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Tutte le citta italiane hanno qualche particolarità che merita di essere raccontata e conosciuta.
Ci sono parole o frasi che si usano spesso in senso scherzoso, ma che hanno una storia che non tutti conoscono.
In Toscana, i toscani veri, usano un vocabolo che, a seconda com’è rivolto e a chi, può essere un segno d’amicizia o un insulto: è il caso di “bischero”.
Guglielmo è fiorentino e, siccome Leo gli ha chiesto il significato e l’origine della parola “bischero”, gli risponde qui con questo post.
Potrebbe essere l’inizio di una serie.
Conoscete altre parole che potrebbero essere interessanti? Perché si dice… … ?
I Bischeri furono una cospicua famiglia fiorentina, il cui cognome costituisce una famosa etimologia popolare.
Ma “bìschero” è il tipico appellativo toscano indirizzato a persone poco furbe e ingenue.
Eppure questa famiglia, a dispetto della spiacevole fama che l’accompagna, ebbe una notevole importanza economica e politica nella Firenze medievale e seppe anche riprendersi dal tracollo economico da cui ebbe origine il termine spregiativo.
Si hanno tracce dei Bischeri in Firenze fin dalla metà del XIII secolo e nei decenni successivi questi si imposero come ricchi possidenti e mercanti, conseguendo molte cariche pubbliche, tra cui ben 15 priorati dal 1309 al 1432 e due gonfalonieri di Giustizia.
La famiglia Bischeri aveva le proprie case nella zona tra Piazza Duomo e via dell’Oriolo, nota oggi come “Canto dei Bischeri”. Per quanto riguarda il poco gradevole appellativo, la tradizione fa risalire la sua origine al tempo della costruzione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. I Bischeri possedevano, infatti, diverse case, nell’area dove la Repubblica Fiorentina aveva progettato la costruzione del Duomo e il governo aveva offerto loro una congrua somma di denaro, per acquistare e liberare l’area. Si narra che la famiglia si rifiutasse allora di accettare l’offerta, volendo tirare ancora sul prezzo (tutti i terreni della zona erano saliti di valore per speculazione, da quando era stato iniziato il progetto della cattedrale) ma alla fine essi tirarono troppo la corda, facendo perdere la pazienza al governo fiorentino che espropriò le proprietà e risarcì i Bischeri con ben pochi fiorini d’indennizzo. Alcune versioni popolari più fantasiose parlando anche di un fortunoso incendio delle case dei Bischeri, ma si tratta di invenzioni.
Da questo tracollo finanziario la famiglia seppe riprendersi bene in seguito, nonostante una indubbia e poco gradita celebrità, che probabilmente fu una delle cause del cambio di nome familiare.
La decadenza della famiglia iniziò nel 1434, quando Barnaba, l’ultimo priore della famiglia, fu esiliato per dieci anni a Napoli per volere di Cosimo il Vecchio.
Queste notizie storiche son tratte da Wikipedia.
Altre etimologie fanno risalire la frase al latino ex ufficio (ex uff.) delle lettere commerciali senza dazio. Altre meno credibili dall’ebraico efes, gratuitamente, tramite il latino offa.
In toscano, o meglio in fiorentino, lo stesso modo di dire ha anche il significato di “gratis” (p. es. ‘fare un viaggio in treno a ufo’, nel senso di fare un viaggio senza pagare il biglietto). L’origine è simile ai casi precedentemente citati: per la costruzione della cattedrale di Santa Maria del Fiore (Duomo di Firenze) il materiale proveniente da varie zone della Toscana era marcato “A U.F.O.”, che significava appunto “Ad usum Florentinae Operae” e quindi esente da tasse. Un esempio è presente nel libro di Pinocchio.
Alcuni linguisti considerano fantasiose e non documentate queste etimologie e ritengono che l’espressione derivi dal germanico ufjô per abbondanza o dall’alemanno uf per superfluo, senza valore, senza costo [3]. (da Wikipedia l’encicopledia libera)
Ad usum fabricae
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Secondo una diffusa tradizione era un’iscrizione in lingua latina Ad usum fabricae (in sigla A.U.F.) che contrassegnava nell’antichità, durante il loro trasporto mediante carri o barconi risalenti fiumi, i materiali destinati alla costruzione delle maggiori cattedrali italiane, quali il duomo di Milano, San Pietro a Roma, Santa Maria del Fiore a Firenze, ad opera delle Fabbricerie.
Secondo altri la scritta A.U.F. avrebbe significato Ad urbis fabricam. A Milano, invece, la scritta sarebbe stata Ad UFA con il significato di Ad Usum Fabricae Ambrosianae.
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iniziarono i lavori nell’anno 1386 più di un secolo prima che Colombo arrivasse in America.
questo tanto per la precisione perchè in italiano le parole hanno significati ben precisi per chi lo conosce naturalmente, e “comica” in italiano, è cosa COMICA , altra cosa, e nel discorso non mi ci sembra nessuna comica.
Forse per comico indendevi curioso?
Di comica in comica: AD USUM FABRICAE divenne…UFO…e passarono i secoli e oggi internazionalmente UFO= Unidentified Flying Object = non identificato oggetto volante. UFO termine molto popolare per tutte le fantasie della gente che si interessa di marziani o del duomo di Milano. Paul
Mi scuso con tutti se sono andato fuori tema. Rispondevo ad un commento. Questa non vuole essere una polemica.
Immagine
I fiorentini usano spesso l’espressione “a ufo”.
Mangiare a ufo, viaggiare a ufo, dormire a ufo.
La storia di questo modo di dire, che non ha niente in relazione con gli extraterrestri, è legata al nostro affezionatissimo Duomo.
Sentite qua.
Dal “Vero vohabolario del vernaholo fiorentino”
A ufo: Detto di ciò che si può prendere o avere gratuitamente. L’origine risale ai tempi della costruzione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, attuale Duomo Fiorentino, perchè il materiale destinato alla costruzione dell’edificio sacro, era contrassegnato dalla sigla A.U.F.O. ovvero Ad usum Florentinae Operae e perciò esentato dalle tasse.
Oggi si usa appunto per indicare di aver ottenuto qualcosa, senza aver tirato fuori un soldo.
(tratto da tre passi per Firenze)
Visto che è ancora aperto, aggiungo una sciocchezza. Tutti sappiamo che significa il detto A UFO quando si tratta di avere qualcosa a gratis.Bene. ai tempi della costruzione del Duomo di Milano i soli materiali che entravano in città esentati da tasse, controlli e gabelle era proprio quelli destinati alla Grande Fabbrica de Duomo. Ogni carico veniva contrassegnato con una grande scritta ben visibile a tutti: AD USUM FABBRICAE. Ironicamente quel AUF divenne a ufo.
Piccola storia vera di un biscaro moderno del 2008. Una grande compagnia decide uno sviluppo per un enorme centro multifunzionale. Compra tutte le proprieta’ meno una perche’ il proprietario non molla neppure di fronte ad un’offerta piu’ che sostanziosa per la piccola casa in Canada. La compagnia cinto’ la loro proprieta’ con pali e rete metallica. Ora l’ostinato padrone si trovo’ come in un campo di concentramento e circondato da parking lots,vetture e altro. Provo’,ora lui, a negoziare con la grande compagnia e la risposta fu no. Disperato dovette andar via. Divenne la favola della citta’ e il recinto e’ ancora visibile e il biscaro e’ obbligato a tagliare l’erba e mantenere la proprieta’ in ordine come da leggi cittadine e nessuno compera la sua proprieta’ avendo la stessa perso ogni valore nonostante che da anni ci sia uno sbiadito cartello: FOR SALE=da vendere. Morale: chi troppo vuole nulla stringe, chi lo capisce e chi no. Cordiali saluti,Paul
Ho raccolto l’invito di Guglielmo e lascio ancora un pensiero.
Molte delle espressioni dialettali della mia terra umbra, erano legate ai lavori nei campi, alle stagioni, alla vita della famiglia e alle ricorrenze religiose. Il duro lavoro non toglieva tuttavia il gusto di prendersi in giro, di ridere e di scherzare d’amore.
Ecco uno dei modi di dire dal contenuto piccante!
Le fémmine e lu focu tòcca stuzzicalli ‘gni pòcu.
(Le femmine e il fuoco vanno alimentati ogni tanto)
Altra parola del nord che richiama il bischero e le bischerate ….è il “baggiano e le baggianate”.
Se ne parla anche nei promessi sposi dove si dice che quelli di Bergamo così chiamavano quei di Milano…appunto “baggiani”. Nell’etimo :babbei ,grulli, stolti e le baggianate delle fandonie .Forse viene dal quadrtiere Baggio di Milano….ma ha anche altre valenze.
Qualcosina ancora, vi porto alla vostra attenzione.
L’origine di questo termine non è chiaro, anche se l’ambiente è chiaramente
quello Toscano, da Firenze fino alla maremma.
Per qualcuno deriva dall’organo genitale maschile, per altri dal cognome d’una antica famiglia fiorentina celebre per gli investimenti finanziari sbagliati, per altri ancora dalla chiave che regola gli strumenti a corda, per finire con il bischero di padule, che è quell’arbusto che cresce sulle sponde delle paludi, o dei fossi d’acqua ferma, che avendo il peso sulla sua estremità, è sempre in continuo ondeggiamento, per cui ogni piccola ventata lo muove, come il bischero che si lascia convincere
dal primo venuto, senza valutare “con la zucca” sulle spalle.
Quindi, anche se usato in maniera scherzosa ed abbastanza colloquiale, significa stupidotto, scemotto, quando non significhi qualcosa di peggio: dipende quindi anche dal tono di voce che viene usato, e dal contesto in cui viene detto.
Dall’aggettivo personale, deriva anche l’aggettivo più relativo ad una situazione o ad un contesto: quando si commette una bischerata, significa che si è fatto un qualcosa senza pensarci troppo su, ed il risultato è stato chiaramente fallimentare, come del resto sarebbe stato lecito attendersi, se solo ci avessimo pensato un poco prima di agire!
Andare (o fare qualcosa) a bischero sciolto: essere in preda a comportamento sconsiderato ed esserne pure contenti. (in pratica, si va dietro all’istinto animale seguendo quello che ci dice il bischero, ovvero il pipi, senza pensarci su)
Avere i’ bischero pe’ i capo: quando la sensazione di cui sopra dura per più d’un quarto d’ora.
Avere il quarto d’ora del bischero: ovvero un quarto d’ora di pura, considerata stupidità.
Bischeraccio: personaggio bonario, un po’ indolente, lento di riflessi.
La ragione l’è de’ bischeri: il fiorentino ama il contrasto, la ragione se la vuole guadagnare e quindi diffida di chi troppo facilmente gliela dà.
Meglio puzzar di prete (o di m***) che di bischero: tutto tranne che passar da bischero.
Oscare, ‘un fare i’ bischero, senno ti mando a scola con la cartella sola e il desinare no: minaccia per prevenire azioni sconsiderate di tutti gli “Oscari” del mondo.
Tra bischeri si annusano: e di conseguenza si associano.
Tre volte bono vol di’ bischero: essere troppo buoni rende vulnerabili
Tutte le mattine s’alzano un furbo e un bischero: se s’incontrano l’affare
è fatto: chi trova un bischero trova un tesoro (affaristicamente parlando)
Cari amici non credevo che suscitasse tanto interesse e curiosità questo post. Visto che il sasso è stato lanciato in piccionaia, perchè non scrivete qualcosa della vostra regione, che ne dite puo’ essere una occasione? e allora usatela. Grazie per i vostri commenti, grazie di cuore.
In particolare Paola che meglio non poteva fare.
le parole del gatto sono quelle che non si dovrebbero dire. anche questo è un modo di dire locale o almeno credo , locale. lo si dice ai bambini che immancabilmente le imparano tutte e le ripetono mettendo in imbarazzo i genitori.
Che significa “una delle parole del gatto”? è un’espressione anche quella?
Seguendo il filone delle parole strane non può mancare il genovesissimo: BELIN
In effetti sarebbe una delle parole del gatto: di quelle parole sconvenienti da pronunciare perchè
per similitudine, belin, starebbe a significare un piccolo budello e lascio immaginare a voi a quale!
Verrebbe detto spregiativamente ma è un ossessivo intercalare con molteplici significati e derivati.
È tipico del parlare degli uomini ma, non è disdegnato dalle donne mentre è riprorevole detto dai bambini.
Può essere una imprecazione contro se stessi o contro altri.
Un rafforzativo… belin che belle gambe ha quella……
Negazione: mi presti cento euri? ….’pè un bello belin!!!! ( no di certo)
Mi sta antipatico : mi sta sul b..
e molte altri simili.
Poi ci sono i derivati..
belinata= stupidaggine fatta o detta
belin-àa in tæra= caduta, urto a volte violento a volte leggero a seconda della intonazione della voce.
Abbellinou= stupidotto
belinn-a = persona cattiva , arida
e ancora molte altre.
Da notare che essendo da sempre stata considerata volgarità, in sostituzione vengono usati eufemismi
spesso inventati di sana pianta: belisscimo, belliccite, baccere, paragonabili alle varie “cazzarole”.
Vogliamo complimentarci con Guglielmo.fi che ha voluto proporci questa “bischeratina”, come lui ha voluto giustamente definirla.
Ecco ancora un’altra parola:
bischerata s. f. – [azione da bischero, per lo più senza conseguenze dannose: chiuderlo fuori è stata proprio una b.] ≈ cretinata, sciocchezza, (pop.) stronzata, stupidaggine, stupidata.
Questo termine viene comunemente usato in vari dialetti senza assumere valore altamente negativo,
riferito molto spesso ad uno scherzo, la nostra lingua italiana è ricchissima di vocaboli, interessante scoprirli
buona idea Alba di dare una ricetta, ottima, quasi una “bischerata”
Grazie Lucia, grazie di aver allargato l’argomento
Molto interessante l’argomento che ci propone Guglielmo e che Paola ha colto al volo, perchè diverso e curioso! Infatti ci propone la ricerca delle ” curiosità ” della nostra bella lingua italiana, parole cadute ormai nel dimenticatoio! Infatti io ho sentito spesso l’uso di bischero, sempre però legato ad un organo maschile, privo di intelligenza! Che figura! Quando lo sentivo citare, guardavo il tizio che lo pronunciava come un gran maleducato! Pensate l’ignoranza quanti danni crea!!!Continuate con questo ” filone” simpatico e utile!
Ancora una curiosità sui modi di dire che contengono “bìschero”, trovata in internet:
“tre volte bono vol di’ bischero” (se sì è troppo buoni si passa regolarmente per cretini); “avere il quarto d’ora del bischero” (vivere un momento di pura stupidéra); “tra bischeri s’annusano” (e di conseguenza si associano); “andare/fare a bischero sciolto” (comportarsi inconsultamente), per i’ malato c’è la china ma pè i’ bischero un c’è medicina e così via.
Degna di nota e l’inscrizione latina che appare nell’immagine, a Santa Maria del Fiore, vicino alla porta detta “del campanile” è murata una targa di marmo con su scritto “Lotti dei Bischeri”: la storia leggendaria del bischero nasce proprio da lì.
Ho scoperto che esiste una torta chiamata “cò bischeri”un dolce tipico pisano, fatto con cioccolato, riso,uvetta, pinoli.
I bischeri non sono i pinoli, ma le punte della pasta frollache servanoper guarnire la torta,
Per chi ha voglia di fare ecco la ricetta
350
grammi di Farina, 0
150
grammi di Burro
100
grammi di Zucchero a velo
1
Tuorlo d’uovo
1
Uova
1
cucchiaio da tè di Estratto di vaniglia
1
cucchiaio da tè di Bicarbonato di sodio
750
grammi di Latte intero
180
grammi di Cioccolato fondente al 70-85%
150
grammi di Zucchero fondente
120
grammi di Riso a chicco corto
100
grammi di Uvetta
75
grammi di Cacao amaro
40
grammi di Pinoli
35
grammi di Cedro candito
35
grammi di Arancia candita
25
grammi di Rum
4.5.
Per la frolla: mettete la farina, mescolata con il bicarbonato, sulla spianatoia. Fate un incavo nel centro e metteteci il burro a pezzetti, lo zucchero, le uova e iniziate ad amalgamare. Lavorate fino ad avere una palla liscia e compatta. Avvolgetela in un foglio di pellicola e tenetela per circa un’ora in frigo. Intanto preparate il ripieno.
Per il ripieno lessate il riso nel latte bollente (dovrebbe assorbire quasi tutto il liquido). A fuoco spento aggiungete il cioccolato fondente tritato, il cacao, lo zucchero, i pinoli e l’uvetta con la frutta candita che avrete lasciato insieme in ammollo nel rum. Lasciate intiepidire.
Imburrate e infarinate una tortiera di 26 cm. Stendete la pasta, lasciandone a parte 150 g per fare la grata. Foderate la tortiera lasciando sbordare abbondantemente la pasta frolla .
Mettete il ripieno e preparate i “bischeri”. Fate un taglio sul bordo; piegate a triangolo la parte tagliata; tagliate anche lateralmente e, con le dita, modellate una punta. Continuate fino in fondo. Con la pasta rimasta preparate delle strisce e con esse formate una grata.
Infornate a forno preriscaldato a 180g per 40minuti
Bravissima Lucia……tra le altre ….”bischero” in parecchie parti d’Italia….vien chiamata una parte anatomica maschile.
Trovo interessante occuparsi di vocaboli che fanno parte della nostra lingua, dialettali, desueti e di uso corrente. Consultando il dizionario ho letto che l’etimologia di questa parola è incerta, queste righe confermano che la sua provenienza è legata alle vicissitudini della famiglia Bischeri.
bìschero , inoltre ha anche un altro significato:
Negli strumenti musicali a corda, spina di legno o di metallo (detta anche pirolo, cavicchio, caviglia), girevole con forte attrito in sede conica; serve a dare la necessaria tensione alla corda, una cui estremità è avvolta intorno a essa.
Spero che la ricerca della provenienza di altri vocaboli non termini qui..
Gradevolissimo il saggio ….che mi ha insegnato cose nuove. Evidentemente passano i secoli ma le cose non cambiano , se il sig. Bischero avesse “unto” il politico di turno probabilmente avrebbe intascato i fiorini richiesti , il Duomo sarebbe costato il doppio …..e il suo cognome sarebbe stato indice di grande furbizia.
molto belli e interessanti questi scorci di storia,l’Italia ne è piena e purtroppo misconosciuti.