sole di mezzanotte al circolo polare artico

Stonehenge

“Solstizio d’estate con bollino rosso. Attesi 40 gradi in molte città…”
“Caldo senza tregua: Scipione infuoca il solstizio d’estate‎…”
“Il caldo prosegue: picco venerdì e nove città in allarme rosso…”
Sembra un bollettino di guerra ed invece…

E intanto siamo arrivati al solstizio d’estate che quest’anno è stato il  20 Giugno, alle ore 23.09.
La giornata più lunga dell’anno e più si sale al Nord e più il sole tramonta e sorge con pochissimo intervallo.
Infatti al Polo Nord si è nella metà dell’anno in cui il sole non tramonta mai.
Al circolo polare artico il giorno del solstizio d’estate, si ammira il fenomeno del sole di mezzanotte:  cioè il sole resta sopra l’orizzonte per  24 ore consecutive.
Al tropico del cancro il sole è esattamente a perpendicolo, allo zenit. Infatti una meridiana non proietta nessuna ombra e si osserva facilmente il riflesso del sole anche in fondo a pozzi molto profondi.Feste d’estate… si celebrano feste pagane, la notte delle streghe, la notte più corta dell’anno.

Prendiamo spunto da quest’evento per parlare delle nostre estati: noi che cosa ricordiamo delle nostre estati di bambini, di ragazzini appena affacciati agli interrogativi della vita?
Quei ricordi che avete mandato sono stati raccolti in un altro post ne è stato fatto un articolo.

Claude Monet papaveri

Guglielmo Ciardi-Estate 1879

 


BASSA MAREA

Conto i passi immersi nel cristallo
nella scia di paguri e granchi
che disegnano sul fondo
il loro mattutino risveglio.
Ombre ancora lunghe
rendono silente la spiaggia
e i miei passi si perdono
nello sciacquio crescente della marea.

Brezza di luce
che riflette mille soli
sulla sabbia d’estate,
ancora lo sciacquio
conta il tempo dei passi giovani
orme leggere come farfalle
che scompaiono alla prossima alba.
Franco Muzzioli
 

21 Commenti a “LE NOSTRE ESTATI PASSATE…”

  1. ugo-es scrive:

    le mie estati + belle, son quelle ke passo ttti gli anni nei villaggi, a portare allegria a vacanzieri annoiati, ke nn sanno divertirsi e hanno bisogno di una mano, è bello vedere il loro kambiamento, gli fai fare kose ke mai farebbero in vita normale, si trasformano ed è x me e x noi, una grande soddisfazione, portare allegria e vedere la gente felice,è bellissimo-IN ELDY NN SON RIUSCITO E ME NE DISPIACCIO.

  2. Lorenzo.rm scrive:

    Le vacanze che hanno lasciato un ricordo indelebile nella mia mente sono quelle in cui, da ragazzo, andavo con mio fratello ed i miei genitori in campagna da un mio zio che faceva il fattore. Veramente lo chiamavano feudo, e lo era, se non formalmente, di fatto.La campagna era molto estesa, con i classici muri di pietra a secco che individuavano i vari stacchi del terreno per le differenti coltivazioni. C’erano alberi a iosa, di diverso tipo: quelli di olivo e di agrumi davano i frutti che si raccoglievano alle date giuste. Ah, c’erano anche gli alberi di sughero, che venivano scartocciati. C’erano le stalle con le mucche e si assisteva alla mungitura del latte.E poi locali vari e un “baglio”, cioé un cortile spietrato con la cisterna in mezzo. Noi ragazzi andavamo a fare escursioni di ore attraversando diversi torrenti dove potevamo nuotare anche. E poi, animali da cortile, come oche, galline, pavoni. Li sto ricordando mentre scrivo. Le sere senza luce elettrica per risparmiare, presumo, con i lumi a petrolio o a spirito. E quante chiacchiere fra noi, gli zii, i cugini. Era un periodo abbastanza lungo in cui si stava lì, diciamo una ventina di giorni di settembre. Mio padre ci morì, nel feudo, mentre dormiva. Per noi che rimanemmo fu una pena ma per lui, sono sicuro, la felicità. Ah, dimenticavo, era in Sicilia, presso la zona di Lentini-Francofonte.

  3. Giuseppe3.ca scrive:

    Che piacere leggervi e rileggervi, quanti ricordi tornano alla mente, si ritorna ragazzini al solo pensiero. Le vacanze estive, noi abitavamo in città e terminato l’anno scolastico si andava al ‘paese’ natale di mio padre io e mia sorellina, ospiti degli zii. Lì avevamo tutto il parentado ed eravamo ambiti da tutti: un giorno dalla nonna, un giorno da una zia, poi ancora da un’altra zia. Quanti ricordi: si andava giornalmente alla fontana (pozzo) con il secchio, la corda e le brocche per rifornirsi di acqua potabile, in campagna a cogliere i fichi, in vigna per i primi grappoli d’uva matura.
    Festa grande quando le zie facevano il pane in casa e si accendeva il forno a legna per la cottura: per noi bambini non mancava mai il ‘coccoetto con l’uovo’, che gioia. Accudire gli animali da cortile, galline e conigli nonchè il maiale da ingrasso che, poveretto, aveva un destino segnato: a novembre veniva sacrificato per fare salsicce e prosciutti da essicare per essere consumati durante l’inverno. Vita di campagna, vita allegra, vita sana….. quanti ricordi e quanta nostalgia perché oggi non è più così.

  4. francesca (franci) scrive:

    Ho ancora nelle orecchie la voce del dottore: – Signora, questa bambina è gracilina, avrebbe bisogno di iodio, dovreste portarla al mare.
    E la voce di mia mamma: “ma dottore, in estate c’è tanto da lavorare in campagna e poi noi non possiamo permetterci di andare in vacanza”.
    – Ma signora, non lo sa che esistono le colonie per quelli come voi? Si rivolga al comune e vedrà che le verranno incontro, ma mi raccomando, mandatela a respirare aria buona, piena di iodio, quella del mare.
    E lì iniziava la mia sofferenza, la mia tortura.
    No, mamma, non mandarmi in colonia, ti prego, lasciami a casa con te, con papà, i miei fratelli e i miei amici. Mi diverto tanto a giocare con loro, e ti prometto che diventerò ancora più brava.
    Ma il dottore aveva detto che dovevo assolutamente andarci al mare, in quel posto chiamato colonia, e quello che diceva il dottore andava assolutamente fatto. E io, quelle parole non le ho mai pronunciate, non le ho mai dette a mia mamma, le pensavo solo, perché se l’aveva detto il dottore…non si discuteva!
    E l’infausto giorno arrivava. Tutti in fila, le bambine da una parte, i maschietti dall’altra, ad aspettare il pullman, con la nostra valigetta posata per terra, le faccine sorridenti, alcune addirittura anche allegre, meno la mia, triste che più triste non si può. E a chiedermi: ma perché mi danno questo castigo, cosa ho fatto di male…? Forza, dicevano le signorine-assistenti, forza bambini che si va in vacanza. Ma io non volevo andare in vacanza, io preferivo mille volte starmene a casa.
    Era un mese di angoscia, mi sentivo afflitta da uno struggimento interiore che non mi permetteva di essere serena. La mia timidezza non mi concedeva di superare la soggezione per approcciarmi agli altri bambini e partecipare ai loro giochi, così me ne stavo quasi sempre in disparte, dentro la mia solitudine a contare i giorni che mi separavano dal ritorno a casa. In quella casa dove i miei genitori conoscevano solo lavoro e facevano tanti sacrifici anche per mandare me in colonia, che qualcosa bisognava pur comprare alla bambina per mandarla via un mese, no?
    Io però, allora non capivo perché, per farmi star bene dovevano farmi star male!

  5. alessandro22 scrive:

    Le mie estati di vacanza in verità non sono molte risalgono dao 1948 al 1955, e ho nella mia mente immaggini vivissime e nostalgie…….. io romano nato a monteverde vecchio quartiere vicino al Gianicolo scendevamo a piedi,insieme ai miei e mio fratello minore fino alla stazione Trastevere, dove prendevamo il treno per Bracciano, solo il treno era una emozione, una vaporiera nera e sbuffante, immensa ai miei occhi ( oggi le frecce non ce fanno ne callo ne freddo ) scendevamo alla stazione di Anguillara sabazia dove prendevamo il torpedone che ci portava ad anguillara paese, e qui altro ricordo vivissimo ( il torpedone, sapete? quelli col muso lungo ) poi si arrivava ad anguillara paesino proprio in riva al lago, tra lo strombazzare del torpedone, i ricordi sono tanti, dai maritozzi che le donne del paesino sfornavano dai forni comuni, alla lunghe passeggiate lungo il lungo lago per arrivare alla casa dei pescatori che tutte le mattine ci ospitavano nella spiaggia antistante la loro casa, perche la mantenevano pulita per le loro riparazioni delle reti da pesca; poi non parliamo poi delle gite in barca per andare a ritirare le reti da pesca:
    Ricordi e sensazioni emozionanti inripetibili
    che non travano più riscontro nella vita di oggi, forse perche oggi si ha tutto e di più, non si apprezza più nulla, ma nel 50 pure pane oijo e zucchero erano boni.
    Vabbè un abbraccione a tutti e se non ci si rilegge, alla prossima settimana.

  6. ANGELOM scrive:

    Accogliendo l’invito di Franco a scrivere altri ricordi, voglio proporvi un’estate particolare, trascorsa con gioia e spensieratezza. Era l’anno 1952, frequentavo assiduamente la Parrocchia con i miei amici, si organizzavamo incontri per riunire la gioventù e parlare dei vari problemi. Ero stato nominato caposquadriglia dell’Aquila, un gruppo formato da cinque boyscout, eravamo molto affiatati, un giorno il nostro assistente parroco ci propose di organizzare un campo scuola a Gubbio. Accogliemmo con gioia ed entusiasmo la proposta e tutti d’accordo decidemmo la partenza. Arrivò il giorno stabilito eravamo sedici ragazzi, con lo zaino in spalla e le bandiere di riconoscimento di ogni singola squadriglia, dopo aver salutato i nostri genitori e aver ascoltato i loro consigli, salimmo sul pullman, partimmo felici cantando a squarciagola. Arrivati a Gubbio, alloggiammo nell’ostello di S. Ubaldo, il giorno seguente dopo aver fatto una bella colazione, ci preparammo per la prima escursione, ogni caposquadriglia pianificò il suo percorso, noi scegliemmo di salire fino sullla cima del Monte Ingino, il monte di Gubbio e di rientrare la sera. Dopo un lungo cammino nell’interno del bosco, ci fermammo in una piazzola, installammo una tenda e iniziammo a cucinare mettendo in pratica le nostre conoscenze riuscimmo a preparare un ottimo pranzo. Dopo un breve riposo riprendemmo l’arduo e faticoso cammino e presto raggiungemmo la cima: da quell’altezza lo spettacolo era meraviglioso sembrava si toccasse il cielo con un dito e sotto tutta la vallata e la città splendevano illuminate dal sole. Ci fermammo per rifocillarci, scattare qualche foto e a esprimere la nostra soddisfazione, raccolte tutte le nostre cose riprendemmo a discendere percorrendo un sentiero diverso, arrivammo all’ostello per l’ora di cena. Restammo per altri 15 giorni, ogni giorno con itinerari diversi, ma sempre interessanti, ancora oggi dopo tanto tempo, porto con me ogni momento di quel breve periodo

  7. cactus scrive:

    Commenti abilitati
    Un’estate di tanti anni fa

    La guerra è terminata da pochi anni e mi trovo a passare le vacanze in Friuli a Tolmezzo, il paese di origine di mia madre. L’estate è nel suo pieno e ancora si sente nelle persone la tensione della guerra e dei lutti sopportati, ma per noi bambini tutto è divertimento… anche nelle case distrutte e che servono a noi come nascondigli nelle interminabili partite di guardie e ladri. Oggi non sono però rimasto in paese a giocare con gli altri bambini, forse per il caldo o perché, semplicemente, volevo restare solo con il mio amico Pastore.
    Pastore è un bellissimo cane bianco di razza maremmana col quale ho un rapporto bellissimo, tanto da permettermi di salire, ogni tanto, sulla sua groppa come se fosse il mio cavallino. Ho da poco iniziato le elementari e la curiosità mi spinge a “esplorare” posti per me sconosciuti. Oggi ho deciso di andare alla cascina per controllare un piccolo orticello che coltivo su un lato della costruzione e quindi di fare una passeggiata lungo il fiume Tagliamento, che scorre poco distante. Con me, naturalmente, Pastore. Arrivato alla cascina, mi soffermo ad ammirare il grande noce che si erge possente davanti alla costruzione e che è fonte per me di fantasie continue. Il mio più grande desiderio sarebbe di costruire una capanna sui suoi rami… ma ricordo gli ammonimenti ricevuti da tutti gli adulti circa questo mio “insano” proposito e che mai ho capito.
    Inizia la passeggiata verso il fiume quando, giunto a circa 100 metri, scorgo tre alpini che, a cavallo, stanno risalendo la riva. Nascosto tra l’erba, li guardo passare e quando sono a poche decine di metri dal mio nascondiglio, mi alzo di scatto e urlo, con quanto fiato avevo in gola: “Corri, corri cavallino”. Non so il perché abbia fatto questo o se ci fosse stata una ragione; forse l’unica era quella di vedere i cavalli lanciarsi al galoppo. Un cavallo, infatti, s’impenna per poi lanciarsi al galoppo, vanamente tenuto dal suo fantino che, a un certo punto, è sbalzato di sella. Rimango senza fiato per lo spavento e, rimanendo nascosto dall’erba alta, torno di corsa alla cascina, sempre seguito da Pastore. Arrivo finalmente alla casa e mi precipito a cercare un nascondiglio che trovo nel fienile, al quale si accede tramite una passerella posta sul retro. Entro e, ancora tremante, mi sdraio sul fieno e, accanto a me, fa lo stesso Pastore. Lui si rende conto del mio stato d’animo e continua a leccarmi il viso e le mani, rimanendo a me vicino. Lentamente la sua presenza comincia a darmi tranquillità ma non il coraggio di tornare a casa. Passeranno ancora delle ore prima che, con il sole sulla via del tramonto, le mie zie riescano a rintracciarmi. Mi dissero che mi trovarono addormentato e abbracciato a Pastore. Forse fu da quel momento che iniziai ad amare gli animali, grazie alla grande prova d’amore ricevuta da un cane di nome Pastore, rimasto per sempre nei ricordi più belli della mia fanciullezza.
    Adesso, da adulto, torno raramente in questi posti ma ogni volta che capito a Tolmezzo, non dimentico mai una visita al cascinale, ormai diroccato. Mi fermo… guardo il noce che ancora incombe protettivo sulla casa e sul mio ex orticello che adesso accoglie le spoglie di Pastore. In quelle occasioni, a volte se chiudo gli occhi, mi capita di sentire il suo ansare e mi volto. Non c’è nessuno naturalmente, ma io lo sento vicino a me e so che mi accompagnerà finché io sarò su questa terra… per poi venirmi incontro, correndo e latrando contento, nel momento in cui lo raggiungerò nel posto dove, ne sono certo, s’incontrano tutti coloro che ci hanno amato… animali compresi!
    .

  8. edis.maria scrive:

    Il racconto di Alfred ha sollecitato la mia memoria e i vecchi giocattoli che si usavano allora . : fare le gare con i cerchi! In una stradina leggermente in discesa facevamo le gare ! I “ cerchi” in legno ,costosi e inavvicinabili per le nostre tasche, erano sostituiti da vecchi cerchioni di bicicletta! Che divertimento e che tifo! Un giorno arrivò , Giuseppe, un nostro amico di giochi ( figlio del proprietario del bar ) con un bel cerchio leggero, di legno chiaro con l’asta abbinata e rimanemmo di stucco Chi per invidia, chi per delusione ebbe parole inadatte tra amici. Giuseppe se ne andò deluso. Ma, il giorno dopo, ritornò con il solito cerchione di bicicletta e facemmo pace. Il nostro amico non volle sentirsi diverso o superiore solo perchè la sua situazione economica era migliore. Lo apprezzammo molto per lo spirito di solidarietà del suo gesto!

  9. lucia1.tr scrive:

    Che bello leggere il commento di Sandro! Allora vi racconto del mio carretto costruito da mio cugino: il mio papà, tra le altre attività, aveva un corriere di trasporto merci, due grossi camion con relativa piccola officina per i guai d’emergenza. Negli scaffali vi erano cuscinetti lucenti di tutte dimensioni, che noi trafugavamo per costruire il carrettino più veloce e ricco di accessori, molto simile a quello descritto da Alfred, ma con il timone per la guida e un rudimentale freno a mano manovrato dal secondo pilota. Ricordo ancora con quanta incoscienza salivo e l’ebbrezza che avvertivo nel fare una cosa vietata, non sempre andava tutto liscio, spesso ci arrestavamo a lato del viale, altre volte ci veniva sbarrata la strada dai nostri genitori e fatti scendere con due solenni ceffoni.

  10. franco muzzioli scrive:

    Quanta dolce nostalgia nei vostri racconti , ma quanto erano diverse con quelle di oggi, le estati degli anni quaranta, cinquanta e sessanta, dalle spensierate ed “autarchiche vacanze” di molti, alle povere parentesi estive di altri.
    Ora tutto è cambiato,se non passi almeno una settimana in qualche spiaggia alla moda non sei nessuno, molti non fanno vacanze se non alle Maldive, alle Seicelle, o ai Caraibi, andare in Grecia , in Sicilia o in Sardegna …è troppo scontato.
    Non crediate che stia parlando di una elitè di fortunati (che ci sono sempre stati) , sembra che questi vacanzieri rasentino i trentasei milioni (ora in calo per la crisi ,ma son sempre tanti) Noi non facciamo testo è ovvio, ma basta guardare che cosa fanno i nostri figli e nipoti………..!!!!!!

  11. alfred-sandro.ge scrive:

    i carretti
    Il papà di Lucio era geometra: il carretto a sfere glielo aveva disegnato e costruito lui. Il suo‌ in confronto ai nostri era come paragonare una Ferrari ad una vecchia cinquecento: i cuscinetti dietro grandissimi ( dove li scovasse cosi grandi nessuno lo ha mai saputo!) e quelli davanti sullo sterzo di dimensioni normali. Tutti i nostri carretti avevano per sterzare un travetto di legno ricuperato in qualche discarica che a quei tempi abbondavano molto più di ora ( si era nell’immediato dopoguerra e c’erano ancora molti palazzi crollati sotto i bombaramenti). Al centro del travetto si faceva un foro facendo arrovventare un ferro e spingendolo con forza nel legno lo bruciava fino a che non fosse uscito dalla parte opposta. Poi dal ferramenta si comperavano il bullone che avrebbe fatto da perno, e una manciata di chiodi per mettere insieme le assi che avrebbero costituito il nostro autrarchico carretto. Alle due estremità del travetto, due cuscinetti elemosinati dai vari meccanici che ormai sapevano che sarebbero stati subissati di richieste quando le scuole finivano. Per lo sterzo si cercava un pezzo di robusto spago o meglio una corda.
    Lucio no. Il carretto di Lucio non aveva le briglie come un qualsiasi carretto da contadini ma un sistema di leveraggi che comandavano lo sterzo tenendo l’impugnatura di due leve che gli permetteva anche di non essere sbalzato fuori nelle veloci curve secche e nei derapage ed il posto di guida era imbottito.
    Ma le sue belle sbucciature a gomiti e ginocchia se le è fatte pure lui.

  12. lucia1.tr scrive:

    Ricordo con nostalgia le calde estati della mia fanciullezza, la mia famiglia, intenta a gestire una fiorente attività commerciale, non pensava assolutamente di andare in vacanza: non ne trovava la necessità, il superfluo non era contemplato. Appena chiusa la scuola si poneva il problema che le ragazzine non dovevano andare in giro per il paese, la mia mamma ci spediva, dico così perché non ci andavo volentieri, dalle suore che ci tenevano occupate con stupidi lavoretti e giochi insulsi. Appena si presentava l’occasione correvano a giocare con le compagne per le piazzette del paese, bastava poco per divertirsi: una palla, una corda, un vecchio carrettino di legno per affrontare pericolose discese, era sempre un gran bel passatempo. Poi gli anni passarono, gli interessi cambiarono, si trascorreva l’estate in compagnia di ragazzi venuti a villeggiare al paese, si organizzavano feste da ballo, uscite con le macchine di nascosto dei genitori per andare a prendere un gelato. Divertimenti sani, bastava poco per essere appagati, si credeva nel futuro, nascevano le prime cotte che facevano sognare e progettare una vita insieme. Oggi è tutto cambiato, i giovani hanno avuto tanto e subito ma, manca loro la voglia e la spensieratezza, i loro divertimenti sono al di sopra delle loro possibilità finanziarie, si va in cerca di emozioni forti per divertirsi, mettendo a rischio la vita.

  13. edis.maria scrive:

    Belli questi ricordi personali distribuiti in luoghi e tempi diversi. I miei sono a qualche anno dalla fine della guerra, quando le famiglie dovevano ancora riprendere fiato, nel mio caso un padre prigioniero di guerra non ancora rimpatriato. Estate , vacanze? Certo la fine delle lezioni scolastiche creava un’atmosfera di euforia , la gioia di una promozione meritata, ma anche pretesa dai genitori che facevano sacrifici , ma non promettevano premi se non nel permetterci un avvenire migliore. Qualche ora in più di sonno il mattino, giochi con gli amici nel pomeriggio e la sera, e tante, tante risate gioiose e salutari. La domenica gite sulle nostre belle montagne, arrampicate con lo zainetto colmo di vettovaglie semplici , ma gustose. L’acqua non era necessaria:in ogni ruscello,in ogni fontanella era pura e bevibile. Che belle scampagnate, risate, dolci amori adolescenziali! Poi passarono gli anni, divenimmo più pretenziosi, chi possedeva di più, si permetteva di più! Le compagnie si sciolsero ed ognuno andò incontro al proprio destino!!!!Che bei tempi semplici , ma veritieri1 Ora cominciamo a fare la “ prova costume” e ci roviniamo quelle che ora chiamiamo “ vacanze” “” Aahaahahaaah!!!!

  14. alba morsilli scrive:

    Franco Muzzuoli la fiera del mare si trova a Genova dove sono nata e cresciuta,li vi era una grande spiaggia libera con barche dei pescatori, il posto si chiama ancora oggi la foce perchè li sfoccia il torrente Bisagno che il 4Novembre ha esondato la città,Il piazzale dove vi erano le baracche è venuto alla ribalta anche lui con alluvione essendo sotto il livello della strada(piazzale Adriatico)perciò io sono Ligure genovese ne di levante ne di ponente

  15. sandra vi scrive:

    Armida complimenti hai messo due ricordi bellissimi nella loro semplicita’ .Sembra di sentire le risate e il frinire delle cicale …..bravissima.bravo anche ANgelom ….

  16. franco muzzioli scrive:

    Alba sei ligure di origine? Penso che “i muscoli” lo attestino. Sei del levante o del ponente?

  17. alba morsilli scrive:

    non mi piace ricordare la mia infanzia, perchè è triste non esisteva estate e inverno tutto era uguale griggio era il colore che ricordo.
    ho avuto una specie di casa anche se si dormiva in 5in una camera a 10anni ma certamente era molto meglio che una baracca di legno dove io sono nata e cresciuta, nella premiscuaità di tanta gente povera come noi,finita la scuola nessuno parlava di vacanze.
    Chi ci salvava noi bambini era il mare si andava tutti attaccati al tram per non pagare il biglietto si arrivava alla spiaggia libera dei pescatori (dove ora cè la fiera del mare)loro molto generosi ci davano i pesci enoi accendavamo il fuoco in spiaggia e si mangiava incuranti se anche male lavati,
    allora con pò di olio di noci, che lo rubavamo alle signore era il nostro abbronzante.
    il mare era limpido di un azzurro per questo le acciughe si dice pesce azzurro,
    chi non sapeva nuotare lo buttavano in mare senza tanta scuola. io avevo fatta amicizia con un pescatore che mi portava in barca fino al lanternino dove vedevo le navi da vicino, lui poi scendeva sotto l’acqua a prendere le cozze che da noi sono i (muscoli)io ero sola in mezzo al mare aspettando il suo rientro, e senza lavaree cuocere con un coltello aprivamo le cozze che sporpaciate.
    a sera tardi il ritorno sempre attaccati al tram felici di aver passato un giorno al mare.

  18. armida ve scrive:

    Ricordi di mio marito..
    La guerra, con tutti i suoi orrori era finita da un paio d’anni.
    Venezia stava tornando alla vita normale, con tanta fatica, ma anche con tanto impegno.
    Quell’estate era giunta alle famiglie la notizia che chi aveva bambini gracili, cagionevoli di salute, o comunque con problemi, avrebbe potuto mandarlial mare, alla colonia gestita dall’azione cattolica, naturalmente dopo una visita medica di idoneità.
    Tutti i miei amici erano stati accettati; gigetto, detto “aspirina” tonin, orfano di guerra, anzolèto, detto “spàzemi” ecc.. Ma io ero di “sana e robusta costituzione”!! che colpa ne avevo io!?!. durante il conflitto mio zio, che era attendente al comando militare del lido ci faceva sempre avere dei viveri in qualche modo..io non ero denutrito!! Ma se tutti i miei amici andavano in colonia, che facevo io tutto il giorno da solo?
    Si partiva alle 8 con la motonave e dopo aver mangiato e giocato si tornava alle 18.. Resistetti due giorni. il terzo mi misi in fila insieme ai miei amici; quando l’appello fu a buon punto, passai dalla parte dei chiamati. Nessuno badò a me e così continuai,era contenta anche mia mamma.. che male facevo?
    Al massimo sarei stato “stoppato” il giorno dopo…Sì, che bei ricordi..quella fu davvero una magnifica estate!

  19. franco muzzioli scrive:

    Brava Armida, bravo Angelo, splendidi racconti …….avanti anche gli altri non siate “timidi” ,dateci il piacere dei vostri ricordi.

  20. ANGELOM scrive:

    Quanti ricordi nel pensare a l’estati trascorse quando eravamo ragazzi, senza pensieri e con poca moneta in tasca, organizzavamo con il solito gruppo di amici feste da ballo nella stanza messa a disposizione da ognuno dei genitori alternando l’abitazione, con ragazze che venivano a villeggiare nel nostro splendido paese e con alcune nostre fedeli amiche. Ci accontentavamo di offrire loro qualche gazzosa e qualche biscotto, il divertimento era assicurato. Di andare in vacanza fuori, non se ne parlava, nei pomeriggi con un gruppo di amici ci radunavamo per andare a fare il bagno in un fiume che scorreva a 5 km, partivamo a piedi e giunti sul posto ci tuffavamo felici facendoci scherzi sott’acqua. Le nostre estati passavano senza nessun rimpianto fino al periodo che iniziavano gli studi. Non sentivamo il bisogno di andare a fare altre villeggiature altrove, perché eravamo soddisfatti e felici così.

  21. armida ve scrive:

    Commenti abilitati
    La nostra estate..
    i pomeriggi torridi,all'”ORA MATA”” quella subito dopo aver pranzato,erano i nostri momenti più belli.
    Il nostro posto all’ombra, sotto alla grande quercia che avvolgeva sotto ai suoi rami intrecciati, quasi in un protettivo abbraccio, un quadretto sbiadito di una semplice, povera,
    immagine di Maria
    Lì, “ala madoneta” stavamo sedute,le mie sorelle ed io a raccontarci storie, a ridere,a cantare.
    Ci accompagnava il frinire delle cicale.. passavano lucertole
    e ramarri..si rispettava ogni essere. Le nostre bambole avevano
    i capelli viola ed il corpo di cartoccio.. erano le pannocchie
    che cercavamo.. le più belle del campo!
    Bastava poco per inventare sempre nuovi giochi.Non potevamo neppure sognare di andare in vacanza..ma noi eravamo felici anche così.. noi ci volevamo bene.

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