Ecco qui riuniti i ricordi estivi che sono stati inviati.
Continuate a inviarne, se potete, perché la raccolta è risultata come un racconto unico, che ci riporta indietro negli anni, che ci fa perdere nella memoria di un tempo semplice, spensierato e a modo suo molto felice.
Una poesia a ricordo nives1950
Carissimi amici…pure io provo tanta nostalgia al ricordo delle caldi estati dell’infanzia.
Dall’età di tre anni e fino ai 16…d’estate ero ospite di una carissima zia che viveva sul Montello… (collina sulle rive del famoso fiume Piave – sacro alla Patria). Vi lascio una “poesia” che scrissi a ricordo della dolcezza che ogni anno, portavo via con me.
RISVEGLIO
“Anch’io mi risveglio e vivo
….sul Montello!
Mi desto…come da letargo o limbo,
come d’assenza totale di me.
All’alba, sul Montello…
quando ancora la vita sonnacchiosa
sbadiglia e s’apre
al giorno:
anch’io mi sento…
e partecipo alla sinfonia della vita.
Anch’io tèpida:
sono, vibro, profumo il pianeta.
Stormire di rondini
e canto d’allodola e cucù.
Cinguettio di passeri
e mormorìo d’acqua allegra
che “corre” nel fosso.
Suoni dolci dentro l’aria vivida,
frizzante e profumata d’erbe
di felci e lavanda
e resine del bosco…
Mi desto con la prima rosèa
luce del giorno
che timida bacia la vita,
e mi cattura e conduce…
a scoprire pienamente me.
Ai piedi del Montello,
accanto al campanile pronto
a suonare
anche la mia gioia.”
Niente vacanze! di nadia (neve)
Eravamo e siamo in 4 fratelli….3 femmine e 1 maschio. Tutti sono andati in colonia al mare ed io sono sempre rimasta a casa. Non so dirvi perché non mi ci hanno mai mandato in vacanza. A mia mamma non lo posso più chiedere, lo chiederò a mia sorella finché ho la possibilità di farlo. Forse, perché sono sempre stata la coccola di papà? o forse perché già da piccolina ero uno sbirulino? Comunque sia, non ho mai pianto perché non mi mandavano in vacanza, stavo bene anche a casa con tutti i miei amici e amiche.
Le ciliegie rubate… di robertadegliangeli
Carissimi amici, con i vostri scritti mi avete fatto ricordare una mia estate. Ero ancora bambina e sono andata in campagna dai miei zii, ma più che altro da mio cugino Renzo, lui conosceva tutto delle piante e con lui le scorribande non si contavano. Così un giorno ha portato me e mio fratello a rubare le ciliege, dato che io non sapevo salire sugli alberi mi ha appoggiato la scala poi mi ha aiutato a sedermi sul ramo e con il piede ha buttato la scala. Noi tutti allegri si rideva e si chiacchierava come facevano i ragazzini di allora, improvvisamente lui e mio fratello sono saltati dall’albero e io chiedevo ma dove andate? cosa fate…. Loro sempre correndo mi incitavano a saltare, io non lo sapevo fare, la scala non c’era più. I miei occhi hanno visto il padrone dell’albero, ero terrorizzata ma lui ha appoggiato la scala mi e venuto a prendere, io amici, con le tasche piene e la bocca sporca dalle ciliege mangiate, lo ho guardato e gli ho detto non sono stata io, lui mi ha sorriso mi ha messa per terra e poi mi ha detto vai piccola non ti preoccupare. Grazie con il vostro intento, mi avete portato alla memoria una cosa molto lontana della mia
Una scoperta inaspettata di franco
Eravamo nell’agosto del 1955 (ad ottobre avrei compiuto 18 anni), i miei avevano preso in affitto un villino a Tellaro, splendida località ligure a pochi chilometri da Lerici.
I bambini dell’entourage famigliare e degli amici dei miei genitori erano tutti decisamente piccoli, pertanto io feci amicizia con un ragazzo della mia età: Franco di Reggio Emilia.
Franco di Reggio Emilia era biondo e Franco di Modena (io) decisamente moro, i due Franchi avevano un discreto successo nell’ambito dell’altro sesso, la “bellezza del somaro” ci aiutava molto.
Ma come spesso succede ai “reputati belli” , “questi” non si accontentavano delle bellezze autoctone.
Il nostro punto di riferimento era il collegio delle “signorine austriache” , sito in località Belvedere, poco prima di Lerici.
Non so se era il fascino delle straniere, ma quelle quindici/sedicenni, bionde o castano chiare dagli occhi da cerbiatte ci facevano impazzire. Alla sera, quando le signorine avevano un po’ di libertà e potevano contattare, da debita distanza, altre persone, noi eravamo là, petto in fuori, sorriso a trentadue denti ….e loro ricambiavano …e come!
Una però si distingueva dalle altre, si chiamava Rosemarie e dicevano che facesse già l’attrice. Rimase un sogno di ammiccamenti, sorrisi, saluti con la mano e languori infiniti.
L’anno dopo, vedemmo il film “Sissi la giovane imperatrice” avrei giurato che quella Romy Shneider fosse la nostra Rosemarie che ci accendeva i sensi. Anni dopo scoprii che il vero nome di Romy Shneider era Rosemarie Albach Retty…..ma!
I ricordi che non ama troppo ricordare … di alba morsilli
Non mi piace ricordare la mia infanzia, perchè è triste. Non esisteva estate e inverno tutto era uguale griggio era il colore che ricordo.
Ho avuto una specie di casa anche se si dormiva in 5 in una camera a 10 anni, ma certamente era molto meglio che una baracca di legno dove io sono nata e cresciuta, nella premiscuaità di tanta gente povera come noi. Finita la scuola nessuno parlava di vacanze.
Chi ci salvava noi bambini, era il mare si andava tutti attaccati al tram per non pagare il biglietto si arrivava alla spiaggia libera dei pescatori (dove ora c’è la fiera del mare) loro molto generosi ci davano i pesci e noi accendavamo il fuoco in spiaggia e si mangiava incuranti se anche male lavati, allora con po’ di olio di noci, che lo rubavamo alle signore era il nostro abbronzante.
Il mare era limpido di un azzurro per questo le acciughe si dice pesce azzurro, chi non sapeva nuotare lo buttavano in mare senza tanta scuola.
Io avevo fatta amicizia con un pescatore che mi portava in barca fino al lanternino dove vedevo le navi da vicino, lui poi scendeva sotto l’acqua a prendere le cozze che da noi sono i (muscoli) io ero sola in mezzo al mare aspettando il suo rientro, e senza lavare e cuocere con un coltello aprivamo le cozze. Che scorpacciate!!
A sera tardi il ritorno sempre attaccati al tram felici di aver passato un giorno al mare.
I carretti di alfred-sandro.ge
Il papà di Lucio era geometra: il carretto a sfere glielo aveva disegnato e costruito lui. Il suo in confronto ai nostri era come paragonare una Ferrari ad una vecchia cinquecento: i cuscinetti dietro grandissimi (dove li scovasse cosi grandi nessuno lo ha mai saputo!) e quelli davanti sullo sterzo di dimensioni normali. Tutti i nostri carretti avevano per sterzare un travetto di legno ricuperato in qualche discarica che a quei tempi abbondavano molto più di ora (si era nell’immediato dopoguerra e c’erano ancora molti palazzi crollati sotto i bombaramenti). Al centro del travetto si faceva un foro facendo arrovventare un ferro e spingendolo con forza nel legno lo bruciava fino a che non fosse uscito dalla parte opposta. Poi dal ferramenta si comperavano il bullone che avrebbe fatto da perno, e una manciata di chiodi per mettere insieme le assi che avrebbero costituito il nostro autrarchico carretto. Alle due estremità del travetto, due cuscinetti elemosinati dai vari meccanici che ormai sapevano che sarebbero stati subissati di richieste quando le scuole finivano. Per lo sterzo si cercava un pezzo di robusto spago o meglio una corda.
Lucio no. Il carretto di Lucio non aveva le briglie come un qualsiasi carretto da contadini ma un sistema di leveraggi che comandavano lo sterzo tenendo l’impugnatura di due leve che gli permetteva anche di non essere sbalzato fuori nelle veloci curve secche e nei derapage ed il posto di guida era imbottito.
Ma le sue belle sbucciature a gomiti e ginocchia se le è fatte pure lui.
Le gare coi cerchi di edis.maria
Il racconto di Alfred ha sollecitato la mia memoria e i vecchi giocattoli che si usavano allora: fare le gare con i cerchi! In una stradina leggermente in discesa facevamo le gare! I “cerchi” in legno, costosi e inavvicinabili per le nostre tasche, erano sostituiti da vecchi cerchioni di bicicletta!
Che divertimento e che tifo! Un giorno arrivò, Giuseppe, un nostro amico di giochi (figlio del proprietario del bar) con un bel cerchio leggero, di legno chiaro con l’asta abbinata e rimanemmo di stucco. Chi per invidia, chi per delusione ebbe parole inadatte tra amici. Giuseppe se ne andò deluso. Ma, il giorno dopo, ritornò con il solito cerchione di bicicletta e facemmo pace. Il nostro amico non volle sentirsi diverso o superiore solo perchè la sua situazione economica era migliore. Lo apprezzammo molto per lo spirito di solidarietà del suo gesto!
Il carretto di lucia1.tr
Che bello leggere del carretto di Sandro! Allora vi racconto del mio carretto costruito da mio cugino: il mio papà, tra le altre attività, aveva un corriere di trasporto merci, due grossi camion con relativa piccola officina per i guai d’emergenza. Negli scaffali vi erano cuscinetti lucenti di tutte dimensioni, che noi trafugavamo per costruire il carrettino più veloce e ricco di accessori, molto simile a quello descritto da Alfred, ma con il timone per la guida e un rudimentale freno a mano manovrato dal secondo pilota. Ricordo ancora con quanta incoscienza salivo e l’ebbrezza che avvertivo nel fare una cosa vietata, non sempre andava tutto liscio, spesso ci arrestavamo a lato del viale, altre volte ci veniva sbarrata la strada dai nostri genitori e fatti scendere con due solenni ceffoni.
Le vacanze in campagna di Lorenzo.rm
Le vacanze che hanno lasciato un ricordo indelebile nella mia mente sono quelle in cui, da ragazzo, andavo con mio fratello ed i miei genitori in campagna da un mio zio che faceva il fattore. Veramente lo chiamavano feudo, e lo era, se non formalmente, di fatto.La campagna era molto estesa, con i classici muri di pietra a secco che individuavano i vari stacchi del terreno per le differenti coltivazioni. C’erano alberi a iosa, di diverso tipo: quelli di olivo e di agrumi davano i frutti che si raccoglievano alle date giuste. Ah, c’erano anche gli alberi di sughero, che venivano scartocciati. C’erano le stalle con le mucche e si assisteva alla mungitura del latte.E poi locali vari e un “baglio”, cioé un cortile spietrato con la cisterna in mezzo. Noi ragazzi andavamo a fare escursioni di ore attraversando diversi torrenti dove potevamo nuotare anche. E poi, animali da cortile, come oche, galline, pavoni. Li sto ricordando mentre scrivo. Le sere senza luce elettrica per risparmiare, presumo, con i lumi a petrolio o a spirito. E quante chiacchiere fra noi, gli zii, i cugini. Era un periodo abbastanza lungo in cui si stava lì, diciamo una ventina di giorni di settembre. Mio padre ci morì, nel feudo, mentre dormiva. Per noi che rimanemmo fu una pena ma per lui, sono sicuro, la felicità. Ah, dimenticavo, era in Sicilia, presso la zona di Lentini-Francofonte.
Si ritorna ragazzini… di Giuseppe3.ca
Che piacere leggervi e rileggervi, quanti ricordi tornano alla mente, si ritorna ragazzini al solo pensiero. Le vacanze estive, noi abitavamo in città e terminato l’anno scolastico si andava al ‘paese’ natale di mio padre io e mia sorellina, ospiti degli zii. Lì avevamo tutto il parentado ed eravamo ambiti da tutti: un giorno dalla nonna, un giorno da una zia, poi ancora da un’altra zia. Quanti ricordi: si andava giornalmente alla fontana (pozzo) con il secchio, la corda e le brocche per rifornirsi di acqua potabile, in campagna a cogliere i fichi, in vigna per i primi grappoli d’uva matura.
Festa grande quando le zie facevano il pane in casa e si accendeva il forno a legna per la cottura: per noi bambini non mancava mai il ‘coccoetto con l’uovo’, che gioia. Accudire gli animali da cortile, galline e conigli nonchè il maiale da ingrasso che, poveretto, aveva un destino segnato: a novembre veniva sacrificato per fare salsicce e prosciutti da essicare per essere consumati durante l’inverno. Vita di campagna, vita allegra, vita sana… quanti ricordi e quanta nostalgia perché oggi non è più così.
La vacanza….per forza di francesca (franci)
Ho ancora nelle orecchie la voce del dottore: – Signora, questa bambina è gracilina, avrebbe bisogno di iodio, dovreste portarla al mare.E la voce di mia mamma: “ma dottore, in estate c’è tanto da lavorare in campagna e poi noi non possiamo permetterci di andare in vacanza”.- Ma signora, non lo sa che esistono le colonie per quelli come voi? Si rivolga al comune e vedrà che le verranno incontro, ma mi raccomando, mandatela a respirare aria buona, piena di iodio, quella del mare.E lì iniziava la mia sofferenza, la mia tortura.
No, mamma, non mandarmi in colonia, ti prego, lasciami a casa con te, con papà, i miei fratelli e i miei amici. Mi diverto tanto a giocare con loro, e ti prometto che diventerò ancora più brava.
Ma il dottore aveva detto che dovevo assolutamente andarci al mare, in quel posto chiamato colonia, e quello che diceva il dottore andava assolutamente fatto. E io, quelle parole non le ho mai pronunciate, non le ho mai dette a mia mamma, le pensavo solo, perché se l’aveva detto il dottore…non si discuteva!
E l’infausto giorno arrivava. Tutti in fila, le bambine da una parte, i maschietti dall’altra, ad aspettare il pullman, con la nostra valigetta posata per terra, le faccine sorridenti, alcune addirittura anche allegre, meno la mia, triste che più triste non si può. E a chiedermi: ma perché mi danno questo castigo, cosa ho fatto di male…? Forza, dicevano le signorine-assistenti, forza bambini che si va in vacanza. Ma io non volevo andare in vacanza, io preferivo mille volte starmene a casa.
Era un mese di angoscia, mi sentivo afflitta da uno struggimento interiore che non mi permetteva di essere serena. La mia timidezza non mi concedeva di superare la soggezione per approcciarmi agli altri bambini e partecipare ai loro giochi, così me ne stavo quasi sempre in disparte, dentro la mia solitudine a contare i giorni che mi separavano dal ritorno a casa. In quella casa dove i miei genitori conoscevano solo lavoro e facevano tanti sacrifici anche per mandare me in colonia, che qualcosa bisognava pur comprare alla bambina per mandarla via un mese, no?
Io però, allora non capivo perché, per farmi star bene dovevano farmi star male!
Le mie estati di vacanza di alessandro22
Le mie estati di vacanza in verità non sono molte risalgono dal 1948 al 1955, e ho nella mia mente immaggini vivissime e nostalgie…….. io romano nato a monteverde vecchio quartiere vicino al Gianicolo scendevamo a piedi, insieme ai miei e mio fratello minore fino alla stazione Trastevere, dove prendevamo il treno per Bracciano, solo il treno era una emozione, una vaporiera nera e sbuffante, immensa ai miei occhi (oggi le frecce non ce fanno ne callo ne freddo) scendevamo alla stazione di Anguillara Sabazia dove prendevamo il torpedone che ci portava ad anguillara paese, e qui altro ricordo vivissimo (il torpedone, sapete? quelli col muso lungo) poi si arrivava ad anguillara paesino proprio in riva al lago, tra lo strombazzare del torpedone, i ricordi sono tanti, dai maritozzi che le donne del paesino sfornavano dai forni comuni, alla lunghe passeggiate lungo il lungolago per arrivare alla casa dei pescatori che tutte le mattine ci ospitavano nella spiaggia antistante la loro casa, perché la mantenevano pulita per le loro riparazioni delle reti da pesca; poi non parliamo poi delle gite in barca per andare a ritirare le reti da pesca…
Ricordi e sensazioni emozionanti inripetibili che non travano più riscontro nella vita di oggi, forse perché oggi si ha tutto e di più, non si apprezza più nulla, ma nel 50 pure pane oijo e zucchero erano boni.
Un’estate del 1952 di ANGELOM
Voglio proporvi un’estate particolare, trascorsa con gioia e spensieratezza. Era l’anno 1952, frequentavo assiduamente la Parrocchia con i miei amici, si organizzavano incontri per riunire la gioventù e parlare dei vari problemi. Ero stato nominato caposquadriglia dell’Aquila, un gruppo formato da cinque boyscout, eravamo molto affiatati, un giorno il nostro assistente-parroco ci propose di organizzare un campo scuola a Gubbio. Accogliemmo con gioia ed entusiasmo la proposta e tutti d’accordo decidemmo la partenza. Arrivò il giorno stabilito eravamo sedici ragazzi, con lo zaino in spalla e le bandiere di riconoscimento di ogni singola squadriglia; dopo aver salutato i nostri genitori e aver ascoltato i loro consigli, salimmo sul pullman, partimmo felici cantando a squarciagola.
Arrivati a Gubbio, alloggiammo nell’ostello di S. Ubaldo, il giorno seguente dopo aver fatto una bella colazione, ci preparammo per la prima escursione, ogni caposquadriglia pianificò il suo percorso, noi scegliemmo di salire fino sullla cima del Monte Ingino, il monte di Gubbio e di rientrare la sera. Dopo un lungo cammino nell’interno del bosco, ci fermammo in una piazzola, installammo una tenda e iniziammo a cucinare mettendo in pratica le nostre conoscenze riuscimmo a preparare un ottimo pranzo. Dopo un breve riposo riprendemmo l’arduo e faticoso cammino e presto raggiungemmo la cima: da quell’altezza lo spettacolo era meraviglioso sembrava si toccasse il cielo con un dito e sotto tutta la vallata e la città splendevano illuminate dal sole. Ci fermammo per rifocillarci, scattare qualche foto e a esprimere la nostra soddisfazione, raccolte tutte le nostre cose riprendemmo a discendere percorrendo un sentiero diverso, arrivammo all’ostello per l’ora di cena. Restammo per altri 15 giorni, ogni giorno con itinerari diversi, ma sempre interessanti, ancora oggi dopo tanto tempo, porto con me ogni momento di quel breve periodo.
Un’estate a Tolmezzo di cactus
La guerra è terminata da pochi anni e mi trovo a passare le vacanze in Friuli a Tolmezzo, il paese di origine di mia madre. L’estate è nel suo pieno e ancora si sente nelle persone la tensione della guerra e dei lutti sopportati, ma per noi bambini tutto è divertimento… anche nelle case distrutte e che servono a noi come nascondigli nelle interminabili partite di guardie e ladri. Oggi non sono però rimasto in paese a giocare con gli altri bambini, forse per il caldo o perché, semplicemente, volevo restare solo con il mio amico Pastore.
Pastore è un bellissimo cane bianco di razza maremmana col quale ho un rapporto bellissimo, tanto da permettermi di salire, ogni tanto, sulla sua groppa come se fosse il mio cavallino. Ho da poco iniziato le elementari e la curiosità mi spinge a “esplorare” posti per me sconosciuti. Oggi ho deciso di andare alla cascina per controllare un piccolo orticello che coltivo su un lato della costruzione e quindi di fare una passeggiata lungo il fiume Tagliamento, che scorre poco distante. Con me, naturalmente, Pastore. Arrivato alla cascina, mi soffermo ad ammirare il grande noce che si erge possente davanti alla costruzione e che è fonte per me di fantasie continue. Il mio più grande desiderio sarebbe di costruire una capanna sui suoi rami… ma ricordo gli ammonimenti ricevuti da tutti gli adulti circa questo mio “insano” proposito e che mai ho capito.
Inizia la passeggiata verso il fiume quando, giunto a circa 100 metri, scorgo tre alpini che, a cavallo, stanno risalendo la riva. Nascosto tra l’erba, li guardo passare e quando sono a poche decine di metri dal mio nascondiglio, mi alzo di scatto e urlo, con quanto fiato avevo in gola: “Corri, corri cavallino”. Non so il perché abbia fatto questo o se ci fosse stata una ragione; forse l’unica era quella di vedere i cavalli lanciarsi al galoppo. Un cavallo, infatti, s’impenna per poi lanciarsi al galoppo, vanamente tenuto dal suo fantino che, a un certo punto, è sbalzato di sella. Rimango senza fiato per lo spavento e, rimanendo nascosto dall’erba alta, torno di corsa alla cascina, sempre seguito da Pastore. Arrivo finalmente alla casa e mi precipito a cercare un nascondiglio che trovo nel fienile, al quale si accede tramite una passerella posta sul retro. Entro e, ancora tremante, mi sdraio sul fieno e, accanto a me, fa lo stesso Pastore. Lui si rende conto del mio stato d’animo e continua a leccarmi il viso e le mani, rimanendo a me vicino. Lentamente la sua presenza comincia a darmi tranquillità ma non il coraggio di tornare a casa. Passeranno ancora delle ore prima che, con il sole sulla via del tramonto, le mie zie riescano a rintracciarmi. Mi dissero che mi trovarono addormentato e abbracciato a Pastore. Forse fu da quel momento che iniziai ad amare gli animali, grazie alla grande prova d’amore ricevuta da un cane di nome Pastore, rimasto per sempre nei ricordi più belli della mia fanciullezza.
Adesso, da adulto, torno raramente in questi posti ma ogni volta che capito a Tolmezzo, non dimentico mai una visita al cascinale, ormai diroccato. Mi fermo… guardo il noce che ancora incombe protettivo sulla casa e sul mio ex orticello che adesso accoglie le spoglie di Pastore.
In quelle occasioni, a volte se chiudo gli occhi, mi capita di sentire il suo ansare e mi volto. Non c’è nessuno naturalmente, ma io lo sento vicino a me e so che mi accompagnerà finché io sarò su questa terra… per poi venirmi incontro, correndo e latrando contento, nel momento in cui lo raggiungerò nel posto dove, ne sono certo, s’incontrano tutti coloro che ci hanno amato… animali compresi!
Le calde estati di lucia1.tr
Ricordo con nostalgia le calde estati della mia fanciullezza, la mia famiglia, intenta a gestire una fiorente attività commerciale, non pensava assolutamente di andare in vacanza: non ne trovava la necessità, il superfluo non era contemplato. Appena chiusa la scuola si poneva il problema che le ragazzine non dovevano andare in giro per il paese, la mia mamma ci spediva, dico così perché non ci andavo volentieri, dalle suore che ci tenevano occupate con stupidi lavoretti e giochi insulsi. Appena si presentava l’occasione correvano a giocare con le compagne per le piazzette del paese, bastava poco per divertirsi: una palla, una corda, un vecchio carrettino di legno per affrontare pericolose discese, era sempre un gran bel passatempo. Poi gli anni passarono, gli interessi cambiarono, si trascorreva l’estate in compagnia di ragazzi venuti a villeggiare al paese, si organizzavano feste da ballo, uscite con le macchine di nascosto dei genitori per andare a prendere un gelato. Divertimenti sani, bastava poco per essere appagati, si credeva nel futuro, nascevano le prime cotte che facevano sognare e progettare una vita insieme. Oggi è tutto cambiato, i giovani hanno avuto tanto e subito ma, manca loro la voglia e la spensieratezza, i loro divertimenti sono al di sopra delle loro possibilità finanziarie, si va in cerca di emozioni forti per divertirsi, mettendo a rischio la vita.
Bei ricordi di edis.maria
Belli questi ricordi personali distribuiti in luoghi e tempi diversi. I miei sono a qualche anno dalla fine della guerra, quando le famiglie dovevano ancora riprendere fiato, nel mio caso un padre prigioniero di guerra non ancora rimpatriato. Estate, vacanze? Certo la fine delle lezioni scolastiche creava un’atmosfera di euforia, la gioia di una promozione meritata, ma anche pretesa dai genitori che facevano sacrifici, ma non promettevano premi se non nel permetterci un avvenire migliore. Qualche ora in più di sonno il mattino, giochi con gli amici nel pomeriggio e la sera, e tante, tante risate gioiose e salutari. La domenica gite sulle nostre belle montagne, arrampicate con lo zainetto colmo di vettovaglie semplici, ma gustose. L’acqua non era necessaria:in ogni ruscello, in ogni fontanella era pura e bevibile. Che belle scampagnate, risate, dolci amori adolescenziali! Poi passarono gli anni, divenimmo più pretenziosi, chi possedeva di più, si permetteva di più! Le compagnie si sciolsero ed ognuno andò incontro al proprio destino!!!!Che bei tempi semplici, ma veritieri! Ora cominciamo a fare la “ prova costume” e ci roviniamo quelle che ora chiamiamo “vacanze” Aahaahahaaah!!!!
Ricordi di mio marito… di armida.ve
La guerra, con tutti i suoi orrori era finita da un paio d’anni.
Venezia stava tornando alla vita normale, con tanta fatica, ma anche con tanto impegno.
Quell’estate era giunta alle famiglie la notizia che chi aveva bambini gracili, cagionevoli di salute, o comunque con problemi, avrebbe potuto mandarli al mare, alla colonia gestita dall’azione cattolica, naturalmente dopo una visita medica di idoneità.
Tutti i miei amici erano stati accettati; gigetto, detto “aspirina” tonin, orfano di guerra, anzolèto, detto “spàzemi” ecc.. Ma io ero di “sana e robusta costituzione”!! che colpa ne avevo io!?!. durante il conflitto mio zio, che era attendente al comando militare del lido ci faceva sempre avere dei viveri in qualche modo… io non ero denutrito!! Ma se tutti i miei amici andavano in colonia, che facevo io tutto il giorno da solo?
Si partiva alle 8 con la motonave e dopo aver mangiato e giocato si tornava alle 18… Resistetti due giorni. Il terzo mi misi in fila insieme ai miei amici; quando l’appello fu a buon punto, passai dalla parte dei chiamati. Nessuno badò a me e così continuai, era contenta anche mia mamma… che male facevo?
Al massimo sarei stato “stoppato” il giorno dopo… Sì, che bei ricordi… quella fu davvero una magnifica estate!
Ricordi di ANGELOM
Quanti ricordi nel pensare alle estati trascorse quando eravamo ragazzi, senza pensieri e con poca moneta in tasca, organizzavamo con il solito gruppo di amici feste da ballo nella stanza messa a disposizione da ognuno dei genitori alternando l’abitazione, con ragazze che venivano a villeggiare nel nostro splendido paese e con alcune nostre fedeli amiche. Ci accontentavamo di offrire loro qualche gazzosa e qualche biscotto, il divertimento era assicurato. Di andare in vacanza fuori, non se ne parlava, nei pomeriggi con un gruppo di amici ci radunavamo per andare a fare il bagno in un fiume che scorreva a 5 km, partivamo a piedi e giunti sul posto ci tuffavamo felici facendoci scherzi sott’acqua. Le nostre estati passavano senza nessun rimpianto fino al periodo che iniziavano gli studi. Non sentivamo il bisogno di andare a fare altre villeggiature altrove, perché eravamo soddisfatti e felici così.
La nostra estate… di armida.ve
I pomeriggi torridi, alla “ORA MATA” quella subito dopo aver pranzato, erano i nostri momenti più belli.
Il nostro posto all’ombra, sotto alla grande quercia che avvolgeva sotto ai suoi rami intrecciati, quasi in un protettivo abbraccio, un quadretto sbiadito di una semplice, povera, immagine di Maria.Lì, “ala madoneta” stavamo sedute, le mie sorelle ed io a raccontarci storie, a ridere, a cantare.Ci accompagnava il frinire delle cicale… passavano lucertole e i ramarri… si rispettava ogni essere. Le nostre bambole avevano i capelli viola ed il corpo di cartoccio… erano le pannocchie che cercavamo… le più belle del campo! Bastava poco per inventare sempre nuovi giochi. Non potevamo neppure sognare di andare in vacanza…ma noi eravamo felici anche così… noi ci volevamo bene.
Una vacanza che non dimenticherò di Sandra.vi
Tutte le vacanze della mia infanzia sono state bellissime, trascorse colla nonna paterna in una villetta che gli zii affittavano in Valcuvia, alle spalle del lago Maggiore, da maggio a settembre. Nonna soffriva a stare a Milano, l’unica nipote ero io, perciò ero felice di andare con lei, soprattutto perché la padrona di casa, la contadina che ci affittava la villetta, aveva 5 figli, su per giù della mia età, coi quali ne combinavo di tutti i colori.
Anche quell’anno, che non scorderò più, partimmo fra le mille raccomandazioni di mamma, le mie promesse e i sorrisi poco convinti della nonna.
Appena arrivati, mentre lo zio scaricava le valigie, io ero già sparita coi miei amici, accolta con grida d’entusiasmo. Formavamo una piccola banda, naturalmente io li dovevo imitare in tutto quello che facevano, perciò via calze e scarpe fino al giorno in cui un bel taglio al piede, lo spavento di nonna e la sgridata, mi fece star buona per qualche giorno…
Dietro casa, c’era un bellissimo prato in discesa fino alla stradina. Tutti rotolavano fino in fondo, io no; dovevo andare a finire tra le viti che lo delimitavano ed essere estratta dalle foglie e accolta da risate, che rabbia…
Un divertimento grandissimo era andare, col permesso di nonna a “fare fieno” raccogliere sul carro l’erba seccata al sole e riportarla nel fienile. In alto sul carro sopra il fieno era uno spasso. L’avesse saputo nonna… mi pensava giù, vicino alla signora Rosa, la nostra contadina. Ma quando il diavolo ci mette la coda …. Nel fienile vuoi un caso, uno scivolone, urlando finii col fieno nella greppia. Mentre aspettavo sgambettando d’essere sollevata, una lingua ruvida mi leccò il viso… Era la mucca che tranquillamente prendeva il suo fieno… Non potrò mai dimenticare quell’episodio, mi sembra ancora di sentire quella lingua sul viso. Povera dolce nonna MARIA quanto bene mi hai voluto… Chiudo gli occhi, mi rivedo sul terrazzo che guarda sulla valle; sto facendo la prima colazione in compagnia della nonna, colla ciotola di latte e cacao svizzero di contrabbando e i croccanti panini appena sfornati, che il garzone del fornaio ci lasciava ogni mattina. Fu l’ultimo anno stupendo: in marzo la nascita di mio fratello cambiò tutto il ritmo delle nostre vacanze.
L’estate di Franco Muzzioli
E la chiamano estate… questa estate senza te… cantava Bruno Martino… estate senza fanciullezza, senza giovinezza!
21 giugno, solstizio d’estate, anche quest’anno ci prepariamo ad andare…”tutti al mare”….e, come dice la canzone….”a mostrar le chiappe chiare”….
Quante estati in questa lunga vita, quelle della fanciullezza al tempo della guerra, nella campagna dei nonni con i figli dei contadini a caccia di rane o nelle lunghe serate a mangiar cocomeri e ad ascoltare le fole che i nonni raccontavano, favole gotiche o intervallate da frasi dialettali che ti introducevano nel mondo dei grandi.
Poi sono venute le estati dell’adolescenza e della giovinezza … a Gabicce con le ragazzine con i costumini di lana e qualche rarissimo due pezzi. I primi culetti svettanti che ti facevano roteare gli occhi e avevi il bel da coprirti con l’asciugamano, il testosterone ti galoppava nel sangue.
Estati calde che non finivano mai, ma anche giorni veloci perché lei partiva e tornava a casa e tu rimanevi lì a rosolarti nel ricordo di un bacio, di quelli rubati con la partecipazione di una luna ruffiana e di onde leggere che ti bagnavano i piedi, sdraiati sulla sabbia morbida ed accogliente.
Carissimi amici…pure io provo tanta nostalgia al ricordo delle caldi estati dell’infanzia.
Dall’età di tre anni e fino ai 16…d’estate ero ospite di una carissima zia che viveva sul Montello…(collina sulle rive del famoso fiume Piave -sacro alla Patria). Vi lascio una “poesia” che scrissi a ricordo della dolcezza che ogni anno, portavo via con me.
RISVEGLIO
“Anch’io mi risveglio e vivo
….sul Montello!
Mi desto…come da letargo o limbo,
come d’assenza totale di me.
All’alba, sul Montello…
quando ancora la vita sonnacchiosa
sbadiglia e s’apre
al giorno:
anch’io mi sento…
e partecipo alla sinfonia della vita.
Anch’io tèpida:
sono, vibro,profumo il pianeta.
Stormire di rondini
e canto d’allodola e cucù.
Cinguettio di passeri
e mormorìo d’acqua allegra
che “corre” nel fosso.
Suoni dolci dentro l’aria vivida,
frizzante e profumata d’erbe
di felci e lavanda
e resine del bosco…
Mi desto con la prima rosèa
luce del giorno
che timida bacia la vita,
e mi cattura e conduce…
a scoprire pienamente me.
Ai piedi del Montello,
accanto al campanile pronto
a suonare
anche la mia gioia.”
Con simpatia
Nives
Paola cara ,ho potuto avere internet da poco e …mi sono precipitata sul blog di parliamone ,nn ho parole …e’ venuto veramente bene .I racconti si sono succeduti uno all’altro tutti e belli nella loro genuina semplicita’ ,tu poi li hai valirizzati colle foto ,bravissimi tutti
Eravamo e siamo in 4 fratelli….3 femmine e 1 maschio. Tutti sono andati in colonia al mare ed io sono sempre rimasta a casa. Non so dirvi perchè non mi ci hanno mai mandato in vacanza. A mia mamma non lo posso più chiedere, lo chiederò a mia sorella finchè ho la possibilità di farlo.
Forse, perchè sono sempre stata la coccola di papà? o forse perchè già da piccolina ero uno sbirulino?
Comunque sia, non ho mai pianto perchè non mi mandavano in vacanza, stavo bene anche a casa con tutti i miei amici e amiche.
Carissimi amici, con i vostri scritti mi avete fatto ricordare una mia estate. Ero ancora bambina e sono andata in campagna dai miei zii, ma più che altro da mio cugino Renzo, lui conosceva tutto delle piante e con lui le scorribande non si contavano. Così un giorno ha portato me e mio fratello a rubare le cigliege, dato che io non sapevo salire sugli alberi mi ha apoggiato la scala poi mi ha aiutato a sedermi sul ramo e con il piede a buttato la scala. Noi tutti allegri si rideva e si chiaccherava come facevano i ragazzini di allora, improvvisamente lui e mio fratello sono saltati dall’albero e io chiedevo ma dove andate cosa fate…. Loro sempre correndo mi incitavano a saltare, io non lo sapevo fare, la scala non c’era più. I miei occhi hanno visto il padrone dell’albero, ero terrorizzata ma lui ha apoggiato la scala mi e venuto a prendere, io amici, con le tasche piene e la bocca sporca dalle cigliege mangiate, lo ho gurdato e gli ho detto non sono stata io, lui mi ha sorriso mi ha messa per terra e poi mi ha detto vai piccola non ti preoccupare. Grazie con il vostro intento, mi avete portato alla memoria una cosa molto lontana della mia infanzia. robbi
Il mio articoletto era un invito a descrivere le vacanze della giovinezza …. e mi pare che il successio sia palese, ora vorrei parlarvi di una mia “vacanza” specifica.
Eravamo nell’agosto del 1955 (ad ottobre avrei compiuto 18 anni), i miei avevano preso in affitto un villino a Tellaro, splendida località ligure a pochi chilometri da Lerici.
I bambini dell’entourage famigliare e degli amici dei miei genitori erano tutti decisamente piccoli ,pertanto io feci amicizia con un ragazzo della mia età , Franco di Reggio Emilia.
Franco di Reggio Emilia era biondo e Franco di Modena (io)decisamente moro, i due Franchi avevano un discreto successo nell’ambito dell’altro sesso, la “bellezza del somaro” ci aiutava molto.
Ma come spesso succede ai “reputati belli” , “questi” non si accontentavano delle bellezze autoctone.
Il nostro punto di riferimento era il collegio delle “signorine austriache” ,sito in località Belvedere ,poco prima di Lerici.
Non so se era il fascino delle straniere , ma quelle quindici/sedicenni, bionde o castano chiare dagli occhi da cerbiatte ci facevano impazzire. Alla sera ,quando le signorine avevano un pò di libertà e potevano contattare ,da debita distanza, altre persone , noi eravamo la, petto in fuori, sorriso a trentadue denti ….e loro ricambiavano …e come!
Una però si distingueva dalle altre , si chiamava Rosemarie e dicevano che facesse già l’attrice. Rimase un sogno di ammiccamenti, sorrisi, ,saluti con la mano e languori infiniti.
L’anno dopo ,vedemdo il film “Sissi la giovane imoperatrice” avrei giurato che quella Romy Shneider fosse la nostra Rosemarie che ci accendeva i sensi. Anni dopo scoprii che il vero nome di Romy Shneider era Rosemarie Albach Retty…..ma!
A sora Paola le pasquinate ritorneno ma te famme felice,metti una foto dell’Albertone che se bagna nella Marana!!
Devi da sapè che Lui passava spesso ‘n dò stò io,me dava ‘n’occhiatina e me faceva un sorisetto.
Te che sei pure romana,e scrivi molto bene,perchè non ci fai un bel Post?
Su questo grande artista di una umanità profonda e riservata.
Ce lo sai che la sua fondazione,istituita nel 1992,è riconosciuta come Ente Morale?
Questa Fondazione,pensa te le coincidenze,promuove la ricerca scientifica sulle patologie de li vecchietti e fà pure loro l’assistenza per il rispetto e della dignità umana.
T’arringrazio e te saluto per lo spazio che mi dai.
eccoti accontentato!!!
ah Pasquì e nun ce fa ride… te sei modernizzato pura tu? i colibatter e i firmi de Arbertone… Ma le pasquinate nun le fai più?
paola ti vedo in soffitta nel baule della nonna con i mano il quaderno dei ricodi, solo che sono i nostri scritti che tu sapientemente gli hai rilegati come un vecchio libro, abbelendolo di foto e magari anche coretto.
Il tuo lavoro certosino merita un applauso e un ringraziamento
brava paola
I nostri amati e ricercati ricordi sono stati impreziositi dai caratteri in colore, da immagini attinenti, da titoli scaturiti da una attenta lettura dei contenuti. Un plauso a Paola! Pasquino sempre attento e preciso, ti sei dimenticato il numero civico di via della Stamperia!!!! Come ci arriviamo?????? aahaah
LA MARANA
Moriconi Nando da Kansas City canticchia mentre scende beato per farsi il bagno alla Marana.
Tra la vegetazione s’ode un urlo: ”AMERICÀ FACCE TARZAN”.
Era il 1953, la Marana era quella di Pietralata, li fu girata la scena madre del film: Un Giorno in Pretura.
Nando interpretato dal mitico Alberto Sordi.
Questi erano i luoghi delle vacanze dei ragazzotti romani.
E’ passato più di mezzo secolo, nello stesso punto un piccolo Rom scende a riva, si bagna i piedi si…immerge nell’acqua putrida piena di batteri e colibatteri.
I racconti di Pasolini pullulano di Marane, delle estati dei “Giovani poveri ma…belli”!!
“Mo je faccio vede io come ce se tuffà”
“E se me vedi dentro l’acqua sò na sirena sò”….ecc.ecc.ecc.
Un brava de core alla sora Paola per la ricerca delle “immaggini”,e dell'”impagginazione”.Se lo volete stampà annate in via della Stamperia e dite che ve manna Pasquino!!
Una lode a Paolacon per questo lavoro fatto a regola d’arte.I nostri pensieri, arricchiti da immagini appropiate, sono stati valorizzati e completati. Sarebbe bello se si potesse stampare un libretto ma ci sono difficoltà per reperire i mezzi, se ne potrebbe parlare..
Un saluto