Ho letto d’un fiato quest’articolo di Angelo Panebianco, scritto sul Corriere della Sera Magazine n. 37 del 17 settembre 2009, pag. 11.
Scrive Panebianco:
“Va di moda oggi la post-democrazia. .L’idea, che piace a molti intellettuali europei, è che la democrazia, nel mondo occidentale, sia ormai finita, che essa sia stata sostituita, o sia sul punto di essere sostituita, da qualche inedita forma di regime autoritario, ancorché “soft”, ossia portato a praticare più la manipolazione delle coscienze che la violenza aperta. Quali sarebbero le “prove” di questa mutazione politica? Le prove variano. C’è chi pone l’accento sul crescente divario di reddito fra ricchi e poveri. Chi sul deperimento della partecipazione politica. Chi sulla “videocrazia”. Chi sul ruolo di élites (corporations, banche, tecnoburocrazie) che avrebbero “svuotato” i poteri rappresentativi.
Dietro le tesi sulla post-democrazia si nascondono, per lo più, argomenti vecchi come il cucco. E’ inconsistente la tesi sulla distribuzione del reddito: se la maggioranza accetta la distribuzione del reddito vigente perché mai ciò dovrebbe significare che la democrazia è finita? Altrettanto inconsistente è l’argomento sul deperimento della partecipazione politica. Chi ne fa uso pensa che sia esistita un’epoca d’oro della partecipazione, un periodo nel quale i cittadini, dediti al bene comune, si occupavano, con continuità, delle faccende della polis. Inutile dire che una simile epoca non è mai esistita. Per esempio, ai tempi dei “partiti di massa” la cosiddetta “partecipazione” era più che altro una forma di inquadramento dall’alto da parte di élites partitiche. Era frutto delle condizioni sociali vigenti nel XIX e parte del XX secolo, quando operai e contadini venivano organizzati dai partiti. Oggi le persone dispongono di più risorse, culturali ed economiche: non hanno più voglia di farsi organizzare e inquadrare. E’ davvero un regresso?
Per non parlare poi delle tesi sulle élites occulte che avrebbero svuotato le istituzioni rappresentative (ne parlava già il sociologo Charles Wright Mills nel libro L’élite del potere, nel 1956) o di quelle sulla “manipolazione” da parte dei mass media (la denuncia dei “persuasori occulti” è anch’essa vecchissima). L’argomento della manipolazione non resiste a una obiezione: se siamo tutti manipolati dal potere avvolgente dei media, come mai i teorici della manipolazione sono gli unici a non essere manipolati? Se lo fossero, ovviamente, non potrebbero accorgersi della manipolazione.
La tesi (che rinvia a ideologie post-moderniste) della post-democrazia non regge. Chi la propugna ha idee sbagliate su ciò che è davvero la democrazia. Si tratta di una imperfettissima forma di governo in cui le élites competono per il consenso di cittadini-elettori, i quali ultimi sono dotati di un insieme di diritti di libertà (di cui possono fare l’uso che preferiscono). Essa non ci rende uguali, non azzera le disuguaglianze in termini di potere e di influenza. E’ una forma di governo il cui scopo è dirimere le controversie con il voto anziché con la violenza. E vi pare poco?
Certo, la “qualità” (comunque concepita e misurata) della democrazia varia da Paese occidentale a Paese occidentale. Ma allora è di qualità della democrazia che si deve parlare. Lasciando da parte le fumose elucubrazioni sul “post-questo” e sul “post-quello”.
Ho riportato per intero quanto afferma Panebianco perché mi sembra un modo utile per affrontare il dibattito, sempre più necessario, circa i caratteri veramente distintivi delle istituzioni e delle società in Paesi capitalisti avanzati. Convinto come sono che le cose non cambiano con le semplici esortazioni e non devono cambiare con le rivoluzioni, l’esame accurato del tipo di quello proposto mi pare il più opportuno.
Naturalmente le idee circa il modo di uscire dagli attuali impacci possono essere diverse. Ma abbiamo il dovere di essere chiari e onesti con noi stessi al fine di non farci trascinare in argomenti o idee senza costrutto e di non cedere a tentazioni di impossibili mutamenti palingenetici di tipo rivoluzionario che la gente “normale” non vuole.
Parliamone se vi va.
Lorenzo.rm 03/ 10/ 2009
Fiorio, che c’entra?
Hai ragione Franco. Sono proprio quelli che tu hai indicato i pericoli da evitare.
Scusa Lorenzo, ma la “partecipazione ” alla vita politica non è necessariamente un inquadramento di tipo squadristico o…comunista! Se abbiamo un bagaglio culturale ed economico maggiore rispetto al passato, dovremmo avere la capacità di una partecipazione più matura e chiara. Attenzione al qualunquismo strisciante! Attenzione all’autoritarismo blando dei leader plebiscitari! Altro che post-democrazia.
Avrete trovato l’articolo di Panebianco difficile o poco attraente. Me ne dispiace. E’ colpa mia non averlo “sciolto” di più. O forse gli articoli di apertura antigovernativi vi sono più accetti. Purtroppo quelli non sono capace di “cucinarveli” e di presentarveli “cotti e magnati” come dicono a Roma.
Grazie a te, amico Luciano. Sono d’accordo con tutto quanto dici.
Grazie Eldyna, il termine mi è scappato ma in politica qualche volta si usa. Volevo semplicemente dire che dalle rivoluzioni non nasce mai nulla di buono.
Lorenzo, L’ idea, che piace a molti intellettuali la post-democrazia, che vede i cittadini subordinati allo strapotere delle élite economica super parte, il loro estremo interesse e finanziare un conflitto, senza dover sposare nessuna causa e senza allearsi con nessuno dei contendenti, perché comunque vadano le cose, il profitto di pochi privati sarà l’unico vero vincitore finale. La presunta scomparsa delle classi politiche, che prima difendevano i lavoratori, ha assunto prospettive favorevoli al rafforzamento del potere dell’oligarchia. Il mio convincimento è che qualsiasi sistema sociale democratico, per reggersi ha bisogno del consenso, vasto, libero, e consapevole, che l’opinione pubblica esprime con il voto democratico, finché esiste questa regola guai a perderla, che per noi resta l’unica garanzia, a qualsiasi forma di dittatura. Un saluto.
agg. [pl. m. -ci] (lett.) di palingenesi, che riguarda una palingenesi: le componenti palingenetiche della filosofia stoica
§ palingeneticamente avv. attraverso una palingenesi.
PALINGENESI:Dal lat. tardo palingenesi°a(m), che è dal gr. palinghenesía ‘ritorno alla vita, rigenerazione’, comp. di pálin ‘di nuovo’ e ghénesis ‘nascita’.
s. f.
1 secondo talune concezioni religiose e filosofiche, la rinascita dell’uomo dopo la morte (palingenesi individuale) o la ricostituzione del mondo dopo la sua distruzione (palingenesi cosmica)
2 (estens. lett.) rinnovamento profondo; rigenerazione, rinascita
3 (geol.) formazione di magmi secondari in seguito a fusione di rocce eruttive.
Fonti:
Dizionario garzanti
significato della parola “palingenetici”, sicuramente sconosciuta a diversi utenti , me compresa.