Attivismo da clic
Sakineh: centomila firme al nostro appello (titolo di un giornale)
Questa vicenda mi ha fatto ricordare quanto letto sulle pagine di un giornale di qualche settimana fa il clicktivism (dispregiativo in inglese di clic) ha alienato un’intera generazione di aspiranti attivisti, a furia di campagne inefficaci e illusorie. «Promuovendo la falsa speranza che navigare su Internet possa bastare per cambiare il mondo, il clicktivism.
Negli ultimi tempi molto si è discusso del valore dell’attivismo online. In tanti hanno iniziato a chiedersi se al proliferare di appelli e petizioni digitali corrisponda davvero un reale impegno nel tentativo di cambiare le cose. E se, l’attivismo digitale, da clic compulsivo, serva davvero a qualcosa. Secondo i più critici si tratterebbe solo di una forma degradata di partecipazione civile, che ha trasformato l’impegno in una questione di clic.
Rapida ricerca e scopro che attivismo online è più o meno iniziato nel 1998, quando una coppia di americani fondò MoveOn: Democracy in Action. All’inizio si trattava solo di un gruppo di persone che diffondevano petizioni e appelli via email (il primo fu quello con cui si chiedeva al Congresso americano di continuare a portare avanti i procedimenti per l’impeachment di Bill Clinton). Oggi MoveOn è una delle più grandi organizzazioni no profit americane, ed è da qualche tempo considerata il modello delle nuove forme di attivismo politico e civile online. Il suo metodo sfrutta in larga parte i meccanismi del marketing, e per questo è spesso accusato di trattare la promozione delle cause sociali allo stesso modo di quella dei rotoli di carta igienica.
E’ forse finita la fede nelle idee, o la poesia dei fatti, a innescare il cambiamento sociale?
Ora invece a dettare le linee sono i test A/B (un test usato nel marketing online per misurare il gradimento di due o più versioni di una stessa pagina, ndr) e i messaggi più letti.
In poche parole stando comodamente seduti a casa davanti a un PC, magari fumando una sigaretta o gustandosi un caffè (alla cannella nel mio caso) con un clic si partecipa a questa forma di attivismo.
Tanto che un altro termine con cui ci si riferisce all’impoverimento dell’attivismo digitale è slaktivism, dall’unione dei due termini slacker e activism. In inglese slacker slaktivism si vuole quindi suggerire che fare attivismo online è semplicemente un modo pigro e facile per tenere a posto la propria coscienza. Le firma di una petizione su Facebook o la diffusione di qualche video connesso a cause sociali sono spesso citati come esempi di questa pratica. significa “lavativo”, con
Forse è arrivato il momento di porsi una domanda molto difficile: siamo sicuri che i risultati ottenuti attraverso queste campagne online valgano le perdite subite dalle organizzazioni più tradizionali, che sempre più spesso sono snobbate dalle persone che preferiscono forme più comode – ma la cui efficacia deve ancora essere tutta dimostrata ? Non si tratta di cercare di capire se il lavoro di slaktivist equivale al lavoro silenzioso e spesso non riconosciuto di un solo attivista tradizionale. Il vero problema qui è capire se la sola scelta dello slaktivism possa disincentivare l’azione concreta di quelle persone che in passato si sarebbero confrontate direttamente con dimostrazioni, volantinaggio e sit-in. Spingendole a preferire una più facile sottoscrizione altre iniziative ma sempre online?
Giuliano 4.rm
e attivismo e collaborazione vera inizino anzitutto nelle nostre case,cominciamo da li’, da noi in primis per i vicini prossimi maggior comprensione correttezza amore sostanzialmente vero…………ciao
Franco Muzzioli solo una parola:
GRAZIE!
Marc. ..non ti devi scusare..non ho mai letto un tuo commento sintetico..sei profondo e approfondisci…che male c’è. Mi pare, se ho ben capito, che l’articolo di Giuliano ,metta in evidenza la facilità ( o faciloneria )di approcciarsi a certi problemi in internet. L’articolo fa un pò eco a quello di Alba ,che mette in guardia sull’eccesso di utilizzo di internet soprattutto per i giovani. Tu fai una lunga e circostanziata elencazione dei vantaggi di internet ,come elemento di libera protesta ed informzione soprattutto nei paesi totalitari o nelle cosidette democrazie autoritarie. Leggiamo pure tutto quello che internet può dare e che certamente darà , ma non perdiamo di vista l’attivismo delle strade , delle piazze e degli individui che fisicamente si confrontano e lasciamo , per ora ,l’utilizzo (in questo senso) di internet ai carbonari cinesi ed iraniani che non hanno altro mezzo per una libera protesta.
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Mi vedo in accordo sull’attivismo (espresso in ogni forma ,vedi quello politico!) su internet. Penso che sia solo questione di tempo (di maggiori fruitori). Ciò non toglie che i suoi effetti in paesi totalitari li abbia già sortiti. Internet in Cina e’ salito da 59,1 milioni nel dicembre 2002 a 79,5 milioni nel dicembre 2003, con un incremento del 34,5 per cento che rappresenta una forte minaccia ai
tentativi delle autorita’ di censurare e sorvegliare le attivita’ online della popolazione. oggi 2010, quali sono i dati???? (DA: La nuova CNN – Citizen News Network DI China Files)
Guobin Yang è un professore associato al Barnard College, Columbia University. E’ anche l’autore di “The Power of the Internet in China: Citizen Activism Online.” Di seguito proponiamo la traduzione di un suo articolo su Internet, la protesta e la censura on line, in riferimento agli ultimi casi iraniani (la protesta divampata via Twitter) (Twitter è un servizio gratuito di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri. Gli aggiornamenti possono essere effettuati tramite il sito stesso, via SMS, con programmi di messaggistica istantanea, e-mail, oppure tramite varie applicazioni basate sulle API di Twitter. Twitter è stato creato nel marzo 2006 dalla Obvious Corporation di San Francisco.( wichipedia)
I recenti eventi in Iran e Cina hanno di nuovo dimostrato la forza di internet. Gli iraniani hanno usato il web per diffondere le loro proteste al mondo intero, mentre i cittadini cinesi si confrontavano con un provvedimento governativo che richiede l’installazione di un software che filtra la navigazione. In Iran i contestatori usano lo strumento di social network Twitter per communicare con il mondo esterno, quando l’accesso dei giornalisti è limitato. Un numero elevato di twitters riporta gli eventi con fotografie, messaggi brevi e link a video e siti web. Il risultato è un’informazione in tempo reale su quanto accade, minuto per minuto. Questo è il potere di un nuovo tipo di CNN- il Citizen News Network. In Cina l’annuncio del provvedimento governativo di dotare i nuovi computer di un software pre installato, il Green Dam Youth Escort, ha creato subito una protesta on line.[…]
Il controllo di internet e l’attivismo sono due argomenti di cui si discute da molto tempo. L’opinione dei media internazionali al riguardo, oscilla da una parte e dall’altra, tra speranza e disperazione. Le novità sul cinese Green Dam(La cosiddetta “Green Dam”, la diga verde, ovvero il software che il governo cinese ha intenzione di inserire in tutti i prossimi PC in vendita sul suo territorio, conterrebbe parte di codice pirata.) hanno subito creato il timore di un allargamento del controllo su Internet. Nello stesso tempo, con la protesta nata immediatamente, il giudizio è virato verso un cauto ottimismo. Questo tipo di mutamenti vertiginosi nell’opinione pubblica, riflette la fluida politica di internet nei paesi autoritari. Dietro la facciata, persiste un ostinato messaggio: internet aumenta il ruolo dei cittadini normali, specie quelli che vivono all’interno di paesi in cui vigono restinzioni.
Gli sforzi di Cina e Iran per controllare internet sono largamente noti. In Cina il Green Dam è solo l’ultimo tentativo. Come si spiega che questi sforzi vadano avanti da vent’anni e l’attivismo dei cittadini è aumentato, anziché diminuito? Perché? Naturalmente, la protesta riflette le lamentele della gente. In Iran sono nate da brogli elettorali e dalla volontà di conoscere cosa fosse realmente successo. La sanguinosa brutalità della polizia ha poi gettato benzina sul fuoco. In Cina la protesta contro il Green Dam ha come oggetto il potere politico e la rabbia della gente si scaglia sulla poca trasparenza delle decisioni politiche dei governanti.[…]
Ci sono altre cause, naturalmente. In primo luogo, l’antica dialettica tra dominazione e resistenza, che persiste anche nell’ Era dell’Informazione, con una deriva digitale. Una parte del potere di chi si oppone, dipende inoltre dalla conoscenza specifica e tecnica di alcuni dei suoi partecipanti. Nel caso del Green Dam, i cinesi non hanno perso tempo e hanno testato immediatamente il software. Hanno partecipato anche specialisti internazionali, come J. Alex Halderman e i suoi colleghi dell’Università del Michigan. Si sono trovati vari bachi nel software, creando la diffusione di messaggi ironici e satirici al riguardo.
La satira del resto, è una vera forma di opposizione nell’era di internet, perché molti cittadini possono sperimentarsi con le proprie capacità tecniche e artistiche per creare nuove forme di espressione. I cinesi, ad esempio, hanno creato un cartone animato, chiamato Green Dam Girl per ripulire l’internet da tutti i controlli dei censori.
Sempre di pù, in Cina almeno, aumenta il potere di opposizione, grazie all’impegno di un nuovo tipo di soggetto, l’attivista-blogger.(colui che scrive un blog) Si scrive di ogni argomento, specie quelli considerati sensitive. Ogni volta che accadono eventi rilevanti, i bloggers pubblicano le proprie critiche. Consci di avere un proprio pubblico, […]
Inoltre l’attivismo on line ha potuto sostenere la propria rilevanza, perché è diventato un’inesauribile fonte per i mass media. La protesta via twitter in Iran non sarebbe diventata tale, se non fosse stata ripresa dai media via cavo di tutto il mondo. Così è accaduto in Cina con le proteste anti Green Dam.
Questo non significa disistimare il potere di internet. La verità è che internet è diventata parte integrante del sistema mainstream (CORRENTE PRINCIPALE),dei media. […] I grandi raduni in Freedom Square a Tehran o in Tiananamen a Pechino generano un grande senso di potere. Analogamente, su internet, larghi volumi di traffico su un sito, generano un senso di potere sul web. E così come un’appassionata retorica raduna la gente per le strade, lo stesso accade on line.
La tragedia di Neda, la giovane iraniana uccisa da un colpo di pistola durante una protesta pacifica, è stata immortalata in uno straziante video e successivamente postata su Youtube. Il Tag (sono comandi del linguaggio HTML per fornire informazioni che vengono interpretati dal browser e permettono la visualizzazione delle pagine Web) Neda è stato in cima alla lista dei topics, perché Neda è diventata un simbolico veicolo per la gente normale, per esprimere la propria passione politica. “Ho visto il video di Neda su Youtube, terribile”, ha scritto qualcuno su Twitter. Un altro ha postato: “In memoria di Neda, non sei morta invano”. Quando milioni di messaggi navigano on line, la portata delle parole, si riverbera ovunque. E’ un messaggio sul potere del web e quello della gente. E nell’era di internet, il potere del web, è il potere della gente.
Per chi volesse approfondire vi poropongo:YBlog
USA: Digital Activism Decoded, libro prezioso per l’attivismo digitale
L’intervista che segue è stata originariamente pubblicata su Netsquared.org [en, come tutti i link seguenti], e riguarda il un nuovo libro, Digital Activism Decoded (L’attivismo digitale decodificato), curato da Mary Joyce. […] (SEGUE INTERVISTA)
È possibile scaricare il libro gratuitamente all’indirizzo Meta-Activism.org/book oppure acquistare una copia cartacea su Amazon. Il mio blog è Meta-Activism.org/ideas, Twitter: @mary_joyce, e il mio sito personale è MaryJoyce.com
Mi scuso per il commento troppo lungo.