MIEI CARI NIPOTI

nonno-e-nipote1Brindisi, 19 maggio 2009
La recente postazione, da parte di un’amica Eldyana, del lavoro riguardante l’alimentazione degli anziani, intitolato “nonni e nipoti”, mi ha fatto venire in mente quanto ho scritto ai miei nipotini il giorno del recente Natale. Ve lo ripropongo in quanto, investendo la sfera dei rapporti affettivi tra nonni e nipoti, che io noto affievolirsi sempre di più e, temo, si spegneranno molto presto, ritengo utile, da parte degli Eldyani, approfondire con una profonda riflessione, non disgiunta, a mio avviso, da qualche preoccupazione. Eccovi la “lettera”:

Miei cari nipoti,
le belle usanze hanno sempre voluto che il giorno di Natale i bambini facessero trovare al rispettivo genitore e/o al nonno, (quest’ultimo quando c’era), la letterina per Gesù Bambino, con un bilancio delle “cattive” azioni di un anno, la contestuale promessa a comportarsi bene per il futuro e l’invocazione dell’ intervento divino a protezione dei propri cari. Il tutto finalizzato anche, con amabile ingenuità, all’obiettivo di ricevere un dono, ben meritato, per la notte dell’ Epifania, attestando, nel contempo, affetto e gratitudine ai propri familiari. Io personalmente, da figlio, mi sono comportato in tal senso nei confronti di mio padre e dei nonni. Come padre, poi, le ho ricevute dai miei figli fino alla loro adolescenza e, come nonno, da qualcuno dei nipoti,  soltanto per qualche anno. Inutile stare a descrivervi la gioia, per tutti, per questo atto, all’apparenza semplice ma in realtà ricco di significati. Se non si è stati padri non si può capirne appieno il valore.
Oggi, il rito delle grandi tavolate di famiglia per il giorno di Natale, tutti riuniti intorno a quello che era considerato “il patriarca” (il nonno paterno) si fa sempre più tenue.
I tempi, ahimè, sono mutati e, tranne qualche raro caso, che conferma la regola, non mi pare esserci più questo bel rito che ci ha accompagnato, di generazione in generazione, per secoli. Forse la cosiddetta “globalizzazione” ha dato il colpo di grazia anche a questa bell’usanza, affossandola. Mi sto accorgendo che non esiste più il ruolo romantico dei figli bambini, così come non esiste più il ruolo determinato del papà che, felicemente, stava al gioco. E non esiste più, ahimè, neanche il ruolo del nonno, la cui personalità, una volta centrale nella famiglia, è stata ormai mortificata e relegata al ruolo di “male necessario”, non più visto come dispensatore di saggezza e buoni consigli per tutti, di guida per l’intera famiglia, bensì di vecchio da sopportare, a volte – lo dico,
questo, quale critica negativa alle condizioni sociali che oggi regolano il Paese -, perché è utile la sua pensione.
Ed allora io oggi, che non accetto il ruolo che altri  hanno scelto per me, protesto vivamente e sovverto i ruoli, facendo trovare questo mio scritto sotto il piatto dei nipotini,  soltanto uno dei quali ancora in età da letterina che, mi auguro, l’abbia, a sua volta, preparato per il suo papà.
Alla mia età, anzi, alla nostra – parlo anche per la nonna e per tutti i nonni del mondo –, si vive molto di ricordi, di buoni ricordi. E’ un fatto fisiologicamente irreversibile. In occasioni come questa,  tornano alla mente i nostri trascorsi di bambini, coi nostri nonni; di bambini poveri ma felici.
Io conservo il ricordo dei miei nonni per quello che mi hanno insegnato. Cosa mi hanno insegnato? Quello che io avrei voluto insegnare ai miei nipotini e che ho tentato, spero riuscendoci, di insegnare ai miei figli con l’esempio ed i comportamenti. Mi hanno insegnato a fare sempre, comunque, dovunque il mio dovere perché il dovere ben svolto forgia il carattere. Non importa se questo dovere non viene riconosciuto o riconosciuto come merita. Le battaglie, diceva Guglielmo d’ Orange, si combattono anche se non si è sicuri di vincerle. Si combattono perché le crediamo giuste e questo basta a giustificare il nostro impegno.
Un altro insegnamento è stato quello di non cercare mai scorciatoie, che spesso portano fuori strada. Le difficoltà che tutti, prima o poi, ci troviamo ad affrontare sono il sale della vita. “Senza le avversità diceva il filosofo Seneca la virtù marcisce”.
Mi hanno insegnato, ancora, a non perdermi d’animo, anche quando tutto intorno a noi sembra compromesso. A puntare sempre al meglio e non abbassare mai la testa e la guardia. Non scendere ad ingannevoli compromessi che, lì per lì, sembrano giovare alla nostra carriera, favorire i nostri disegni, renderci, in apparenza, tutto più facile. Il solo compromesso onorevole è quello che non ci costringe ad abiurare i nostri principi morali. Che, a differenza delle idee e delle opinioni, sono immutabili e perenni.
A voi dico, cari nipoti, che la vita è una cosa seria, maledettamente seria, ma ricordatevi di non prendervi mai sul serio. Siate fieri di essere ciò che siete, purché in pace con la vostra coscienza. Se vi fanno un torto, non porgete l’altra guancia, ma chiedetene spiegazione, dimostrate la bontà dei vostri argomenti o la vostra buona fede. Tutti possono sbagliare, ma nessuno può arrogarsi il diritto di giudicarvi ignorando le vostre ragioni.
Tenetevi alla larga dal gregge e dal branco, che è qualcosa di peggio, e siate orgogliosi di essere diversi dai vostri compagni pecoroni. Ognuno ha la propria identità e personalità che, plasmata e coltivata, resa vigorosa dalla disciplina, dalla dedizione, dalla coerenza, ci rende unici e, con la perseveranza, ci fa emergere.
Abbiate sempre una persona cara a cui confidare le vostre ansie, i vostri problemi: un amico fidato, il papà, la mamma e, qualche volta, perché no, anche il nonno che potrebbe essere il vostro miglior complice o il più saggio degli amici.
Avrei altri consigli da darvi, ma questi possono bastare. Non vorrei passare per un moralista pedante e saccente, oltre che per un anziano romantico e logorroico. D’altra parte, con questi pochi ma importanti principi di etica, il resto, penso, non potrà non essere all’altezza di una vita  moralmente sana.
A Te, Gesù Bambino, un grazie di cuore per avermi dato questa opportunità e per avermi concesso di essere presente per tante festività natalizie. Ti sarò più grato se, ancora per altri anni, mi concederai di scrivere la mia brava letterina per il Santo Natale. Grazie anche per avermi concesso di avere una moglie, dei figli e dei nipoti (quasi) meravigliosi, dei quali essere orgoglioso, che abbraccio e benedico con tutto il mio amore.

fgiordano.br  20 aprile 2009

Un Commento a ““Miei cari nipoti” (scritto da fgiordano ma inserito nel blog da Semplice)”

  1. lorenzo.RM scrive:

    Grazie, Francesco, dei dolci e sani sentimenti che ispiri. Grazie davvero.

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