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Non fai in tempo a ricordare qualcosa che subito si ripresenta l’evento. Mai come questa volta il riandare agli incendi di due anni fa che devastarono, per l’ennesima volta, i boschi e le montagne di mezza Italia, dalla Liguria alla Sicilia, (almeno a ricordare i fuochi piuyp0sferrm_381ù importanti e nefandi), ha anticipato solo di qualche giorno il ripetersi degli incendi attuali (v. “Autostop”). E’ bastato un piccolo innalzamento di temperatura per spegnere  il desiderio speranzoso di non vedere ancora il cielo notturno tingersi di quel cupo arancione che riflette in cielo il fuoco del terreno. Anche questa volta il sospetto che mani umane, mani criminali, siano intervenute al momento giusto, è forte.

Che desolazione attraversare la penisola e rincorrere i ricordi verdeggianti delle montagne, delle colline e valli attraversate dall’autostrada. Anche le pianure non eran da meno, ma li non il fuoco bensì l’interesse economico, fan fatto si che pioppi, betulle, olmi e salici, lasciassero posto prima ai campi, poi ai pascoli e infine ai capannoni industriali, alle case, ai centri commerciali e agli aeroporti, tanto da far sembrare ad un passaggero d’aereo in volo notturno, che la penisola sia solo un’immensa metropoli con qualche spazio verde.

Indubbiamente l’abbandono progressivo fa si che steppaglie e rovi diventino combustibile idoneo dove un mozzicone di sigaretta e un po di vento faccia attivare un focolaio. E dire che sino a qualche mese fa i metereologi anticipavano un’estate meno torrida. Poi basta l’innestarsi di un anticiclone nel Mediterrano e via al barbecue esteso.                                                                                                                                         incendio

Non è solo un dramma nostrano quello cui assistiamo, Spagna, Francia e Grecia non son da meno. Ma perchè bruciano solo i boschi deI paesi ad economia forte? Perchè non brucia l’Albania o la Slovenia o la Croazia o il Montenegro? Forse più avanti, tra qualche anno, quando bisognerà liberare il territorio dall’ingombro dei vegetali. O forse bruciano di più i nostri boschi, (e qui intendo sempre dei tre paesi a forte economia), a causa dell’abbandono sistematico e progressivo di tutte le zone  economicamente svantaggiate, come le montagne?

Uno dei nostri punti forza economici dovrebbe essere il turismo, almeno un turismo eco-sostenibile. Finisce che ci nutriamo di documentari che non si sa più se rappresentano il com’è o il com’era. Che bella Santorini (Grecia) con il suo deserto di sassi ed erbetta ingiallita che icorda le alture intorno a Montecassino. Che bella Ibiza, Capri e Pantelleria: viste , da un hotel o negli occhi di un vecchio? Che bella Taormina senza pini che sembra Montecarlo   in miniatura   ,per  l’abbondanza di asfalto e cemento (e il casinò è nei progetti di qualcuno).   Conservo il ricordo della costiera Amalfitana immortalata sulla copertina di un sussidiario delle mie elementari. Non ci sono mai stato, non ci andrò, meglio il ricordo non visto.

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 Come sarebbe stato altrettanto meglio non andare su a vedere quel ghiacciolo sul Gran Sasso che le guide chiamano giacciaio che, anche se compensato dalla vista di Tirreno ed Adriatico dall’alto, non puoi non notare il susseguirsi delle onde grigie generate dalle frane a valle, e confrontare con le immagini dei vecchi libri. Ma dai, la grotta azzurra…” ecco quella non prende fuoco, al massimo qualche martellata come alla tartaruga sarda. Guardando un telegiornale o leggendo un quotidiano, in luglio e agosto ormai da decenni, rivediamo dei film già visti. Si potrebbe risparmiare qualcosa riproponendo i roghi liguri, toscani, calabri, lombardi e siciliani di qualche anno fa. Però quando bruciava l’Aspromonte da un lato e i Peloritani dall’altro, le immagini erano in bianco e nero. Con qualche piccola variante, le cronache si ripetono e c’è sempre qualcuno che, nel tentativo di spegner gli incendi, ci lascia la vita. Possibile che non si riesca a fare un minimo di prevenzione? Pulire dalle steppaglie cigli stradali e campi, realizzare delle fasce parafuoco che prevengano il diffondersi delle fiamme. Eran cose che i contadini facevano. Sono cose che, l’addove sono ancora attivamente insediati, i contadini fanno, se non vogliono trasformarsi in allevatori. Nei mesi scorsi era stato proposto di utilizzare i cassintegrati in queste attività di prevenzione. Nei territori del demanio dello stato. Forse ho sognato, forse ho capito male. Si danno punti di credito formativo agli studenti che durante l’estate svolgono attività di volontariato in vari ambiti. Quanti hanno scelto la prevenzione degli incendi? O non gli è sato proposto nulla? Voglio chiudere con una buona notizia: nei luoghi degli incendi di due anni fa quest’anno niente fuoco, non c’è nulla da ardere, tranne erba e qualche cespuglio che timidamente si affaccia a rincorrere il sole. Per almeno altri dieci anni niente alberi adulti e seriosi a limitare la vista del cielo con le loro chiome verdi.Una cosa è certa in ogni caso, quando si guarda una valle dall’alto, si vedono qua e la degli ampi spazi circolari o a forma di grande goccia d’acqua, privi di alberi: quelli sono i punti dove negli anni scorsi si sono manifestati incendi. Diventano così terreni adatti al pascolo (e in qualche caso piste da sci e snowboard). Qualcuno si ricorda com’è la normativa sull’uso dei terreni boschivi dopo un incendio? Se ricordo bene, per dieci anni niente licenze edilizie e trasformazioni d’uso. Non ho strumenti per verificare, quindi mi affido alla vs. clemenza di lettori e a qualche aiuto nei commenti.

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Popof                                                     29Luglio2009

Un Commento a “FUOCHI ESTI(NTI)VI (scritto da Popof e inserito nel blog da Semplice)”

  1. antonio2.LI scrive:

    Popof vengo volentieri in tuo aiuto ho stralciato
    da:
    Legge 21 novembre 2000, n. 353

    “Legge-quadro in materia di incendi boschivi”

    pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre 2000

    1. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni.
    È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l’incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione.

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