LE MUSE (varia umanità, cultura)

Avere avuto le scarpe rotte nell’infanzia ci ha fatto crescere più in fretta?

Questo racconto-confessione di Alba mi fa riflettere sulle “scarpe”, ma anche sull’animo umano. Adesso abbiamo tutti scarpe in buono stato, anche a volte molto care. Per gli adolescenti, le scarpe sono fondamentali, devono essere di marca, alla moda e costosissime. Le scarpe hanno il compito di fare da “biglietto da visita”, dicono a quale gruppo appartiene il loro proprietario e lo fanno sentire come gli altri, quindi non diverso. Lo rassicurano. Sono viziati i nostri adolescenti.

Che differenza con le scarpe di Alba e con quelle di una delle mie scrittrici favorite: Natalia Ginzburg!
Mesi fa (29 / 04/ 2009) in questo blog scrissi una riflessione proprio sulle scarpe: “le scarpe rotte fanno crescere?” Riprendo quell’articolo quasi per intero, per poterne parlare insieme, con chi ne avrà voglia. È un argomento che mi è caro, e si ricollega facilmente allo scritto di Alba.
Cioè il fatto di avere avuto delle difficoltà in giovane età è positivo o negativo?
Ci rende più forti o più deboli?

La scrittrice Natalia Ginzburg nel 1945, nell’immediato dopo guerra, era residente a Roma, era sola, era lontana dai figli e viveva un momento molto tragico della sua vita. Possedeva un solo paio di scarpe, per giunta rotte e non poteva farle aggiustare perché altrimenti sarebbe stata costretta ad andare scalza il tempo della riparazione.

“Io ho le scarpe rotte e l’amica con la quale vivo in questo momento ha le scarpe rotte anche lei. Stando insieme parliamo spesso di scarpe. Se le parlo del tempo in cui sarò una vecchia scrittrice famosa, lei subito mi chiede: “Che scarpe avrai?” Allora le dico che avrò delle scarpe di camoscio verde, con una gran fibbia d’oro da un lato.
Io appartengo a una famiglia dove tutti hanno scarpe solide e sane. Mia madre anzi ha dovuto far fare un armadietto apposta per tenerci le scarpe, tante paia ne aveva. Quando torno fra loro, levano alte grida di sdegno e di dolore alla vista delle mie scarpe. Ma io so che anche con le scarpe rotte si può vivere. Ero stata viziata dalla vita prima,sempre circondata da un affetto tenero e  vigile, ma quell’anno qui a Roma fui sola per la prima volta… ”

In un altro passaggio l’autrice fa delle considerazioni sui suoi figli: “I miei figli dunque vivono con mia madre, e non hanno le scarpe rotte finora. Ma come saranno da uomini? Voglio dire: che scarpe avranno da uomini? Quale via sceglieranno per i loro passi? Decideranno di escludere dai loro desideri tutto quel che è piacevole ma non è necessario, o affermeranno che ogni cosa è necessaria e che l’uomo ha il diritto di avere ai piedi delle scarpe solide e sane?”

Ed infine Natalia Ginzburg conclude dicendo che, quando sarà di nuovo a casa, e tornerà ad occuparsi dei suoi figli, sarà una madre sollecita “baderò che i miei figli abbiano i piedi sempre asciutti e caldi, perché so che così deve’essere se appena è possibile, almeno nell’infanzia. Forse anzi per imparare poi a camminare con le scarpe rotte, è bene avere i piedi asciutti e caldi quando si è bambini.

Con queste parole si chiude lo scritto di Natalia Ginzburg [Tratto da “Le scarpe rotte” in “Le piccole virtù”  edizione Einaudi]
e mi fa riflettere su due punti!

Chiaramente le scarpe sono un’allegoria e mi fa riflettere su che cosa sia meglio: avere un’infanzia protetta o no? Se nell’infanzia abbiamo avuto scarpe calde e asciutte siamo più forti poi nella vita da adulti?      O è vero il contrario?

Ed infine concludo domandandomi:
è un bene coccolare e viziare i figli in modo alle volte irragionevole?
Li farà sentire più forti o no in futuro?     Paolacon 04 /giugno/ 2010


8 Commenti a “Le scarpe rotte ci hanno fatto crescere meglio? scritto da paolacon”

  1. marisa scrive:

    sono convinta che non sono i ragazzi viziati ma i genitori che non sanno più dire di no si dovrebbe tornare ancora quando i genitori ,erano genitori non fratelli come ora., pensano cosi di conguistare la loro fiducia e fanno il loro male,

  2. albamorsilli scrive:

    con la mia vita di rinuncio o insegnato a miei figli il valore del del denaro. se vi ritorna alla mente ricordate i salvadanai che le banche distribuivano ebbene io con quelli ho insegnato ad ogniuno di loro il risparmio, il non spreco, il sudarsi qualcosa prima di averla.A questo modo non ho faticato molto a far capire loro che tutto non si può avere bisogna anche sapersi aoontentare.
    così loro lavoravono nelle vacanze estive per levarsi dei sfizzi ed ora sono madri epadri ammirevoli

  3. silvana1.ge scrive:

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    Ottenere tutto senza sacrifici è la condizione di normalità in cui si trovano i giovani di oggi.Tuttavia,stimolare in loro il senso dell’attesa è un modo per far apprezzare di più l’oggetto del desiderio.
    Obbligare i figli a troppe rinunce è sbagliato e fuori dal tempo.Occorre invece mettere in campo la nostra autorevolezza di educatori attraverso il dialogo costante, che sottolinei la necessità di essere consumatori responsabili, modulando il messaggio in base alle tappe evolutive raggiunte dai figli.Il desiderio di avere sempre di più, può essere quanto meno arginato se nel contesto familiare si attua un progetto educativo che passi attraverso comportamenti coerenti e la rinuncia agli sprechi.
    I ragazzi troppo viziati e iperprotetti non sviluppano pienamente le loro potenzialità umane perchè insicuri ed impreparati a riflettere sul loro modo di rapportarsi al mondo circostante.Corrono il rischio di non essere protagonisti delle loro esistenze.
    Facciamoli sentire molto amati, sosteniamoli sempre nelle loro difficoltà , ma non rinunciamo a proporre valori positivi.
    Solo così potremo rappresentare per i nostri figli quel punto di riferimento di cui hanno assoluto bisogno, cioè un porto sicuro da cui salpare ed a cui …ritornare

  4. Giulio Salvatori scrive:

    Ho già detto nel mio articolo su -Veronica- che:- Se i miei genitori compravano le scarpe a mia fratello, non le compravano a me e viceversa- Si ! Sono convinto che le scarpe rotte aiutano a crescere, come la fatica ed il sudore.Ho un amico grande industriale , oggi. E siccome è cresciuto con le -scarpe rotte,- suo figlio che voleva il motorino, l’ha fatto lavorare nella propria azienda , dopo la scuola, il necessario per comprare il motorino, la patente e l’assicurazione .Rari, rarissimi, questi genitori .Il solito maledetto toscano

  5. franco muzzioli scrive:

    Da vecchio padre e nonno ,mi trovo molto nei dubbi di Lorenzo e della Ginzburg, ma vedendo come va il mondo ,dove ci sta portando un consumismo assurdo ed incontrollato ,forse mi vien da dire che i sacrifici contano,fanno maturare ed apprezzare maggiormente quello che di buono ci dona la vita. Grazie Paola! Articolo molto bello e stimolante.

  6. alfred scrive:

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    Bella domanda!
    Allora le scarpe avevano un’importanza diversa da quello che possono avere oggi: allora le scarpe essenzialmente proteggevano il piede.
    Lo proteggevano dai sassi della strada, dagli escrementi degli animali , dal freddo dell’inverno , dalla pioggia. Allora per questo non erano necessarie decine di scarpe , ne bastavano un paio o due.Uno un po’ più buone per la domenica. Per i ragazzi la scarpa rotta era la possibilità di tirare calci in tutta tranquillità con la certezza che mamma non avrebbe brontolato . Per coloro che di scarpe ne avevano un paio solo
    allora si che era un problema: dovevano tirare calci cercando di non
    rovinarle. Avrebbero dovuto andare a scuola con le scarpe “affamate”.
    Aver avuto la fortuna di avere diverse paia d scarpe significava appartenere ad un ceto più agiato. Avere le scarpe in tinta con gli abiti ,
    specie per le bambine era il massimo. I maschietti si accontentavano delle scarpette bianche rinnovate la domenica col “bianchetto”una crema bianca di cui dubito qualcuno conosca la provenienza.
    La scarpa rotta può aver insegnato a vivere?
    Come altre cose importanti la rinuncia a quello può portare a desiderare il meglio nella vita .
    Se oltre la scarpa rotta avevi anche la buona hai avuto la possibilità di imparare a discernere tra l’utile e l’inutile, il necessario e il superfluo,
    la cosa di valore e quella che ne ha meno.

  7. lucy.tr scrive:

    Trovo di grande interesse l’articolo” Scarpe rosse”.Leggendo ho detto, LUPUS IN FABULA,sono infatti nonna di una adolescente di 14 anni, che ha avuto tutto l’affetto e i beni materiali per una crescita sana nel fisico e nella mente.Ora sta vivendo una normale crisi adolescenziale,mettendosi in contrasto con tutti e con tutto cio’ che la circonda.E’ naturale quindi chiedersi quale sia l’atteggiamento migliore da tenere.I genitori hanno preso una posizione molto severa,io, come nonna sostengo che un atteggiamento molto severo puo’acutizzare ancora di più la sua ribellione.Nom nego tuttavia che delle regole il rispetto sono indispensabili.E’ difficile trovare l’atteggiamento giusto da tenere,speriamo che i genitori ci riescano…. non dimentichiamo che i figli sono il nostro futuro

  8. Lorenzo.rm scrive:

    Non è una risposta facile. Le difficoltà, soprattutto economiche o anche dovute a carenze d’affetto e altro, fanno bene alla crescita dei ragazzi? Qualcuno dice di sì, qualche altro di no. E, in effetti, tutto rimbalza sull’essere, che reagisce a modo suo. Ma anche l’essere è frutto in gran parte dell’ambiente, viene permeato dall’ambiente in cui è vissuto. E allora? Forse è anche un problema di “quante” esperienze negative si sono avute, tali da rendere più o meno reattive alle difficoltà le persone. Ma si ritorna al dilemma di prima. E si ritorna alle esperienze personali. Io, come tutti i genitori penso, non ho privato i miei figli di ciò che non ho avuto. Qualche volta ho avuto l’impressione che sarebbe stato meglio farli crescere con qualche sacrificio in più. Ma, credetemi, è stato lo spazio di poco. Partendo da una situazione peggiore e guardandosi indietro si vuole migliorare. Si chiama desiderio di rivalsa. E anche la rivalsa può servire a far crescere meglio. O no? Alla fine non so rispondere, scusatemi.

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