Darsi del “lei” è da snob? Oppure è un segno di “uguaglianza”?

il tu, il Lei?

 

Prendo come spunto un articolo di Piero Ottone, certamente scrittore e giornalista un po’ snob…e che dice  …< leggo di tanto in tanto un lamento, se non proprio un grido di dolore  da chi è apostrofato da sconosciuti con il “tu”. Infatti l’uso del “tu” fra persone che non si sono mai viste e conosciute  si diffonde nei supermercati, nei treni, negli autobus ecc.>
Nei paesi anglosassoni da tempo hanno risolto il problema con il pronome “you”, ma anche in altri paesi europei sta diventando abitudine.
Piero Ottone continua dicendo che per lui non è corretta questa abitudine, almeno per la nostra cultura e che il “tu” universale è un  concetto di eguaglianza . Ma l’eguaglianza, la “égalité”, scoperta dai francesi con la rivoluzione, non è un valore in senso assoluto, in certi casi è una conquista preziosa ..l’eguaglianza di fronte alla legge, ad esempio.
Quindi tutti dobbiamo esser uguali nei diritti e nei doveri ..e continua…<Mi pare giusto che ci siano gradazioni dovute all’età, alla cultura, alle funzioni che si esercitano…perché ignorarle?
Perchè non tenerne conto?

Un anziano o una persona che svolge una attività importante, non può essere considerata (aggiungo ..formalmente) come il ragazzo che consegna il latte nel quartiere. L’uno e l’altro meritano rispetto, ma solo una società decadente può fare di un erba un fascio, mettere tutti nello stesso piano ed usare con gli uni e con gli altri lo stesso linguaggio>…….

E’ certo che se incontriamo culture diverse dobbiamo adattarci senza scandalo alle loro abitudini. Buona parte degli immigrati tendono a darti del tu  e questo non deve suonare come offesa perché fa parte della loro cultura.
Però non accetto che in un ospedale un’ inferiera dia del “tu” ad una anziana o ad un anziano degente, non accetto il “tu” al cameriere quando lui ti tratta con il “Lei”, non accetto il “tu” gratuito, il “tu” cafone, il “tu” offensivo.
Il “tu” è un segno di conoscenza, di amicizia, di intimità non deve essere svilito da comportamenti volgari, ineducati o fintamente egualitari.
Ovviamente …parola di snob!…

Che ne pensate? 
Proprio dopo l’articolo-denuncia di Alba Morsilli  viene tirato in causa un altro aspetto che si riscontra negli ospedali. Negativo?

 

14 Commenti a “Darsi del “lei” è da snob? scritto da Franco Muzzioli”

  1. luiginaelena scrive:

    Sono vissuta in un epoca in cui i bambini davano del Lei all’insegnante ,alle persone anziane,a coloro che non conoscevano:i miei nipoti danno del Tu a tutti.Penso che non si possa fare niente,i tempi cambiano…comunque io do ancora del Lei imperterrita, anche ai giovani,infatti rimangono un po’straniti.

  2. robertadegliangeli scrive:

    Io penso che il rispetto non sia il Tu o il Lei ma molto altro anche se concordo che per quelli della nostra generazione vien più facile il Lei verso persone di diversa estrazione sociale, o sacederdoti, direttori in genere, ecc. ecc.
    Io sono una che da facilmente del tu, ma il mio rispetto per le persone e grande. Per tale motivo ritengo importante essere sempre e comunque rispettosi comprendendo cio che chi ci è davanti si aspetta da noi.

  3. sandra .vi scrive:

    Io penso che sia una questione molto personale,a me resta molto difficile dare del tu ,se nn ad una persona che mi e’ molto amica.Forse perche’ in famiglia eravamo abituati a darci del lei.Mio suocero mi voleva molto bene ,mi ha sempre considerata una figlia,ma mi ha sempre dato del lei e naturalmente io a lui.Invece nel web viene spontaneo dare del tu ,nnn se ne puo’ fare a meno ,e’ una cosa normale .

  4. giuseppe3.ca scrive:

    Condivido quanto hai detto, Franco, perchè sono d’accordo con il tuo pensiero: tra il ‘tu’ e il ‘lei’ c’è una bella differenza che non possiamo e non dobbiamo dimenticare. É prorpio una questione di rispetto anche per evitare di mettere in soggezione o in difficoltà il nostro il nostro occasionale interlocutore. Possiamo darci del tu nello scambio di un dialogo in una chat perché è del tutto impersonale ma nella vita normale rispettiamo l’uso del ‘lei’ che è una bella dimostrazione di rispetto del prossimo e di noi stessi.

  5. giulian.rm scrive:

    Dare del lei lo uso come un segno di rispetto verso la persona cui mi rivolgo, mentre il tu lo uso per le persone con la quali ho una certa familiarità e anche in certi casi per mettere a proprio agio il mio interlocutore. Dare del lei non la vedo come forma di snobismo come non vedo nel dare del tu una forma di uguaglianza.

  6. franco muzzioli scrive:

    Se riconduciamo il tutto al “TU” dei bambini , mi va bene. Un tu egualitario,che non tien conto dell’età, della personalità e dello status. Ma dobbiamo far crollare in un sol moto tutte quelle infrastrutture mentali e sociali che ci fanno dare del “lei” alla signora appena conosciuta, al medico che ci ha appena visitato, al personaggio importante ecc.
    Io dò del “TU” a chi mi dà del tu ,senza troppi birignao e senza offendermi , per il resto mi attengo alla tradizione ,cercando di mettere in moto tutte le elasticità mentali che possiedo.

  7. francesca (franci) scrive:

    Ai colleghi d’ufficio ho sempre dato subito del “tu” e ci siamo sempre rispettati. Con il capo-giovane è stato facile darsi del “tu”, col capo-anziano era d’obbligo il “lei” malgrado lui mi desse del “tu”. Ma era una forma di rispetto. Nell’Associazione che frequento ci diamo tutti del “tu”, dal Presidente all’ultimo socio, sin dal primo giorno. Eppure abbiamo tutti un grande rispetto reciproco. E quando vado alle Conferenze Nazionali ci si dà tutti del “tu” sedendo agli stessi tavoli, condividendo lo stesso cibo, compresi Presidente e Direttore Nazionali, medici e professori illustri. L’unica “personalità” alla quale ho dato del “lei” in Conferenza a Roma è stata Rita Levi Montalcini, ma lei era altra cosa….!!. In questa chat ci diamo tutti del “tu”, pur essendo di età e culture diverse, eppure ci rispettiamo tutti. E se ci incontriamo al di fuori di Eldy continueremmo a darci del “tu” o passeremmo al “lei”?

  8. alfred-sandro1.ge scrive:

    non credo che i tu, i lei, i voi, i vossignoria o il voscià genovese siano inequivocavilmente un segno di rispetto nei confronti del prossimo.
    A Genova qualcuno ancora oggi usa l’espressione
    -Scia-a vadde a dà-a du c. – per mandare a quel paese qualcuno che gli sta poco simpatico, ma lo fa con ironia usando la massima espresssione del rispetto.
    Sul lavoro, il personale viaggiante come quello delle officine, dal biglietterio al primo Capo ispettore, dal pulitore delle vetture al Capo officina ci si dava tutti del tu. Lo stesso era tra il settore impiegatizio con la differenza che gli impiegati esigevano il Lei da chi impiegato non era.
    Il lei, il voi, e tutti gli altri titoli sono convenzioni e per essere educati ed avere rispetto del prossimo serve ben altro……..

  9. alba morsilli scrive:

    il tu o il lei o il voi quante le forme per poter parlare per distinzione a che servano poi se una persona nel suo intimo non ti rispetta e non ti dimostra vera amicizia.
    Il tu ora molto di moda a scuola con i prof,e molto usato da tutti vorebbe essereun tono confidenziale di amicizia ma sarà poi vero?
    Il lei penso che sia la forma giusta, meno confidenziale e da buona genovese sono diffidente prima di arrivare altu devo conoscerti.
    Mi riccordo i miei genitori che davano del voi a sua madre e suo padre dicevano rispetto, ma era anche un modo molto freddo.

  10. enrica.co scrive:

    Commenti abilitati inizialmente non riesco a dare del tu, poi con qualche persona mi viene un po più spontaneo, ma sia sul lavoro che fuori, mi è capitato di non riuscire proprio a dare del tu a qualche persona, un caro amico di mio marito, che frequentava la nostra casa tutte le sere, prima e dopo la cena, mi chiamava Chicca e mi dava del tu, oppure come si usa fare qui da noi, mi diceva e mi dice, se mi incontra, ciao sposa, io non sono mai e poi mai riuscita a dargli del tu, mi è stato vicino molto, quando mio marito è morto, ora se ci incontriamo ridiamo, scherziamo, ma io continuo a dargli del lei….non credo proprio di essere snob ne voglio mantenere le distanze

  11. ugo scrive:

    io uso il lei x le persone che voglio tenere distanti, il rispetto esige distanza

  12. cactus scrive:

    Commenti abilitati
    Lei…Tu…Voi
    Andrò controcorrente ma io sono favorevole al Tu generalizzato… anche se usato dai giovani verso chi è avanti negli anni. Non la considero una forma di mancanza di rispetto… al contrario. Quando un giovane si rivolge a me (in maniera educata naturalmente), dandomi del Tu io considero questa forma come un modo semplice e immediato per stabilire un contatto e la mia esperienza di vita mi ha anche insegnato che questo favorisce uno scambio di opinioni “alla pari”, senza che uno dei due si senta in imbarazzo o in soggezione. La stessa cosa se davanti a me c’è un adulto, sia esso di “alto” o “basso” livello sociale. Naturalmente al primo approccio userò il Lei (sia che si tratti di una persona giovane che anziana), ma cercherò di arrivare al Tu al più presto possibile, chiedendo il permesso al mio interlocutore. Questo non succede con i bambini o con i ragazzi per i quali viene spontaneo (a me e a loro) usare immediatamente il Tu… anzi, nel caso dovessero usare il Lei nei miei riguardi, sarò io a chiedere di darmi del Tu. Anche perché mi troverei più a mio agio.
    Questo nel nostro Paese. Fuori dai nostri confini, come Franco Muzzioli ha scritto, nei paesi anglosassoni si usa il pronome You che sottintende al nostro Tu, Lei o Voi e questo sistema viene anche usato in altri Paesi africani o asiatici, dove non si fa distinzione tra Tu o Lei ma si dimostra il rispetto verso l’anziano o la persona importante in altro modo.

  13. Lorenzo.rm scrive:

    Non mi piace usare il tu a sproposito, quindi lo uso in tutti gli ambienti in cui abbiamo molto da condividere: in un’associazione, in un partito, allo stadio fra tifosi, così come lo usavo nel lavoro. D’altra parte oggi si è più veloci nell’acquisizione di conoscenza e familiarità e quindi il tu mi sta bene in tutte le situazioni in cui si crea simpatia e familiarità..

  14. marc52 scrive:

    Commenti abilitati
    Premetto… io ho sempre usato il lei con le persone(non ho la puzza sotto il naso è… non sono snob)che non conosco, è… non. una forma di distacco? di rispetto? difficilmente do del tu. con i giovanissimi uso il tu, o… molto spesso il generico “giovanotto,” “signorina-signorinella”. Mi capita che in alcuni casi, si passi dal lei al tu! per poi ritornare al lei(un po come buongiorno, salve)! Capita, anche… che dopo varie volte che ci si e visti,entrando in un rapporto di simpatia, di interazione comunicativa, si decida.entrambi di passare al tu. Molti extracomunitari mi interoquiscono con il tu, poi dialogando passano a darmi del lei, ciò può voler dire che: molti,essendo da anni in Italia hanno “acquisito” il lei,come forma allocutiva.Indubbiamente il tu è molto in uso tra i giovani.anche che non si conoscono.
    Non mi sentirei di essere cosi “drastico” flosofando sul TU /LEI. Al Signor, Giornalista, Piero Ottone,forse… piace giocare con le parole, diventando quasi prolisso. adducendo il tu una forma di uguaglianza. Se è… cosi che ben venga! Magari… si misurasse l’uguaglianza da una semplice allocuzione verbale. non vorrei uscire fuori tema ma…penso che come si sono persi in parte alcune forma dialettali o idiomi, anche le lingue le “abitudini” verbali, (sono in trasformazione), risentono di cambiamenti “imbastardimenti” dettati anche dalla globalizazione.non dimentichiamo il broccolino parlato dagli Italo Americani(Sicilino misto Americano storpito),inizio secolo in America e dello Chicano, Messicano/Americano.
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    DA: Allocuzione – Wikipedia Tagia,copia,incolla,
    L’allocuzione è il riferimento linguistico del parlante al suo interlocutore; tutte le forme (parole o sintagmi nominali) impiegate dal parlante per denotare l’interlocutore sono chiamate allocutivi; il parlante viene definito come allocutore, mentre l’interlocutore è l’allocutario.Soprattutto, nella lingua italiana, hanno grande rilievo il tu ed il lei con il loro rapporto di opposizione (rispettivamente confidenziale e formale).
    Nei fenomeni di allocuzione rientra l’espressione della “cortesia”: si parla, nel linguaggio comune, di “formule di cortesia” o “pronomi di cortesia” per indicare tutte quelle modalità di allocuzione scelte nelle interazioni con persone verso le quali il parlante intende mostrare il proprio rispetto.
    Parte dell’atto di allocuzione è l’uso di appellativi come signora, avvocato, dottoressa, professore; sono di particolare importanza in lingue che non conoscono la distinzione tra il tu ed il lei. Nell’esempio in inglese che segue, l’uso del lei è sostituito da quello dell’appellativo sir:
    Did you have a nice trip, sir? (‘Ha fatto buon viaggio?’)
    Una strategia di cortesia molto usata è quella di impersonalizzare l’interlocutore usando la terza persona al posto della seconda (tu), oppure usando il plurale al posto del singolare. In questo modo, l’opposizione [±reverenziale] diventa parte delle regole della lingua. Tipiche soluzioni sono quelle dell’uso del plurale e della terza persona (dunque, forme del tipo “voi”, “lei”, “loro”).
    In molte lingue del mondo l’espressione della cortesia è basata sull’uso del plurale. Per esempio in francese si ritrova l’opposizione tu~vous, nata nel latino di tarda epoca, tu~vos.Anche molti dialetti dell’Italia Meridionale hanno unicamente il ‘voi’ (p.es. napoletano Comme state?).
    Altre lingue ricorrono a meccanismi diversi; ad esempio, nell’italiano medievale e rinascimentale si usava soltanto la forma plurale voi come allocutivo cortese. Più tardi si è gradualmente imposto l’uso – come pronome di cortesia – della 3. persona singolare femminile lei, che in origine costituiva un riferimento a forme nominali come “la Vostra Signoria” oppure Vostra Eccellenza. In seguito, questo uso si sarebbe esteso sempre più a danno del voi. In alcune varietà di italiano permane ancor oggi il vecchio uso della seconda persona plurale voi accanto al lei. Si tratta soprattutto di varietà di italiano popolare usato al Sud. Durante il periodo fascista (1938), l’uso del lei fu proibito perché ritenuto di origine spagnola e quindi estraneo alla cultura nazionale, anche se una tale teoria oggi risulta infondata;si doveva dunque ritornare alla vecchia forma del voi. La riforma fu essenzialmente un fallimento, anche se lasciò tracce abbastanza profonde nell’editoria e nel doppiaggio cinematografico, anche dopo la guerra. Dato che già a quei tempi il voi denotava uno stile linguistico particolare, diversi parlanti decisero a quel punto di rinunciare tanto al voi che al lei per passare al tu.In siciliano è ancora attestabile, nonostante in calo, l’uso del vossìa, contrazione di Vossignoria che vuol dire “Vostra Signoria”; oggi è usato in modo prevalente dalla popolazione anziana, oppure quanto si intende rimancare in modo forte la distanza sociale o il rispetto.
    Nelle parlate regionali italiane gallo-italiche (piemontese, lombardo, ligure, emiliano-romagnolo), ma non nel sardo che utilizza il voi, l’allocuzione cortese si rende con la terza persona, come in italiano; con la particolarità, però, che il pronome di cortesia cambia genere a seconda del sesso della persona con cui si parla. Per esempio, in piemontese si ha: Madama, chila a peul setesse sì (“Signora, LEI può sedersi qui”) contro Monsù, chiel a peul setesse sì (“Signore, letteralmente LUI può sedersi qui”). Fino a pochi decenni fa era diffuso in piemontese l’uso del voi (pronuncia: vùi), riservato a persone anziane o di grande importanza o superiorità morale: tipicamente, il nipote dava del voi ai nonni, o si dava del voi agli ecclesiastici, ecc. Oggi questo costume è caduto in disuso, mentre rimane valida la differenza tra chiel e chila come pronomi di cortesia. Il voi è maggiormente diffuso, almeno nell’uso popolare, nelle regioni alto-meridionali; ma in Abruzzo (incluso il sud delle Marche) e in Ciociaria, sempre nell’uso popolare, si preferisce il tu anche rivolgendosi a persone di riguardo.In diverse lingue, inoltre, l’opposizione tra allocuzione familiare e cortese – e dunque l’espressione della cortesia – è realizzata con strumenti diversi dalla scelta della persona per pronome o verbo. Come accennato, è questo il caso del latino classico fino al terzo secolo d.C. Che si faccia uso oppure no di un particolare pronome per l’espressione della cortesia, generalmente si ricorre comunque anche ad ulteriori strategie come l’impiego di titoli (signora, dottore, padre etc).

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