Un’interessante tesi di Cactus:
Esiste un collegamento tra i diritti della donna e il mondo del volontariato?
Andiamo indietro nel tempo e fermiamoci all’8 Marzo del 1908 (*), l’anno in cui 129 operaie morirono a New York a causa di un incendio, mentre era in corso uno dei primi scioperi, che portò in seguito all’istituzione della “Festa della Donna” per ricordare questa data. Chi aveva deciso per questo sciopero? Una corporazione sindacale? No! A deciderlo furono alcune delle stesse operaie che, volontariamente, si erano messe a capo della protesta senza neppure immaginare che dal loro gesto avrebbe avuto inizio una movimento che ancora va avanti.
Volontariamente… senza che nessuno dicesse loro cosa o come fare… senza pretendere riconoscimenti o ringraziamenti… mentre era molto probabile che per loro ci sarebbe stato il licenziamento, quali rappresentanti delle operaie ribelli. Sappiamo che purtroppo andò molto peggio perché tutte le operaie morirono nell’incendio scoppiato all’interno del capannone dove lavoravano, ma il seme delle rivendicazioni dei diritti in favore delle donne era stato gettato e presto avrebbe dato i suoi frutti.
Queste donne non pretendevano nulla per loro, ma lottavano esponendosi in prima persona a favore di tutte. Ed è questa la base del volontariato: dare senza chiedere nulla in cambio. La tragedia del 1908 è nel tempo diventata l’emblema della rivendicazione femminile dalle ingiustizie ed angherie che le donne sopportano da sempre e da allora quel giorno viene ricordato in tutto il mondo come simbolo dell’emancipazione femminile.
Mentre nel nostro Occidente sono stati fatti importanti passi avanti in questo campo, cosa succede nei Paesi del Terzo Mondo? Sono riconosciuti gli stessi diritti alle donne africane o a quelle asiatiche?
Durante i miei viaggi in alcuni Paesi di queste regioni, ho avuto la piacevole sorpresa di imbattermi in gruppi organizzati di donne impegnate, come volontarie, a portare avanti progetti tesi al miglioramento delle loro condizioni di vita, sia nel campo della famiglia e della salute che nel campo sociale.
In Zambia ho trovato delle donne che, in piena foresta o nelle baraccopoli più degradate, vestite con un chitenge con sopra stampato il nome della loro associazione, passavano infaticabili da un posto all’altro per allestire delle improvvisate conferenze in favore della lotta contro l’aids, servendosi di un improvvisato tavolino, con sopra alcuni opuscoli e articoli medicali inerenti l’argomento. Questo quando il governo si limitava all’affissione di cartelli generici nelle scuole e negli edifici pubblici per la prevenzione contro questa malattia,. Loro no…. loro prestavano la loro opera volontariamente e si autofinanziavano in questa loro attività o, al massimo , ricevevano piccole sovvenzioni da privati o enti pubblici, Ma il loro impatto sulla gente e specialmente sui giovani era notevole, anche perché erano motivate dal fatto che molte di loro erano state toccate, più o meno direttamente, da questa malattia.
Nelle città gruppi di volontarie spendevano il loro tempo in modo assolutamente gratuito, perché altre donne diventassero consapevoli dei loro diritti e li facessero valere, incontrandole nelle piazze o anche organizzando incontri nelle loro stesse case. E questo anche se, a volte, erano osteggiate dai loro stessi mariti che non vedevano di buon occhio queste iniziative, timorosi di perdere la loro supremazia in famiglia.
Una sorpresa meno gradita è però venuta dalla società nepalese dove pensavo di trovare, se non una parità uomo/donna, almeno qualcosa che si avvicinasse a questa. Non è stato purtroppo così. Anche se esteriormente la donna nepalese, almeno nelle grandi città, sembrerebbe godere di diritti importanti (modo di vestire libero… diritto a esercitare i lavori propriamente maschili come gli impieghi nelle forze armate… libero accesso alle professioni ecc), nella realtà è ancora fortemente discriminata e questo si traduce in stipendi inferiori al maschio pur avendo le stesse responsabilità… difficoltà enormi per gli avanzamenti di carriera…. rifiuto dei maschi a lavorare con un capo femmina o, se accettano di farlo, lavorando con scarso entusiasmo in modo da far sfigurare il capo donna ecc. Mi si dirà che questo succede anche in occidente, anche se in maniera meno marcata. E’ vero… ma in questo Paese questo provoca nella donna un abbassamento forte nella propria autostima che la spinge, a un certo punto, ad abbandonare la carriera per rifugiarsi in famiglia. Ed è proprio in famiglia che la donna avverte una forte discriminazione. Basta pensare che durante il ciclo essa è considerata impura e viene quindi quasi emarginata nella stessa casa… per non parlare delle donne che vivono nei villaggi alle quali viene proibito di uscire dalla loro stanza. In città le cose sono meno drastiche, ma questo può far capire quanto l’uomo tenda a non permettere a che la donna goda dei suoi diritti. Fortunatamente anche qui esistono gruppi di donne volontarie impegnate a farli conoscere e le nuove generazioni iniziano a prenderne atto… anche se il maschilismo è ancora imperante. Ricordiamo che in questo Paese continuano ad esistere le caste, anche se ufficialmente abrogate dal governo… e le caste sono guidate da uomini. Certo… la moglie del bramino sarà importante, ma non come il marito e questo continuerà a condizionarla.
In generale sono stati comunque fatti passi in avanti sia in Africa che in Asia o nei Paesi dell’est Europa per quanto riguarda l’osservanza dei diritti delle donne e questo lo si nota anche nella possibilità offerta al mondo femminile di partecipare alla vita politica del loro Paese, almeno teoricamente, in quanto nella realtà è vero che alcune donne stanno ricoprendo incarichi di alta responsabilità nei loro Paesi e che i Parlamenti si sono o si stanno aprendo alle donne in sempre maggior numero, ma alla fine la loro voce continua a essere una minoranza.
Però il movimento femminile per i diritti della donna non si scoraggia e continua nella lotta per ottenere un giorno la parità dei diritti e non solo dei doveri. Le 129 Operaie di quel lontano 1908 hanno tracciato la strada ad altre generazioni di volontarie e se la donna inizia a godere di un certo rispetto, non è successo per caso, ma è il risultato di questi coraggiosi Gruppi che, instancabilmente, continuano a muoversi in una società che ha sempre tenuto la donna in stato di sottomissione. Però non dobbiamo pensare che tutto sia facile e senza problemi: esiste un reale pericolo, anche fisico, per l’attività che queste volontarie svolgono, specialmente in Paesi dove i diritti delle donne sono particolarmente calpestati e negati e questo succede principalmente nei Paesi islamici.
Uno degli ultimi eclatanti casi è stato quello che ha visto protagonista Malala, la ragazzina pakistana alla quale, nel 2012, i talebani, mentre tornava a casa dalla scuola su un autobus con le amiche, hanno sparato al viso per un solo motivo: non perdeva occasione per chiedere con veemenza il diritto delle ragazze allo studio. Non morì e il suo caso fece scalpore nel mondo intero, fino a portarla, una volta guarita, all’ONU dove ha ribadito la sua lotta per questa sua fede: Libertà per l’istruzione delle donne!
Ecco, sono queste le donne che un giorno riusciranno a cambiare questa nostra società che continua, nonostante i suoi proclami e le sue leggi inascoltate, a tenere la donna sempre un passo indietro.
Ma perché questa lotta continui e abbia successo, specialmente nei Paesi in cui alla donna è negato quasi tutto, persino il permesso a camminare da sola per la strada, è molto importante che essa possa usufruire del diritto al lavoro e raggiungere quindi una certa indipendenza economica. Questo la metterebbe al riparo dal “ricatto” dei mariti, della famiglia o della società stessa ed essere quindi in grado di portare avanti le proprie idee cercando di raggiungere più persone possibili di ogni ceto sociale. Pur in mezzo a mille difficoltà, queste donne hanno imparato a difendersi e il loro movimento è diventato ormai inarrestabile e, come è successo da noi, alla fine otterrà i giusti risultati.
* Non si ha la certezza della veridicità sia dell’episodio che della data e neppure dell’esistenza della ditta Cotton dove si dice lavorassero le operaie decedute. Ci fu invece un incendio sempre a New York, ma in data 25 Marzo 1911, nei capannoni della ditta Triangle e nella quale perirono 146 operaie
Scritto da paolacon
AGORÀ
Gentili Signori,
come sempre l’ignoranza dimostra ancora oggi essere il nemico piu’ grande dell’umanita’.
Una delle sue manifestazioni piu’ crudeli ed orribile di questo “cancro sociale” e’ l’ingiustizia morale, sociale, politica ed economica che vengono inflitte ancor oggi alle donne da leggi, mentalita’, cultura promulgate con egoistica, limiatata attitudine verso le donne.
In una piccola piazza della citta’ di Milano un monumento a piccoli martiri e’ scritto a caratteri cubitali:
…E VI AVEVO DETTO DI AMARVI COME FRATELLI…
Quando faremo nostro il significato non lo so; di certo la soluzione esite per l’uguaglianza fra uomini e donne se, in linea di massima, i legislatori ne prendono atto.
Cordiali saluti, Paul
Commenti abilitati
Convengo con Marc52 quando dice che il volontariato discende dall’attivismo, in quanto senza il secondo non esisterebbe il primo… anche se strettamente collegati.
Ma una persona alla quale viene l’idea di fare un qualcosa in modo volontario per l’altro e poi si attiva in questo senso… a che livello appartiene? è un attivista o un volontario?
A questo punto sorge il famoso quesito: è nato prima l’uovo o la gallina?
Per trovare un machismo becero e squadrista ,non c’è bisogno di andare in paesi africani o asiatici , basta restare a casa nostra e leggere quello che “italiani”(sic!) ,hanno scritto sul web nei confronti del Presidente Boldrini.
Propongo un “volontariato” di territorio ,per il recupero di giovani obnubilati dalle sconcezze quotidiane , dal turpiloquio istituzionalizzato e dalla totale mancanza di buona educazione.
Cactus, il tuo è un articolo molto bello è interessante( gli articoli di Titina e di Cactus sono sempre molto interessanti). Trovo delle analogie con i diritti delle donne e il volontariato, ma… in senso lato. Molto spesso dall’attivismo vedi fatti di New York, alcune donne che si misero a capo dello sciopero erano delle attiviste! Presero loro le iniziative, le altre, come volontarie (di loro volontà le seguirono). Il volontariato tout court ha alle spalle in primis, dell’attivismo che si trasforma in organizzazione, seguito da delle pedine di volontariato che silenziosamente, in accordo con i principi dell’organizzazione si muove senza chiedere nulla, ma… dando soltanto. Indubbiamente le organizzazioni ”femministe” si sono moltiplicate, si sono rafforzate, combattono, ed hanno avuto anche grosse vittorie e riconoscimenti. Si scontrano molto spesso con religione, mentalità, ignoranze maschiliste. Molto è stato fatto a livello sociale, ma… molto rimane da fare a livello personale, famigliare, anche qui in occidente, non solo in Africa.
Una bellissima ricerca di Cactus. Evviva le donne!