In alcuni paesi africani, molto ricchi di materie prime  e grandi esportatori di greggio, la gente muore di fame; molte persone preferiscono affrontare anche il mare in tempesta su un incerto barcone o un gommone malsicuro pur di fuggire da quegli inferni.
Arrivare in Italia per loro non è facile, ma le sue coste sono quelle più facilmente raggiungibili da quelle  africane.

Racconta uno di loro, un giovane nigeriano: “Sono in viaggio da alcune settimane, i cento dollari sono finiti in poco tempo: tutti vogliono essere pagati, poliziotti, doganieri, autisti di camion e furgoni; mi hanno lasciato solo le cose che per loro non hanno valore ma che per me contano quanto tutto il petrolio della Nigeria. Il rosario con il crocifisso di legno, la piccola Bibbia che conservo in un sacchetto di plastica chiuso con il nastro adesivo; e la speranza, il sogno di raggiungere l’Italia e mandare dei soldi a mia madre”.

Partono insieme a un barlume di speranza nel cuore, persone disperate, ammassati su carrette di mare già destinate a demolizione, accomunati  verso un dubbio destino, in compagnia di un tozzo di pane duro. Gli occhi bassi, sul viso scavato si legge la profonda disperazione; si chiedono, spesso, se non sia stato meglio morire.
Li tiene in vita la certezza che approderanno in una terra ospitale e umanitaria; hanno lasciato la fame e la guerra e si affidano al sogno di trovare un aiuto fra gente sconosciuta in quella terra Italia che hanno sentito abitata da gente caritatevole e solidale.
Persona distrutte dalla fatica e dalla sofferenza, ignari della sorte che li attende, non sanno i disperati che saranno oggetto di una lenta, lunga e deprimente burocrazia, ma non gli importa perchè sanno per certo che non troveranno da nessuna parte morte e sofferenza come quelle dalle quali stanno scappando.
Ignorano che nella “terra promessa” si sono formate varie scuole di pensiero sull’argomento, come raccontano studi recenti sugli sbarchi di extracomunitari sulle coste italiane. Ci sono quelli, e sono in parecchi, i quali in caso di successo di uno o più sbarchi sono portati pensare all’invasione di una massa di intrusi in grado di generare vari tipi di conflitti con le categorie di persone con le quali possono venire in concorrenza.
Nelle stesse persone poi, in caso di insuccesso, affiora subito l’animo pietoso e caritatevole e non esiteranno a definire gli sfortunati protagonisti “disperati” in cerca di un futuro migliore”. Infine altre persone ritengono che bisogna intervenire su vari fronti per affrontare seriamente e proficuamente la questione:
1. apprestare tutte le strutture necessarie per un accoglimento dignitoso;
2. effettuare delle convenzioni con tutti i paesi rivieraschi sul mediterraneo allo scopo di controllare le coste e impedire, nei limiti del possibile le partenze, con l’impegno naturalmente di affrontare da parte loro la questione per offrire le opportunità di una vita senza grossi sacrifici lontano da privazioni e sofferenze;
3. l’Unione Europea si deve far carico dell’intero problema mediante la fissazione di contingenti da assegnare ai vari stati in relazione alle loro necessità e possibilità;
4. Ultimo e più importante, fondamentale direi, creare negli stati di origini le condizioni per una rapida emancipazione di intere popolazioni mediante la fornitura di mezzi e una formazione permanente che le mettano in condizione di produrre beni e servizi finalmente in modo autonomo.

Io sto con quest’ultima opzione, anche se so bene che sarà osteggiata duramente da tutte quelle categorie di persone che hanno interesse a che quelle zone restino cristallizzate nelle situazione attuali.
Concludo con l’augurio che giammai si ripeta il dramma della ragazza alla quale voglio dedicare la mia considerazione in versi: si chiamava Esat Ekos, la diciottenne nigeriana incinta morta durante la traversata con il bimbo che portava in grembo.
Ho letto che è rimasta per 5 giorni, come un sacco di rifiuti, sul mercantile turco Pinar mentre Italia e Malta discutevano sulla destinazione finale degli altri 144 disperati sopravvissuti.
E tutti sappiamo che continueranno gli sbarchi di immigrati in Sicilia fino a quando nelle nazioni di origine regneranno incontrastate fame, morte e distruzione.

Arrivano a frotte stipati su carrette del mare,
nutrono una speranza, un approdo tranquillo,
delusi, avviliti , gli occhi cerchiati di pianto
invano hanno cercato di capire la triste follia
di uomini armati dispensatori di morte e distruzione;
fuggono dalla miseria, da un mondo privo di futuro,
ingenuamente, non privi di coraggio, rincorrono un sogno
dimenticare gli scoppi e il fragore delle bombe,
le vite spezzate, i bambini sfortunati su stampelle,
e madri chine su corpi freddati da pallottole vaganti
sfuggite all’incerto dito di coetanei soldati improvvisati
costretti a sparare da capi assetati di potere.
Sono disposti a naufragare in terre prive di nemici,
pur di praticare dignità in un mondo di pace ed armonia.
E spesso le cronache raccontano di crudeli destini
Che non premiano la disperata lotta per la vita,
per la barca incerta e il carico pesante, l’onda violenta
porta con sé propositi e lascia silenzi e pianti;
per alcuni allora svanisce la speranza
con altri mezzi, ma stavolta sereni, tranquilli
sono diretti ad altra spiaggia, altro approdo
dove regna incontrastata pace ed armonia
….. si incamminano stavolta verso il Paradiso.

Flavio 46   23 aprile 2009

2 Commenti a “IMMIGRAZIONE:i viaggi della disperazione in cerca di vita(scritto da Flavio 46 e inserito nel blog da Semplice)”

  1. lorenzo.RM scrive:

    Caro Flavio, in questo fiume in piena che, soprattutto per l’Italia, è diventata l’immigrazione, c’è di tutto, cose belle e cose meno belle, a volte di difficile interpretazione e soluzione. C’è gente che è perseguitata e gente che viene a delinquere, gente seria e meno seria, aguzzini e disperati. Dispiace che nel marasma di fatti, sensazioni, sentimenti si perda il problema di fondo, che è quello di risollevare i paesi poveri nel modo che dovrebbe essere prevalente, cioè quello di aiutarli, come paesi, a crescere, dando aiuti, investendo in essi, rovesciando i regimi corrotti che hanno, ecc. e non solo aiutando gli esuli, o presunti tali, che peraltro impoveriscono il paese d’origine delle energie migliori e spesso rappresentano un problema insormontabile per i paesi in cui arrivano.

  2. edis.maria scrive:

    Problema complesso e angosciante, quello che ci propone Flavio.Per riuscire ad affrontarlo ci vorrebbe l’intervento dei paesi d’origine , dell’Europa e dei territori siti sul mare Mediterraneo.Questo per ora non c’è ed anzi, pare, si faccia a “scaricabarile” tra i vari Stati ed Organizzazioni ( vedi Malta). Nel frattempo migliaia di ” nostri fratelli” soffrono e muoiono nella più completa disperazione.E’ pur vero che ,in certi casi, per l’Italia non è facile affrontare da sola certe impegni sia dal lato logistico, sia dal lato finanziario

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