Oggi la mia vicina di casa Shoreh, mi ha portato dei dolci buonissimi a base di mandorle, pasta sfoglia e miele. Mi ha spiegato che sono stati fatti per festeggiare il primo giorno di primavera, cioè l’equinozio di primavera (giorni e notti uguali) e lei, che è Iraniana, oggi celebra l’anno nuovo, seguendo la tradizione del suo paese.
Nell’area della Asia centrale, mussulmana di rito sciita, in particolare in Iran, il nuovo anno comincia oggi, con il rinnovamento della natura e con l’inizio delle giornate che hanno le ore di luce più lunghe delle ore notturne.
Questo giorno si chiama Nawrūz (persiano نوروز ), oppure a seconda i vari dialetti – Norouz (si pronuncia: nuruz) e significa letteralmente nuovo giorno.
Seguendo una antichissima tradizione che risale a Zoroastro (quello che da noi si chiama Zaratustra) l’anno Persiano comincia con l’equinozio di primavera il 20 o al 21 marzo, a seconda degli anni (dipende dalla luna).
Nella tradizione, nella cultura e nella mentalità persiana, da quattromila anni il giorno di NowRuz rappresenta la vittoria sull’inverno è una vittoria che nessuna circostanza storica è mai riuscita ad oscurare nel cuore degli Iraniani. Tra l’altro si ritiene che proprio Now Ruz sia il giorno in cui Adamo fu creato, ed è in questo giorno che si riconcilia l’uomo con la natura.
Tutta la simbologia è indirizzata a ricordare il rifiorire del mondo.
Shoreh, la mia vicina di casa, mi ha raccontato una leggenda legata a questo particolare periodo dell’anno in Persia:
Il ritorno di “Zio Anno Nuovo”: ogni anno, il primo giorno di primavera, Zio Anno Nuovo indossa il cappello di feltro, si avvolge nella sciarpa e scende in città, appoggiandosi al bastone: visiterà ogni casa della Persia, portando il nuovo anno a tutta la gente. Presso la porta della città vi è uno dei giardini più belli della Persia, coperto di fiori, soprattutto rose, che sbocciano vivide nel giorno d’inizio della primavera.
Proprietaria del giardino è una simpatica vecchietta. Ella non ha mai visto Zio Anno Nuovo, ma ogni anno, il primo giorno di primavera, lo attende ansiosa nella speranza di incontrarlo: si alza prima dell’alba e si prepara a riceverlo, pulendo a fondo la casa, stendendo un tappeto di seta sul pavimento della veranda, innaffiando con cura i fiori – specialmente le rose, le preferite di Zio Anno Nuovo. Porta un po’ di mangime ai pesci rossi nell’acqua fresca della vasca in giardino, si accerta che la fontanella nel centro diffonda spruzzi in abbondanza, e davanti all’ingresso depone una bacinella d’acqua dove galleggiano petali di rose. Indossa l’abito migliore, di seta finemente ricamata, annoda intorno ai capelli uno scialle color d’oro, accende il fuoco nel camino, nella veranda prepara il tavolo con i “sette sin”, sistemandovi anche sette piatti di cristallo colmi di sette diversi tipi di dolci… proprio come fa ogni famiglia persiana, in ogni casa del Paese.
Quando tutto è pronto, la vecchietta siede sul tappeto, in ansiosa attesa di Zio Anno Nuovo: sa bene che chiunque lo incontri tornerà giovane di nuovo, proprio come la terra quando incontra la primavera. Aspetta… e nell’attesa pian piano si addormenta.
Quando lo Zio arriva, la vede dormire, e non trova il coraggio di svegliarla: coglie la rosa più bella e gliela mette fra le dita; assaggia la metà di una mela intinta nello zucchero; prende un tizzone dal camino e si accende la pipa. Poi riparte, verso la città, perché deve visitare tutte le case. Solo più tardi, il sole desta la vecchietta.
Ella vede la rosa e la mezza mela rimasta e comprende che Zio Anno nuovo è passato anche quest’anno, e che anche quest’anno non l’ha visto. “E’ accaduto ancora!” piange. “Ora dovrà attendere un altro anno intero per vederlo e tornare giovane!” E forse, la prossima primavera vi riuscirà.
In ogni famiglia si sceglie un tavolo o un ripiano dove viene stesa una tovaglia; su questa si collocano sette oggetti il cui nome, in lingua persiana, inizia con la lettera “s”, i “sette sin” e ciascuno dei quali in vario modo rappresenta il trionfo del bene sul male o della vita sulla morte. Su questo tavolo, tra l’altro, non mancano mai: le candele accese, una ciotola di acqua a simboleggiare la trasparenza della vita e una foglia sull’acqua, per rappresentare la caducità della vita stessa, lo specchio per essere visibili come siamo e naturalmente il libro sacro il Corano.
Noruz offre l’occasione di poter mettere in contatto usi e tradizioni che, solo in apparenza, possono sembrare diversi da quelli occidentali ma, che con una più approfondita conoscenza, appaiono molto simili seppur lontani geograficamente. (pulizia, regali, vestiti nuovi, cibi speciali)
Mi fa piacere raccontarvi di questi riti, diversi dai nostri, ma non troppo, infatti si può dire che “gli altri” sono affini a noi, più di quanto non immaginiamo.
In Italia e nelle regioni italiane ci sono tante altre tradizioni, volete condividerle?
Non conoscevo queste tradizioni, grazie per averle scritte è un piacere leggere,grazie ancora
Bello e interessante questo tuo racconto,Paola,del primo ggiorni dell’anno in Iran ,Ci apri una finestra su usi e costumi su questo mondo lontano e nello stesso vicino perche’ abitato da esseri umani come noi.Non solo visioni di morti e feriti come quotidianamenti ci trasmette la T.V.,ma un messaggio di pace ,come quei semi che germogliano sul piatto’.Anche nella mia famiglia abbiamo sempre fatto germogliare le lenticchie e tenute al buio per esporle il venerdi SANTO .
io conoscevo lIran ex Persia per la bella Soraya e la sua storia, per le guerre civili tra suniti e sciiti,la capitale Teiran famosa ogni giorno i tg contavano i morti, e i camicase che morivano assieme alle bombe.
Forse per questo noi occidentali abbiamo come un senso di rifiuto di questi stati, eppure tu oggi ci hai dimostrato le loro tradizioni,anche se il loro paese è molto grande 6 volte l’Italia, dove la morfologia del terreno varia dalle montagne, ai laghi( anche salato) alla pianura al deserto, al mare.
sono più che mai vive.
Un popolo da conoscere, per la sua storia e per fare in modo che tanti pregiudizi spariscono.
la festa del giorno nuovo è una vita che nasce ed io aggiungo speriamo senza guerre
Vedi Titina, hai detto una cosa giustissima ed a conferma che l’umanità è una sola siamo davvero tutti uguali, anche a migliaia di km di distanza
I germogli (sabzeh), sono chicchi di lenticchie, orzo o frumento, germogliati e sono lì proprio a simboleggiare la rinascita, il trionfo della vita sulla morte.
Io credo molto nella condivisione di usi e costumi e nella conoscenza di tanti popoli, serve a capire quanto siamo uguali e quanto potrebbe esser facile andare d’accordo.
Sul tavolo vedo, fra gli altri oggetti, delle ciotole con germogli di varie piantine … chissà se hanno lo stesso significato che hanno qui nel mio Molise dove, ciotole con germogli di grano vengono messe ad addobbare il Sepolcro il giorno del Venerdì Santo, a simboleggiare il trionfo della vita sulla morte … i semi vengono messi a dimora circa un mese prima e poi, per farli rimanere bianchi, vengono tenuti al buio, anticamente si tenevano nel forno del pane.
Stupendi questi servizi. Li conserverò, lo giuro. Qui nel Lazio ci sono le infiorate di Genzano e in Sicilia l’infiorata di Caltagirone. E fra poco ad Agrigento la festa del mandorlo in fiore.
Chi arriva dalla angusta strada di Campiglio nel modenese , verso Marano , a pochi chilometri da Vignola , si trova abbagliato dallo spettacolare candore della piccola valle che costeggia le rive del fiume Panaro , dove migliaia e migliaia di ciliegi sono in fiore.
Tutta la vallata del vignolese è fiorita ed in quella cittadina per alcune domeniche all’inizio della primavera si festeggia “l’infiorata” ,con carri , bande, bancarelle e spettacoli vari .
Contemporaneamente dall’altro capo del mondo, a Kyoto, vi è la festa di Miyako Odoro (la danza dei ciliegi) per festeggiare appunto la fioritura primaverile.
In altre parti d’Italia, come a Noto, Spello, Genzano ecc. da questo periodo si cominciano a progettare le “fiorite” , veri e propri “mandala ” nostrani , che verranno fatti nelle strade di questi splendidi paesi e che vivranno l’effimera vita della giornata di festa.