LE MUSE (varia umanità, cultura)

 

festa della musica 2010

Un’esplosione di luci e colori e poi suoni, suoni di tutti i tipi e musica ad ogni livello ed in ogni angolo di strada, gente che invade le strade, le piazze a migliaia, da per tutto, piena di brio, vivacissima e gioiosa.
Col solstizio del 21 giugno siamo finalmente entrati nell’Estate, è arrivata, tanto s’è fatta desiderare ed è stata festeggiata in tutta Europa con molto onore. È questa la notte più corta dell’anno, dipende dalla latitudine naturalmente, ma al Nord oggi il sole non tramonta mai… o quasi.

E per rendere questa giornata ancora più lunga è stata istituita, nel 1984, ufficialmente, in tutta Europa e anche a New York, la “festa della musica”, in Francia in particolare, ad opera dell’allora ministro della cultura Jack Lang. Ormai è un’istituzione ed ogni anno si ripete con grande allegria.Parigi è esplosa, è tutto un suono e se ne sentono dei più disparati: rock, metallari, samba, percussioni, violini, trombe, musica araba, tamburi, quintetti classici, fisarmoniche, vecchie canzoni francesi e addirittura canto gregoriano.
Una banda di sole trombe ed un gruppo di bonghi, tre sassofoni insieme ed una corale di quaranta persone. Variazioni musicali sul tema di una melodia nota, eseguita da tre ragazze dalla voce armoniosa capaci di trascinare tutto il pubblico a cantare. Un violino, da solo, trascina tutti a ballare un vecchio valzer “musette”.
È la festa universale, tutti si sbizzarriscono e suonano quello che sanno, ma con grande impegno. Ogni cinquanta metri c’è musica diversa e si formano capannelli ed a seconda  dell’interesse che i musicisti suscitano, gli ascoltatori sono più o meno numerosi. E partecipano stimolati.


Com’è eterogeneo e colorato il pubblico… : ci sono turisti di passaggio, piacevolissimamente sorpresi dalla festa che si è presentata inaspettata per loro, tante famiglie con bambini, questi ultimi gradiscono la musica più di qualunque altro, persone di ogni età, anche gli anziani sono numerosimi; ma ci sono soprattutto giovani e giovanissimi prorompenti di chiassosa allegria. Ognuno alla festa dà un contributo attivo: cantando insieme a chi suona, ballando o semplicemente applaudendo calorosamente alla fine dell’esecuzione. È un effetto sorprendente e la città è viva e pulsante fino a notte inoltrata, come se fosse giorno. Suoni , colori, visi sereni, sorridenti, qualche volta commossi, ma tutti talmente contenti.
Ben venga l’apoteosi del suono se rende tutti un poco migliori. Evviva questa vivacità rumorosa. Ben tornata Estate, ti sei meritata un’accoglienza degna.
Paolacon  22 giugno 2010

7 Commenti a “La festa della musica scritto da paolacon”

  1. antonio2.li scrive:

    Marc quello che tu dici mi sembra piu che giusto.Leggere per conoscere è una cosa bellissima.Ma visto che internet è alla portata di tutti la cosa si risolve facilmente con la citazione del sito dove approfondire l’argomento può essere utile per spiegare meglio quello che si vuol dire la citazione testuale di una tabella statistica che illustri con numeriquanto si cerca di dire a parole ma poi la sintesi credo che debba essere personale cosi si impara meglio a conoscere il pensiero di chi scrive.Questo volevo dire poi è logico ciascuno segue il comportamento che preferisce.Lungi da me il voler dettare delle regole.

  2. marc52 scrive:

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    Antonio “ grande”, io propongo e cerco quello che confà con le mie convinzioni , i miei pensieri il mio modo di vedere e di essere. Poi tu sai che la ricerca mi stimola, mi diverte , mi arricchisce cul-turalmente. Devo leggere per poi riportare sul commento ,quindi… imparo. Sono affamato di conoscere, finché mi diverto continuo. Scusate la divagazione sul tema parigino- musicale -estivo.

  3. antonio2.li scrive:

    Bell’articolo Paola chissà che il ritorno alle feste pagane ci allontani dalle feste del consumismo brutte perche non sentite ma che seguono solo le mode.Marc quando avremo il piacere di sapere cosa pensi dei vari articoli.Spero che la prossima volta tu non ci appiopperai cosa in proposito pensa l’encoclopedia treccani.non te ne avere a male ma sui blog sono importanti i commenti personali.Per tornare in argomento hai ragione Giulio la musica ingentilisce i cuori e quest’anno che è l’anno dedicato a Shumann di musica bella da ingentilire i cuori ce n’è tanta speriamo che gli effetti si facciano sentire

  4. Guglielmo scrive:

    Paola sentire una bella melodia fa bene al cuore, in qualsiasi momento, ma se il suono è accompagnato da la bella stagione è il massimo…. sole ti fa sentire bene, dentro e fuori, come in un sogno di una notte di mezza estate. Grazie per il tuo scritto Paola, mi a dato melodia al cuore

  5. marc52 scrive:

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    La musica, non ci piove é vita, cultura, è gioia,fantasia è anche matematica (vedi spartito). Ma vediamo cosa è.. L’estate che si fonde con la musica in queste serate parigine gioiose e spensierate.
    21 giugno, Solstizio d’Estate: in questo giorno – conosciuto come il più lungo dell’anno – il sole culmina allo zenith, ovvero si trova nel punto più alto della volta celeste. Le giornate solstiziali nelle tradizioni precristiane erano sacre e ancora oggi ciò si riflette in una festività cattolica che cade qualche giorno dopo il solstizio canonico, al 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista. Va detto che i moderni gruppi neopagani e neodruidici celebrano tuttora il giorno di “Midsummer” (Mezza Estate, per citare Shakesperare) e i riti solstiziali che si svolgono in particolare a Stonehenge richiamano sempre migliaia di persone.
    I giorni solstiziali includono alcune fra le celebrazioni più popolari dell’Occidente e poiché il sole trionfa nel cielo, le antiche tradizioni collegavano questo periodo dell’anno con la comunicazione diretta fra visibile e invisibile.
    Il gran numero di usanze e di piccoli rituali ancora oggi vivi in tutta Europa testimoniano che il solstizio estivo, insieme a quello invernale, resta uno dei periodi più amati e profondamente intessuti nella cultura popolare. E ai vecchi nomi ne subentrano di nuovi… per esempio, nell’antica Roma i due solstizi erano consacrati a Giano bifronte, il dio guardiano delle soglie e dei passaggi.
    I popoli antichi chiamavano i due solstizi “porte”: Porta degli Dèi o degli Immortali quello invernale, Porta degli Uomini quello estivo. Omero descriveva nell’Odissea un misterioso antro dell’isola di Itaca nel quale si aprivano due porte. Il poeta spiegava che la porta degli uomini è rivolta a Borea, cioé a Nord (e infatti al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste), mentre quella degli dèi e degli immortali è volta a Noto, ovvero a sud, perché l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore.»
    Il termine “Solstizio” significa “Sole stazionario” e indica che in questo momento astronomico l’astro non si alza né si abbassa rispetto all’equatore celeste. Nell’esatto mezzogiorno astronomico le ombre degli edifici e dei pali scompaiono del tutto; sempre in quest’occasione, al tropico del Cancro è possibile osservare l’immagine del disco solare nel fondo dei pozzi, riflesso dall’acqua anche a decine di metri di profondità.
    Un riferimento astronomico molto importante, come abbiamo visto è l’equatore celeste. Si tratta della proiezione (immaginaria) sulla volta celeste dell’equatore terrestre: è un semicerchio e mostra il percorso del sole.
    Il fascino della festa patronale dedicata a S. Giovanni risiede ancora oggi nei fuochi che si accendevano facendo ardere mucchietti di resina, per andare poi a osservarli da lontano, la sera. Fino a qualche decennio fa, i fuochi di San Giovanni venivano accesi in tutta la Valle Camonica, soprattutto dai paesi collocati più in alto, in modo che potessero essere ben visibili da lontano. Questi falò continuano la tradizione di antichi riti pagani legati al solstizio d’estate: sono praticati dall’Irlanda alla Russia, dalla Svezia alla Grecia e alla Spagna. Documenti del XVI secolo testimoniano tale consuetudine in quasi tutti i paesi della Germania; i rituali intorno al fuoco erano connessi alla fertilità del raccolto, alla salute, alla buona sorte, a proteggere dai fulmini. In Austria, nel Salzkammergut e nella zona di Bad Goisern vicino ad Hallstatt (culla dei Celti della prima Età del Ferro) si usa ancor oggi accendere grandi falò sui fianchi delle montagne la sera del 23 giugno; celebrazione analoga è lo Highlight, un immane falò solstiziale che viene acceso a Schwarzenbach durante il Keltenfest, la festa dei Celti.
    Per alcuni la festa di S. Giovanni sarebbe la trasformazione di un antico culto solare (un riferimento preciso è reperibile nella festa romana del 24 giugno indicata come “solstitium” o “campas”), che rivela quindi radici profonde nella tradizione rituale precristiana. Molto importante non dimenticare il legame con l’antica società agraria, che con il culto del sole aveva un forte legame simbolico. Un esempio del culto solare in ambito agricolo è rappresentato dal tradizionale gioco delle “ruzzole” praticato nell’Appennino modenese. Questa tradizione, che qualcuno vuole celtica e qualcun altro pre-celtica, ha trovato la sua massima espressione nel lancio di grandi ruote di legno accese e non di rado inghirlandate. Secondo Frazer (in “Il Ramo d’oro”), «si riferisce al ciclo discendente del sole, avente inizio nella data rituale in questione e risponde all’intento di sfondare ritualmente il nuovo anno astronomico dando, in senso magico, il via a un favorevole corso del sole, identificato nella ruota».
    Il lancio delle ruote infuocate è ancora vivo con le “cìdulis” delle Alpi orientali del Friuli; normalmente, prima di lanciare la sua “cìdule”, il lanciatore grida «vòdi cheste cìdule onor di…» (dedico questa ruota di fuoco in onore a…) e accompagna l’esclamazione con il nome del santo festeggiato. Queste ruote avvolte di paglia e incendiate, sono state interpretate come tentativi di ricostruzione simbolica del ciclo solare.
    Nonostante la demonizzazione secolare dei culti agresti (ancora oggi si mormora che nella notte di S. Giovanni le streghe celebrerebbero i propri rituali), alcuni aspetti tipici di questa festa pagana non si sono spenti e hanno mantenuto una propria vitalità, conservando alcune caratteristiche: oltre ai fuochi, le sfilate, le danze, i giochi, il coinvolgimento collettivo in genere e soprattutto intorno al gran falò finale. Un’altra pratica legata a S. Giovanni è la danza intorno alle grandi pietre megalitiche, considerate cariche di poteri magici.
    Da sempre, con il fuoco si mettono in fuga le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Intorno ai fuochi dunque si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi: le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell’aria scura promesse d’amore e di fortuna…
    Trascorrendo la notte nelle piazze e in campagna, presso fonti e fiumi, non solo si cantava e si danzava per tutta la notte, ma si prediceva la sorte e si raccoglievano erbe e foglie che venivano battezzate nelle acque da compari e comari, per essere poi devotamente appese in casa, appese alle pareti, per un intero anno.
    Le erbe raccolte nella notte di S. Giovanni erano ritenute speciali, le più adatte per preparare pozioni magiche e medicamentose, potenti filtri, e per preparare incantesimi. Non va considerata un’idea superstiziosa, ma piuttosto la consapevolezza (dovuta anche alla pratica) che solo in alcuni giorni dell’anno era possibile ottenere i massimi principi attivi (effetto balsamico) dai poteri vegetali. . In questa magica notte, oltre alla raccolta delle erbe, era d’uso anche bagnarsi gli arti sofferenti con la rugiada. Uomini e donne che rotolavano nudi nei prati per assorbire il potere della rugiada.
    I fiori cari a San Giovanni: l’artemisia, l’arnica, le bacche rosso fuoco del ribes, l’erica e la verbena, della quale è credenza diffusa che, colta a mezzanotte della vigilia di San Giovanni, costituisca un’infallibile protezione contro i fulmini, ed è conosciuta in Bretagna come “erba della croce”, perché si ritiene che protegga chi la porta con sé da qualsiasi male; è nota anche come “erba della doppia vista” perché il berne un infuso facilita la visione di realtà altrimenti nascoste.
    Tratto da Trigallia.com

  6. alba morsilli scrive:

    tu parli scrive dell’estate come un sogno tanto desiderato accompagnato dal dolce suono della musica di ogni genere. la gente ha voglia dell’estate con lei il sole che ti rende tutto meno triste, poi nei paesi nordici dove manca per mesi è un regalodi dio.
    ben vengano queste feste popolari dove sentiil calore umano.
    Però mi domando avete festeggiato sotto la pioggia ?
    perchè di estate non si è visto ancora niente, anzi il mal tempo

  7. Giulio Salvatori scrive:

    Diceva il mio vecchio maestro :- LA MUSICA INGENTILISCE I CUORI – Continuo io: un musicista non può essere cattivo d’animo, come potrebbe donare suoi , armonia, melodia?Genitori, nonne e nonni, avvicinate i vostri figli e nipoti alla musica . Riceverete grandi sodisfazioni.Grazie Paola

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