Nel quadro delle letture della domenica eccovi una leggenda che molto fa riflettere scritta da Titina.


La leggenda delle tre croci scritto da Titina

In un piccolo borgo del Molise, fatto di casupole di pietra arroccate sul versante del monte Majura, esistono, da tempo immemorabile, nella parte più alta del paese, tre croci di pietra, lavorate ognuna in forma diversa, delle quali nessuno conosce l’origine, tanto che il mistero che le avvolge ha scatenato la fantasia popolare sul motivo della loro provenienza. Si racconta, infatti, che al tempo in cui nella zona imperversava il brigantaggio, in una povera casa in prossimità delle tre croci, viveva una piccola famiglia, composta solo da una madre e da un figlio che conducevano una vita modesta, portata avanti con sacrifici e privazioni. Il figlio, stanco di soffrire, un giorno si rivolse alla madre con tono duro e amareggiato :

– Madre, sono stanco di questa vita, non voglio più vivere nell’assoluta miseria, ho bisogno di cambiare, voglio diventare ricco e potente -.

La madre, addolorata dalle parole del figlio, cercò di dissuaderlo, intuendo già l’incombenza del male sul futuro del giovane:

– Figlio mio- disse, con la voce rotta dal pianto- resisti e non farti prendere dallo sconforto, insieme riusciremo a sconfiggere la povertà e a vivere un’esistenza dignitosa!-

Il ragazzo, però, fermo nei suoi propositi, non diede ascolto alle accorate parole della mamma e le disse:

– Madre, ormai ho deciso, il mio destino è segnato, abbi cura di te!!!-

La madre, piangendo lo abbracciò:

– Figlio, sappi che, quando vorrai, le mie braccia ti accoglieranno sempre con amore e la nostra casa sarà il tuo rifugio sicuro!-

Il giovane decise di aggregarsi ad un gruppo di briganti che gli avrebbero offerto denaro e benessere in cambio dei suoi servigi:

– Sono pronto ad unirmi a voi – esclamò il ragazzo con voce ferma e decisa, – mettetemi alla prova e non vi deluderò!-

-.Mostraci il tuo coraggio, allora!- Replicò Toni il guercio, il più tristo e feroce dei briganti:

– Questa notte, nel bosco di Sant’Onofrio, passerà la carrozza di Don Carlo, il gran ciambellano di corte, che torna da un viaggio a Napoli, dovrai assaltarlo e derubarlo … vedremo cosa sarai capace di fare!-

Il ragazzo, sebbene intimorito da ciò che lo aspettava, rispose:

– Sarà fatto, vi porterò il bottino per dimostrarvi di avere eseguito l’ordine!-

E così, un giorno dopo l’altro, furono affidati al giovane gli incarichi più disparati ed egli li portò sempre a termine senza battere ciglio, tanto che il capo dei briganti, era sempre più sicuro che il giovane avesse le carte in regola per affrontare e risolvere qualsiasi azione nefasta;  però, per essere sicuro che il giovane avesse coraggio, audacia e spietatezza necessari per affrontare ogni situazione, anche la più truce, decise di sottoporlo ad una difficilissima prova….la prova delle prove:

– Ormai sei dei nostri, ma perché tu abbia tutta la nostra fiducia, dovrai dimostrare di essere capace di qualsiasi cosa…., per questo ti ordino di uccidere tua madre, di strapparle il cuore e portarlo a me. Vai ed esegui il mio ordine …. ora! – disse il brigante con aria di sfida.

Il giovane non esitò neppure un istante e corse a casa sua. La madre, vedendolo entrare con l’aria sconvolta, comprese che il figlio era sul punto di fare qualcosa di terribile, gli si avvicinò, gli prese le mani fra le sue dicendo:

– Figlio, guardami ti prego, perché ti nascondi al mio sguardo? Io non ho paura di nulla, se il mio sacrificio servirà a farti stare meglio, non esitare, ti ho dato la vita, ora la mia è nelle tue mani prendila e scappa via se è quello che vuoi!-

Il giovane cercava di prendere tempo, non riusciva a fare ciò che gli era stato chiesto, né a guardare la madre in viso e le diceva:

– Madre, ma come puoi pensare che io voglia farti del male? Sei l’unica persona cara che mi è rimasta, come potrei?-

Intanto nella sua mente turbinavano le parole e gli ordini che gli erano stati dati e, senza por tempo in mezzo, estrasse dal fodero il grosso coltello che portava alla cintura e uccise la madre, le strappò il cuore e, tenendolo, ancora palpitante nelle mani, uscì velocemente per recarsi dal capo a mostrare il trofeo della sua atroce azione.

Per la fretta di allontanarsi prima possibile dal luogo del misfatto, inciampò nei gradini che scendevano dalla porta e cadde pesantemente a terra.

Il cuore, sfuggitogli dalle mani, rimbalzò tre volte sul selciato e ogni volta che toccò terra, in quel preciso punto, nacque una croce.

Contemporaneamente da quel cuore ancora palpitante, si udì fuoruscire la voce della mamma che disse:

– Figlio, ti sei fatto male?-


11 Commenti a “La leggenda delle tre croci scritto da Titina.is”

  1. nicoletta scrive:

    certamente ben scritto ma che cupezza l’amore della mamma va sempre oltre ma sara giust sara sbagliato e da riflettere ciao e grazie

  2. Giulio Salvatori scrive:

    Condivido quanto scritto da Pino…Brava Titina

  3. porzia scrive:

    Ciao Titina ,non ti nascondo che vivo questo importante periodo dell’anno con grande intensità e con grande commozione ripercorrendo con raccoglimento le tappe della Passione e morte di Cristo e mi immedesimo nel dolore di sua madre nel vedere suo figlio innocente morire sulla croce.Questo racconto lo conoscevo in quanto anni fa ebbi la gioia di ascoltarlo in una omelia di un mio caro amico sacerdote.Ti assicuro che quel racconto mi è rimasto scolpito nella mente e non ho mai dimenticato quel gesto così nobile che solo una madre può fare per
    suo figlio .Le mamme si annullano e danno volentieri la vita per i figli in quanto essi vivono in simbiosi con loro e giustificano anche un gesto così inconsunto fatto da un figlio.Grazie Titina

  4. pino1.sa scrive:

    Dalle mie parti, nelle lunghe serate dedicate alla defogliazione delle spighe di granturco (mais), si raccontavano tali storie a volte dense di avvenimenti strani al limite tra la realtà e fantasia e c’era sempre qualche cugina più grande che le raccontava con dovizia di particolari, capace di tenere gli ascoltatori attenti e con la curiosità di saper come sarebbe andata a finire la storia. All’epoca la tradizione orale era molto attiva e la capacità di raccontare era superiore a quella di oggi, comunque tutte le storie erano sempe portatrici di una morale formativa come quella di Titti.
    Complimenti Titina !

  5. franco muzzioli scrive:

    Un pò gotica….ma certamente efficace …questo amore di madre che va……oltre!
    Mi ricorda altri racconti ,sempre un pò lugubri ,di briganti ed i morte tipici del centro sud d’Italia

  6. edis.maria scrive:

    Amo molto le leggende perchè ci hanno tramandato la saggezza antica dei nostri predecessori in modo piacevole e facile da apprendere.Esse sono sempre basate su fatti realmente accaduti con l’intenzione di passare, a chi ascoltava, una morale accettabille. Noi ora le leggiamo, ma ,quando nacquero, erano propagandate dai cantastorie nelle piazze dei paesi, nelle stalle dove,per cercare un po’ di calore, si riunivano amici e parenti e le donne sferruzzavano, nei cortili delle cascine dopo la cena per riposare e distrarsi. Sempre un po’ alterate rispetto al fatto realmente avvenuto per creare suspence e interesse, apparivano o crude come l’attuale di Titina, o allegre e spensierate. In questa si esalta, chiaramente, l’amore materno.

  7. lieta scrive:

    se voi maschi foste femmine penso non ci sarebbero guerre su sto mondo maaa ciao

  8. marisa8.bs scrive:

    no non mi piace è troppo triste

  9. giuseppe3.ca scrive:

    Amore di mamma: non esiste amore più grande. Grazie Titina

  10. MIMMA.1.TA scrive:

    Commenti abilitati TITINA CARA O LA PELLE D’OCA MANNAG’A MORT,

  11. Lorenzo.rm scrive:

    Racconto da strappare il cuore, Titina. Scritto, poi, benissimo. Grazie, grazie.

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