Una Famiglia Apparentemente Unita (storia di vita di Giuseppe amico mio)
Quando ti sei allontanata, non potevi ferire cosi’ violentemente come hai saputo fare con quelle parole cariche di odio e di rancore, hai saputo sprigionare tanto, quanto ne avevi accumulato nel tuo cuore, in tutti questi anni di finto amore. L’avermi abbandonato non ti è bastato, hai voluto caricare la dose ancor di più, dicendomi: “Non ti preoccupare più di tanto… è inutile che tu l’ho faccia… non ti sentire in obbligo verso di loro… incomincia a fartene una ragione… vai tranquillo senza pensare… tanto non sei tu il padre”. Mi sentìi gelare il sangue, non sapevo più cosa dire, rimasi pietrificato, in quel momento la mia mente andò in confusione, caddi in un pianto disperato, il cuore batteva a mille all’ora.
Qualche dubbio, veramente, mi era apparso in questi anni di apparente tranquilla vita coniugale, ma mai, avrei potuto pensare che si trattava di questo, tante volte mi sono chiesto: sarà un momento, un periodo particolare, la stanchezza, il lavoro che in quell’epoca ti portavano fuori di casa anche di notte, ma, mai sarei arrivato a pensare tutto questo,
Tu, meschina che più si voglia, hai tagliato la corda, hai approfittato dell’occasione per non subire qualche ritorsione. Sei scappata e hai fatto bene, perché se mi fossi ripreso in tempo, ti avrei uccisa con le mie stesse mani,.
Forse, devo dirti pure grazie, che sei scappata via in quel momento, se avessi avuto l’occasione di portare a termine i miei bellicosi propositi, chissà, poi, come sarebbe stata la mia vita.
Eppure, in quel momento (forse non ci crederete) ho pensato alla bambine; volevo loro bene cosi’ tanto, le avevo cresciute con tanto amore, come un padre cresce le sue creature.
Amore, affetto, rispetto e con tanti sacrifici, fatti veramente con trasporto, in quel momento mi sono venuti alla mente.
Sì! Volevo loro bene veramente.
Oggi che mi ritrovo qui a raccontare, in tutta sincerità posso affermare che gli voglio tanto bene e che non m’importa niente se non son figlie mie di sangue, ma sono d’amore, perché in loro ho riposto il mio futuro, il mio grande scopo di vita. Non mi importa di chi son figlie e, non certo lo vorrei sapere, voi, siete solo mie, portate pure il mio cognome. Davanti alla gente e alla legge non c’è niente da dire e poi, siete mie nel cuore, nel mio grande amore.
Per tanti anni non ho avuto notizie, continuando a crescere la piccolina con l’affetto da vero padre, come avevo fatto sempre,
Lei, capita la situazione, non mi ha mai chiesto niente, ma ha continuato a volermi bene come se nulla fosse successo,
La grandicella, che rispecchiava il carattere della madre, alla prima nota stonata prese la palla al balzo e scappò da casa, andando a vivere con lei, forse non aspettava altro da tanto tempo, infatti, non ha esitato più di tanto a seguirla, condividendo la sua vita.
Non ho più saputo niente per tanto tempo, intanto gli anni passavano,la piccolina cresceva così bene, con grande predisposizione allo studio, tanto da essere continuamente elogiata dalle compagne di scuole e dalle insegnanti ,
Tutti gli anni tornavamo in Calabria, nella mia terra natia, tra i miei amici d’infanzia, era un rituale, mai detto, mai scritto, ma era come un appuntamento da mantenere.
Tutte le volte era una gran festa ritrovarci, un p’ abbacchiati, ma sempre carichi di rispetto e di affetto, si rideva si scherzava, si faceva tardi la sera come ai vecchi tempi,
Ma ahimè, sempre con qualche pena nel cuore.
Gli anni sono passati così in fretta, portando con loro la parte migliore di noi.
Ognuno di noi aveva la sua storia triste da raccontare ed io avevo un grande dolore da sopportare.
Un bel giorno, preso dallo sconforto, il mio cuore diventò così piccolo, non ne poté più e raccontai la mia triste storia al mio più grande amico.
Avevo voglia di scaricarmi, non ce la facevo più a restare con quel gozzo in gola.
Fu una sorta di liberazione, tanto che mia figlia, ancora una volta capì la situazione e mi abbracciò, piangendo con me.
Un bel giorno, uno squillo di telefono interruppe il bel periodo di pace che stavamo vivendo: era la grande, voleva la sorella per dirgli che la mamma era ricoverata presso l’ospedale di Milano, reparto oncologia e che voleva vederla, aveva un carcinoma alla testa e gli avevano dato pochi giorni di vita. Ci siamo subito precipitati, non ho esitato un attimo, presi la macchina e in un baleno siamo arrivati lì.
Una scena straziante, che non è neanche il caso di raccontare, c’erano i suoi genitori venuti dalla Calabria, qualche amico comune e naturalmente la grande, che stentai a riconoscere dopo tanto tempo che non la vedevo, sciupata in viso, dimagrita a vista d’occhio, evidentemente doveva aver assistito la madre per tutto il suo periodo di degenza e l’aveva segnata tanto.
Purtroppo, le previsioni dei medici erano esatte, nello spazio di pochi giorni è successo tutto, ritrovandomi in una situazione alquanto strana: se riprendermi anche la grande in casa o restare solo con mia figlia. Dentro di me volevo prendere anche lei, in fondo era mia figlia, l’ho sempre sentita tale ma non sapevo come dirglielo.
È stata lei che ha affrontato l’argomento a distanza di pochi giorni dalla scomparsa di sua madre. “Papà ti devo parlare: so che tu vorresti tenermi con te… te lo leggo negli occhi… so che mi hai sempre voluto bene, io non merito il tuo affetto, nel momento peggiore per te, ti ho egoisticamente abbandonato, la cose più giusta sarebbe stata che fossi rimasta con te aiutandoti a crescere la piccolina che aveva tanto bisogno, adesso mi sembra giusto che io continui la mia vita da sola, che io paghi per i miei peccati, sappi che ti ho voluto tanto bene e che te ne vorrò sempre. Quello che tu hai fatto per noi non ha prezzo, basta vedere come hai continuato a fare con la piccola, come ti sei dedicato, non facendole mancare proprio niente che, pur avendo vissuto una brutta storia, grazie a te, è venuta fuori nel migliore dei modi, mentre io, quando ho fatto la scelta mi sono condannata con le mie stesse mani, non vorrei essere nuovamente la pecora nera della famiglia, per cui preferisco andare per la mia strada, vi porterò sempre nel cuore. Addio”.
Naturalmente, adesso chiunque di voi si sarebbe aspettato un finale da vissero felice e contenti finché diventato nonno badavo ai nipotini, ma purtroppo, sembra che i destini delle volte s’incrociano, non è passato tanto tempo che anche lui muore, un infarto gli tronca la vita all’età di 55 ANNI (IRONIA DELLA SORTE)
UNA STORIA VERA, RACCONTATA DAL SUO PIU’ GRANDE AMICO, qualche episodio naturalmente colorito, per la narrazione della storia, ma che non trasforma in nessun modo la cruda verità.
Domenico.rc 08 12 2009-12-09
Storia patetica e strappalacrime come ce ne sono a migliaia in questo mondo, ma questa volta è stato l’uomo a dover ingoiare l’amaro boccone, solitamente è il contrario ma nulla cambierebbe.
Cio’ che mi sorprende è come siamo tutti facilmente propensi a credere che esista un’entità “castigacattivi”. Il “tutti vissero felici e contenti” non è stato materialmente scritto ma tanti hanno tirato un profondo sospiro di sollievo quando, al termine della vicenda, la “perfida” è defunta e la figlia “peccatrice” se n’e’ andata raminga e disperata per il mondo in cerca di una pace che mai troverà.
Signori, io vedo solo un’ennesima tristissima storia di sofferenza che coinvolge tutti i componenti di una famiglia e mi guardo bene dallo schierarmi con gli uni o con gli altri.
m’è piaciuto molto domenico la tua espressione violentare persone di corretti sentimenti succede spessissimo purtroppo non saper cogliere il bene che c’è in dette persone e calpestarlo oltretutto
Commenti abilitati Alba che dirti ,mi sei piaciuta, sai che hai fatto una considerazione che ,credimi ,io non c’ero arrivato, forse l’essere emotivamente coinvolto ,non mi ha fatto soffermare a rifletere su quello che tu, graziosamente, mi hai fatto notare,vero sai l’odio ,il rancore ,la mancanza di stima verso quella persona ,( tra l’altro era stata pure lei una mia amica ,avevamo diviso tanti momenti belli giù in Calabria ,addirittura “nel mio mare”) che, alla luce di ciò che era successo ,nn riuscivo piu’ ad avere nessun pensiero verso di lei ,il mio cuore, il mio affetto erano rivolti verso il mio amico, che, ha avuto il solo torto di essersi innamorato di una persona nn degna, non meritevole di una persona cosi’buona sensibile ,umana di sani principi e sentimenti ,purtroppo ,pero,’ nelle mani di chi ha saputo violentare tali virtu’,Come hai detto tu,Il Signore è grande, ecco forse per questo l’ha chiamato a se, per mettere fine alla sua, ormai, compiuta missione,e alle sofferrenze che in certe situazioni di vita si devono pagare grazie Alba
domenico il tuo scritto messo di proposito è il preseguimento di come le famiglie si sfasciano un tutto c’è sempre una vittima
ma Dio non paga al sabato lei ha pagato con il rimorso dell’abbandono e della cattiveria
la figlia maggiore non ha avuto il coraggio delle sue azioni pur riconoscendo il padre un galatuomo
lui poverino dopo un destino infame ma aveva completato la sua opera era ora del riposo eterno
ve dico na familia unita lui lavora italiano lei benefattrice brasileira figlio bianco preso a madre malata gravemente eh scordavo madre de lui scaricata su sorella co fam difficoltosa lei ha pure donna de servizio fa palestra, cene fuori perchè fa già troppo bene. queste so le moderne famiglie unite? a mare scusate me so sfogata un po’ liola
Domenico, che brutta (ma anche bella)storia.