http://www.youtube.com/watch?v=yFRfR38j_QU
Anche stasera giunge la notizia di un uomo picchiato dalla polizia.
Dopo i casi precedenti, dalla Diaz del dopo il G8, con il giovane Carlo Giuliani spiaccicato sul selciato, dopo il povero Stefano Cucchi morto in carcere, e tralasciando tutti gli altri grani di un rosario di vite spente con violenza, non posso non prendere la tastiera e dare corpo a parole che esprimano l’allarmato disagio che avverto.
Sia ben chiaro che nutro il massimo apprezzamento per chi lavora nel rispetto delle leggi, e altrettanto all’etica morale necessaria a chi opera al servizio dello Stato, ma alcune mele marce rischiano di far andare a male la raccolta.
Le notizie di pestaggi e malvessazioni varie, ad opera di alcuni uomini in divisa negli ultimi tempi si stanno susseguendo a più stretta distanza gli uni dagli altri.
Ritengo che il momento di fare alcune considerazioni sia importante.
Una domanda che mi sono posto è:  “cosa può far credere ad un uomo in divisa di poter passare impunito?”
Analizzando il momento attuale, in cui ripetutamente il sospetto di malaffare si adombra su membri istituzionali dello Stato (e non solo), non posso non concludere che,  se un poliziotto, magari un po’ stressato, eccede nei compiti repressivi che gli conferisce la divisa, può ben sperare di ottenere tutta la clemenza che può desiderare, in quanto, lui che si è macchiato di un reato, al tempo stesso deve dare protezione a chi gli ha concesso di far parte degli organi di vigilanza.
In questo modo lo Stato diventa succube di se stesso e degli uomini che dovrebbero garantirne l’ordine.
Con questo meccanismo inevitabilmente si innescano le dittature, dove il monopolio della violenza, che appartiene allo Stato, consente ai suoi guardiani di reprimere tutto quel che è critico nei suoi confronti e, al tempo stesso, permette ai suoi vertici di poter contare su un’impunità che, a cascata, ricade sui suoi protettori.
Non è possibile vivere con la paura di non poter chiedere aiuto a chi dovrebbe garantire la sicurezza, il passo successivo ad un passaggio simile, sarebbe il cadere trappola di facili soluzioni che portano all’antistato (alias mafie).
L’indignazione non basta, occorre la vigilanza attenta e la denuncia, di chi crede che democrazia sia anche rispetto della persona, in ogni contesto.
Popof   13 maggio 2010

7 Commenti a “MONOPOLIO DELLA VIOLENZA: PREAMBOLO DITTATORIALE scritto da popof”

  1. giuliano4r.m. scrive:

    “cosa può far credere ad un uomo in divisa di poter passare impunito?”
    L’arroganza delle istituzioni,la scarsa preparazione e lo stres al quale vengono sottoposti.
    Per chi volesse approfondire può andare su questo link:
    http://www.pieroricca.org/2009.....oliziotto/ e leggere la lettera di un poliziotto.

  2. guglielmo scrive:

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    Se le conosco queste tristi pagine di storia Italiana, sono passate sulla mia pelle, altra cosa vi voglio dire facciamo a mente ferma ( a bocce ferme i morti di Reggio emilia, fatti come Genova o simili purtroppo sono passati da altre città grandi o piccole io sono un operaio e ero li nella piazza in mezzo ai tafferugli scontri ( di anni fa) anche duri fra polizia e manifestanti, eravamo li per difendere il posto di lavoro non avevamo altri mezzi in quel momento storico, anche purtroppo le vittime fanno parte della lotta e purtroppo tanti operai sono caduti non si possono evitare queste orrende pagine di storia e l’eterna lotta…..

  3. franco muzzioli scrive:

    Sono d’accordo con Lorenzo nel dire che la situazione italiana non corre rischi di dittature o autoritarismi di tipo militare. Diverso è il fatto che le strutture militari ,gerarchiche e tendenzialmente omertose, possono tendere ad eccessi del tipo descritto da Popof . E non penso neppure si tratti semplicemente di “mele marce”, Gonnella, presidnte dell’associazione Antigone dice ” Si trattasse di mele marcie lo stesso corpo (polizia- carabinieri- guardie carcerarie) le espellerebbe. Invece difficilmente si riesce a sapere la verità ,perchè nessuno parla, nessuno denuncia il proprio collega. In qualche modo la violenza fa parte del lavoro”. Ecco il problema ! Forse si dovrebbe mettere in discussione tutto un modo di formare le forze dell’ordine , dove ragazzi ,spesso male informati e mal pagati ,si trovano in situazioni dove la violenza è l’unico modo per “saltarci fuori”.

  4. alba morsilli scrive:

    Forse io sono un can contrario,con questo non voglio discolpare nessuno.
    La colpa è anche nostra negli stadi per vedere una partita di pallone dove lo sport è violenza, se non ci fossero loro quanti tafferugli per non dire oltre in più ci sarebbero?
    Certo anche loro sbagliano ma guai se non ci fossero
    siamo persone incivili,sappiamo solo darle adosso ma non ci rendiamo conto che loro agiscono solo dopo l’evento di violenza causata da noi.

  5. edis.maria scrive:

    Popof,condivido il tuo disappunto e la tua condanna di fatti così gravi commessi da forze di polizia che dovrebbero reprimere , ma con modi civili, anche se,in qualche caso, è necessaria la forza.Non avvicinerei la situazione, però,ad una possibile dittatura. In questo caso nessun cittadino avrebbe fotografato il fatto, gridato di ” smetterla” e testimoniato, ma avrebbe chiuso le persiane e rientrato al sicuro delle proprie abitazioni.Nessun giornale avrebbe divulgato la notizia e , forse, neanche tu avresti la possibilità di scrivere in questo blog.Purtroppo, per chi la ricorda , la dittatura è un’altra cosa!!! Spero che gli agenti colpevoli vengano puniti, per dare anche una ” dritta” ai loro colleghi.

  6. alfred scrive:

    Commenti abilitati

    Abito da sempre vicino la caserma dove sono successi i fatti del G8.
    Conosco il posto. Da sempre.
    Il “6°reparto Celere” è molto conosciuto a Genova, tristemente conosciuto.
    Personalmente ricordo la prima volta: sulle spalle di papa in corteo in difesa del posto di lavoro nel centro della città. Le cariche, le urla delle donne, i lacrimogeni.
    Nel 1960 le cariche in piazza De Ferrari, i caroselli delle loro jeep sui marciapiedi, sotto i portici di via xx Settembre, gli inseguimenti nei vicoli del centro storico.
    Le cariche alle manifestazioni di operai, portuali, studenti.
    Conobbi due agenti della Celere: per un certo periodo di tempo frequentarono il bar che frequentavo io.
    Quando ci fanno la preparazione , dicevano, la prima cosa che ci insegnano e che i manifestanti sono i nostri nemici. Non bisogna avere nessuna pietà.
    A quei tempi ministro degli interni era Mario Scelba. I poliziotti erano conosciuti cone “celerini o scelbotti”.
    I Prefetti,i Questori, i Commissari di Polizia, gli ufficiali erano gli stessi dell’appena passato regime fascista che avevano giurato fedeltà prima allr Repubblica di Salò e poi alla Costituzione Italiana.
    Abbiamo sperato e poi creduto che qui tempi non sarebbero mai più venuti…..

  7. Lorenzo.rm scrive:

    Popof, il tuo ragionamento in quanto tale non fa una grinza. E lascerei qui il giudizio.Quanto al fatto che si possa applicare alla situazione italiana, sic et simpliciter, non ne sono sicuro.

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