Estate di San Martino
Questo periodo dell’anno, intorno alla metà di novembre è caratterizzato da una serie di giornate calde e soleggiate dopo un periodo di gelo o di forti piogge. È  “l’estate indiana” come l’hanno sempre chiamata i nativi del Nord America, che un tempo approfittavano di questo particolare periodo per terminare il raccolto prima del sopraggiungere dell’inverno. Ma il fenomeno non si ripete necessariamente tutti gli anni.


Così nel Nord America, invece in Europa, questo periodo dell’anno è legato alla data dell’11 novembre, San Martino; ma c’è una similarità anche questo periodo si chiama “estate” l’estate di San Martino. Anche qui la tradizione è legata al mondo agricolo: infatti “a San Martino ogni mosto diventa vino”
Tradizionalmente durante questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del vino novello, che solitamente viene abbinato alle prime castagne.
Per evocare ricordi scolastici
questa tradizione è celebrata anche in una famosa poesia di Giosuè Carducci
intitolata appunto San Martino:

La nebbia a gl’irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;

Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.

Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar

Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar.

(San Martino; Giosuè Carducci)

Pino1.sa ci ricorda le origini cristiane della data 11 novembre : San Martino di Tours, vescovo.
Martino nacque nel 317 in Pannonia (Ungheria) da un tribuno militare e fu educato a Pavia. Costretto ad arruolarsi nell’esercito imperiale, in questo ambiente ebbe modo di incontrare la fede cristiana e vi aderì. Dal suo biografo Sulpizio Severo veniamo a sapere che il giovane soldato, ancora catecumeno, incontrò un povero, tremante di freddo, alle porte di Amiens e, non avendo altro da offrirgli, gli diede metà del suo mantello militare. La notte successiva Cristo, apparendogli in sogno, gli fece udire queste parole: “Martino, ancora catecumeno, mi ha coperto con questo mantello”. Nel 337 fu battezzato e, ispirato dalla figura di Ilario di Poitiers, decise di dedicarsi alla vita monastica; ma intervenne l’esilio inflitto dagli ariani a Ilario, che indusse Martino a ritornare in Pannonia, ove convertì la madre alla fede cristiana.


Al rimpatrio di Ilario a Poitiers anche Martino tornò e potè realizzare il suo desiderio, fondando insieme a Ilario il monastero di Ligugé, il più antico d’Europa. Eletto vescovo di Tours nel 371, iniziò la sua grande opera pastorale dedicandosi alla conversione dei Galli, impegnandosi nella pacificazione tra ariani e ortodossi e nell’evangelizzazione missionaria delle campagne, dove creò le prime parrocchie rurali. Restò comunque sempre fedele alla sua vocazione monastica, continuando a vivere come monaco nel nuovo monastero da lui stesso fondato presso Tours, il cenobio di Marmoutiers, dove condusse con alcuni monaci-preti da lui formati, una vita di comunione fraterna, di condivisione dei beni, di preghiera comune e di predicazione.
La tradizione legata al mondo delle campagne ha fatto di Martino uno dei santi più popolari e amati, inventando una miracolosa estate di san Martino. Morì l’8 novembre 397 a Candes vicino a Tours.  giorni precedenti e successivi

11 Commenti a “Estate di San Martino proposto da Pino1.sa”

  1. Lorenzo.rm scrive:

    E’ merce sempre più rara quella che Pino e Paola hanno riportato in superficie. E tanto più gradita in questi tempi in cui le tradizioni non hanno estimatori se non invisibili. Grazie.

  2. titina.is scrive:

    Nei giorni di novembre vicini all’estate di S. Martino, quando ero bambina, si svolgeva un lavoro tipico della nostra tradizione contadina, bisognava “scartocciare” le pannocchie secche per poi sgranarle. Questo era un lavoro che si faceva di sera con tanta gente che aiutava, seduta intorno alla montagna di pannocchie, era una festa per grandi e piccoli. Il padrone di casa spillava il vino novello e lo offriva agli “ospiti aiutanti” accompagnandolo alle castagne lesse…..alla fine della serata, quasi sempre a notte fonda, si tornava a casa un po’ stanchi, ma felici, a volte anche troppo felici, complice il buon vino novello che aveva rinfrescato abbondantemente le gole di tutti!!!!

  3. pino1.sa scrive:

    Grazie a voi tutti ma il merito del lavoro va a Paola, io ho solo ricercato in rete i cenni storico-biografici di San Martino, comunque vedo con piacere che anche queste poche righe hanno riportato alla vostra mente e soprattutto ai vostri cuori quegli odori, sapori e saperi antichi ormai sopiti o quasi del tutto svaniti, segno che in tutti voi c’è fuoco che cova sotto la cenere!….AUGURI!

  4. novella scrive:

    non per essere prolissa ma fiorello ce l’ha cantata la poesia di carducci co note allegre e testo malinconico ciao

  5. paolacon scrive:

    Grazie Edis accettiamo volentieri, poi addirittura un bel vino genuino piemontese e grazie a Pino che ci ha aiutato tutti a ritrovare i nostri ricordi, tra castagne, fuoco scoppiettante e vino, in un’atmosfera così conviviale.

  6. edis.maria scrive:

    Che bello rivivere ricordi e giorni lieti e semplici come hanno raccontato i miei predecessori Anche io ho vissuto questi incontri familiari nelle case dei nonni bevendo quel vino, frutto di lavori intensi ed accurati. La prima volta che bevetti un po’ di vino fu proprio in una di queste feste.Ero piccola e la mamma non gradiva, ma mio nonno disse : “A fa pa mal, a l’è al nost vin” ( il piemontese è maccheronico ! ahhhhhh!!! ). Se adesso avessi qualche castagna e un bel bicchiere di quel vino, brinderei alla vostra salute !!!!!

  7. ANGELOM scrive:

    Grazie Pino, che hai sapientemente raccontato come tu solo sai fare, la vita e le vicende di S.Martino, per me sconosciuta.

  8. Giulio Salvatori scrive:

    Ho leto volentieri il testo su San Martino.Non entro certamente nel merito storico, sarei una nota stonata. Ma mi allargo un pò richiamando il vecchio proverbio:-Tutto il mondo è paese-Infatti anche dalle mie parti si ripetevano i gesti dei commenti che mi hanno preceduto. Una nostalgia semplice ma tanto cara all’animo.Se ci fate caso, si sento il profumo del vino e delle castagne.Sognare ad occhi aperti, non costa niente.Grazie Pino

  9. lucia1.tr scrive:

    Leggo con gioia e ripianto questa bella poesia, è facile rintracciarla nella memoria di coloro che, come me, hanno frequentato la scuola d’obbligo tanto tempo fa. Sicuramente questi versi ci evocano ricordi di piccoli borghi, di vecchie cucine con il focolare sempre accesso e lo spiedo che gira, proprio uguale a quella della mia nonna dove da piccola passavo le mie giornate. Ora tutto questo non c’è più, forse anche noi guardiamo il cielo, come cacciatore delle poesia, con la speranza di poter allontanare i cattivi pensieri simili agli stormi di uccelli neri.

  10. ANGELOM scrive:

    Per l’estate di S. Martino i ricordi riaffiorano, quando ero piccolo, circa 9 -10 anni, con mio nonno che produceva vino, aspettavamo proprio questo giorno per aprire la prima bottiglia. Intanto nel camino scoppiettante, la sera mia nonna preparava la padella bucata per cuocere le castagne, che io prima avevo tagliato accuratamente una ad una per non farle esplodere, una volta arrostite si mettevano in un panno di cotone e si schiacciavano per togliere la buccia più facilmente, poi le dividevamo fra noi e con un buon bicchiere di vino si chiudeva la giornata. Prima di andare a dormire ripassavo la poesia del Carducci che avevo imparato a memoria per recitarla il giorno dopo a scuola. Forse oggi questa festività passa inosservata, perché è venuto meno l’interesse per le tradizioni di una volta.

  11. franco muzzioli scrive:

    Detto interessante della campagna modenese e penso di tutta la regione padana è “Fèr Sàn Martèin ” (fare San Martino). In una società prettamente agricola e latifondista, significava traslocare o trasferirsi ,infatti se alla fine di novembre il proprietario terriero (al sgnòr padroùn ), non rinnovava il contratto di bracciantato ,il contadino era costretto con tutta la famiglia a cercarsi un lavoro in altra cascina ,abbandonando la casa (anch’ qùela dal padroùn) per trasferirsi appunto in altro luogo dove necessitava lavoro . Sono un bell’esempio i films “L’albero degli zoccoli e Novecento” (altro che precariato !!!!!) La data scelta era appunto l’11 di novembre durante la piccola estate di San Martino ,quado c’era ,perchè normalmente si traslocava nella nebbia e nella malinconia.

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