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Un gruppetto di donne, alcune sedute su delle seggiole basse, altre accovacciate sopra sacchi di iuta, altre ancora  sul muretto di cinta della piazzuola, formano un cerchio attorno ad un grosso mucchio di lana di pecora. Per ripararsi dalla polvere hanno fissato con uno spillone il fazzoletto dietro la testa per raccogliere i capelli, e un lungo pannello legato alla vita. Gli unici uomini che osservano il lavoro, Marcello dell’Angiò ed io.
La giornata è bella e un sole tiepido invita a sederti. Marcello sospettoso mi osserva poi rivolto alle donne dice: – State sicure che fra qualche giorno siete sul giornale- Scuoto le spalle in segno di indifferenza, ma ho già scattato diverse foto e vedo già l’articolo:- Usi e costumi che spariscono-
Le mani delle donne allargano con destrezza la lana aggrovigliata, la più esperta è l’Orietta che impartisce ordini alle più giovani. Con tono pacato dice: -La lana, non si deve strappare, ma s’allarga per benino, così, vedi? Altrimenti i materassi diventano duri e nodosi. E te Giulietto, senza stare con le mani in mano potevi anche dare una mano e pestare su quel ciocco di legno la lana più aggrovigliata.
Mentre il lavoro va avanti le chiacchiere delle donne si intrecciano, il dialogo si aggroviglia, non ha un filo conduttore, ma ognuna dice la sua: non è facile seguire i racconti. La lana lavorata aumenta notevolmente di volume. Alcune di loro passano alla cardatura, (un grosso pettine chiodato), altre hanno già inforcato la rocca e il filo di lana si avvolge al fuso. Un guindolo gira impazzito formando le prime matasse di lana grigia, alcuni gomitoli sono già depositati in un cesto.
Un pulviscolo bianco rotea nell’aria illuminato dal sole, cambia colore, si dissolve portato via dalla brezza, ricade lento posandosi  sugli abiti delle donne. Le ciocche dei capelli che spuntano dai fazzoletti, assumono un colore grigiastro ovattato e morbido. Le sopracciglia si gonfiano, si allungano, cambiano i lineamenti delle facce: un rimbalzare di starnuti si unisce ai dialoghi. L’Orietta tiene allegre le donne.
– Ieri sera ho mangiato la peperonata, ma mi sono rimprillata tutta la sera nel letto, ho pregato anche per l’anime del Purgatorio, avevo il foco in gola, che nottata,-
– Io,mi son sognata tutta la notte mio marito,- dice l’Angiò- ho avuto anche paura, mi sembrava di riaverlo nel letto, sarà meglio che gli faccia dire una messa, non sono ancora pronta per i cipressi-
La Palma la tranquillizza: – dormite tranquille donne, non è mai ritornato nessuno.
Le più sono vedove, io e Marcello ci tocchiamo in un punto che non posso dire.

La fodera di un materasso attende sopra un tavolo di essere riempita di lana. L’Orietta con un grosso ago infilzato con dello spago, fissa i punti e piano piano prende forma un morbido materasso.

Il lavoro volge al termine: I muri delle case  racchiudono la scenografia di un teatro popolare, dove emerge l’intimità di un paese e la rispettosa amicizia tra donne giovani e anziane. Un sistema di vivere che per ora, il progresso non è riuscito a cancellare.

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Giulio.lu       22 ottobre 2009

15 Commenti a “Lana (scritto da giulio.lu, inserito da paolacon)”

  1. antonio.li scrive:

    Hai ragione Giulio siamo sempre stati pochi.Ma forse è meglio cosi.Te lo immagini che brutto se tutti fossero ganzi come noi?

  2. Giulio Salvatori scrive:

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    Infatti, Antonio, Ho consigliato la lettura del libro di Qurzio Malaparte, senti in un passo cosa scriveva:- Sarebbe una fortuna se in Italia ci fossero più toscani …- n.1898 m.1957

    E certo che il Vernacoliere è una dolce bomba.

  3. antonio.li scrive:

    Addio Guido ora c’è anche chi fa dei toscani due categorie! E hai avuto fortuna perchè ti hanno messo nella categoria de’ boni.Io credo che sia molto difficile comprendere la mentalità che questa regione ci ha incollato addosso. Come del resto per noi è difficile capire le mentalità degli abitanti delle varie regioni.Sai meglio di me che un Vernacoliere non avrebbe potuto nascere a Roma o a Milano.Nè che un Fattori non avrebbe potuto essere piemontese.Restiamo forse non “maledetti” ma sempre Toscanacci per gli altri.Ma facciamo nostri i versi di dante “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”

  4. Giulio Salvatori scrive:

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    Per Lorenzo rm. Non c’è una logica Lorenzo, mi venne in mente questo none, questo Nik come dite Voi, da quando sono entrato nel “recinto” di Eldy. -maledetto toscano- riferendomi al titolo del libro di Curzio Malaparte:Maledetti toscani.Sai anche lui per tanto tempo dimorò a Forte dei Marmi, e poi , se vai su internet, trovi tutta la biografia di questo personaggio.No! Non mi sento maledetto.Vengo da una famiglia di gente che ha lavorato duramente:mio padre era cavatore,mia madre casalinga, ti puoi immaginare.Ho dedicato la mia gioventù al Volontariato…Io so, cosa vuol dire -pane e companatico-so cosa vuol dire :sacrificio, privazioni e lungo sarebbe l’elenco.
    Quando dico che: il sudore e i calli nelle mani, sono una buona terapia che aiuta-aiuterebbe a CRESCERE alcuni ragazzi e anche i genitori, sono convinto.Ho un pò divagato, ma anche questo serve per conoscerci/mi.

  5. lorenzo.rm scrive:

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    Giulio, spiegami perché ti ostini a definirti “un maledetto toscano”. Sei una persona gradevole e simpatica, come tutti i toscani buoni (che sono tanti).

  6. Giulio Salvatori scrive:

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    Tittati, Manuela 11, troppo buone. Grazie veramente.
    PS: Non dimenticare Mai, che dietro colui che scrive , ci sono i GIORNALAI, che con il loro gusto impreziosiscono il testo con foto adeguate. Grazie Paola.rm. Anche i -maledetti toscani- hanno un cuore; piccolo, piccolo ma ce l’hanno.

  7. manuela 11.vi scrive:

    Che bella scena di vita passata! Leggendo questo scritto sembra di esserci dentro. Scrivine ancora Giulio, ci farai solo piacere!

  8. tittati scrive:

    Giulio, leggere il tuo scritto mi ha riportato nel passato, quanti ricordi e quanta nostalgia…..! Che bel quadro hai saputo dipingere con le parole! Quante volte da bambina ho visto questa scena! Solo che al posto di Orietta c’era Zì Mariuccia che, per filare la lana si metteva seduta sui gradini della sua casa, proprio come la “vecchierella” del “Sabato del villaggio”! Grazie, maledetto toscano, mi hai scaldato il cuore!!!

  9. Giulio Salvatori scrive:

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    Ho preso visione ora alle h.20.50, dei Vs Commenti, oggi sono stato fuori presidio. Caspita !Ci date con gli elogi, ma siete sicuri che me li merito?Inutile nascondere che mi fanno immensamente piacere, sarei sciocco se dicessi il contrario.Avrete notato che ho usato uno scrivere semplice, altrimenti avrei falsato la genuinità dei personaggi. Eppoi, perchè si devono usare parole che per capirle bisogna ricorrere al dizionario?Grazie di cuore Amiche e Amici per avermi letto.

  10. luciano3.RM scrive:

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    Giulio, Interessante il tuo scritto e soprattutto lo racconti con allegria. Quanti anni sono passati da quando si usava il materasso di lana, erano disfatti e rifatti almeno ogni due anni, i tempi cambiano e anche certe usanze, sarà colpa della modernità? Ho nostalgia del materasso di lana oggi non sono più di moda, ma io ci dormivo molto bene. Un saluto

  11. lieve scrive:

    Caaaspita giulio! sei proprio bravo… leggevo e mi sembrava di essere li’ con la Palma, l’orietta e tutte..Grazie! mi hai fatto vivere uno spaccatro d’italia che nn c’è piu’….

  12. antonio.li scrive:

    Giulio sei un ganzo. Buon sangue non mente .L’ho viste fare anch’io quelle cose ma non sarei bravo come te a raccontarle.
    Sono squarci di vita come le castagnate, il ritorno dalla caccia, il ritorno dalla pesca, con tutti i commenti e con le battutacce e le risate a non finire davanti a un bel fiasco di vino.Bravo!
    Ora mi prende l’invidia dovrò scrivere anch’io qualcosa sulla nostra toscana.

  13. rosaria3.na scrive:

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    Giulio, come già asserisce Alba, quanti ricordi!!!! Ricordo quando arrivava il momento di “rifare” i materassi di lana. Noi tutti ragazzi eravamo impegnati in questo compito, io esaurivo in fretta la mia porzione di lana da “allargare” (così si diceva qua)perchè mi annoiavo (tutte le cose metodiche e ripetitive mi hanno sempre annoiata, tuttora)e mia madre sistematicamente mi diceva che non era stata fatta bene, facendomi, il + delle volte, rifare il lavoro. La fase successiva era l’arrivo del “materassaio” (colui che rimetteva la lana nelle fodere e con un ago grandissimo formava la “trapunta” con tanti minuscoli fiocchetti. Mi piaceva molto osservare, mi affascinava vedere quelle mani così abili che si muovevano ritmicamente…e che bello la sera quando ti coricavi sul materasso pulito e soffice!!!!! Sono ricordi legati alla nostra fanciulezza, e forse perciò tanto cari. Grazie Giulio x questo spaccato di vita passato e chiedo scusa se mi sono lasciata andare, in maniera forse prolissa, ai ricordi.

  14. lorenzo.rm scrive:

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    Alba, è senza dubbio meglio oggi ma i ricordi hanno semre un fascino in più e sono rivissuti in un’atmosfera gradevole ed ovattata come in un sogno. Poi ovviamente i sogni devono essere raccontati bene. E a questo pensa Giulio, con un testo nitido, accurato, semplice ma preciso nei minimi particolari. E anche con una punta d’ironia che testimonia la sua bella natura di toscanaccio buono (ce ne sono, ce ne sono, e tanti). Che ne dite di quella frase. “…dormite tranquille donne, (dal luogo dei cipressi) non è mai ritornato nessuno …(e) io e Marcello ci tocchiamo in un punto che non posso dire”? Nel particolare si coglie la vera bravura ed il toscanaccio Giulio è davvero bravo.

  15. alba morsilli scrive:

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    giulio mi haifatto rivivere momenti che nella mia memoria si erano cancellati grazie per il ripasso
    non so se era meglio prima o ora, ma la nostalgia non manca

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