LE MUSE (varia umanità, cultura)

Dopo i commenti allo scritto proposto da lucy.tr, vorrei ritornare ancora con una riflessione sulla felicità. È un tema che mi sta a cuore.

Lorenzo.an ci aveva proposto, diverso tempo, fa un quesito: “Cosa è la felicità?”, e lo aveva risolto dicendo: ”Non è il raggiungimento di ogni più piccolo nostro sogno?” Tutto il suo scritto è positivo e una volta raggiunto lo stato di grazia, si è raggiunta anche una soddisfazione profonda e uno stato di serena quiete. Per Lorenzo.an: “La felicità, è vedere un bambino sorridere, vederlo stringere da una mamma al suo petto”. E non solo…

Poi Lucy ci propone questo scritto di Seneca e Marc52, nei commenti ricorda la bellissima poesia di Montale, struggente e profonda, che sposa ipotesi del tutto contrarie a quelle esposte da Lorenzo.an a suo tempo e da Lucy attualmente.

Montale invece, nella sua poesia, ci parla di male di vivere, incredibilmente creato dalla felicità stessa.

La trascrivo:

Felicità raggiunta, si cammina
per te su fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.

Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.

(da Ossi di seppia, in Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1984)

Quindi la felicità e il suo raggiungimento sono paradossalmente risultati negativi.

Questa è costantemente desiderata dall’uomo, ed è una mèta irraggiungibile e l’uomo spesso si illude di essere riuscito ad afferrarla, ma non sarà capace di tenerla solidamente  e definitivamente tra le sue mani. La felicità quindi è un’alternanza di desiderio e nostalgia: desiderio di qualcosa che non si potrà mai avere; nostalgia di quel bene, mancato prima ancora di essersene consapevoli, perduto prima ancora di percepirne l’esistenza.  Come alcuni di voi hanno rimarcato nei commenti ci se ne rende conto di essere stati felici solo “dopo”.

Il finale della poesia è una consapevolezza di una realtà inconfutabile: ” Ma nulla paga il pianto del bambino a cui fugge il pallone tra le case.“

Come il dolore di un bimbo per la perdita del suo pallone colorato che si defila, sfuggendo dalle sue mani, tra i tetti delle case, e il suo dolore è profondo, sordo, infinito, unico, così è la condizione dell’uomo lontano dal suo “paradiso”.

E con questa rappresentazione visiva così valida, Montale esprime tutto il male di vivere… “si cammina
per te su fil di lama”
.  [è raggiunta la felicità ma non è raggiunta la certezza che sia stabile e questa felicità potrebbe sparire da un minuto all’altro, potrebbe come il ghiaccio spezzarsi o sparire come un barlume appena apparso e presto spento] e addirittura, Montale, esorta a non avvicinarcisi nemmeno alla felicità, tanto è fragile e può originare dolore.
Oh tu felicità, se arrivi sulle anime umane, piene di tristezza e le rischiari, il tuo arrivo turba gli umani come il chiasso che fanno intorno ai cornicioni, il mattino presto, gli uccelli accudendo ai nidi. Ecco che immediatamente arriva l’esempio di felicità raggiunta e subito persa del bimbo che scioglie in pianto il suo infantile, ma profondissimo dolore, x la perdita di un bene, da poco acquisito, assai  prezioso per lui. Ogni strofa rima con un’altra e le parole in rima sono collegabili tra loro per il significato, ma la parola “vacilla”, non rima con nessun’altra, perché?

Perché?  Chi  d’accordo con questa visione così negativa, ma piena di struggimento?

Paolacon giugno 2010

8 Commenti a “ancora una riflessione sulla felicità di paolacon”

  1. Nikolas scrive:

    La felicità è dipingere sulla tela del nostra coscienza un sole ed una raggiante luce; il quadro finito brillerà e si illuminerà di conseguenza.(da IL DIARIO POSITIVO)http://thepositivdiary.blogspot.com

  2. silvana1.ge scrive:

    Commenti abilitati Rispondo a Lorenzo.rm
    La felicità legata a soddisfazione intellettuale io la definisco gratificazione. Un sentimento che può essere costante nel tempo e quindi sconfina nella serenità (assenza di preoccupazioni, orgoglio di sè)
    L’aspetto che ho messo in evidenza io non è affatto legato all’edonismo, ma è un sentire estemporaneo che può essere attivato da ciò che mi circonda come l’incanto della natura in tutte le sue manifestazioni(un panorama mozzafiato, i colori, i profumi ecc), ma anche dal sorriso di uno dei bambini che seguo, che mi fa capire al di là delle parole quanto mi vuole bene, dal tenero abbraccio di mia madre che si sorregge a me.
    In quell’istante io mi sento totalmente in armonia con il mondo circostante. Si tratta, appunto, di attimi, cioè flashs di felicità autentica. In altre parole sono emozioni forti che mi danno benessere e non saprei nè voglio verbalizzare in alcun altro modo.

  3. Lorenzo.rm scrive:

    Una sola cosa direi: non leghiamo la felicità allo “star bene”, alla soddisfazione dell”avere”. Non c’entra niente. Leghiamola a soddisfazioni intellettuali, a stati della mente, ad azioni degne compiute. Ma non all’edonismo.

  4. silvana1.ge scrive:

    Commenti abilitati
    La felicità piena è quel sentimento forte che affiora improvviso,prende totalmente e sul piano somatico si traduce in un effluvio di endorfine che creano benessere psicofisico.
    La felicità è un flash unico, irripetibile, a decrescere. E’ un’emozione che ha caratteristiche di unicità perchè, anche se motivata da stimoli analoghi, non si ripete mai allo stesso modo, con gli stessi vissuti.
    La felicità vera è dunque fatta di attimi, hic et nunc e mi piace immaginarla come un movimento circolare: un’onda che si crea ma si ritira quasi repentinamente.Non è importante in quei momenti sapere che non durerà, la si assapora perchè è troppo preziosa. Nulla di questo sentire può essere inquinato dalla realtà.

  5. giuliano4r.m. scrive:

    Siamo sempre alla ricerca di emozioni e sensazioni che ci facciano star bene,cerchiamo quella sensazione di benessere che possiamo chiamare felicità.
    Argyle,il maggiore studioso di questa emozione,dice:
    la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere scomposto in termini di appagamento in aree specifiche quali ad esempio il matrimonio, il lavoro, il tempo libero, i rapporti sociali, l’autorealizzazione e la salute.

  6. lucy.tr scrive:

    A coronamento di quello detto fin’ora, vorrei aggiungere questo articolo:
    Come si raggiunge la felicità? Si sa, servono coraggio e sofferenza. Lo conferma una ricerca dell’università di San Francisco pubblicata dal “Journal of Happiness Studies”. Quando, per esempio, ci si trova a dover risolvere un impegnativo problema di matematica, ci si sottopone ad una forte dose di stress e di ansia, ma nel lungo periodo, spiegano gli studiosi americani, si ottengono grandi benefici per l’umore e lo stato psicologico in generale. Immagino dopo aver risolto (felicemente)qualche centinaio di quesiti matematici. Oppure si fa come una lettrice che scrive da Milano, trentacinque anni, laureata in filosofia, impiego sempre precario, da segretaria a cameriera. Lei la felicità per ora l’immagina soltanto o l’ammira attraverso un vetro: ”Mi piaceva una camicia di seta grigia, costava 98 euro. Non ho avuto il coraggio di comprarla. Finchè resterà in vetrina troverò il tempo per andare ogni giorno a guardarla un po’”.

    Dario Cresto, La felicità in vetrina, in La Repubblica 5.11.2009

  7. lieta scrive:

    la felicità che riteniamo prossima sempre migliore della precedente stato d’animo accettante il futuro pregno di belle sorprese perchè mettiamo meglio a fuoco la vita la felicità delle vere buone intenzioni costruttive stare con gli altri in stato ricettivo produttivo positivo de comunicazione di bellezza vera totale no solo estetica molto + interiore sentire e trasmettere positivita’ quasi assoluta nei ns brandelli di vita al massimo
    ciao

  8. marc52 scrive:

    Commenti abilitati
    Riporto una sintesi di Salvatore Natoli, insegnante di Filosofia della Politica alla II Università di Milano.
    Nel tessuto dei concetti che descrivono la vita umana, la felicità è tra i più mobili e difficili da catturare, ma è anche il più immediato e irrinunciabile. A che cosa possono aspirare gli esseri umani se non alla felicità? Gli individui desiderano stare bene, realizzare le loro aspirazioni e vivere la propria vita. Come possiamo vivere e sentirci attivi e padroni di noi stessi, se siamo nel dolore o nella desolazione? Ma alcune morali, come quella cristiana, hanno incoraggiato invece l’autorepressione o la coltivazione di alcuni sentimenti, come i sentimenti di mitezza e di compassione e una disposizione al sacrificio e alla rinuncia e la moderazione o la vera e propria soppressione di altri, come l’orgoglio o l’ambizione o disposizioni rivolte alla realizzazione della propria natura. La felicità realizzata, compiuta e perfetta non è più felicità “vera”. Assomiglia più a una beatitudine, a una condizione angelica, che è forse solo una idealizzazione, dove mettiamo a tacere le nostre aspirazioni e le nostre ansie più profonde, anziché dare loro una risposta. Esiste, nel meccanismo della felicità, la necessità del contrasto, del passaggio da una condizione dello spirito a un’altra. Ci appaga il confronto, la comparazione dei sentimenti. E’ per questo che la felicità appare spesso, solo in momenti isolati. La sua condizione duratura, quella che appartiene alle abitudini acquisite e agli stili di vita, sembra sempre di una qualità inferiore rispetto alla luce cristallina con cui ci toccano i singoli attimi di felicità, in cui il turbinio della vita, in cui siamo immersi, diventa, per un momento, soltanto lo sfondo.
    Un esempio di felicità come trasporto, per esempio, di un attimo, è rappresentato, per esempio, dal Bacio di Gustav Klimt. Pensate agli amanti presi dal vortice, dal trasporto del bacio. Quell’immagine è tutta da studiare, perché mostra una doppia faccia della felicità: la felicità nell’attimo di sentirsi felici e l’attimo seguente che, immediatamente, svanisce. Nell’attimo in cui ci si sente felici non si ha una percezione diretta dell’attimo, bensì l’abolizione del tempo stesso. E’ questa la caratteristica tipica dell’attimo. Noi diciamo che: “la felicità è breve”, solo se la guardiamo nel momento stesso in cui siamo caduti dall’attimo. Ma nell’attimo, nel momento in cui l’uomo si sente felice, esso prova felicità proprio perché il tempo svanisce.
    Il libro:(La felicità. Saggio di teoria degli affetti.)

    ODE AL GIORNO FELICE

    Questa volta lasciate che sia felice,
    non è successo nulla a nessuno,
    non sono da nessuna parte,
    succede solo che sono felice
    fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

    Camminando,dormendo o scrivendo,
    che posso farci, sono felice.
    sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
    sento la pelle come un albero raggrinzito,
    e l’acqua sotto,gli uccelli in cima,
    il mare come un anello intorno alla mia vita,
    fatta di pane e pietra la terra
    l’aria canta come una chitarra.

    Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
    tu canti e sei canto,
    Il mondo è oggi la mia anima
    canto e sabbia,il mondo oggi è la tua bocca,
    lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
    essere felice,
    essere felice perché si,
    perché respiro e perché respiri,
    essere felice perché tocco il tuo ginocchio
    ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
    e la sua freschezza.
    Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
    con o senza tutti, essere felice con l’erba
    e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
    essere felice con te,con la tua bocca,
    essere felice.

    (Pablo Neruda)

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