MORIRE DI LAVORO

30Maggio2009.

Anche oggi il consueto bollettino di guerra: 2 morti per cause legate all’attività lavorativa. Fortuna che è un sabato semi vacanziero visto che martedì si festeggia la Repubblica.

Repubbica che all’art. 1) della Costituzione recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.

Ho sottomano le statistiche INAIL del 2007 (le ultime disponibili): 1207 morti, e dice il redattore “benchè dietro le statistiche si nasconda sempre la perdita di vite umane, il bilancio risulta positivo”. Le previsioni erano di 1210 morti, e nel 2006 i morti furono 1341.Nei numeri sono compresi gli infortuni mortali in itinere, cioè quelli avvenuti nel tragitto casa lavoro (274 nel 2006 e 300 nel 2007), distinti da quelli stradali ma legati all’attività lavorativa.

La tabella è consultabile all’indirizzo:

http://www.inail.it/repository/ContentManagement/node/N670420288/Bozza3DATI%20INAIL%20N%2012.pdf 

 

2006 2007

TAV. 1: INFORTUNI MORTALI DENUNCIATI PER

TIPOLOGIA DI ACCADIMENTO

ANNI EVENTO 2006-2007

In occasione di lavoro                  1.067         79,6       907     75,1

– stradali                                   421           31,4       342      28,3

– altre modalità                            646          48,2       565      46,8

In itinere                                     274          20,4      300      24,9

– stradali                                     271          20,2      287      23,8

– altre modalità                              3             0,2         13     1,1

TOTALE                                      1.341        100,0    1.207    100,0

 

Io leggo anche un altro dato non riportato: ogni anno oltre 3500 vedove/i, orfani, genitori (non trovo il sostantivo che identifica i genitori orfani di figli), che la sera non hanno rivisto i propri cari tornare a casa. Che han ricevuto magari una telefonata per vedere il mondo crollare. Sogni spezzati insieme alle vite. Un vortice di morte che travolge anche le vite dei vivi.Quest’anno abbiamo perso il conto, i giornali non lo aggiornano più: alle 12,40 l’ultimo decesso per lavoro a Livorno, un operaio trentacinquenne.

Sin quando non ci tocca da vicino chiniamo la testa, chiudiamo gli occhi, magari una preghiera. Poi stringiamo le mani in tasca, ci tocchiamo in testa e proseguiamo speranzosi.Come di rito, alle famiglie verranno recapitati prima i telegrammi di cordoglio, poi, se lavoratori dipendenti, in genere attraverso i legali, le lettere di contestazione disciplinare per non aver seguito le procedure antinfortunistiche: è triste ma è un passaggio necessario prima di stabilire le effettive responsabilità (intese come colpe), e i familiari conosceranno ancora attimi di tensione, rabbia, pianto e disperazione.

Dio, quando cacciò Adamo dall’Eden condannò l’uomo a coltivare la terra da cui era stato creato. Ebbe l’accortezza di escludere la morte per lavoro.

 

Popof 1giugno2009

3 Commenti a “MORIRE DI LAVORO (scritto da Popof e inserito nel blog da Semplice)”

  1. nembo scrive:

    Sono d’accordo con quanto scritto ma la colpa non è solo dei giudici…ci sono autorità preposte al controllo quali..A.S.L. territoriali, polizie municipali, ispettorati del lavoro..ogni giorno è un bollettino di guerra…penso che a volte prevenire è meglio che reprimere in questo caso i morti sul lavoro!

  2. franco3.BR scrive:

    Caro Popof, hai fatto benissimo ad evidenziare un bubbone qual’è quello degli infortuni mortali sul lavoro perchè sarebbe ora che, chi di competenza, cominciasse a fare qualcosa di serio per fare diminuire questo fenomeno infame. Gli infortuni sul lavoro mortali, in Italia, si susseguono al ritmo di tre infortuni al giorno, esattamente come accadeva 20, 30 o 40 anni fà. Allora, cosa significa che non abbiamo avuto alcun progresso? no, non è così. Lo spiego da esperto di diritto del lavoro con particolare riferimento agli infortuni.
    Tu stesso hai evidenziato “infortuni avvenuti in occasione di lavoro”. Per avere giuridicamente la configurazione dell’infortunio sul lavoro, è necessario che avvenga non solo in occasione ma anche per causa di lavoro, cioè dev’esserci una stretta interelazione tra lesione e lavoro. Per questo motivo fino ad una trentina di anni fa l’infortunio in itinere era pressochè misconosciuto, tranne qualche caso in agricoltura. La giurisprudenza, nel tempo, ha fatto si che un rischio generico della strda (cioè un rischio incombente non solo sul lavoratore ma su tutti i cittadini) diventasse un rischio generico aggravato, per il lavoratore, in particolare circostanze di lavoro. Ed ecco che, la diminuzione della manod’opera occupata per effetto dell’avanzata tecnologia non ha fatto abbassare il numero degli infortuni mortali perchè sono avanzati sempre più gli infortuni in itinere riconosciuti. Ma a questo punto tu dirai, giustamente, cosa c’entra tutto questo col fatto che gli infortuni mortali sono sempre troppi? Hai ragione. Ti dico adesso cosa, a mio avviso, bisgnorebbe fare. Non occorrono altre leggi. Sono più che sufficienti quelle che abbiamo, purchè si applichino tutte. Il Testo Unico delle Leggi per gli infortuni sul lavoro, portandosi appresso una norma precedente, prevede, per tutti gli infortuni mortali, un’inchiesta giudiziaria specifica, parallela ad altra inchiesta penale, per accertare, da parte del P.M., colpe e fatti specifici nei confronti dei quali agire penalmente riunendo i fascicoli.E questo non solo per le reposabilità penali in se stesse ma perchè, esonerando l’assicurazione dalla responsabilità civile il datore di lavoro e/o il suo preposto, non si esclude la rivalsa dell’INAIL per indennizzo qualora il medesimo datore di lavoro (o suo preposto)debba rispondere penalmente dell’incidente, anche se non mortale.
    Questo meccanismo toccherebbe direttamente nelle tasche il datore di lavoro e porterebbe ad un automatico aggiustamento dei meccanismi di prevenzione o sicurezza. Quindi, la colpa principale è del giudice che, oberato di lavoro, non ha la materiale possibilità di svolgere l’inchiesta giudiziaria per tutti gli infortuni mortali o che abbiano avuto prognosi di durata superiore a 40 giorni, reputando più importanti ed urgenti altri procedimenti.
    Conclusione: se vogliamo risolvere alla radice il problema degli infortuni mortali, occorre mettere mano alla riforma delle carriere e funzioni dei giudici per poter concludere ogni incombente connesso con la sicurezza o la giustizia; non, certamente, per esigenze politiche che al lavoratore ed all’elettore non interessano assolutamente.

  3. lorenzo.RM scrive:

    Che tragedia, caro Popof (a proposito, non hai un nome che possa sotituire al nick? te ne sarei grato). Fa male indicibilmente al cuore. La nostra è un repubblica, come giustamente dici, fondata sul lavoro. Ciò vuol dire che il lavoro è il diritto più importante e che non si può morire di lavoro e per il lavoro. Penso che dovremmo fare una petizione popolare perchè venga ribadito questo principio evitando che ci siano ancora morti e infortuni sul lavoro, che rendano impossibile il godimento di questo diritto. Il fatto che i responsabili paghino è solo un aspetto, giusto, del problema. Occorre in primo luogo evitare che tali fatti avvengano.
    Quanto alla petizione, proponiamola come Eldy. Vuoi fartene portavoce?

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