La polvere dell’aia … un ricordo che torna con le belle giornate…

Nel lontano 1944 ero a Campogalliano

nella villa dello zio e l’odore della polvere dell’aia la sento ancora , come se la memoria rimanesse nell’olfatto. Sapeva di stallatico  , di terra bagnata , di erba e di fieno , era il centro di questo grosso agglomerato di case , dove scorrazzavano  le oche e noi ragazzi.

Eravamo in tanti , io , nipote del padrone ed una decina di figli dei contadini ….bimbetti dai cinque agli undici anni. Li ricordo ancora, Maria , la mia fidanzata (aveva sette anni come me) , la Cippa , la Romilde , Romano, Mirko , Pepo , Ghega , la Germana  e le gemelle Bocia e Grìlein  (una grassotella ed una magrina). Molti avevano un soprannome e come si usa dalle nostre parti , davanti al nome delle femmine  c’era sempre l’articolo.

In quell’aia si trebbiava il grano , si ammazzava il maiale , si batteva il frumentone (mais) ,si ballava e si cantava all’epoca della pigiatura dell’uva. Ecco perché quella terra conservava tanti odori , era una polvere fina che col vento della sera si sollevava leggera assieme a qualche piuma d’oca o a qualche foglia secca.

Noi correvamo sempre , scalzi o con le scarpe , scansando buazze ed escrementi dei cavalli che transitavano lenti trainando i carri colmi di erba. Andavamo verso il canale a catturare rane , Ghega , che era il maschio più grande , era il cacciatore specializzato , aveva un fil di ferro ad anello posto nella cintura e ad una ad una infilzava le rane , che continuavano a scalciare nella crudele agonia.  Poi tutti a fare pipì , le femmine accovacciate nelle erbe alte , e noi maschi a zampillare nelle lente acque del canale , che mandavano bagliori dorati nella luce del tramonto.

La sera l’aia non era morta , si riempiva di sedie e i contadini stanchi , bevevano, fumavano e chiacchieravano alla luce della luna , uno intonava …”vilàn pèra so chi boò”  (villano guida quei buoi) …e il canto …quasi sottovoce , accoglieva la notte tranquilla il quel piccolo territorio, mentre non molto lontano c’era  chi moriva per una assurda guerra.

 

10 Commenti a “La polvere dell’aia un ricordo scritto da Franco Muzzioli”

  1. Giulio Salvatori scrive:

    Grande Franco.Grande ! Hai proiettato un Film “nudo e crudo”, un Bianco/nero dove i colori dell’innocenza s’innalzano fino a toccare il cielo.Io, a volte , collaborando con vari giornali, scrivo che mi sono laureato All’Università Proletaria …ma non mi capiscono e rimangono silenziosi.Franco, sono pagine che nessun testo scolastico racconta.Sono testimonianze che hanno il diritto di non rimanere nascoste, soprattutto per i “ragazzi” di oggi che non distinguono una pecora da una capra. Ma soprattutto vanno accompagnati, almeno con i racconti, nei PRATI dei loro nonni. Da parte mia, ti ringrazio.

  2. alba morsilli scrive:

    Gentile Paul ho letto il tuo commento e la tua dignità nello scrivere, vedi mi piacciono questi articoli perchè ci fa conoscere a fondo noi che digitiamo in questa chat, è come aprire un scrigno che non sai quello che trovi,
    considero i commenti come aprire il cuore conoscerci e capirci,
    voglia di stare assieme e condividere.
    Attualmente si vive in un’era digitale, tutto corre veloce anche nelle famiglie non si dialoga più, tutti con quel beato telefonino o ancora meglio quelli di ultima generazione perciò
    non si fermano a pensare tutto è superficiale.
    Hai toccato un argomento quello dello studio, e io mi ci sono sentita dentro, perchè ho dovuto essere privata delle cosa che più mi piaceva studiare, allora nessuno ti aiutava e i mezzi erano quelli che erano,(poi eravamo un popolo di analfabeti eio ricordo che al cinema muto con i sottotitoli li leggevo ad alta voce per le persone) perciò avere la 5 elementare eri considerata, se pensiamo che per firmare mettevano una croce, forse è rimasto ancora nelle schede elettorali questo sistema per poter arrivare a tutti, grazie alle lotte che gli operai hanno fatto. Anche se ora i nostri figli laureati non trovano lavoro almeno non sono analfabeti

  3. paul candiago scrive:

    Gentili Signori,

    fa piacere che vi siano persone che dal quaranta al sessanta ritengono vivi i loro felici ricordi della vita’ di quel periodo.

    Il mio vivere allora fu quello di un orfano, nulla tenente, morto di fame e freddo in un orfanatrofio con altri 150 sbandati della vita.

    La misericordia altrui leniva a me ed altri commiserabili il loro stato di abbandonati e dal sistema statale e dalla societa’: per fortuna non tutti.

    Nessun rancore nessuna ricriminazione.

    Poi si cresce raccogliendo sassi nei campi di montagna e si capisce tutta quella amara parte della propria vita e il ricordo rimane cenere vaga e fumosa fra i venti ombrosi del fondo valle.
    No traumi o piagnucolamenti o risentimenti: e’ stato cosi’ e basta:avanti si va.
    Vi e’ un aspetto che propongo ai responsabili delle presenti generazioni:evitare ai teneri d’eta’ la privazione alla dovuta educazione scolastica a tutti i livelli per non impedire che nessuno di loro si trovi privo di cultura ed educazione per il tempo in cui il giovne si trovera’ a vivere.

    Per me,dovuto alla mi assoluta poverta’, essere stato impedito di educarmi e’ la sola ciccatrice che ancor oggi porto nel cuore per un Sistema Statale sorpassato e che ancor oggi mostra i frutti dell’Ignoranza.

    Cordiali saluti e buona santa Pasqua a tutti,Paul

  4. Giuseppe3.ca scrive:

    Belli i ricordi d’epoca, ne abbiamo un pò tutti, noi diversamente giovani, sono preziosi episodi di vita che rimangono scolpiti nella nostra mente ed è bello rinfrescarli, ogni tanto: ci si mantiene giovani anche conservando i ricordi. Grazie Franco.

  5. franco muzzioli scrive:

    La vita non è uguale per tutti , per nascita , per salute , per buona sorte e per latitudine…..è così ! Ma se nel 44 non si poteva che afferrare quel che ci veniva dato e ricordare il bello e il buono , se c’era , ora possiamo fare qualcosa di più.
    Non dobbiamo più pernettere che bambine come Alba vivino scalze , senza cibo , in caccia di qualche straccio da mettrersi addosso. Non dico che possiamo vivere tutti in una cartolina idilliaca , perchè fato e natura delle differenzazioni le faranno sempre , ma dobbiamo LOTTARE , perchè l’uguaguanza tra gli individui sia sempre maggiore, garantire cibo , salute , istruzione e soprattutto libertà.

  6. alba morsilli scrive:

    sto leggendo i commenti dopo aver finito di leggere l’articolo e voi non sapete come invidio la vostra fanciulezza
    L’articolo parla di una data 1944 si era in guerra già da 4 anni, ma voi lontano dalle bombe che distruggevano tutto giocavate sull’aia avevate il cibo per sfamarvi, per forza ricordate di gioia la vostra infanzia.
    Io invece ho cercato anche se non ci sono riuscita del tutto di cancellare gli anni della mia infanzia, perchè ho vissuto fino a 10anni anche il dopo guerra in un campo di baracche tipo stile germanico,dove si dormiva con pulci pidocchi e tutti nello stesso letto chi dai piedi chi dalla testa.
    ho una sola foto della mia infanzia con la testa rasata, per protezzione, i morsi della fame sono quelli che mi sono rimasti impressi, ma ricordo anche il pane bianco fatto con quella farina che il mio papà portava, facendo peripezie con un pugno di sale fatto da acqua marina bollita, per poi barattarlo in Piemonte, rischiando anche la vita.
    ho vissuto come i suscia di Napoli arrangiandomi, rubando il cibo, e se ero fortunata qualche vestito, ho sempre camminato scalza, e quando ho indossato le prime scarpe ho pianto avevo i calli sotto i piedi come le scimmie.
    sono felice per voi perchè ogni bambino a diretto ad esserlo ma la vita non è uguale per tutti

  7. Lorenzo.rm scrive:

    Anch’io, come Franco, avevo uno zio “campagnolo”: faceva l’amministratore in un podere della campagna sicula nel siracusano. Aspettavamo, noi ragazzi, ed in fondo tutta la famiglia “cittadina”, i giorni in cui si poteva andare dagli zii, giocare nell’aia, inseguire i tacchini, assistere inevitabilmente al sacrificio del maiale, ecc. ecc. I ricordi stazionano e ogni tanto presentano dei guizzi che fanno male al cuore, sebbene prevalga la dolcezza e l’affetto per congiunti, tanti, che non sono più con noi. Evviva la campagna. Evviva!

  8. sandra .vi scrive:

    Quanti ricordi ,ritornano alla mente leggendo l tuo racconto Franco.Noi causa la guerra eravamo sfollati dai cugini di papa nel Varesotto .Ci avevano ceduto dei locali nella loro casa grnde e vicino c’erano le case dei contadini,il cuore era la grandissima aia come dici tu Franco .Inizio fu duro io e mio fratello eravamo i “sciuri de Milan “poi fummo adottati dai ragazzetti dei contadini e da allora ne combinammo di tutti i colori co gra disperazione della mia mamma.Ricordo che felicita’ tornare sul carro del fieno…,cercare le uova nel pollaio…Quante risate ,come ci divertivamo e….nn capivamo la tristezza della mamma ,la guerra per noi era troppo lontana……

  9. NEMBO scrive:

    Certamente si Franco, leggendo il tuo racconto, i ricordi mi riaffiorano perchè sono nato e vissuto per parecchi anni in campagna, perciò non posso dimenticare i sapori intensi,la polvere e gli indimenticabili momenti del lavoro quotidiano dei miei nonni e dei miei famigliari, specialmente quando giungeva il periodo della mietitura ovvero la consapevolezza di aver guadagnato il pane, tutti partecipavano e ci si aiutava l’uno con l’altro, ricordo quel rumore del motore assordante del trattore, gli imprechi quando si rompeva la cinghia o si bloccava la puleggia e altro ancora, era anche occasione di stare insieme e socializzare tra di noi ragazzini. Purtroppo ora tutto è cambiato, come siamo cambiati anche noi adeguandoci alla vita sociale di oggi, diciamo peccato! Ma noi almeno abbiamo avuto la fortuna di assaporare la polvere, i profumi della natura, la libertà di correre nei campi a piedi nudi. Buona PASQUA a tutti.

  10. marc52 scrive:

    Reminiscenze della fanciullezza, ricordi di un tempo passato, ma… da rincorrere con rimpianto! Se potessimo rivivere questi attimi, non ce li godremmo cosi tanto. Ricordi di tempi perduti, di persone che hanno attraversato nel bene e nel male la nostra fanciullezza, la nostra… vita. Sensazioni di tempi passati che acquistano un’altra dimensione rivivendoli. Più avanziamo nell’età, più si insinuano in noi, ci rapiscono, ci trasportano, sono presenti, insistenti, nei nostri pensieri, in un passato orami perduto, che non tornera più.Ricordiamoci di questi ricordi
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    Non lascio che neanche un singolo fantasma del ricordo
    svanisca con le nuvole,
    ed è la mia perenne consapevolezza del passato
    che causa a volte il mio dolore.
    ma se dovessi scegliere tra gioia e dolore,
    non scambierei i dolori del mio cuore
    con le gioie del mondo intero.(Kahlil Gibran)
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    Sappiate, dunque, che non c’è nulla di più elevato, di più forte, di più sano e di più utile nella vita che un bel ricordo, specialmente se è un ricordo dell’infanzia, della casa paterna… Se un uomo riesce a raccogliere molti di questi ricordi per portarli con sè nella vita, egli è salvo per sempre. E anche se uno solo di questi ricordi rimane con noi, nel nostro cuore, anche quello solo può essere un giorno la nostra salvezza.
    Fedor Dostoevskij, I fratelli Karamazov

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