Per gentile suggerimento di un amico di scoiattolina ci arrivano queste informazioni:
MILANO mostra a Palazzo Reale “MONET Il tempo delle ninfee” dal 30 aprile al 27 settembre 2009
Suggerisco anche un bel sito da consultare:
http://www.mostramonet.it/
e, nel caso poi foste i fortunati abitanti della città di Milano, avreste la gioia di poter andare a visitare la mostra, aperta fino al 27 settembre 2009
“Immaginiamoci oggi un letterato che abbia avuto l’idea di trattare venti volte, in maniere diverse, lo stesso tema e che abbia l’impressione di fare così qualcosa di profondo, di sottile, di grandioso, di originale, di impressionante, come le cinquanta Cattedrali e quaranta Ninfee di Monet”: così scrisse Marcel Proust, dopo aver visto nel 1909 da Durand-Ruel l’esordio dell’ultima «serie», le Ninfee, realizzate dal pittore tra il 1903 e il 1908.
Quella mostra, del settantenne pittore che era ormai riconosciuto come il maestro guida degli impressionisti dopo tanti travagli (fino al finto necrologio pubblicato nel 1880 su Le Gaulois dai compagni di gruppo), era l’apoteosi del grande giardino con il laghetto e il ponte «giapponese» intorno alla casa creato con passione in vent’anni dalle mani sue e dei figli.
Venti tele della stagione delle Ninfee dalla donazione Monet del 1968 al Museo Marmottan di Parigi approdano ora a Palazzo Reale accanto a due serie di 53 xilografie policrome di Hokusai e di Hiroshige del Museo Guimet di arti Asiatiche (si vedranno a rotazione per ragioni conservative), a cura di Claudia Beltramo Ceppi.
Claude Monet si stabilì a Giverny nel 1883 nella casa che avrebbe acquistato nel 1890, iniziandovi la sua «serie» dei Pioppi sulla riva della Senna, esposta nel 1891 a Parigi presso Durand-Ruel, alla quale sarebbe seguita dal 1892 quella della Cattedrale di Rouen. Testi di Monet campeggiano sui muri della mostra: «Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore».
«Mi ci è voluto molto tempo per comprendere le mie ninfee: le avevo piantate per il gusto di piantarle; e le ho coltivate senza pensare a dipingerle…Un paesaggio non vi impregna in un giorno soltanto…e poi, tutto a un tratto, ho avuto la rivelazione della magìa del mio stagno. Ho preso la mia tavolozza. Da allora non ho avuto altri modelli». «Ancora una volta ho intrapreso qualcosa di impossibile: acqua con erbe fluttuanti in basso…è meraviglioso guardarle, ma esasperante volerle rappresentare. D’altra parte, ho sempre affrontato cose come questa».
Nel quadro d’esordio, del 1887 (e dunque il taglio dell’immagine, già rivoluzionario, si riferisce alla Senna a Giverny e non alla stagno delle ninfee non ancora creato), una barca bianca, vista dall’alto a picco nell’angolo superiore destro della tela da un occhio-obbiettivo grandangolare (quarant’anni dopo sarà il cineocchio di Dziga Vertov), galleggia su una cupa massa gialloverde di erbe fluttuanti. È un perfetto esempio di anticipazione di quel «dissolvimento» informale della finestra spaziale di profondità prospettica di cultura occidentale sottolineato nel saggio di Marco Fagioli nel catalogo Giunti Arte.
Quel dissolvimento trionfa nelle Ninfee nel decennio di nascita della contestazione-ricostruzione spaziale cubista e con esso Monet fonda l’opposto volto alternativo del futuro pittorico del secolo. Fino all’espressionismo astratto e all’informale europeo. Molte tele della mostra evocano esplicite discendenze, da Sutherland a Schifano.
La rivoluzione nasce anche dalla riflessione di Monet, concettuale altrettanto quanto ottica, sull’incomparabile astrazione spaziale delle 221 xilografie policrome giapponesi di Hokusai e Hiroshige, che ancora oggi sono appese nella casa di Giverny, rappresentate in mostra da quelle del Museo Guimet in splendido stato.
Così la Barca del 1887 è simbolicamente affiancata dalla pura delicatissima astrazione spaziale bianca e azzurra del prototipo Ninfee. Effetto della sera, intorno al 1897, e dalla xilografia di Hokusai La grande giunca a Ushimori, una delle Trentasei vedute del monte Fuji.
Di sala in sala, nell’assoluta libertà della dissoluzione della superficie cromoluministica, con l’infinito caleidoscopio delle variazioni di pennellata, di materia, di luce, si susseguono nel tempo i temi dei salici, delle ninfee, dei riflessi sull’acqua dall’alba al tramonto, del ponte giapponese. Nell’ultima sala dei capolavori estremi degli Anni 20 distesi in orizzontale per 2,3 metri, l’occhio perde ogni nozione di alto e di basso, di acqua e di cielo.
Roberto 02 07 2009
Sono andata a vedere la Mostra “MONET-il tempo delle ninfee” a Milano. Non mi perdo nulla di tutto cio’ che è arte e ormai Palazzo Reale, Pinacoteca di Brera, Pinacoteca Ambrosiana, Museo del Castello a Milano li frequento come casa mia. Superfluo dire che anche questa Mostra, come tutte le precedenti, e’ superlativa. Monet e’ tra gli Impressionisti uno dei miei preferiti. Ma il dipinto in Mostra che piu’ mi ha colpito e’ stato “Il Glicine”, un quadro di tre metri di lunghezza per un metro di altezza, dipinto dall’artista all’età di 80 anni…..portentoso!!! Quello a cui tu fai riferimento, Antonio è forse “Donna con il parasole” ma non e’ in Mostra… peccato, cosi’ come i suoi meravigliosi papaveri.
Grandissimo Monet uno dei pochi tra i suoi grandi colleghi ad aver conosciuto la fama ancora da vivo.Splendide le ninfee. Il mio preferito è la signora in giardino.Un trionfo di bianco e di rosso su uno sfondo verde molto delicato.
Grazie Roberto un bel contributo.
Altro grande della pittura, non lo conoscevo(sono ignorante in materia), dopo aver letto il tuo servizio, ho incominciato a conoscerlo ed apprezzarlo, grazie Roberto!
Che incanto amici. Alzarsi di mattina presto e vedere e leggere questa meraviglia. Ancora grazie dal profondo del cuore.