sembra un pò provocatorio e induce i genitori ad essere sottopposti a certe regole e leggi molto drastiche verso i figli.In conclusione i genitori devono sottostare a tutte le esigenze che essi chiedono; mi domando fino a che punto?
Brava Paola ad approfondire l’argomento!
Come si evince dai commenti che ho fatto nel precedente articolo sono in sintonia con Polito.
Non ne faccio però solo una questione di iperprotezionismo genitoriale, anche se questo gioca un ruolo determinante.
Il problema è, secondo me ,più vario e coinvolge tutto il nostro modo di vivere.
Non si può più fare a meno di nulla , soprattutto di quello che “gli altri” si possono permettere o anche solo “si sono permessi”.
E’ la società del debito per comperare il telefonino di ultima generazione ,che nulla serve per campare, è la società del debito per acquistare jeans da 200 euro ,perchè se non li hai sei sfigato e sono spesso i genitori ad infondere questi “sani principi”.
Dobbiamo tener conto che questi giovani non hanno ricevuto ideali, gli si stà dicendo che non hanno futuro, nello stesso tempo se non sono vestiti come modelli , se non posseggono telefonini costosi , se non possono andare almeno un paio di volte alla settimana a fare qualche seratina (o nottata) con gli amici, si sentono dei poveri reietti.
Sono figli di genitori iperprotettivi, ma assenti, stanchi e spesso divisi.
Frequentano scuole male organizzate con professori mal pagati e spesso poco preparati.
Non sono abituati a far sacrifici, a fare programmi a lunga scadenza, a risparmiare, ed a capire che è meglio “sapere” che “apparire”.
Polito dimentica che è anche lui un genitore ,che anche lui fa parte della società ….vorrei cominciare a leggere non soltanto accuse ma autocritiche…….per la miseria , ma è possibile che sbaglino sempre solo gli altri…ma non possediamo degli specchi.
come concordo sui papa’ orsetti, ke pure de non ave’ prblm han lassa liberi i bimbi nella famiglia sulle spalle della madre, ke nun poteva lamentasse dei sobbarchi di lavoro casalingo per i loro disordini caserecci, per ora dico solo ciò poi troverò senz’altro altro materiale………….