Son passati vent’anni. La notte del 3 giugno 1989, dopo giorni di occupazione da parte degli studenti, la primavera cinese venne soffocata nel sangue.

 Scrive su “Repubblica” il giornalista Sandro Viola, ricordando quei giorni:

“La truppa seduta sui marciapiedi, gli ufficiali ai telefoni per chiedere ordini che non arrivavano, la catena di comando dell’Esercito popolare cinese (che all’epoca contava due milioni e mezzo di uomini) evidentemente saltata.

Il giorno precedente, per bocca del primo ministro Li Peng, il governo aveva proclamato la legge marziale. Proibizione di manifestare, coprifuoco.

Ma era stato come parlare al vento, non agli abitanti di Pechino.Tutto era infatti rimasto com’era ormai da quasi due settimane: la piazza Tienanmen occupata da molte migliaia di studenti, e intorno alla Tienanmen – il cuore del Potere – centinaia di migliaia di dimostranti, in certe ore un milione, affluiti da ogni punto della capitale.

E tutto questo senza alcuna reazione da parte delle autorità”. 

Quanti non fecero più ritorno a casa dopo l’intervento dei militari, ancora oggi, non si sa con certezza, si parla di stime.  Il governo cinese informò il mondo che a perdere la vita furono 200 civili e 100 militari.

La CIA stimò 400-800 morti.

Il conto approssimativo di Amnesty International, nel considerare anche i giustiziati posteriormente, indica un numero superiore a 1000 morti.

Altri parlano di 7.000-8000.

 Sui giornali di quei giorni si diceva di come le famiglie non sapessero niente dei propri figli spariti: qualcuno pensava che fossero stati arrestati, altri che si trovassero in qualche ospedale.

Molte famiglie non han saputo più nulla. Era, ed è, impossibile anche cercare di sapere (della serie chiedi e sarai deportato).Ancora oggi dopo 7.230 giorni i famigliari di chi non c’è più, ad ogni bussar di porta fuori orario, si guardano in faccia l’un l’altro con la tacita speranza che il figlio, la figlia, il fratello o la sorella sia dietro la porta, e corrono ad aprire.

 E  dire che l’immagine del giovane che fermava il carro armato fece il giro del mondo, per noi tutti era la possibilità che davvero Davide battesse Golia.

Ci fece sperare che non finisse come finì, schiacciati come formiche.

In fondo è questa l’immagine di Cina ricorrente, quella di un paese dalla popolazione immensa come un formicaio: 1.000 o 10.000 su 1.300.000.000 che percentuale è? Varia tra lo 0,00007% e lo 0,0007%.

In un mondo dove i percentili contano solo se sopra il 50% la vita ha perso senso. Ricordate i cori di protesta dei governi Internazionali per quell’evento? Io no, non li ricordo, non ci furono.

Oggi è ancora silenzio, dalle Ambasciate alle Rappresentanze all’ONU e ai Ministeri degli Esteri, Foreign Office o altrimenti denominati. Probabilmente nell’era globale delle comunicazioni il silenzio è ancora d’oro, e con la crisi economica in atto, occhio e orecchi sono fissati solo sull’economia.

Rimangono solo due sensi disponibili, il tatto e l’olfatto, ma la Cina non è vicina.

E il sesto senso, quello di colpa, è sotterrato.

Popof                            3giugno2009

2 Commenti a “VENT’ANNI FA, PIAZZA TIENANMEN (scritto da Popof e inserito nel blog da Semplice)”

  1. franci scrive:

    Il massacro di Piazza Tienanmen, il genocidio in Tibet sono “solo” purtroppo grandi avvenimenti storici aspramente censurati dal governo di Pechino che ha oscurato persino Internet. Avvenimenti sanguinosi a cui il mondo assisteva ed assiste impotente mentre l’attenzione dei media e’ rivolta principalmente alle polemiche tra partiti che coinvolgono anche personaggi di ogni estrazione ideologica che fanno di questi eventi la loro arena infuocata.

  2. lorenzo.RM scrive:

    Caro Franco, è una delle storie più terribili dell’umanità, per la quale nessuno ha pagato. Ma poi penso che il pagare o meno sia in fondo secondario. Non si sarebbe mai dovuta verificare. E non parlandone non ci salviamo davvero l’anima.

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