E’ scientificamente provato che la nostra memoria, non esercitandola opportunamente, dopo un periodo di circa cinque anni perde il ricordo di tutto ciò di cui si viene a conoscenza nel corso della vita. Ad esempio, durante gli anni scolastici della Scuola Media e del Ginnasio, io ho studiato presso una scuola di salesiani, con impegno giornaliero dalle ore 08 fino alle ore 18. Era una scuola rigida, però di quelle che “lasciano il segno”. Durante l’ora di lingua straniera (che era il francese), vigeva l’obbligo di parlare in francese per tutto l’orario di permanenza del professore incaricato. Ricordo che avevo imparato a parlare il francese bene, quasi quanto l’italiano. Dopo aver esaurito gli insegnamenti previsti dall’ Ordinamento Scolastico, non mi sono più interessato alla lingua straniera, col risultato che oggi non ricordo granché e non riesco molto a capirlo o, tantomeno, parlarlo.

Chi di noi non ricorda quando per la prima volta abbiamo incontrato, a scuola, le parole “mare nostrum”, in riferimento al Mediterraneo, studiandone la relativa storia? Ebbene, ho riscoperto il “mare nostrum” , a distanza di tanti anni, ricordando poco o nulla di quello che avevo appreso sui libri scolastici.

Leggendo oggi un trafiletto sull’importanza strategica del “mare nostrum agli albori della storia”, per tutte le popolazioni del Mediterraneo, sono stato stimolato dalla curiosità di saperne qualcosa in più. Ho trovato spunti di riflessione culturale,storica, economica, che ho sintetizzato, ritenendo valesse la pena sottoporre all’attenzione delle amiche ed amici di Eldy, dal momento che il Mediterraneo costituisce, per l’Italia, la ragione stessa della sua esistenza.

Sembra quasi irraggiungibile, oggi, la collaborazione e l’integrazione dei popoli del Mediterraneo in un clima sereno di tolleranza civile e religiosa, ciascuno con la propria identità sociale, culturale, economica e politica.

“Noi abitiamo in una piccola parte della Terra. Dal Fasi (costa meridionale del Mar Nero) alle colonne d’Ercole (stretto di Gibilterra), vivendo intorno al mare come formiche e rane attorno ad uno stagno.” Così descriveva Platone (Fedone 109 b) la vita dei popoli mediterranei come se avesse potuto vederli con fotografie riprese da un satellite. In realtà, la visione d’assieme presentata da Platone è ricavata da ricostruzioni della mente; non certo di fantasia, ma basate su conoscenze geografiche già a suo tempo (fine del V secolo a.c.) saldamente acquisite e certamente, in qualche maniera, redatte anche in forma cartografica.

L’ affermazione di Platone ci indica chiaramente come le civiltà mediterranee abbiano avuto inizio nelle popolazioni che vivevano attorno alle rive del mare. Anche se dobbiamo, però, ricordare che lo stesso Platone manifestava una certa diffidenza verso il mare e chi viveva in sua prossimità. Nel dialogo Leggi (IV 705) dice, infatti, testualmente: “Il mare è una realtà piacevole da vivere giorno per giorno, ma alla lunga diventa una vicinanza amara e salata, giacché riempie la città di traffici e di piccoli affari, introducendo nei cittadini i germi dell’incostanza e della falsità.” Nel suo progetto di dove situare uno stato ideale, arriva a fissare perfino una distanza di sicurezza dal mare: quattordici chilometri e settecento metri” (??!!). Non so proprio spiegarvi il perché.

Francesco De Sanctis affermava che: “la cultura consiste nel suscitare nuove idee, nutrire bisogni meno materiali, concorrere a formare una classe di cittadini più educati e civili, metterla in comunicazione con altre forme di civiltà, sviluppando in loro non quello che è locale, ma quello che è comune.”

Elio Vittorini, nel suo Diario in pubblico, scrive che la cultura è, invece, “la forza umana che scopre nel mondo le esigenze di mutamento e ne dà coscienza nel mondo”.

Nel Mediterraneo vi è di comune, tra i popoli rivieraschi, la cultura legata al mare ed al duro lavoro che in esso si svolge; il resto è diversità.

E’ proprio su quest’unico, ma forte, punto d’unione che dovremmo tentare di costruire insieme il nostro difficile futuro comune. Certo, siamo ancora lontani da un Mediterraneo pacifico; eppure, ricorda lo storico inglese Arnold J. Toynbee: se non ci fosse stata quella via d’acqua non sarebbe fiorita nessuna civiltà”.

Gli fa eco il croato, premio Nobel per la Pace, Pedrac Matvejevic:”Anche le apparenze mediterranee sono significative. L’estensione dello spazio, la peculiarità del paesaggio, la compattezza d’assieme creano l’impressione che il Mediterraneo sia ad un tempo un mondo a sé ed il centro del mondo: un mare circondato da terre, una terra bagnata dal mare”.

 

La storia del Mediterraneo è contenuta nei suoi fondali così ricchi, soprattutto in prossimità delle coste e delle isole, di testimonianze e memorie dei secoli passati da essere veri e propri musei sommersi. E questo perché il “mare Nostrum”, navigabile per quasi tutto l’anno e principale, se non unica, via di comunicazione tra i popoli rivieraschi, ha ospitato traffici navali intensi ed eterogenei, le cui tracce sono facilmente rinvenibili in relitti di tutte le epoche.

La testimonianza storica delle civiltà mediterranee è, quindi, proprio lì, sul fondo del mare.

Conoscere e preservare le nostre diverse radici culturali, sulle quali poter costruire un futuro di pace e di collaborazione per giungere ad una civiltà mediterranea, rappresenta una strada obbligata, un traguardo ambizioso. Non per costruire una globalità, sia pure limitata al Mediterraneo, me per realizzare quell’unione mediterranea di popoli che, sia pure con diversità storiche, culturali, religiose e di costume, devono essere capaci di raggiungere quei livelli indispensabili di dignità umana e di libertà individuale, basati sul rispetto reciproco, che rappresentano i pilastri sui quali si regge la “Civiltà”.

Gli aspetti che testimoniano l’intreccio dei rapporti economico-culturali svoltisi tra i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, in ogni epoca storica, sono costituiti dal carattere delle popolazioni situate al nord e al sud del Mediterraneo. Nei Paesi situati al nord del Mediterraneo, con le invasioni barbariche del III e del IV secolo inizia a calare il sipario sulla scena occupata per molti secoli dall’impero romano d’occidente.

Le invasioni barbariche rappresentano un elemento importante nella formazione dell’unità europea, perché fornirono la “materia umana” che si aggiunse alle altre due parti dell’identità europea: la cultura classico-alessandrina ed il Cristianesimo.

I popoli barbari, termine che sicuramente non equivale a “selvaggi”, vantavano forti tradizioni culturali che influirono sia sui popoli circostanti, sia sulle superiori culture del Mediterraneo Orientale. Solo l’impero bizantino resse alle invasioni, grazie alla sua solidità politico-militare, alla sua forte struttura economica ed alla sua strategica posizione geografica. Costituiva, infatti, il punto mediano di una vasta rete di traffici che andavano dall’occidente mediterraneo, all’ India, alla Cina, alla Russia, all’Etiopia, all’Africa Centrale.

L’impero di Bisanzio esercitò una grande influenza non solo politica ed economica, ma anche culturale, sull’Occidente e sull’ Oriente slavo e persino su quello islamico.

Nei Paesi situati a Sud del Mediterraneo, attraverso le conquiste militari, ma più ancora attraverso il commercio e l’espansionismo culturale, furono invece gli Arabi a prevalere nella civiltà, per tutto il Medioevo.

Il segno più duraturo della loro presenza si riscontra ancora oggi nei numerosi termini che compaiono nelle lingue europee, nell’astronomia, nella matematica, nelle scienze naturali, nella toponomastica e nel più vasto campo delle occupazioni e delle funzioni giuridiche. Per questa ragione è stato affermato che l’Europa dovrebbe guardare agli Arabi come ad uno dei propri antenati culturali.

Il rapporto tra i Paesi a Nord ed a Sud del Mediterraneo, deve essere, infatti, valutato tenendo anche conto degli apporti scientifici e tecnologici di questi ultimi Paesi.

L’ Occidente è debitore verso gli Arabi di un patrimonio culturale nel quale si sono inserite anche le culture dell’Egitto, della Persia, dell’India e della Cina.

Solo per fare qualche esempio: alla cultura araba dobbiamo la conoscenza del timone e della vela, quella della tecnologia della tessitura e dell’irrigazione agricola; mentre dall’India c’è giunta la numerazione decimale, dalla Cina, oltre alla polvere da sparo, la carta e, forse, la tecnica della stampa. Nonostante che al sorgere dell’ISLAM l’Occidente avesse appena finito la sua battaglia contro il paganesimo e, quindi, nonostante la diversità religiosa e lo stato di belligeranza, non furono impediti i rapporti economici e politici, che sorsero spesso su basi di reciproca simpatia. Ne è prova la “singolare tolleranza” di cui godettero i mercanti cristiani in terra musulmana.

Al tempo degli Abbasidi, poi, questa tolleranza era ancora più esplicita se è vero che i cristiani greci e siriani, a Baghdad, non solo commerciavano liberamente e frequentavano le loro chiese, ma addirittura ricoprivano alte cariche nell’amministrazione mussulmana. Inoltre, scienziati e matematici bizantini erano sollecitati a recarsi a Baghdad per insegnare nelle scuole.

Afferma lo scrittore cristiano Teilhard de Chardin: “La storia insegna che l’umanità ha un destino comune”. Fa eco dal mondo islamico il detto che “la comunità universale dei credenti è UMMA (gradita a Dio)”. Entrambi i proclami sembrano testimoniare la necessità di una medesima condivisione.

Questo esige che tutti i Paesi siti al Nord ed al Sud del Mediterraneo s’adoperino per rendere possibile un comune destino. E’ necessario agevolare il dialogo nella vita quotidiana tra gli individui appartenenti ai Paesi rivieraschi, entrando in un rapporto sincero e rispettoso dei valori di ognuno.

E’ necessario creare un buon rapporto umano. Infatti, le persone possono prescindere dai contrasti, dalle differenze dottrinali e protendersi nello slancio di una mutua comprensione. Solo conoscendo ed accettando i punti comuni e le differenze.

Purtroppo, nel Sud del Mediterraneo, vi è ancora un’intolleranza che sembra senza fine e che riacquista vigore ogni volta che la diplomazia internazionale cerca di riavvicinare i contendenti.

Chi fomenta le rivalità è nemico di quella civiltà che, con tanta fatica, cerchiamo, pur nella diversità, di rendere comune.

Erasmo da Rotterdam ha lasciato scritto, nei suoi “Adagi”, che se metti su una bilancia da una parte i vantaggi e dall’altra gli svantaggi, ti accorgi che una paca, sia pure non giusta, è spesso migliore di una guerra equa.

Nei Paesi posti al Nord del Mediterraneo, la vita quotidiana vede ormai individui, originari di tutti i Paesi rivieraschi, vivere nelle stesse scuole, negli stessi luoghi di lavoro ed usufruire delle stesse strutture socio-assistenziali.

Da questo vissuto comune e dalla reciproca conoscenza nascono le occasioni per consolidare l’accoglienza e l’amicizia. Questo significa che una convivenza pacifica e rispettosa non può che derivare da un convinto spirito d’accoglienza e da una sincera volontà di fratellanza.

In definitiva, è da questo interagire che è possibile sperare in un futuro di rapporti migliori, non solo sul piano economico-finanziario, ma anche e soprattutto sul piano della convivenza pacifica e del progresso sociale.

Bisogna, certo, sfatare la previsione macabra d’ Oliver Wendell Holmes, il quale affermava che:”Tra due popoli che intendono costruire mondi tra loro incompatibili, non vedo altro rimedio che la forza. Ogni società si fonda sulla morte di uomini” e anche quella meno macabra, ma forse ancora più coattiva di Ennio Flaiano il quale era convinto che: “Quando i popoli si conosceranno meglio, si odieranno di più”.

La cultura marinara, che già unisce i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, ha ancora bisogno di una maggiore trasparenza di rapporti che ci permetta di lavorare sul mare e sotto il mare, in un rispetto reciproco che preluda ad una sempre maggiore collaborazione per valorizzare, in particolar modo, le testimonianze che giacciono sui fondali, meravigliosamente avvolte dall’oblio dei secoli, che attendono di essere riscoperte per ricordarci le comuni radici.

 

Fgiordano.br                         10giugno2009

 

3 Commenti a “MARE NOSTRUM (scritto da Franco3.br e inserito nel blog da Semplice)”

  1. giovanni9.BS scrive:

    Bravo e grazie francesco, mi complimento con te.

  2. lorenzo.RM scrive:

    Francesco, è un vero trattatello di storia,geografia, cultura, sul Mediterraneo e i suoi popoli. Dobbiamo essertene grati. Ma dicevo in altra occasione che Eldy si avvia a possedere una serie di materiali interessanti ed importanti che costituiranno man mano un patrimonio assai utile per tutti gli amici. Grazie Francesco.

  3. antonio2.LI scrive:

    Hai scritto una bellissima riflessione.
    A corollario di quanto scrivi vorrei aggiungere un piccolo corollario per dimostrare che gia in tempi passati qualcuno aveva capito l’importanza della integrazione multi etnica .
    Fa parte della storia di Livorno quanto segue:
    Il 10 giugno 1593 fu emanata la Costituzione Livornina[1], inizialmente indirizzata agli ebrei, ma che quasi subito fu estesa a tutti gli altri popoli: “Il Serenissimo Gran Duca… a tutti Voi Mercanti di qualsivoglia Nazione, Levantini, Polnentini, Spagnuoli, Portughesi, Grechi, Tedeschi, Italiani, Ebrei, Turchi, Mori, Armeni, Persiani, dicendo ad ognuno di essi salute… per il suo desiderio di accrescere l’animo a forestieri di venire a frequentare lor traffichi, merchantie nella sua diletta Città Porto e scalo di Livorno con habitarvi, sperandone habbia a resultare utile a tutta Italia, nostri sudditi e massime a poveri…”. Tra gli aspetti più importanti, essa garantiva libertà di culto, di professione religiosa e politica, annullamento dei debiti e di altre condanne per almeno 25 anni, istituiva un regime doganale a vantaggio delle merci destinate all’esportazione ed assicurava la libertà di esercitare un qualsiasi mestiere, purchè tenessero una casa a Livorno.
    Nel corso dei secoli, queste leggi conferirono a Livorno le caratteristiche di città cosmopolita, multirazziale e multireligiosa favorendo la costituzione in città di numerose Nazioni di mercanti con propri consoli.

Scrivi un commento
nota:  I COMMENTI DEVONO ESSERE PERTINENTI ALL ARGOMENTO A CUI SI RIFERISCONO E NON DEVONO ESSERE INSULTANTI PER CHI HA SCRITTO L'ARTICOLO O PER UN ALTRO COMMENTATORE