Ho letto recentemente un bell’articolo di Ofonio, e prima ancora uno di Nadia che,

dalle pagine musicali di Eldy, hanno risvegliato dei ricordi che credevo assopiti dal

tempo, e una riflessione dettata dalla paura, quella di finire tra qualche anno in un

ospizio ad ascoltare il liscio.

Senza contare che come mi muovo al ritmo di progressive rock, posso essere

scambiato per un parkinsoniano e portato in qualche ospedale per le cure del caso.

Ma cos’è questo tipo di musica? Quanti di voi che avete attraversato mio pari,

quest’arco temporale lo conosce?

Ormai siete abbastanza bravi, fate così andate su You Tube e digitate uno dei nomi

che cito nell’articolo, magari molte musiche le conoscevate (sono state spesso usate

nelle pubblicità), magari vi piacevano ma non sapevate da chi erano eseguite. Badate

bene, nelle RSA (come si chiamano oggi gli ospizi) viene erogata solo pessima

musica, e se non si è stati musicisti di professione non c’è posto alla Casa di Cura

Giuseppe Verdi”.

Poi aggiungete il fatto che molta della musica di cui parlo ci è arrivata dall’estero

anglofono e che la medicina porta essenzialmente nomi con radici greche o latine

Tengo subito a precisare che non ritengo quella del progressive un’invasione

anglofona, ma un naturale scambio culturale.

La segnalazione dei gruppi nostrani che in tale ambito seppero dimostrare creatività e

padronanza dell’arte di fare musica è corretta (vi invito a leggere il bell’articolo di

Ofonio), ma fu soprattutto il pubblico giovanile del tempo a sancire alcuni importanti

successi. Resta memorabile quanto avvenne con i Van Der Graff Generator, che

ebbero più seguito da noi che in Inghilterra (almeno all’inizio).

Se oggi si ascolta un qualsiasi disco di quelli citati da Ofonio e si fa un confronto con

quello che erano i brani più ascoltati nelle varie Hit parade, può sembrare che la

musica italiana d’improvviso avesse fatto un salto in avanti (o vivesse un momento di

schizofrenia non ancora esaurito), e dette vita ad un genere musicale che non a torto,

allora si chiamava anche d’avanguardia. Guardando meglio cosa avveniva allora, si

nota che molti gruppi nostrani si formarono in giro per l’Europa.

In qualche caso come “Aria” di A.Sorrenti che fu incisa in Inghilterra, (vi indico l’url

per l’ascolto http://www.youtube.com/watch?v=Wp88rh8gA1U) e credetemi l’ascolto

ne vale la pena, c’è tutta la cultura musicale del lago mediterraneo, a cominciare dallo

svolo.

Peccato che le canzonette successive rovinarono l’artista che doveva comunque tirare

a campare. Ricordo ancora come i Fori Imperiali lo accolsero nel giugno del 1972: un

coro da mal di pancia, ma non aveva accompagnamento solo voce e chitarra.

C’è tra voi qualcuno che quella sera era a Roma? (Una notazione: una volta cliccato

l’url in automatico parte il resto dell’album).

Mi sento di dire che il progressive fu un fenomeno Europeo, forse tra i più apprezzati

in Italia come, detto prima, in quanto, alla ritmica del rock univa la melodia. Mi viene

il flash di Melody Maker, rivista inglese che al tempo, quando avevo i soldi, due o

tre volte ho comprato (ma ci capivo poco e avevo bisogno di traduttori).

Già con l’hard, che in quegli anni correva in parallelo, si erano avuti commistioni con

la musica classica e penso al rock barocco di alcuni brani dei Depp Purple, che

sfiorarono la forma lirica progressive.

Dall’Inghilterra giungevano i suoni dei Jethro Tull, dei Gentle Giant, dei King

Krimson, prima che dei Genesis, Queen, Yes, Van Drer Graff Generator, dalla

Germania i Tangerin Dream, gli Sparifankal, gli Horchestra i Pophol Vu, dalla

Francia Alan Stivell, Jean Luc Pontì. E tanti altri di cui non ricordo più i nomi.

Battezato “progressive rock” è di fatto un connubio tra l’hard (e softh) rock con la

mucica classica e con il jazz (v. “Bouree”, dei Jetrho o “Città sottile” del Banco).

Da notarsi che negli anni ’70 le etichettature erano tante, era difficile porter stabilire

dove iniziava un sound e dove ne iniziasse un’altro, solo di recente, a batticuori

stabili, si è giunti ad un’unica classificazione.

Ma cos’è il rock? E’ un’altalena che dondola instancabile avanti e indietro, si ripete, se

non che, le emozioni che da, sono sempre diverse. Nel contempo è un sound che

fondendosi con altre sonorità ha avuto la capacità di penetrare a diversi livelli.

Il progressive rock, è una delle sue evoluzioni, ed essenzialmente si caratterizzò per il

modo di concepire gli album in maniera unitaria, lunghe suite, con passaggi

armoniosi (overture, adagio, andante, mosso ecc..) tipici della musica classica,

ribattezzati concept album.

Erano gli anni anche di Arancia Meccanica (Beethoven) e 2001 Odissea nello spazio

(Strauss) ricordate?

Concerto Grosso” dei New Trolls, nei testi in inglese è ispirato a Shakespear: le arti

non viaggiano separate.

Ricordo la P.F.M. che dal vivo eseguiva l’overture de “La gazza ladra”, mentre il

Banco dal vivo inseriva armonie jazz che lo avrebbero portato al Capolinea (rinomato

locale Jazz di Milano) e al Festival di Montraux (prestigioso festival d’oltralpe), e gli

inglesi E.L. & P. producevano Pictures at an exibition (M.P. Musorsgkij). Insomma i

nostri amati idoli rock, capelli e barbe lunghe, venivano fuori dagli “ingessati”

conservatori.

L’uso del flauto traverso, dell’arpa, dell’ottavino, dei timpani, del pianoforte e del

violino, sono stati una novità che ha armonizzato con l’orecchio dei giovani: vale a

dire ritrovare attraverso il rock toni rassicuranti, che in quegli anni di forte

movimento musicosociale, trovava base nella musica classica, dando un senso di

continuità nel distacco.

In Inghilterra, dove la musica classica non era tutta entrata nelle corti, ma era rimasta

appannaggio del popolo, l’operazione è stata più rapida. Da noi che la musica era

entrata prima a Corte e poi nei grandi teatri, il passo è stato più lento ma altrettanto

efficace.

Sono passati più di trentanni da allora. Oggi i nostri idoli di allora sono capi scuola.

Ogni tanto vado per concerti, come un amante di musica classica che frequenta i

conservatori.

La scorsa estate ho scoperto alcune giovani cover band che nulla hanno da invidiare

ai nostri eroi o a chi è venuto subito dopo: The Vipers (c.b. dei Queen), Accademy

Police (c.b. Dei Police), Ottocento (De Andrè/PFM), sono alcuni di quelli ascoltati e

che fedelmente ripropongono buona sana musica che, dagli stadi è entrata nel

santuario della riproposizione fedele nei suoni, che, a distanza di tempo vibrano

ancora nel petto e nella testa.

C’è qualcuno di voi che condivide? Io mi metto un cappello da cow boy per

mimetizzare la calvizie, ma vedo tanti over 50 alle feste.

Io vi propongo due video di questi giovani che gireranno per le varie feste in piazza

anche quet’anno, è un modo per uscire dal solito tran tran ascoltando una musica che,

magari insieme a quello che ha scritto Popof faccia riflettere, per non trovarci sempre

nelle orecchie quello che sceglie il dj di turno pagato con il contributo dei vari

sponsor (leggi pubblicità).

Per divertici e capirci vi do un assaggio degli Ottocento con un brano di DeAndrè

nella versione rimaneggiata dalla PFM. Buon ascolto.

Ottcento: http://www.youtube.com/watch?v=o4hlfIYOJUM

Altro indirizzo utile perchè citato (ma ce ne sono tanti altri, basta aggiungere al nome

del gruppo “originale” la parola “cover” e il gioco è fatto) è:

The Vipers: http://www.youtube.com/watch?v=iLMwv3UpoNs

 

 

 

 Popof                   12giugno2009

Un Commento a “COME EVOLVERANNO I NOSTRI GUSTI MUSICALI INVECCHIANDO? (scritto da Popof e inserito nel blog da Semplice)”

  1. lorenzo.RM scrive:

    Francesco, ho letto con attenzione il tuo articolo, che ho trovato bello, informato e appassionato. Ma non posso fare altro che congrutularmi perchè del genere non capisco una mazza. Tanti cari auguri.

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