Negli ultimi anni ho scoperto che il federalismo, (inteso come indipendenza amministrativa, ovvero che un atto prodotto in una regione non ha alcun valore in un’altra), di fatto esiste già in ambito sanitario.

In soldoni, una prescrizione medica redatta in Lombardia non vale nulla fuori dai confini regionali: quindi prima di partire non vado solo dal medico, passo anche in farmacia, altrimenti niente medicine.

Ho scoperto che in Sicilia con 8.000 € di pensione si è ricchi e si paga un tichet sostanzioso, stessi esami e in Lombardia si è esenti se non si superano i 36.000 €. Non so proprio che tipo di federalismo stiano costruendo, so solo che ognuno pensa al proprio orto.

Dice bene chi ricorda che l’Italia è stata fatta con il sangue del sud.

Dalla prima guerra mondiale con i soldati al fronte, alla ricostruzione post seconda, con fatica e sangue nelle fabbriche del nord (non sufficienti a mio parere per lavare le coscienze dei vari Sperperon De Sperperoni).

Però bisogna anche comprendere il malessere del nord, perché non è bello neanche per noi che al sud abbiamo avuto i natali, vedere fior di fondi buttati al vento.

Oltre 1.O00 cliniche private in Sicilia (basta digitare Cliniche Private in Sicilia e il dato compare sulla sinistra dello schermo), con una sanità pubblica che fa acqua, dove gli intrallazzi vengono denunciati da più parti e i risultati sono quelli di avere sempre 1.000 strutture in fase di preaccreditamento: il che significa che dopo decenni non sono a norma e percepiscono, da privati, soldi pubblici, alla faccia del tempo che hanno avuto per normalizzarsi (La clinica S.Rita però è ambrogina e accreditata).

Inoltre capisco il malessere del nord che vive in città contornate da squallidi marciapiedi asfaltati e, quando arriva l’oasi vacanziera, vede alcuni paesini del sud, che solo perché han dato i natali a quell’On. o Sen., hanno marciapiedi piastrellati, parchi a tre livelli, con piscina e campi da tennis annessi, e dulcis in fundo, un galoppatoio, e non da oggi, già negli anni ’80 (Castel Umberto). La lista è lunga come il calendario, i cui nomi coincidono con quelle dei santi (protettori).

Poche anime e da dove arrivano i soldi?

Allo stesso modo negli ultimi venti anni ho visto cambiar faccia a tanti paesini sulle Orobie: Ponte di Legno, Clusone ecc. fino a Cornello dei Tassi, per non parlar della pianura, Caravaggio, Martinengo, e anche li tutto è avvenuto con l’avvento della Lega, vale a dire con l’elezione di persone che in quei territori hanno visto la luce.

Allora, io uomo della strada, contribuente forzato, come posso non concludere che tutto sto parlare di federalismo alla fine può portare benefici solo a chi sa razzolare a Roma?

Viviamo in un mondo globale, un mondo che colma le distanze per mantenere gli altri mondi a distanza di sicurezza.

Ecco la mia remora sul federalismo che si presenta come divisione, e non come unione nella diversità.

Quando vai nella Svizzera federata, senti un senso comune di appartenenza, uno Stato.

Noi siamo arrivati tra gli ultimi alla forma di Nazione Stato, e siamo già stanchi.

Forse pensiamo di poter avere un maggior controllo sul piccolo territorio, ma è vero l’opposto: più piccolo è il territorio più debole è il potere di controllo che, in nome del bene comune, può essere esercitato su chi gestisce la cosa pubblica.

In agguato la possibilità di commistioni tra potere economico e potere politico, che, solo uno stato forte e centralista può controllare. Ma come potrà, uno Stato decentrato, controllare il signorotto di turno?

Qualcuno pensa a forze di polizia locale e qualcun altro pensa a polizia di quartiere, come ad esempio le ronde (bella consolazione). Quanto grande è l’area da vigilare su un territorio da occupare fisicamente?

Infine non dimentichiamo che il federalismo che oggi propongono di realizzare, è il figlio abortito del secessionismo (o viceversa?).

La forza politica che auspica il federalismo è la stessa che propugnava il secessionismo. Ha accantonato l’idea o sarà il passo successivo?

Non è che si sta facendo come han fatto i talebani con gli USA, che avute le armi per combattere i Russi, poi han tirato giù due torri a New York?

Forse ascoltare di più l’uomo della strada farebbe bene ai teorici della politica, una libanizzazione della penisola non è solo un rischio da escludere.

Mi sono imbattuto nella frase di un prete, Don Gnocchi, che recita così:

“La triste particolarità del nostro tempo è il tentativo di confusione tra il bene e il male, il pericolo di anestesia delle coscienze e di legalizzazione del male. E questo è molto più grave. Un errore in sede di pensiero è assai più pericoloso di ogni errore pratico”.

Chiaramente non l’ha scritta per questo contesto (1937), ma quanto si adatta a questo confuso quotidiano di certezze nebulose.

Popof 31maggio2009

2 Commenti a “IL FEDERALISMO VISTO DAL BASSO (scritto da Popof e inserito nel blog da Semplice)”

  1. lorenzo.RM scrive:

    Popof, sei stato molto convincente e te ne dobbiamo essere grati. In effetti i veri pericoli di tutte le costruzioni della mente sono connessi alle ricadute effettive, concrete, degli interessi di parte, politici, economici, ecc. sicché si può passare da ipootesi ottime a realizzazioni pessime. Speriamo che la nostra Italia possa evitare questo tragico gioco. Ma non c’è da essere tranquilli e hai ragione tu quando esponi qualche ragionamento che induce a dubbi molto , molto reali. E la vigilanza a posteriori potrebbe essere inutile. Una persona religiosa direbbe: Affidiamoci a Dio. Un’altra, religiosa e no, direbbe, cerchiamo di crescere come cittadini e inseriamoci nei movimenti cercando di determinarne, o contribuire a determinarne, le direzioni. La cosa essenziale da evitare è lo scollamento tra il popolo e le istituzioni, rappresentate dai partiti. Ce la faremo? Speriamo Popof, speriamo. Certo che non si potrà stare con le mani in mano, contenti solo delle critiche.

  2. franco3.BR scrive:

    Bravo Popof. Approvo quello che hai scritto, non soltanto perrchè coincide col mio pensiero, ma sopratutto perchè il tuo modo di ragionare è lineare ed obiettivo. Così come torna attualissima la frase scritta da don Gnocchi in epoca non sospetta, anche se oggi faremmo molta fatica a trovare degli assertori.

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