Con un po’di ritardo inserisco un articolo del “Sole 24 ore” proposto da Marc52. Mi scuso con lui e con gli eldyani per il ritardo, non ero in sede e non ho avuto accesso al computer. Fortunatamente l’articolo è sempre attuale.


Cari amici/che di eldy vi propongo una interessante analisi della Nazione/Continente Cina Un regime che il 1° ottobre 2009 ha festeggito il suo 60° anniversario un articolo estrapolato dal Sole 24 Ore on line, articolo di Paolo Migliavacca.
Leggiamolo, è facciamo le nostre considerazioni!

CHINA-ANNIVERSARY PEK01cina-3In un’epoca che “brucia” con inesorabile rapidità tutti i sogni di trasmissione secolare del potere – dal II e III Reich tedeschi al comunismo sovietico, dai fascismi italiano e spagnolo fino alla dinastia iraniana dei Palhevi – giungere a celebrare il proprio 60° compleanno costituisce già un successo rilevante per qualsiasi regime. Ancor più giustificata appare dunque la soddisfazione del festeggiato se al traguardo ci arriva, in apparenza, ancora in piena salute e non in fase di declino. È il caso del regime comunista cinese, che il prossimo 1° ottobre celebra sei decenni di controllo assoluto sul paese-continente: esso può infatti guardare con legittimo compiacimento, al di là della propria auto-perpetuazione, ad alcuni dei risultati conseguiti. La crescita economica è finalmente galoppante e si è fatta concreta la prospettiva di migliori condizioni di vita per tutti i suoi 1.340 milioni di abitanti, dopo i primi decenni d’incerta (e spesso disastrosa) gestione all’insegna del più dogmatico fanatismo ideologico, dal rovinoso “grande balzo in avanti” alle fallimentari “comuni popolari” che causarono diversi milioni di morti per fame.

mappa_cina_piccolaLa Cina proietta la sua potenza su scala realmente planetaria, tanto da indurre molti politologi occidentali a parlare di questo come del “secolo cinese”, mentre negli anni 50 e 60 il Paese visse nel costante incubo di un devastante attacco atomico americano e, nel decennio successivo, sovietico. La supremazia strategica a livello asiatico è sempre più evidente, sempre più a fatica contrastata da India e Giappone, e fa di Pechino l’arbitro assoluto delle grandi scelte continentali. Infine, la capacità tecnologica cinese sta rapidamente crescendo in molti settori, dall’elettronica di consumo all’aerospaziale, dal nucleare civile alle energie rinnovabili, cosa che assicura un futuro brillante all’apparato produttivo, fino a pochi anni fa abituato a competere con l’Occidente solo grazie a un costo del lavoro pressochè nullo.muraglia
Dunque, successi su tutta la linea per la Cina popolare, il solo Paese al mondo, con il Vietnam, ad aver perpetuato (almeno sulla carta) il comunismo? In realtà, il governo di Pechino si appresta a celebrare 60 anni di un regime che ha sì moltiplicato la ricchezza dei suoi cittadini, ma al prezzo del completo abbandono, tacito ma evidente, delle sue velleità di creare l’ “uomo nuovo” comunista, radicalmente diverso dai “decadenti” modelli precedenti ma anche da quelli proposti da altre “vie nazionali” al socialismo.
Dell’originaria carica egualitaria, collettivista e partecipativa (i concetti-base intorno a cui si è coagulato il marxismo-leninismo) il regime cinese conserva solo delle stereotipate parole d’ordine. Il partito comunista nominalmente regna ancora incontrastato sull’immenso paese: è il solo detentore del potere, accentra nelle sue mani l’intero apparato decisionale e di sicurezza, monopolizza il sistema di rappresentanza politica, organizza un consenso sociale totalitario, vigila con spietata intransigenza sull’integrità territoriale, minacciata da vari secessionismi. Ma, cosa inaudita, tutto ciò ormai si regge soltanto su un enorme apparato ideologico di facciata, un colossale Moloc di cartapesta che, dietro all’immutato ritualismo, nasconde un vuoto pneumatico.
In nome di un realismo politico assoluto, il Pcc, ha scambiato la conservazione formale del potere con il totale sacrificio dei propri ideali originari. Un militante comunista che il 1° ottobre del 1949, assistendo alla nascita del regime, infiammato d’entusiasmo per i propositi manifestati da un movimento marxista, si fosse iscritto al partito, oggi non riconoscerebbe più in nulla il proprio partito-stato. Il comunismo cinese risulta infatti completamente straniato, nella sua ortodossia dottrinaria e nella sua prassi d’azione, da una serie infinita di compromessi e di adattamenti alle mutevoli realtà socio-economiche internazionali e interne fatte proprie in nome del realismo. Intendiamoci, sulla spinta della mai sopita influenza millenaria del confucianesimo, l’abbandono sostanziale del marxismo-leninismo e dei suoi grandi dogmi. (collettivizzazione delle terre, rigida pianificazione centralizzata dell’economia, lotta di classe permanente sul fronte interno e contro l’imperialismo mondiale su quello estero)
ha permesso di assimilare quanto di buono e utile il pensiero capitalistico ha generato alla fine del secolo scorso, a partire dalla globalizzazione, di cui la Cina è diventata certamente la maggiore beneficata del pianeta.chinala-cina-compie-60-anni
il risultato di questo trentennio di paradossale “capital-comunismo”, quindi, è stata la produzione di una serie di “mostri” ideologico-sociali che stanno orientando il paese verso una massa di ricchi che propugnano sempre …il socialismo. La tessera del partito (quasi 76 milioni gli iscritti, 17 volte di più che sessant’anni fa) è sempre una necessità imprescindibile di carriera e a detenerla sono ormai anche centinaia di miliardari in dollari che, secondo la rivista americana “Forbes”, sono i più numerosi al mondo dopo gli statunitensi. Non meno di 50 milioni d’imprenditori privati (3 milioni dei quali iscritti al Pcc) producono ormai il 70% della ricchezza nazionale e il restante 30% di economia collettiva appare destinato a un inesorabile declino, considerato che le residue imprese del settore appaiono tutte tecnologicamente e gestionalmente decotte.

L’imponente sfilata che il 1° ottobre celebrerà la rinascita del “paese di mezzo” darà la misura della…lunga marcia compiuta dalla Cina in questi 60 anni. La folla, come nel 1949, sarà ancora formata da centinaia di migliaia di persone, ma quanto lontane da quelle poverissime che si accalcavano curiose e piene di entusiasmo nel 1949! Questa sarà una folla tutta griffata, dotata dei migliori gadget elettronici per immortalare la cerimonia e lieta di esibire un’automobile di proprietà. Mentre le centinaia di Vip che si accalcheranno sulle tribune scenderanno probabilmente da una teoria di Rolls-Royce, Bentley o Mercedes limousine salutando con il pugno chiuso.

7 Commenti a “Cina: Il capital-comunismo (proposto da marc52 inserito da paolacon)”

  1. antonio.li scrive:

    Ci vorrà tempo giulio è un paese immenso e non è facile governarlo.Ma sta facendo passi da gigante.

  2. Giulio Salvatori scrive:

    Marc. Da noi c’è un vecchio saggio che dice: Non metterti il vestito bello se , sotto, la biancheria è sporca. Tutto il mondo, soprattutto il mondo economico, guarda con attenzione e, interesse, soprattutto con interesse,la Cina. Una grande Nazione, un Grande Popolo che ha fatto passi da gigante verso il prograsso.Bisogna sperare che non sia solamente il vestito bello…Grazie Marc, T stimo veramente.

  3. luciano3.RM scrive:

    Marc. Ci sarà un’uscita di sicurezza dalla dittatura comunista per il popolo cinese? Spero di sì. Mi fermo qui, tante cose vorrei scrivere, rifletto e penso che sia meglio così, posso non essere in linea con chi pretende di avere la verità assoluta, e il prezzo è la possibilità di non mantenere rapporti civili. Il tuo servizio come sempre è interessante e stimola molto da riflettere. Un saluto

  4. lorenzo.rm scrive:

    Paola, preso nota immediatamente dei libri. Grazie e brava.

  5. paolacon scrive:

    Non faccio un commento all’articolo, visto che l’ho inserito proprio io, ma vorrei, per chi è interessato all’argomento, consigliare due libri di Federico Rampini che ho trovato molto interessanti e esaurienti; se non li conoscete già.

    Uno è “Il secolo cinese. Storie di uomini, città e denaro” e l’altro “L’ Impero di Cindia. Cina, India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi e mezzo di persone” (tutti e due mondadori)
    Per chi ne vuole sapere di più e desidera approfondire sono due libri molto stimolanti.
    “Il secolo cinese” ci propone la Cina con storie di vita quotidiana, descrizioni di città come Shanghai, Hong Kong, Hangzhou e Pechino ma non dimentica i villaggi dei contadini ai margini del medioevo, né le opere di ingegneria di una modernità impensabile. È un resoconto completo e ci porta ad incontrare anche i capitalisti-comunisti più ricchi del mondo, ci mostra la nuova superpotenza.
    Federico Rampini nel suo libro “L’impero di Cindia” ci parla dei tre miliardi e mezzo di persone che popolano l’India e la Cina e che sono giovani più di noi, e anche più di noi lavorano e studiano.
    E guadagnano uno stipendio con uno zero in meno rispetto a noi. Cina più India uguale Cindia il dragone e l’elefante e qui si decide il futuro di tutta l’umanità. Quello che Rampini sottolinea è anche la differenza fondamentale tra Cina e India: la prima il modello più imponente di stato autoritario, ma funzionale e proiettato verso il moderno; la seconda è la democrazia più vasta al mondo ed è l’esempio del pluralismo e della tolleranza più ampio che ci sia al mondo.

  6. Antonio.li scrive:

    Bello l’articolo, bella l’analisi. Il 2000 ci mostra la realtà del mondo che sta cambiando rapidamente.
    Queste sono le realtà che dobbiamo capire e alle quali ci dibbiamo abituare.Cina India Brasile oggi e domani Africa dopodomani.L’europa è un continente vecchio che dovra adeguarsi a questa realtà.Credo che la soluzione sia veramente la creazione di quegli stati uniti d’Europa che si erano sognati anni fa e che per fortuna con l’adesione dell’irlanda stanno sempre più diventando una realtà.Auguriamocelo.Altro che nazionalismi senza senso.
    un saluto

  7. lorenzo.rm scrive:

    Grazie Marc, ci hai reso un buon servizio facendoci toccare con mano la realtà della grande Cina. Come opportunamente finisce l’articolo, alle imponenti sfilate si mostrerà sempre il pugno chiuso ma non ci saranno i veri comunisti, gli uomini nuovi preconizzati dalla dottrina. Ma questo non sarebbe un guaio. Le lezioni della storia dimostrano che molto spesso i buoni propositi di grandi maestri o di grandi rivoluzionari non vengono realizzati. Il problema non è dunque questo. Il capital-comunismo potrebbe offrire una ricetta originale. Ovviamente, assicurando le conquiste della democrazia, per ora assai carente.

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