Vedere in  vetrina della cartoleria la copertina di un libro e rimanere colpiti da quella immagine a te famigliare: suscita sorpresa, curiosità.
Anche il  titolo incuriosisce: Morire d’amore a B……………..
L’autore ha un nome famigliare anche lui: Silvano M………….
È la vecchia chiesa quella sulla copertina. Quella che hanno demolito. Era la parrocchia.
Nostra Signora della Neve era una chiesa molto antica. L’hanno demolita per costruirci un palazzone enorme, moderno, con le ringhiere in ferro ai poggioli, le tapparelle e l’ascensore.
Era nella parte più antica del paese la chiesa, fuori mano ormai; il boom economico, la speculazione edilizia di quegli anni avevano stravolto B…………..
L’ho comperato il libro, ero curioso; il titolo mi intrigava: Morire d’amore a B………..
La sera a casa, dopo cena, inizio a sfogliarne qualche pagina per cercare di farmi un’idea dell’argomento che avrebbe trattato: erano racconti. Racconti di vita  vissuta. Storie che pure io avevo vissuto con Lui. Che noi, ragazzi degli anni sessanta avevamo vissute.
Leggevo e la mente ripercorreva quelle storie, quei luoghi, quelle  situazioni che, anche se insignificanti, ti modellano, ti forgiano, crescono con te, diventano parte di te: diventano te.


In uno di quei racconti Silvano, menziona località delle  quali ormai più nessuno conosce il nome e l’ubicazione: Il lago Rosa.
Si doveva uscire da B…………..e prendere verso la  collina, la strada che porta verso i Due Fratelli.


Sono i primi “forti” della lunga linea fortificata sulle alture alle spalle della città che vede chi arriva a Genova dalla Pianura Padana.
Si risaliva per un tratto il letto del torrente e poi a destra si prendeva il  sentiero che si infilava nel fitto bosco di castagni, inerpicandosi tra cespugli di more grandi come ciliege e qualche  albero di mele selvatiche dal gusto aspro ma dissetante.
I profumi del bosco erano inebrianti e la marcia in fila indiana lungo il sentiero ci faceva sentire esploratori nella jungla inesplorata.
Finalmente dopo circa mezz’ora di cammino si cominciava ad udire lo scroscio dell’ acqua che cadeva da una cascatella e che formava un laghetto poco più grande di una pozzanghera la cui  altezza non superava nel punto più alto le due dita sopra l’ombelico di Silvano.
Andavamo spesso al laghetto d’estate: di nascosto dai nostri genitori che ritenevano pericoloso tuffarsi dallo scoglio. Anni prima un  ragazzo aveva battuto la testa.
Quel giorno l’acqua sembrava più fredda del solito.
Nudi. Quattro ragazzi nudi in un laghetto in mezzo al bosco.
Nudi perchè i genitori non  volevano che si andasse al laghetto.
Nudi. Senza neppure un asciugamani.
All’improvviso, in lontananza un  vociare.
Zitti!!!!!……… Zitti!!!!!!!!!
Che facciamo? Siamo nudi!
Se vengono  qui  ci  vedono!
Sono le ragazze della parrocchia!!
Le accompagna Nella: una vecchia, acida, grassa zitella con un paio di occhiali con le lenti spesse e i capelli ispidi che forse non avevano mai  visto un parrucchiere.
Nella mi conosce. Mi conosce bene. Conosce anche  gli  altri tre.
Lei sempre in chiesa, noi frequentatori del bar della Casa del Popolo.
Eppoi Nella mi aveva visto più di una  volta fermo a parlare con Paola. Lo aveva detto alla mamma di Paola. Era più piccola di me Paola.
La mamma di Paola non  voleva  che la figlia parlasse con i ragazzi più grandi, eppoi …….,
della Casa del Popolo!
Senz’altro glielo aveva detto!.
Ragazzi!! ……. Zitti!!!!!!
Speriamo non scendano al lago!
Ci avrebbero visti nudi. Le ragazze di chiesa non dovevano vedere i ragazzi nudi . Sarebbe stato lo scandalo.
Presto! usciamo dall’acqua e nascondiamoci sotto gli alberi! Bagnati come siamo non  riusciremo mai ad indossare in tempo i  vestiti!.
Era d’estate: una maglietta e un paio di jeans ma è difficile vestirsi ancora bagnati.
E se Paola mi avesse visto cosi?
Era bella. I capelli castano chiaro, mossi, gli occhi azzurri, un bel  sorriso.
Fermi, in silenzio sotto gli alberi  di castagno, nudi, bagnati, aspettavamo che quelle voci  si allontanassero nel bosco.
Solo quando siamo stati certi che il “pericolo” era passato siamo  tornati vicino all’acqua ed al sole per  finire di asciugarci e scaldarci.
Non so se ho più rivisto Paola, gli anni sono passati  veloci. Troppo!.
Silvano si è sposato ed ha  cambiato casa e località. Non l’ho più visto.
Chissà se oggi i ragazzi vanno ancora al Lago Rosa?
Quanti ricordi leggendo un libro visto nella vetrina della cartoleria!.

(morire d’amore a bolzaneto
silvano morasso edimont)

ALFRED

Oggi è domenica, prendiamoci una pausa dai quotidiani pensieri e preoccupazioni, allontaniamoci dagli scandali e dalle notizie incalzanti dei giornali per immergerci anche noi, con la sana incoscienza di un’altra epoca, nel freddo laghetto che così bene ci descrive Alfred.
Il suo racconto-ricordo, ci riporta indietro di anni, ad un’età spensierata, dove la leggerezza la faceva da padrona.
E voi dov’eravate in quel periodo? Che ricordi avete?
Se ne avete voglia condividiamo e raccontatevi…
Ognuno di noi ha un piccolo “lago rosa” ben custodito nello scrigno dei nostri ricordi…



8 Commenti a “Il lago rosa scritto da Alfred LETTURA DOMENICALE”

  1. alfred scrive:

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    Non voglio certamente essere o apparire un pedagogo, anche perchè la vita non mi ha dato la possibilità di esserlo non avendo avuto figli ma una cosa mi sia consentito dirla:
    ai bambini piace moltissimo camminare nel bosco, scoprire ruscelli, laghetti, cascate.
    ai bambini piace moltissimo il “plaffffffff” di una pietra gettata nell’acqua, lo spruzzo che solleva, i pesci che si vanno a nascondere sotto i sassi.
    Ai bambini piace fare finta di “cadere” con un piede nell’acqua.
    Ai bambini piacerebbe ancora oggi nonostante il “DS, il computer, internet, i-pod ecc”

  2. silvana1.ge scrive:

    Commenti abilitati

    Alfred, conosco bene i luoghi che hai descritto poichè è grossomodo la zona in cui abito. L’articolo ha sollevato anche in me ricordi bellissimi. La prima infanzia sul lago alimentato da molti bellissimi ruscelli. Essi erano per me e le mie sorelle l’unico parco giochi, e che stupende giornate vi passavamo!!! Risate, cadute dai sassi, “case” costruite sulle piccole spiaggette con sassi ed erba. E poi…via con la fantasia..guardando il cielo azzurro, fantasticando sulle nuvole di passaggio, immaginando di essere al mare , che non avevamo l’occasione di vedere spesso. Ricordo le merende che ci preparava mia madre: pane fatto in casa, marmellata casalinga, frutta raccolta dall’orto curato da mio padre.
    Soprattutto identifico quei momenti, ed i loro ricordi con un autentico senso di libertà, di gioia infinita, di beata incoscienza infantile!
    Grazie,Alfred, andare indietro nel tempo crea una sorta di armonia tra passato e presente: piccoli segmenti di vita vissuta che irrompono nel presente e lo incorniciano con una luce davvero speciale perchè sono parti di me ancora vive ed operative, Il mio sviscerato amore per la natura , per i fiori , ha radici proprio in quel periodo: la mia età dell’oro…

  3. lucia1.tr scrive:

    Bella domanda quella di Alfred,dove eravate ragazzi degli anni sessanta? Io sicuramente in quel gruppo di ragazze che giudate dalla catechista della parrchia si avvicinava al laghetto, sperando insieme alle sue amiche di incontrare un certo ragazzo che stava facendo il bagno nel laghetto…

  4. ANGELOM scrive:

    Il libro che Alfred ha presentato, estrapolando il racconto che ha postato,
    mi ha riportato indietro nel tempo quando con un gruppo di amici, alle 2 del pomeriggio , di nascosto dei nostri genitori andavamo a piedi a Teverone (Tevere), un fiume stretto e con l’acqua non del tutto igienica, con il fondo pieno di buche. Ci tuffavamo dopo esserci completamente denudati, incuranti delle persone che passavano in bicicletta sopra la sponda, ma felici della nostra libertà. Per noi quello era un divertimento che ci appagava e ci faceva sentire più uniti nella nostra amicizia. La sera al bar commentavamo tutti gli scherzi che ci eravamo fatti. Queste cose ormai purtroppo non avvengono più, rimangono solo i ricordi, accontentiamoci di quelli con la speranza che non scompaiano mai.

  5. edis.maria scrive:

    Giochi giovanili, acqua fresca, risate.!! Alfred , il tuo racconto delizioso ha fatto ricordare a me , i miei sedici o diciassette anni . Ogni anno andavo con una amica a trascorrere le prime vacanze scolastiche, a luglio, in una casetta di montagna ( 850 m. s.l.m.), della Val Cenischia. I nostri genitori sarebbero venuti dopo qualche giorno. Un piccolo paesetto circondato da quattro splendide cascate, che scendevano dai monti ancora innevati, dove noi eravamo libere e in compagnia dei soliti amici d’infanzia. Ogni giorno ci recavamo nei pressi della cascata più grande con l’illusione di prendere un po’ di abbronzatura. Questa cascata formava , giunta a terra, una “pozza” larga circa venti metri di larghezza, ma poco profonda., perchè proseguiva trasformandosi in un torrentello che sfocia nel Cenischia, Un giorno la mia amica Clelia scivolò su di un sasso, cercai di aiutarla , ma mi trascinò nell’acqua con lei. Cominciammo a ridere a crepapelle , dall’alto i copiosi spruzzi della cascata ci bagnarono completamente e , a malapena , raggiungemmo l’asciutto. Non avevamo il costume ,ma solo un vestito tipo prendisole, essendo in montagna, quindi tornammo in paese gocciolanti ( allora sotto il vestito si portava ancora la maglietta sulla pelle), ma facemmo tanta propaganda a questo nuovo gioco e il giorno dopo ci trovammo in tanti. Qui, negli anni successivi giocarono anche i miei due figli che si divertirono immensamente , portando anche il cagnolino che era il più entusiasta..Con secchiello e paletta sembrava di essere al mare! Ora la cascata fa ancora il suo dovere, ma il timore di una alluvione ha fatto si che il letto del torrente fosse scavato, gli argini di conseguenza si sono alzarti , e il pericolo di scendere sotto la cascata aumentati. Ricordi lontani , ma sempre recenti!!!! Grazie di un po’ di relax , senza problemi relazionali!!!!!!

  6. alba morsilli scrive:

    che bello quanto mi ha rilassato il tuo articolo scrive giusto Paola ogni tanti bisogna lasciare da parte le rogne di tutti i giorni.
    Io da buona genovese e camminatrice del nostro entroterra so il pregio dei nostri monti dove la veduta del mare da una altitudine è meravigliosa.
    I tuo ricordo a molto in comune con i miei allora eravamo semplici ci accontetavamo dei laghetti naturali per bagnarci
    non i famosi stablimenti balneari , tanto non c’era una lira

  7. Giulio Salvatori scrive:

    Grazie Alfred, stamani avevo proprio voglia di .-Un tuffo nel passato-Mi ci rivedo e mi hai riportato indietro negli anni.Anche noi ragazzi di qualche mese fa, facevamo il bagno nudi e ci asciugavamo al sole.Sopra quelle grotte infuocate dal sole pasavamo ore e ore .Anche noi avevamo uno stagnetto e pensa, lo chiamavamo -Il Pozzo di Milano-, si arginava il perimetro con scaglie di marmo per aumentarne la profondità.Oggi, non esiste più, non c’è più nessuno che cura l’idraulica dei torrenti:Solo il ricordo. Bella descrizione Alfred , grazie

  8. Lorenzo.rm scrive:

    Bello e suggestivo, Alfred. Il libro dev’essere di quelli che lasciano il segno. Lo cercherò. Grazie, Alfred.

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