Ducky ci propone un tema eterno sviluppato in modo leggero e allegro

“Sai che tutti noi sognamo?”
“Che domande. Certo!”
“Sai anche in quanti modi si può sognare?”
“No, prova a dirmelo.”
“Anche ad occhi chiusi!”
“Ok, so cosa vuoi dire. Ti riferisci ad un altro modo di sognare?”
“Sì,  quello ad occhi aperti.”  La donna si sedette sul letto e incrociò le gambe. “Senti, bell’imbusto, non fare il filosofo e non prendermi in giro se no ti prendo a cuscinate. Parlami dei sogni!”
“Eh sì, succede, succede quando si comincia ad amare!  Amare e sognare   sono come  due facce della stessa medaglia. Quando si ama si comincia  a sognare!”
“Ma io non ti ho mai sognato, eppure ti amo. Voglio dire, t i  a m o,  ma di sogni nemmeno l’ombra…eh …forse mi sfugge qualcosa?”
“Credo di sì. Allora, diciamo che tu mi ami!” Roberto cercò di nascondere il sorriso.
“Come masochista cerchi cuscinate, Roby?”
“Sii seria! Quando tu dormi, può accadere che mi sogni e questo, mi riferisco ai sogni, può anche non accadere, cioè dormi e basta. Ma quando  stai lavorando in ufficio e ti fermi con un fascicolo in mano o davanti al pc  col tuo sguardo  bloccato a fissare  il vuoto, allora in quel preciso istante stai sognando il mondo che ami, e cioè me e o le cose che ami, ma, Sara del mio cuore, tutto questo “ad occhi aperti.”
“Vero,  Roby! Credo di avere afferrato il concetto. A me capita spesso, e se  chiudo gli occhi,  ‘ti vedo’” ed è come se aprissi  un album di foto.”
“Brava, e mi puoi rivedere quando vuoi. E se si ama, si diventa schiavi dei sogni…ad occhi aperti. Lo sguardo si proietta nel vuoto senza che te ne accorgi e rimani lì per diversi attimi come ghermito da una magia: insomma una tranquilla e deliziosa pausa.”
In quei momenti si può sognare di tutto: casa al mare, un vestito, un bacio, una frase che ti è sembrata gradevole o vera, un gesto di un amico…insomma di tutto…!”
“Hmm! Mi stai piacendo. Ed io che non sono tanto bella,  piaciucchio, professore mio, vero? come diceva il grande Totò.”  Così scherzando curvò indice e medio e gli tirò un bel pizzicotto sulla guancia.  “E dell’Amore, che ne pensi? Di quello vero, intendo.!”
“Domanda di una difficoltà gigantesca, Sara. Se ne sono dette tante e  se ne discuterà  sempre. L’Amore vero è un sentimento di impossibile coniugazione, è inspiegabile, misterioso.”
“Misterioso perché? chiese Sara “Semplice, per favore!”
“La bellezza non ci fa innamorare. Cioè non è causa di innamoramento. Se così non fosse, ci innamoreremmo tutti delle donne belle. Invece, uno spilungone si innamora di una donna bassa, una  tappetta insomma,  lui un bidone e lei magra come una stecca da bigliardo. Per dire solo delle dissonanze fisiche, ma le ‘differenze’ che fanno innamorare sono infinite. Per esempio fra me e te esiste la differenza: è che io sono docile e arrendevole, tu sei ostinat…!” Non finì  la frase. La cuscinata di Sara gli arrivò rapida e vigorosa.
“Roooby,  Roby, prima ti picchio e poi ti mordo.” Sara era simpaticamente stuzzicata da lui e lei era felice di averlo lì che le parlava di sogni e d’amore. “Ora mi spiegherai l’amore irrazionale, hai detto così, mi pare.”
“Si, è proprio così, irrazionale. Quando ci si innamora,  l’altra persona  è come se prendesse  uno strano possesso del tuo cuore, della tua anima, e del tuo  cervello.”
“Che c’entra il cervello?”
“C’entra, c’entra. Il razionale cede il posto all’irrazionale, la ragione e’ sconfitta dal sentimento.”
“Amore, ti prego, non te ne venire con questo linguaggio.”
“Voglio dire che  quando ci si innamora, si comincia a perdere la testa, si perde il senso critico, cioè si diventa un po’ cretini.” riprese Robby serio dopo aver fatto una breve pausa. ”Il partner, l’amante, il fidanzato insomma,  la persona amata…l’altra metà…bé fai tu,  ti cattura…ti prende. A quel punto la sua immagine, i suoi gesti,  il modo di camminare, di guardarti, o qualcos’altro emozionante, ti entrano  nell’anima all’improvviso o  quando meno te lo aspetti. E viene così l’inizio e si comincia  sognare  chi si ama… mentre  si dorme.  E qui si ritorna ai sogni  sui quali non hai nessun controllo.”
“Cioè lo si vive così, come viene.”
“Almeno apparentemente, ma il pulsante sei tu a premerlo.”
“Ti dispiace spiegare meglio?”
“Ok! Voglio dire che le ansie, le emozioni, i dispiaceri, dolori, gioie…tutto quello che abbiamo dentro è come se evolvesse in un’esplosione, un sfogo insomma che diventa un sogno-incubo o un sogno gioioso. E’ quello che si ha dentro che crea la natura dei sogni.”
“Chiaro! Questo succede quando si dorme. Ma il modo consueto e normale di sognare non è sognare dormendo ma stando svegli cioè ad occhi  aperti. Dico bene furfante?”
“Esattamente!”
“Io ti ho sognato  dormendo cioè ad occhi chiusi. Ma io non ho alcun bisogno di dormire per sognarti. La sera,  prima di addormentarmi,  sei proprio qui davanti a me. Sussurro il  tuo nome come un automa . Mi rivedo sulle tue ginocchia, sento il calore della tua mano sulla guancia  E mi viene  una  grande voglia di stare tra le tue braccia. Poi, come se uscissi da un torpore,  mi accorgo che tutto si deforma come in uno specchio. Non mi resta che asciugarmi  gli occhi lucidi. E presa dalla stanchezza mi lascio andare. La mattina mi sveglio e chi mi appare davanti?!”
“ Provo a indovinare!”
“Te, sei la mia vita, Roby!” Gli affibbiò un altro pizzicotto e si baciò le dita sorridendo di gusto.
“Anche tu lo sei,  Cucciola! Mi piace da morire il tuo modo di essere donna.  Sei schietta e sincera e adoro  il tuo modo di amare. A volte sei impulsiva e caparbia ma mi piaci proprio così. E’ questa la tua forza che non ti deve mai abbandonare.  Non dobbiamo mai smettere di sognare perché con i sogni diamo speranza all’anima ed  energia al cuore.”
“Robby, secondo te, sognare ha un’attinenza, un legame, con il “passato” o  può rappresentare un riferimento col  “futuro”?”
“Non è facile rispondere. Credo che il passato siano le nostre radici, le nostre vicissitudini, le nostre emozioni. Ognuno di noi è  il prodotto del suo  passato. E il futuro rappresenta la conseguenza dei momenti che viviamo oggi. Con i nostri sogni  spianiamo la strada verso il futuro. Insomma, i sogni sono le reazioni della nostra  interiorità. I messaggi che teniamo nel nostro ‘scrigno, cioè qui… e Roberto portò la mano all’altezza del cuore, sono…”
“Reazioni!?
“Sì, reazioni alle vicissitudini della nostra vita. Dall’anima riceviamo dei segnali. A volte chiari, comprensibili,  ma nella maggior parte dei casi  di  questi segnali-messaggi  non si riesce a comprendere il significato.”
“E tu, Cucciolone mio,  hai  interpretato bene tutti i messaggi del mio cuore?”
“E una parola, geroglifici, sembrano autentici geroglifici!”
Sara gli sorride con gli occhi lucidi: Ti seguirò ovunque andrai. Ti amo, Robby, e non sai quanto!”
“Anch’io potrei dire lo stesso!”
“Conserverei il tuo cuore nel mio. Che pazzi! Siamo  proprio due pazzi…due pazzi…pazzi che ‘si odiano’.”
“Se sapessi quanto ‘ti odio’, Sara!”
“Io ‘ti odio molto di più’, e ti odierò sempre!”
“Ah si, allora mi devi  un bacio odioso!”
Lei lo bacia e gli mordichia
“Ahi,  scema, sei  proprio scema e anche  matta!”
“Scema no, completamente matta sì,  ma di te.”
Lui l’agguantò, lei si lasciò agguantare…si rotolarono sul letto…e si dimenticarono dell’Universo.

Che cos’è l’Amore per te? / Ti sei mai innamorato/a? / Pensi che il miglior modo di sognare sia “ad occhi aperti”? La parola ‘sognare’ ti intenerisce o ti rattrista?
http://www.youtube.com/watch?v=vhJKgdzAJ9o
ducky 28 dicembre 2004

lavalana1

Un gruppetto di donne, alcune sedute su delle seggiole basse, altre accovacciate sopra sacchi di iuta, altre ancora  sul muretto di cinta della piazzuola, formano un cerchio attorno ad un grosso mucchio di lana di pecora. Per ripararsi dalla polvere hanno fissato con uno spillone il fazzoletto dietro la testa per raccogliere i capelli, e un lungo pannello legato alla vita. Gli unici uomini che osservano il lavoro, Marcello dell’Angiò ed io.
La giornata è bella e un sole tiepido invita a sederti. Marcello sospettoso mi osserva poi rivolto alle donne dice: – State sicure che fra qualche giorno siete sul giornale- Scuoto le spalle in segno di indifferenza, ma ho già scattato diverse foto e vedo già l’articolo:- Usi e costumi che spariscono-
Le mani delle donne allargano con destrezza la lana aggrovigliata, la più esperta è l’Orietta che impartisce ordini alle più giovani. Con tono pacato dice: -La lana, non si deve strappare, ma s’allarga per benino, così, vedi? Altrimenti i materassi diventano duri e nodosi. E te Giulietto, senza stare con le mani in mano potevi anche dare una mano e pestare su quel ciocco di legno la lana più aggrovigliata.
Mentre il lavoro va avanti le chiacchiere delle donne si intrecciano, il dialogo si aggroviglia, non ha un filo conduttore, ma ognuna dice la sua: non è facile seguire i racconti. La lana lavorata aumenta notevolmente di volume. Alcune di loro passano alla cardatura, (un grosso pettine chiodato), altre hanno già inforcato la rocca e il filo di lana si avvolge al fuso. Un guindolo gira impazzito formando le prime matasse di lana grigia, alcuni gomitoli sono già depositati in un cesto.
Un pulviscolo bianco rotea nell’aria illuminato dal sole, cambia colore, si dissolve portato via dalla brezza, ricade lento posandosi  sugli abiti delle donne. Le ciocche dei capelli che spuntano dai fazzoletti, assumono un colore grigiastro ovattato e morbido. Le sopracciglia si gonfiano, si allungano, cambiano i lineamenti delle facce: un rimbalzare di starnuti si unisce ai dialoghi. L’Orietta tiene allegre le donne.
– Ieri sera ho mangiato la peperonata, ma mi sono rimprillata tutta la sera nel letto, ho pregato anche per l’anime del Purgatorio, avevo il foco in gola, che nottata,-
– Io,mi son sognata tutta la notte mio marito,- dice l’Angiò- ho avuto anche paura, mi sembrava di riaverlo nel letto, sarà meglio che gli faccia dire una messa, non sono ancora pronta per i cipressi-
La Palma la tranquillizza: – dormite tranquille donne, non è mai ritornato nessuno.
Le più sono vedove, io e Marcello ci tocchiamo in un punto che non posso dire.

La fodera di un materasso attende sopra un tavolo di essere riempita di lana. L’Orietta con un grosso ago infilzato con dello spago, fissa i punti e piano piano prende forma un morbido materasso.

Il lavoro volge al termine: I muri delle case  racchiudono la scenografia di un teatro popolare, dove emerge l’intimità di un paese e la rispettosa amicizia tra donne giovani e anziane. Un sistema di vivere che per ora, il progresso non è riuscito a cancellare.

07_la-cardatura-del-linocardatura

Giulio.lu       22 ottobre 2009

scritto da paolacon il 22 10 2009
1

gruppo di crinoline

composizione

composizione

Kandiskij, pittore e teorico dell’arte russa, è stato considerato il principale iniziatore dell’Astrattismo (1966-1944).
Il termine stesso indica il problema che si posero gli artisti di questa corrente, cioè il proposito di astrarre dalla realtà esterna tutti quegli elementi illustrativi che essi ritennero estranei all’espressione della loro sensibilità o delle loro idee, per  potenziare al massimo la forza espressiva delle forme e dei colori. Non si tratta più di rappresentare un qualsiasi episodio realistico – un interno, un paesaggio, una natura morta, delle figure – ma di esprimere la profonda  necessità interiore che abita nella fantasia dell’artista: questo fu il pensiero di Kandinskij.
L’arte non è più un fatto rappresentativo, non ubbidisce più all’esigenza di dare un’immagine alla visione che noi abbiamo del mondo, attraverso l’esperienza sensibile: ora l’opera d’arte è una realtà autonoma e indipendente dalla realtà esteriore.
Il quadro e la scultura non sono l’immagine di un uomo o di un paesaggio, sono forme e colori che traducono uno stato d’animo, attraverso un’equivalenza, attraverso un’analogia che si avvale dei soli strumenti stilistici: “nella pittura,  – scrisse Kandinskij – una macchia rotonda può essere più significativa di una figura umana”.

improvvisazione

improvvisazione

In epoca simbolista, tali concetti furono già espressi e affermati  sia da Gauguin che da Denis. Quest’ultimo afferma che le “emozioni e gli stati d’animo provocati da uno spettacolo qualunque rappresentano, nell’immaginazione dell’artista, dei segni equivalenti, plastici, capaci di riprodurre queste emozioni o stati d’animo, senza che vi sia bisogno di dare la copia dello spettacolo iniziale”.
Tuttavia, solo in rarissimi casi essi rinunciarono alla rappresentazione, al massimo si limitarono a stilizzare fortemente la realtà.
Quelli che per primi si misero su questa nuova strada, con rigore teorico, oltre che con chiarezza stilistica, furono Kandinskij, Mondrian e un gruppo di artisti russi ad essi collegati.
Monaco di Baviera, nel primo decennio del Novecento, fu certamente uno dei centri europei più vivi e più aperti agli scambi internazionali: molto per merito proprio di Kandinskij, che vi era giunto dalla nativa Russia, nel 1897.
Sotto il suo impulso, vennero realizzate mostre d’arte in cui figurarono alcuni  dei più interessanti artisti francesi, e si manifestarono le più nuove tendenze che fiorirono a Parigi,   dal Post-Impressionismo ai Nabis e ai Fauves.
Proprio a Parigi il pittore russo  espose le sue prime opere. Nel 1908, Kandinskij ebbe la prima rivelazione di una pittura non rappresentativa; sentì per la prima volta come la realtà esterna fosse un impedimento alla pura espressione della sua necessità interiore, ma gli furono necessari ancora due anni di ricerche e di esperimenti per giungere alla conquista di un linguaggio di forme e colori totalmente liberi da ogni asservimento all’illustrazione, svincolati da ogni riferimento al peso materiale della realtà.
E’ interessante osservare la sua opera del 1909, “Gruppo di crinoline”, che precedette di un anno soltanto l’apparizione dei primi veri quadri astratti: qui, infatti, il suo linguaggio è ancora figurativo, seppure già antinaturalistico nell’uso del colore, in stesure piatte e violente.
Nei due anni cui si accennava poc’anzi, Kandinskij iniziò la sua avventura verso la pura astrazione condotta, nei successivi stadi, con una consequenzialità e un rigore veramente esemplari: in un primo momento ci fu l’affermazione di un colore acceso e luminoso che brucia come una fiammata, poi seguì  l’impiego di un linguaggio di segni riassuntivi della realtà, che trascrivono le immagini in un ritmo liricamente musicale – molti suoi quadri, infatti, furono intitolati  Improvvisazioni.

ovale rosso

ovale rosso

Anche Kandinskij,  da adolescente,  studiò pianoforte e violoncello e ciò influenzò anche la visione artistica del pittore, così come avvenne  per Paul Klee, che conobbe a Parigi e del quale divenne amico. Insieme collaborarono, più tardi, in Germania.
Kandinskij, infatti, era persuaso che la pittura deve essere sempre più simile alla musica e che i colori devono sempre più assimilarsi ai suoni. Egli scrisse precisamente: “il più ricco insegnamento viene dalla musica, essa è l’arte che non usa i suoi mezzi per imitare i fenomeni naturali, ma per esprimere la vita psichica dell’artista e creare la vita dei suoni”.
La sua produzione di quadri veramente astratti ha inizio  dal  1910  fino al 1914 -anno in cui le vicende politiche lo riportarono in Russia – durante i quali Kandinskij realizzò le sue pagine pittoriche più poeticamente riuscite e felici: fu un fiorire di invenzioni straordinarie, di colori e di forme che liberamente si dispongono sulla tela in un ritmo che sembra seguire gli impulsi più repentini della sua fantasia e gli stimoli più sottili della sua interiorità.
Tra le sue opere principali di quel  periodo, vanno ricordate:

“Il cavaliere azzurro”, che divenne anche il manifesto dell’omonimo gruppo fondato con l’amico Franz Marc (1911).

il cavaliere azzurro

il cavaliere azzurro

la montagna blu

la montagna blu

“La montagna blu” e “Paradise”: dei cavalli che galoppano, una piccola chiesa in bilico sopra una rupe scoscesa; lo spunto di questi quadri è ancora impostato sulla  realtà naturale ma, nell’esecuzione, in quella enunciata felicità del colore picchettato a macchie accostate, oppure steso a larghi strati piatti, si va ormai rivelando una volontà diversa: il colore acquista già una sua indipendenza, si libera ormai decisamente di ogni vincolo di fedeltà naturalistica.

“Avec l’arc noir” (1912): citerò la descrizione che ne fece l’artista stesso. “La via sulla quale attualmente ci siamo incamminati è quella che ci allontana dall’esteriorità delle cose per avvicinarci al polo opposto, che è quello della necessità interiore, che va percorsa in assoluta libertà, svincolandosi da ogni forma d’obbligo come da ogni soggezione al gusto dell’epoca, e senza preoccupazioni di ordine compositivo o di armonie esterne poiché, come non ci sono note dissonanti in musica, così non ci possono essere disarmonie in quella pittura che nasce dal profondo della necessità interiore.

Kandinskij dipinse, in seguito, varie “Improvvisazioni” e “Composizioni”, di pregevole fattura, da cui traspare una grande armonia  e un sapiente uso del colore.   Ve ne mostro  alcune, tra le più emblematiche.
Nonostante il pittore precisasse teoricamente le sue intenzioni in scritti che furono di grande utilità per  gli artisti contemporanei, tuttavia non si avverte mai il peso della teoria nella sua pittura, sempre fresca e immediata, “cantante”, come lui stesso la definì.
L’artista riuscì a trovare l’espressione della sua “necessità interiore” nel puro e spirituale linguaggio delle forme.

avec l'arc noir

avec l'arc noir

paradise

paradise

Giovanna3.rm       13/ 10/ 2009

L’idea l’ha suggerita l’amico Popof, segnalando l’articolo di Angelo Panebianco comparso in prima pagina del Corriere della Sera del  19 ottobre 2009.
Ne riporto uno stralcio.
Scrive Panebianco:
“Viviamo in una fase, simile ad altre della nostra storia, di incanaglimento della lotta politica, siamo immersi in un clima di guerra civile virtuale. Siamo, pur con i nostri difetti, una democrazia ma rispettabili pensatori di altri Paesi, aizzati da demagoghi nostrani, vengono a spiegarci che viviamo sotto una dittatura. Abbiamo un dibattito pubblico apertissimo ma c’è chi racconta che la libertà di stampa è minacciata. Alcuni parlano dell’Italia come se si trattasse dell’Iran o della Birmania. Abbiamo libere e regolari elezioni ma una parte non esigua degli elettori dello schieramento sconfitto non riconosce la legittimità del governo in carica (ma la stessa cosa facevano certi elettori dell’attuale maggioranza quando governavano i loro avversari).
E’ in questi momenti che conviene tornare ai <fondamentali>: che cosa permette a una democrazia di sopravvivere? Di quali virtù o qualità deve essere dotata la cittadinanza democratica? La democrazia è un regime moderato. Ha bisogno che a guidare i governi siano sempre forze moderate, di destra o di sinistra, e che le componenti estremiste siano tenute a bada. Ma perché ciò accada occorre che, fra i cittadini, prevalgano certi atteggiamenti anziché altri. Nelle democrazie, in tutte, la maggioranza dei cittadini, ha interesse nullo, scarso o sporadico per la politica. E’ sempre una minoranza, magari consistente ma pur sempre minoranza, a seguire con continuità le vicende politiche. Sono gli atteggiamenti prevalenti in questa minoranza a dettare tono e qualità della democrazia.”.
A questo punto l’autore esamina i tre tipi umani che più frequentemente compongono questa minoranza, che sono: l’estremista, il fazioso e il pluralista. Risparmio ai lettori questi approfondimenti. Panebianco, come è ovvio, fa il tifo per il pluralista. “ (egli) accetta il fatto che il mondo sia complesso e, dunque, che non ci sia, sui fatti contingenti della politica, una Verità acquisita per sempre. Accetta che il problema sia, ogni giorno, quello (faticoso) di impadronirsi, confrontando le opinioni e riflettendo sui fatti, di quel poco di precarissima “verità” che si riesce ad afferrare. Senza abdicare alle proprie convinzioni più profonde non teme di ascoltare pareri diversi. Pensa che, se sono ben argomentati e presentati con garbo, possano anche arricchirlo.
Quanto più nella minoranza  che si interessa con continuità di politica prevale il tipo pluralista, tanto più la democrazia è salda e sicura. Non è questione di destra e di sinistra…….”

E se cominciassimo a ragionare così per il bene del Paese?

Lorenzo.rm  20 ottobre 2009

scritto da paolacon il 16 10 2009

ITALY BARCOLANA REGATTAITALY/

Barcolana 2009
Nel golfo di Trieste, ogni anno, la seconda domenica di ottobre, si svolge la più grande regata velica del Mediterraneo con la partecipazione di quasi 2000 imbarcazioni: la Barcolana, la festa di tutta una città. Quest’anno è stata il giorno 11 ottobre e si è conclusa alle  ore 17.15.
Con entusiasmo si è vissuta la 41esima Coppa d’Autunno che chiude idealmente la stagione delle regate. Gli organizzatori amano chiamarla “la regata di tutti”, perché mette a confronto le imbarcazioni di semplici appassionati con gli enormi scafi di veri professionisti. La Barcolana, storica regata che ogni anno permette a circa duemila barche a vela di ogni forma e dimensione di sfidarsi di fronte a un pubblico sempre più numeroso. Si chiama così dalla località dove sorge la società velica SVBG (società velica di barcola e grignano) che da sempre l’organizza: Barcola.

Cronaca di una giornata di regata. C’ero anch’io.
Ci si alza alle 5.30, subito un’occhiata al cielo e un assaggio al vento, una colazione sostanziosa, ma senza liquidi e cibi dolci per non favorire un eventuale mal di mare; poi ci si veste a strati, cominciando con la “pellicola tecnica”, infatti  può far freddo in mare;  la cerata è già pronta, gli stivali e l’immancabile cappellino di lana. In strada si incontrano i vicini: ed è un incrociarsi di “Come x’è?  E con te?  Buon vento  buon vento!”
C’è eccitazione, allegria nell’aria, ma anche un bel po’ di nervosismo.
Poi arrivati alla banchina “armiamo”, controlliamo che le vele siano in ordine e lo spinnaker sia a posto. Potrebbe servire… Ora siamo tutti a bordo, leviamo gli ormeggi e salpiamo.
Piano piano ci avviciniamo alla linea di partenza e siamo tanti tanti: piccole imbarcazioni, vele grandi e tecnicamente avanzatissime, barche sponsorizzate, barche dei vicini di casa, consoci, amici, sportivi seri di società veliche di tutto il golfo di Trieste, ma anche venuti dall’Austria, dalla Svizzera e naturalmente dalla Slovenia e dalla Croazia.

in  linea di partenza

in linea di partenza

siamo pronti!

siamo pronti!


Una festa  grande,
almeno 1800 barche partecipanti, questa è l’ultima regata prima dell’inverno.
Che eccitazione prima della partenza; si deve scegliere un buon
punto per poter poi passare bene la prima boa. Dietro di noi c’è Maxi Jena, protagonista di tante Barcolane ed  eterna seconda.
La radio di bordo ci dice che tra un quarto d’ora è il via, poi è a meno dieci , meno cinque ed ecco lo sparo, il razzo verde nel cielo terso e luminoso, un’emozione unica “VIA!” Urliamo tutti come forsennati.
Adesso siamo assai concentrati, ordini veloci vengono scambiati, si sta attenti a non speronare, né ad essere speronati. Cominciamo con una bonaccia noiosa, ma poi ecco un refolo e andiamo. Maxi Jena ci supera alla grande e va a 10 nodi.  Benissimo!!!
Tante barche, tante, dobbiamo dare precedenze, ma non ci dobbiamo fare fregare, chiediamo: acqua!  acqua! La precedenza è nostra in questo momento. Pronti per la virata? Viriamo e… poi bordi su bordi.
La prima boa è doppiata, puntiamo alla seconda, il rombo degli elicotteri della Rai e della guardia costiera ci dà la carica; vediamo che vicino al Faro è gremito di spettatori e sulle Rive anche.
Il castello di Miramare si staglia all’orizzonte e fa il tifo per tutte queste vele, per questa festa. Ecco! Sentiamo lo sparo e la sirena che avverte che il vincitore ha tagliato il traguardo dopo due ore e 8 minuti dall’inizio della regata, non capiamo ancora chi sia, ma è Maxi Jena!!  Lo dice la radio, un urlo di approvazione, finalmente: Mitja Kosmìna è al timone di una barca slovena che è stata per anni eternamente seconda, non possiamo che rallegrarcene. Noi siamo ancora lontani dal traguardo.
I gommoni dei giudici di gara ci sono vicini è l’ultima boa, tagliamo il traguardo!

arriviamo

arriviamo

Maxi Jena

Maxi Jena

Fine della tensione, diamo via radio i dati della barca che ci precede e di quella che ci segue: è il punto di riferimento per essere inseriti nella classifica. Come saremo piazzati? Non importa più troppo, abbiamo dato il meglio di noi. Adesso c’è solo da pensare a mangiare, a brindare a stare allegri e poi la fatica non si sente quasi più in questi momenti, è solo gioia, allegra condivisione e desiderio di festeggiare e bere.
La Barcolana, la regata con più partecipanti al mondo, e Trieste, vi danno appuntamento nel 2010, sempre… la seconda domenica di ottobre. Abbiamo un anno per pensarci. Buon vento!

Davanti a piazza Unità d’Italia una folla di persone s’è riversata sulle rive cittadine ed ha gioito quando il vincitore Mitja Kosmina, su Maxi Jena, è arrivato sotto costa, per prendersi i meritati applausi. È stata così sfatata la tradizione secondo cui la barca slovena era eterna seconda.
Il percorso di 16 miglia è stato coperto in 2 ore e 8 minuti. Le condizioni meteorologiche sono state molto favorevoli con vento leggero (borino) e sole.
Nella regata sono state impegnate 30mila persone, ed oltre 300mila spettatori che si sono goduti lo spettacolo, o sul ciglione carsico o popolando il lungomare cittadino.
Concludo con il saluto di un triestino DOC (patoc), che si congratula per la bella festa nel colorito dialetto, inviando questo sms : “un grasie ai organizatori, dai veci de Barcola!…muli ogni anno el spettacolo xe piu’ bel..semo stai meraliadi dai colori de tute quele vele…una novita’…..grasie..” SMS inviato da luciobarc001 il 12 ottobre 2009 alle 06:58

paolacon     12/10/2009

alla prima boa

alla prima boa

ITALY/

c'è anche una vela latina

Riproduco un articolo di Pierluigi Battista dal titolo “Il regime che non c’è”, comparso sul Corriere della Sera del 9 ottobre 2009, in prima e 26^ pagina. E’ un articolo che mi ha impressionato perché mi ha fatto toccare con mano quanto tempo perdono in Italia le forze politiche litigando, e quel che è peggio, facendo litigare la gente, usando motivi di polemica fasulli e pretestuosi. Con ciò determinando situazioni da “guerra fredda” senza quartiere e senza ragione.
Il risultato è davanti agli occhi di tutti. Lo sfacelo.
Commentate l’articolo se volete. Io non posso e voglio aggiungere altro.

Ma ecco Battista:
“In Italia non c’è regime. Un regime non prevede una Corte Costituzionale che boccia una legge di fondamentale importanza per il primo ministro. Un regime non contempla un’articolazione  di poteri e di contrappesi, la voce dell’opposizione che si fa sentire attraverso la televisione (pubblica), la protesta sociale di chi patisce gli effetti della crisi, la magistratura che, presumibilmente, è in procinto di rimettere in moto un’attività ibernata per il tempo in cui un Lodo faceva da scudo al premier.
Il regime non c’è, nei fatti. Ma aleggia il suo fantasma, negli spiriti. In quelli di sinistra, che non sanno vivere senza la sindrome emergenzialista di una cittadella democratica sul punto di essere espugnata dal tiranno. E in quelli di destra, che intravedono in ogni critica un colpo di mano, in ogni critica un complotto nell’ombra, in ogni sentenza (sfavorevole) la traccia di un cospiratore che trama nell’ombra.
E’ come se l’Italia bipolare fosse incapace di vivere senza il pericolo del Nemico alle porte. E sono più di quindici anni che quest’ossessione appare dominante. Nella legislatura 2001-2006, anch’essa governata da Berlusconi, la paura del regime, anzi la certezza che un regime si fosse già imposto, portò l’opposizione sulle barricate, ridiede fuoco a una passione politica spenta, fece da sottofondo psicologico-politico a quella riedizione quasi ciellenistica dell’Unione che riportò provvisoriamente il centrosinistra al governo, ma con la fragile e caotica eterogeneità che ne determinò lo squagliamento. A destra la percezione di un leader provvisto di uno strabiliante consenso elettorale, ma costretto a subire le manovre del Palazzo (stampa e magistratura, istituzioni e persino il Quirinale) che lo vorrebbe disarcionare, è stata il carburante di una visione manichea quasi impossibile da abbandonare. La paura del <regime berlusconiano> compatta e galvanizza i suoi avversari depressi dalla sconfitta. La paura del <regime della sinistra> giustifica l’arroccamento del centro-destra nella sua fortezza, il clima di conflitto permanente, l’impossibilità (intravista il 25 aprile attraverso l’immagine di Berlusconi con il fazzoletto partigiano al collo) di pacificarsi con l’ Italia, pur minoritaria, che non l’ha votato.
Il fantasma del regime è però un veleno che agisce in profondità. Incendia la lotta politica, ma intossicandola con un clima di sospetti incrociati, di guerra civile a bassa intensità, di reciproca e permanente delegittimazione. Non il regime, ma il caos, un ininterrotto comizio che seppellisce la normalità politica rinfocolando un forsennato spirito di fazione che è la deformazione caricaturale del bipolarismo. Il regime non c’è, ma il suo spettro può generare frutti ancora peggiori. Travolgere istituzioni. Alimentare una rissa interminabile tra l truppe contrapposte, ma incomprensibile agli italiani che non sono militanti ma seguono allibiti la politica dei blitz e degli agguati, delle urla e dei proclami stentorei che ci perseguita implacabile da quindici anni. Incapaci, una buona volta, di voltare pagina”.
Ecco, ve l’ho fatto leggere tutto, l’articolo. Io, personalmente, mi sono sentito colpito constatando, ora e sempre, la “diversità” dell’Italia rispetto agli altri paesi democratici.

Lorenzo.rm  16 ottobre 2009

Con un po’di ritardo inserisco un articolo del “Sole 24 ore” proposto da Marc52. Mi scuso con lui e con gli eldyani per il ritardo, non ero in sede e non ho avuto accesso al computer. Fortunatamente l’articolo è sempre attuale.


Cari amici/che di eldy vi propongo una interessante analisi della Nazione/Continente Cina Un regime che il 1° ottobre 2009 ha festeggito il suo 60° anniversario un articolo estrapolato dal Sole 24 Ore on line, articolo di Paolo Migliavacca.
Leggiamolo, è facciamo le nostre considerazioni!

CHINA-ANNIVERSARY PEK01cina-3In un’epoca che “brucia” con inesorabile rapidità tutti i sogni di trasmissione secolare del potere – dal II e III Reich tedeschi al comunismo sovietico, dai fascismi italiano e spagnolo fino alla dinastia iraniana dei Palhevi – giungere a celebrare il proprio 60° compleanno costituisce già un successo rilevante per qualsiasi regime. Ancor più giustificata appare dunque la soddisfazione del festeggiato se al traguardo ci arriva, in apparenza, ancora in piena salute e non in fase di declino. È il caso del regime comunista cinese, che il prossimo 1° ottobre celebra sei decenni di controllo assoluto sul paese-continente: esso può infatti guardare con legittimo compiacimento, al di là della propria auto-perpetuazione, ad alcuni dei risultati conseguiti. La crescita economica è finalmente galoppante e si è fatta concreta la prospettiva di migliori condizioni di vita per tutti i suoi 1.340 milioni di abitanti, dopo i primi decenni d’incerta (e spesso disastrosa) gestione all’insegna del più dogmatico fanatismo ideologico, dal rovinoso “grande balzo in avanti” alle fallimentari “comuni popolari” che causarono diversi milioni di morti per fame.

mappa_cina_piccolaLa Cina proietta la sua potenza su scala realmente planetaria, tanto da indurre molti politologi occidentali a parlare di questo come del “secolo cinese”, mentre negli anni 50 e 60 il Paese visse nel costante incubo di un devastante attacco atomico americano e, nel decennio successivo, sovietico. La supremazia strategica a livello asiatico è sempre più evidente, sempre più a fatica contrastata da India e Giappone, e fa di Pechino l’arbitro assoluto delle grandi scelte continentali. Infine, la capacità tecnologica cinese sta rapidamente crescendo in molti settori, dall’elettronica di consumo all’aerospaziale, dal nucleare civile alle energie rinnovabili, cosa che assicura un futuro brillante all’apparato produttivo, fino a pochi anni fa abituato a competere con l’Occidente solo grazie a un costo del lavoro pressochè nullo.muraglia
Dunque, successi su tutta la linea per la Cina popolare, il solo Paese al mondo, con il Vietnam, ad aver perpetuato (almeno sulla carta) il comunismo? In realtà, il governo di Pechino si appresta a celebrare 60 anni di un regime che ha sì moltiplicato la ricchezza dei suoi cittadini, ma al prezzo del completo abbandono, tacito ma evidente, delle sue velleità di creare l’ “uomo nuovo” comunista, radicalmente diverso dai “decadenti” modelli precedenti ma anche da quelli proposti da altre “vie nazionali” al socialismo.
Dell’originaria carica egualitaria, collettivista e partecipativa (i concetti-base intorno a cui si è coagulato il marxismo-leninismo) il regime cinese conserva solo delle stereotipate parole d’ordine. Il partito comunista nominalmente regna ancora incontrastato sull’immenso paese: è il solo detentore del potere, accentra nelle sue mani l’intero apparato decisionale e di sicurezza, monopolizza il sistema di rappresentanza politica, organizza un consenso sociale totalitario, vigila con spietata intransigenza sull’integrità territoriale, minacciata da vari secessionismi. Ma, cosa inaudita, tutto ciò ormai si regge soltanto su un enorme apparato ideologico di facciata, un colossale Moloc di cartapesta che, dietro all’immutato ritualismo, nasconde un vuoto pneumatico.
In nome di un realismo politico assoluto, il Pcc, ha scambiato la conservazione formale del potere con il totale sacrificio dei propri ideali originari. Un militante comunista che il 1° ottobre del 1949, assistendo alla nascita del regime, infiammato d’entusiasmo per i propositi manifestati da un movimento marxista, si fosse iscritto al partito, oggi non riconoscerebbe più in nulla il proprio partito-stato. Il comunismo cinese risulta infatti completamente straniato, nella sua ortodossia dottrinaria e nella sua prassi d’azione, da una serie infinita di compromessi e di adattamenti alle mutevoli realtà socio-economiche internazionali e interne fatte proprie in nome del realismo. Intendiamoci, sulla spinta della mai sopita influenza millenaria del confucianesimo, l’abbandono sostanziale del marxismo-leninismo e dei suoi grandi dogmi. (collettivizzazione delle terre, rigida pianificazione centralizzata dell’economia, lotta di classe permanente sul fronte interno e contro l’imperialismo mondiale su quello estero)
ha permesso di assimilare quanto di buono e utile il pensiero capitalistico ha generato alla fine del secolo scorso, a partire dalla globalizzazione, di cui la Cina è diventata certamente la maggiore beneficata del pianeta.chinala-cina-compie-60-anni
il risultato di questo trentennio di paradossale “capital-comunismo”, quindi, è stata la produzione di una serie di “mostri” ideologico-sociali che stanno orientando il paese verso una massa di ricchi che propugnano sempre …il socialismo. La tessera del partito (quasi 76 milioni gli iscritti, 17 volte di più che sessant’anni fa) è sempre una necessità imprescindibile di carriera e a detenerla sono ormai anche centinaia di miliardari in dollari che, secondo la rivista americana “Forbes”, sono i più numerosi al mondo dopo gli statunitensi. Non meno di 50 milioni d’imprenditori privati (3 milioni dei quali iscritti al Pcc) producono ormai il 70% della ricchezza nazionale e il restante 30% di economia collettiva appare destinato a un inesorabile declino, considerato che le residue imprese del settore appaiono tutte tecnologicamente e gestionalmente decotte.

L’imponente sfilata che il 1° ottobre celebrerà la rinascita del “paese di mezzo” darà la misura della…lunga marcia compiuta dalla Cina in questi 60 anni. La folla, come nel 1949, sarà ancora formata da centinaia di migliaia di persone, ma quanto lontane da quelle poverissime che si accalcavano curiose e piene di entusiasmo nel 1949! Questa sarà una folla tutta griffata, dotata dei migliori gadget elettronici per immortalare la cerimonia e lieta di esibire un’automobile di proprietà. Mentre le centinaia di Vip che si accalcheranno sulle tribune scenderanno probabilmente da una teoria di Rolls-Royce, Bentley o Mercedes limousine salutando con il pugno chiuso.


Riprendo parzialmente il titolo di un articolo a firma di Pietro Calabrese comparso sul Corriere della Sera Magazine n. 37 del 17 settembre 2009, pag. 16.

Dice Calabrese:” Come si vive in un Paese avvelenato? La risposta è facile: molto male. Alla maggior parte della gente non interessa nulla sapere chi sia stato a iniziare la guerra o a spargere per primo liquami e veleni. Paradossalmente alla maggior parte della gente non interessa sapere nemmeno chi abbia torto e chi ragione. Le persone normali sanno soltanto che non vogliono continuare a vivere in uno stato di guerra permanente. Per gente “normale” intendo tutti quei milioni di persone che fanno un lavoro qualunque, non vanno in tivvù a pavoneggiarsi, non sono parte di clan o di cordate, che tornano la sera a casa stanchi e spesso infelici (perché non sempre il loro lavoro è quello che sognavano di fare), che mangiano, vedono un po’ di televisione e vanno a letto. Un’immagine non certo scintillante, ma è questa la fotografia della maggioranza silenziosa di tutti i Paesi del mondo. Gli altri, quelli che invece decidono per questi milioni, che danno i voti, assegnano i posti in prima, in seconda o in terza fila, tutti questi non arrivano alla decina di migliaia, ma continuano a parlare e a prendere decisioni per la massa.
Si sentono tutti hombres vertical, che aspirano a dirigere e plasmare le coscienze delle masse, una categoria di privilegiati e supponenti. Dico “supponenti” a ragion veduta, perché non è possibile per coloro che detengono il potere sottrarsi all’impressione che il mondo giusto è quello che vedono loro, che l’analisi capace di racchiudere in due paginette la summa del pensiero nobile è quella compilata alla fine delle loro geniali (così pensano) elucubrazioni. In breve, detenere una fetta, non importa quanto grande di potere sugli altri, comporta un cambiamento su se stessi, e sempre al peggio.
Il Paese si avvelena per lo scontro di chi vuole comandare. Non sempre volontariamente magari, ma il risultato finale è lo stesso: si rompe, ci si spacca, ci si insulta, si utilizzano i giornali e la televisione per farsi del male a vicenda, e non importa se gettando tante piccole bombe atomiche, il fall out ricade su tutti, colpevoli e innocenti, assassini presunti o poveri cristi che passano lì per caso.
Tutti diranno la stessa cosa: sono stati loro a iniziare la guerra e io non potevo fare altro che reagire per difendermi. Se ci pensate è la medesima costruzione che mettevamo in atto quando eravamo ragazzi. L’adolescenza è una stagione terribile di violenza, sopraffazione e veleni. Quello stesso meccanismo lo riproponiamo da grandi con mezzi sempre più sofisticati.
Alla fine, nei Paesi massacrati dai miasmi, l’aria si fa sempre più irrespirabile, le situazioni si complicano, gli individui si trovano costretti a schierarsi con l’una o l’altra parte. Ma succede qualcosa di ancora più pericoloso. A forza di alzare la posta e di spararle sempre più grosse, accade che le persone fuori dai giochi, spaventate, si abituano al fall out, e alla fine pensano che sia del tutto normale vivere nell’orrore quotidiano. Non li meraviglia perdere giorno dopo giorno pezzi di valori. Anzi, trovano più comodo adattare i nuovi parametri a ciò che li circonda e pensare che in fondo è sempre stato così, siamo sempre stati un Paese senza dignità e senza onore. Non è vero, io me lo ricordo bene quando non era così”.

E’ difficile aggiungere qualcosa ad un articolo così ispirato ed impegnato. Personalmente sono stato sempre contro il manicheismo in politica. Tutto il bene di qua, tutto il male di là. Oggi tutti dicono che la situazione è difficile, e non soltanto gli uomini “normali” di Calabrese. Anche quelli che ragionano non facendosi invischiare nelle logiche di gruppo o di clan.
Ma sembra che, alla fine, tutto debba andare così come va. Che possiamo fare? Parliamone, almeno fra noi. L’interesse generale vorrebbe forse collaborazioni, sintesi fra le diverse posizioni senza il gusto lacerante di divisioni inopportune. Ma il meccanismo prevalente è quello che denuncia il nostro autore.
Come ne possiamo uscire?

Lorenzo.rm

Chiedo scusa ai vari autori che mi hanno inviato un elaborato da pubblicare.
Normalmente inserisco tutti i testi nel blog seguendo il criterio della data di arrivo dello scritto.
Faccio un’eccezione per questo di giulio.lu che mi è stato mandato dieci minuti fa. Ma è talmente attinente agli argomenti delle ultime discussioni che ci sono state in Riflettiamo, così tanto dettato dal cuore, ma allo stesso tempo concreto, che non ho potuto fare  a meno di pubblicarlo subito.
Spero non me ne vogliate.

Non avrei mai immaginato di scrivere un articolo su questo tema, anche perché fonti più autorevoli della mia hanno riempito pagine e pagine di carta stampata. Ma siccome, dagli articoli di Felpan in particolar modo, da Lorenzo ed altri, e dai commenti, c’è una botta e risposta politica, e naturalmente prese di posizioni, ho sentito il desiderio di  allargare l’orizzonte.
Il problema non è se Berlusconi si dimetterà, se si andrà ad elezioni, se ci sarà un rimpasto, Fini Premier, Dalema Presidente della Repubblica; Bersani segratario del PD,etc.
Importante è che si facciano delle Leggi per il popolo.
Ma la gente semplice, la gente che lavora, i pensionati, le casalinghe…, ma chi porta avanti le aspettative di questa  massa di persone? Chi tutela i nostri interessi?
Ma se lo chiedono i nostri parlamentari come fa una famiglia con un salario di circa mille euro ad andare avanti? Se poi devono mantenere due figli a scuola, l’affitto, luce, gas, telefono, canone TV.  Assicurazione macchina etc. E speriamo che la salute ti assista perché, con la sanità che abbiamo, se non hai i soldi per pagarti una visita specialistica, che devi aspettare anche sei mesi, se va bene, vai diritto ai cipressi.
E la scuola? L’università? Pochi giorni fa la tv ha dato un’intervista di una ragazza che per mantenersi agli studi, era costretta a fare film porno. Non condanno la ragazza, tutt’altro, ma il ministro della Pubblica Istruzione. Quanti casi ci saranno di questo genere che neanche i genitori conoscono?
E se lo chiedono come fanno a campare pensionati che non arrivano a quattrocento euro di pensione? Le cosiddette minime. E le organizzazioni sindacali da che parte stanno? Cari amici di Eldy, la famosa forbice si è allargata sempre di più. E ricordatevi che Silvio campa, e bene, anche se va a casa.
E la Chiesa, scenda dal pulpito e si metta a fianco della gente che lotta giorno per giorno, altro che misericordia divina, qui ci vuole pane e companatico e tutto il resto, poi chi vuol pregare preghi.
Scusate se i concetti sono un po’ scorretti, ma mentre scrivo mi assale la rabbia e l’impotenza di non poter far nulla se non gridare, alla gente ONESTA, che bisognerebbe fare un Referendum per calare notevolmente gli stipendi ai nostri nababbi. E per nababbi intendo tutte quelle figure che prendono più di cinquemila euro al mese. Tutta quella ricchezza che avanza, divisa fra le categorie che citavo sopra. E’ così che si darebbe alle famiglie il potere di acquisto e il poter vivere in serenità.
E per arrivare a questo bisogna modificare lo stato attuale con un referendum, e sapete chi dovrebbe raccogliere le firme necessarie? Le organizzazioni sindacali. E se non lo fanno, rifiutare la tessera e ogni forma di sottoscrizione al sindacato.
Ho scritto di proposito minuscolo –organizzazioni sindacali- tanto per dare un segnale a coloro che leggeranno questo articolo, ammesso che la redazione lo passi.
E’ poco che sono in Eldy e non conosco la nostra forza. Se però si può tirare il famoso sasso nello stagno, io l’ho tirato.
In Versilia si dice che: – I discorsi ‘n fan farina-.

giulio.lu   11ottobre 2009

 Il 7 ottobre 2009 alle h.18 è arrivata la sentenza della Corte Costituionale:il lodo Alfano è bocciato.
– Secondo quanto stabilito dalla Consulta, il lodo vìola due norme della Costituzione, l’articolo 138 che stabilisce l’obbligo di far ricorso a una legge costituzionale (e non ordinaria) per un provvedimento che sospenda i processi per le 4 alte cariche dello Stato, e l’articolo 3, che stabilisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Il  Lodo Alfano aveva apportato una modifica costituzionale cosa non possibile in quanto legge ordinaria .La decisione è stata presa a maggioranza (nove a sei).
La sentenza della corte ha causato la reazione del premier nei confronti della medesima  e nei confronti del Presidente della Repubblica,  garante della costituzione, una delegittimazione degna d’altri tempi.Lui è il capo del governo ed esige rispetto(parole sue).E’ strano si pretende quello che non si è disposti a dare!
Ora, dal punto di vista tecnico, dovrebbero riprendere immediatamente i processi sospesi nei confronti di Silvio Berlusconi (due a Milano e uno a Roma). Sul versante politico potrebbe accadere di tutto: dimissioni del premier, tentativo di approvare a tempo di record una nuova normativa per evitare procedimenti giudiziari contro le alte cariche dello Stato, elezioni anticipate per tentare da parte di Berlusconi uno show down contro l’opposizione, formazione di un governo tecnico o “del presidente” per far abbassare la temperatura politica e riportare la situazione alla normalità istituzionale. Difficile dire quale di queste ipotesi ha più probabilità di realizzarsi. Il giudizio della Consulta era atteso con particolare ansia da Pdl e Lega.
Intanto il Pdl stà lavorando sull’opportunità di convocare una manifestazione a sostegno di Berlusconi: la data potrebbe essere molto ravvicinata. Se la decisione venisse confermata, saremmo allo scontro frontale tra due fette di opinione pubblica: quella che appoggia il premier e quella che si oppone al suo strapotere. Sembra davvero il finale de Il caimano, il film premonitore di Nanni Moretti.Pierluigi Bersani, candidato alla segreteria del Pd, dichiara a caldo: «Il premier vada avanti nella sua azione di governo ma come cittadino si sottoponga al giudizio della magistratura nei processi che lo vedono imputato».
Certamente ci saranno strascichi istutuzionali, sebbene tutte le forze democratiche hanno ribadito il principio che chi ha avuto mandato dagli elettori deve governare, saranno poi questi alla fine del mandato a giudicare il suo operato e quello del Governo complessivamente. Non mi dilungo, il vittimismo  è pietoso!Anche se lui si dà forza e si convince da solo sostenendo che : “per fortuna Silvio c’è”, “forza Silvio”, “forza Italia” e ricorda a chi l’avesse dimenticato che i consensi verso di lui sono al 78%. Si vive di sondaggi veri o falsi,l’unico dato certo visibile, purtroppo quotidianamente, sotto gli occhi di tutti è la sistuazione  industriale italiana,  il pil che è schizzato a + 10%,il tasso di disoccupazione in continua salita, tra poco vedremo alla griglia di partenza accelerare il caro vita, l’Inflazione a 2 cifre,  la sanità che stà andando in pezzi, nei tg non c’è giorno che la Guardia di
finanza non scopra una truffa milionaria ai danni dell’azienda Italia, altro che barzellette!
Non vado oltre  lascio all’intelligenza degli altri le conclusioni .
Vi propongo una serie di ipotesi oggetto di un sondaggio dell’ultim’ora, dopo la bocciatura del Lodo Alfano, cosa deve fare Berlusconi?:
-Berlusconi si dimetta e siano indette nuove elezioni
-La maggioranza eletta vari un nuovo governo con un altro leader
-Belusconi rimanga in carica e completi la legislatura
-Basta un rimpasto

FELPAN 09.10.2009

 Un’invito a riflettere, su quanto scritto sulla stampa estera, in merito alla vicenda del lodo Alfano,e poter fare una pacata analisi, della situazione politica Italiana.
Considerando che la Consulta, è attualemnte in riunione per la decisione di costituzionalità.

FT: “Berlusconi, premier sotto assedio
protetto da media, soldi e immunità”

dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
Una prima pagina del FT con un’immagine di Berlusconi
LONDRA – Un primo ministro “sotto assedio”. Una sentenza che potrebbe dare “fuoco alle polveri”. Una ridda di supposizioni sulle elezioni anticipate, ipotesi ormai discussa “anche sui giornali filo-governativi”. Queste le reazioni e i commenti della stampa internazionale di oggi al verdetto del tribunale di Milano che ha riconosciuto Silvio Berlusconi “corresponsabile di corruzione” e all’inizio delle consultazioni della Corte Costituzionale sulla legalità del Lodo Alfano, la legge, fatta approvare dal premier appena rieletto a Palazzo Chigi, che gli concede l’immunità dai procedimenti giudiziari.
Un vero fiume di servizi sul caso-Berlusconi, che dilaga dal Financial Times al Wall Street Journal, i due più autorevoli quotidiani finanziari del mondo, dalla Gran Bretagna alla Francia, dalla Spagna alla Germania fino agli Stati Uniti.

La sentenza dei giudici milanesi che riconosce la responsabilità di Berlusconi per la corruzione di un magistrato, nel processo che nel ’91 assegnò la Mondadori alla Fininvest, è al centro di un articolo in prima pagina sul Financial Times. Il quotidiano finanziario ripercorre le tappe della vicenda, sottolineando che il Tribunale di Milano ha condannato la Fininvest al pagamento di 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti (l’editore di “Repubblica”), per la perdita della Mondadori avvenuta grazie alla corruzione di un magistrato. Il giornale della City ricorda che il corruttore di quella operazione, l’avvocato Cesare Previti, ex senatore di Forza Italia e stretto collaboratore di Berlusconi, fu già condannato per il fatto, così come lo fu il giudice che si lasciò corrompere, mentre Berlusconi non venne incriminato per la scadenza dei termini, ovvero perché era passato troppo tempo dal fatto.

Pur non avendo immediate conseguenze legali per il premier, l’accumularsi di controversie, accuse e problemi, scrive il Financial Times, “danno la sensazione di un primo ministro sotto assedio, protetto soltanto dalla sua influenza sui media, dalla sua ricchezza personale e dalla sua immunità dalla giustizia, ottemnuta grazie alla sua larga maggioranza in parlamento”. Da un lato, osserva il Ft, la situazione evidenzia anche la mancanza di un’alternativa da parte di un’opposizione di centro-sinistra divisa da lotte intestine sulla leadership. Dall’altro, il sostegno verso Berlusconi sta chiaramente “calando”. Ciò è evidenziato tra l’altro, scrive il quotidiano britannico, dal fatto che la settimana scorsa due delle maggiori banche italiane hanno respinto un’offerta di aiuti da parte dello stato per non essere troppo coinvolte con un governo “di cui un crescente numero di leaders del business sembrano non fidarsi più”. Nessuno dei grandi imprenditori italiani, nota il Ft, ha ancora parlato pubblicamente contro Berlusconi o chiesto le sue dimissioni, “sebbene in privato alcuni esprimano sconcerto per quella che considerano una paralisi di governo causata dalle distrazioni del premier per i suoi problemi legali”.

In un secondo articolo il Financial Times rileva inoltre che la popolarità di Berlusconi è scesa in un anno nei sondaggi dal 60 al 47 per cento, nonostante il fatto che le sue tivù private e la sua influenza sulla Rai abbiano tenuto gli scandali che lo riguardano “fuori dai notiziari televisivi che sono la principale fonte di informazione per il 90 per cento degli italiani”. I difensori del premier parlano di un “complotto” orchestrato con l’aiuto della magistratura per porre fine alla legislatura, conclude il Ft, “e ciò aumenta la pressione sui giudici della Corte Costituzionale che devono decidere sulla costituzionalità della legge che dà l’immunità a Berlusconi”.

Sulle possibili conseguenze della decisione della Corte Costituzionale pubblica un ampio articolo anche il Daily Telegraph: se i giudici cancelleranno il Lodo Alfano, “riconoscendo il principio costituzionale secondo cui tutti gli italiani sono uguali davanti alla legge”, scrive il quotidiano conservatore britannico, “Berlusconi potrebbe essere colpito da una serie di nuove incriminazioni”, a cominciare da quella di essere il mandante di David Mills, l’avvocato inglese già condannato per corruzione a 4 anni e mezzo di carcere, in contumacia perché non si è presentato al processo. Il Telegraph osserva che la decisione della Corte arriva dopo una serie di “colpi” subiti da Berlusconi: la sentenza dei giudici milanesi sulla Mondadori, la grande manifestazione di Roma per la libertà di stampa e la testimonianza di Patrizia D’Addario in tivù secondo cui Berlusconi sapeva che lei era una escort, smentendo quanto sostenuto in pubblico più volte dal premier.

Commenti analoghi sugli altri maggiori giornali europei. “Una sentenza ad alto rischio” per Berlusconi: così il francese Figaro definisce la decisione che sarà presa dalla Corte Costituzionale sull’immunità del premier. “Non è esagerato affermare che da essa dipendono le sorti della legislatura e l’avvenire di Berlusconi, questo verdetto può essere la scintilla che dà fuoco alle polveri”, scrive il Figaro. Anche Le Monde dedica tre articoli agli ultimi sviluppi della vicenda, incluso uno sulla nascita di una “nuova galassia anti-Berlusconi”, composta da scrittori, artisti, intellettuali, giornali.

In Spagna, il quotidiano El Mundo rileva che le supposizioni su possibili elezioni anticipate riempiono ormai “tutti i giornali, compresi quelli controllati dalla famiglia” del premier, come il Giornale. El Pais pubblica due articoli sull’argomento, riportando indiscrezioni sullo stato d’animo avvilito e amareggiato di Berlusconi, “che si sente assediato, vittima non solo della stampa ma anche dei poteri forti, banche, chiesa, massoneria”. Per il Pais, è possibile che la Corte Costituzionale annulli la legge sull’immunità oppure che dia un parere solo parzialmente contrario, rimandando la legge al parlamento, il che darebbe altro tempo a Berlusconi. Alla terza ipotesi, quella che la Corte confermi la costituzionalità della legge, scrive El Pais, “sembra credere solo l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini”.
FELPAN 06,OTTOBRE 2009

Ho letto d’un fiato quest’articolo di Angelo Panebianco, scritto sul Corriere della Sera Magazine n. 37 del 17 settembre 2009, pag. 11.
Scrive Panebianco:
“Va di moda oggi la post-democrazia. .L’idea, che piace a molti intellettuali europei, è che la democrazia, nel mondo occidentale, sia ormai finita, che essa sia stata sostituita, o sia sul punto di essere sostituita, da qualche inedita forma di regime autoritario, ancorché “soft”, ossia portato a praticare più la manipolazione delle coscienze che la violenza aperta. Quali sarebbero le “prove”  di questa mutazione politica? Le prove variano. C’è chi pone l’accento sul crescente divario di reddito fra ricchi e poveri. Chi sul deperimento della partecipazione politica. Chi sulla “videocrazia”. Chi sul ruolo di élites (corporations, banche, tecnoburocrazie) che avrebbero “svuotato” i poteri rappresentativi.
Dietro le tesi sulla post-democrazia si nascondono, per lo più, argomenti vecchi come il cucco. E’ inconsistente la tesi sulla distribuzione del reddito: se la maggioranza accetta la distribuzione del reddito vigente perché mai ciò dovrebbe significare che la democrazia è finita? Altrettanto inconsistente è l’argomento sul deperimento della partecipazione politica. Chi ne fa uso pensa che sia esistita un’epoca d’oro della partecipazione, un periodo nel quale i cittadini, dediti al bene comune, si occupavano, con continuità, delle faccende della polis. Inutile dire che una simile epoca non è mai esistita. Per esempio, ai tempi dei “partiti di massa” la cosiddetta “partecipazione” era più che altro una forma di inquadramento dall’alto da parte di élites partitiche. Era frutto delle condizioni sociali vigenti nel XIX e parte del XX secolo, quando operai e contadini venivano organizzati dai partiti. Oggi le persone dispongono di più risorse, culturali ed economiche: non hanno più voglia di farsi organizzare e inquadrare. E’ davvero un regresso?
Per non parlare poi delle tesi sulle élites occulte che avrebbero svuotato le istituzioni rappresentative (ne parlava già il sociologo Charles Wright Mills nel libro L’élite del potere, nel 1956) o di quelle sulla “manipolazione” da parte dei mass media (la denuncia dei “persuasori occulti” è anch’essa vecchissima). L’argomento della manipolazione non resiste a una obiezione: se siamo tutti manipolati dal potere avvolgente dei media, come mai i teorici della manipolazione sono gli unici a non essere manipolati? Se lo fossero, ovviamente, non potrebbero accorgersi della manipolazione.
La tesi (che rinvia a ideologie post-moderniste) della post-democrazia non regge. Chi la propugna ha idee sbagliate su ciò che è davvero la democrazia. Si tratta di una imperfettissima forma di governo in cui le élites competono per il consenso di cittadini-elettori, i quali ultimi sono dotati di un insieme di diritti di libertà (di cui possono fare l’uso che preferiscono). Essa non ci rende uguali, non azzera le disuguaglianze in termini di potere e di influenza. E’ una forma di governo il cui scopo è dirimere le controversie con il voto anziché con la violenza. E vi pare poco?
Certo, la “qualità” (comunque concepita e misurata) della democrazia varia da Paese occidentale a Paese occidentale. Ma allora è di qualità della democrazia che si deve parlare. Lasciando da parte le fumose elucubrazioni sul “post-questo” e sul “post-quello”.
Ho riportato per intero quanto afferma Panebianco perché mi sembra un modo utile per affrontare il dibattito, sempre più necessario, circa i caratteri veramente distintivi delle istituzioni e delle società in Paesi capitalisti avanzati. Convinto come sono che le cose non cambiano con le semplici esortazioni e non devono cambiare  con le rivoluzioni, l’esame accurato del tipo di quello proposto mi pare il più opportuno.
Naturalmente le idee circa il modo di uscire dagli attuali impacci possono essere diverse. Ma abbiamo il dovere di essere chiari e onesti con noi stessi al fine di non farci trascinare in argomenti o idee senza costrutto e di non cedere a tentazioni di impossibili mutamenti palingenetici di tipo rivoluzionario che la gente “normale” non vuole.
Parliamone se vi va.

Lorenzo.rm  03/ 10/ 2009

http://www.youtube.com/watch?v=WkIvZfRLOKY

I continui condoni camuffati con leggi, offendono la coscienza degli italiani onesti, che pagano le tasse, mentre i malfattori,i mafiosi, gli industriali,i liberi professionisti, faranno rientrare con lo scudo fiscale capitali riciclati provento di illecite attività.Lo scudo è stato o sarà applicato anche in altri Stati occidentali, tale rientro in Italia è tassato con il 5’% (petecchie!!!), allora conviene essere onesti ?
Ma ogni azione ha la sua logica, per chi emanda Leggi: un serbatoio di voti.
E’la vittoria dei disonesti. Palazzinari,coloro che hanno lottizzato terreni agricoli rendendoli  edificabili,causa dei dissesti idrogeologici che anche oggi fanno piangere lutti in sicilia,vedi il nubifragio di Gialimpieri (ME), catastrofi annunciate e ancora una volta  nessun colpevole, nè i sindaci che hanno dato le concessioni edilizie nè gli ingegneri che hanno accertato la consistenza del suolo (sabbia).
Lo scudo fiscale è stato proposto in altri stati occidentali in America con alioquote del 40%,in Francia e Inghilterra del 30/35 %, solo da noi un regalo immenso alla mafia che farà rientrare capitali provento d’attività illecite e di morte con l’elemosina del 5%, dandole la possibilità di proliferare e accrescersi inondando il mercato e la borsa  di fresco e pulito capitale facendole acquisire un potere economico incacolabile,e incontrollabile. Conviene essere onesti cittadini pagare le tasse, il canone rai, le multe oggetto anch’esse di un condono quinquennale, a chi interessa se le famiglie, i pensionati non arrivano alla 2 settimana e finiscono in mano a finanziare che  se non paghi vendono la tua casa all’asta? Questo è il belpaese, è il liberismo  piu’ bieco; è vero l’Italia è la Repubblica delle Banane.
Un particolare ringraziamento và ai deputati dell’opposizione momentaneamente assenti che hanno permesso con uno scarto di 20 voti l’approvazione della legge.
Allora conviene essere disonesti prima o poi un condono ci salva, è un’invito a delinquere. Lassù qualcuno ci ama, questo governo è come la chiesa cattolica ha un perdono  per tutti.
Il proletariato, i pensionati, i precari, i co- co- co, i  disoccupati, i pubblici dipendenti ringraziano commossi per il regalo dello Scudo Fiscale.
Per assurdo,da’ notizia del condono, anche il Giornale e criticandolo. Ma alla fine trova il modo di giustificare Tremonti e Berlusconi: c’è bisogno di soldi in fretta e tutto va bene in queste condizioni, non c’è tempo per cercare altre strade.Come dice Montalbano: “ogni figatu di musca è sostanza,fa brodo”(anche ilfegato delle mosche fa brodo).
Per questo vi invito a delinquere, alle rapine, ad imboscare quel poco o tanto che guadagnate, non c’è tempo da perdere e si deve mangiare tutti i giorni, confidate nel condono,in una sanatoria,ci sarà uno scudo anche per voi.

Felpan                       04 ottobre2009

Ritorna Erasmus e, col pretesto dei colori, ci fa meditare sulla natura umana e sulla nostra pretesa di voler classificare tutto e trovare una risposta a tutto. Erasmus avra’ letto per caso l’articolo di marc52 “Quella normale diversita’ “?

Medito e cerco di approfondire. Oggi mi va.
E’ bianco il colore bianco. E’ nero il colore nero. Finché si parla di colori “nulla quaestio”.
Certo, qualcuno potrebbe vedere bianco il nero e viceversa. Ma se tutti vedono bianco il bianco e nero il nero vuol dire che è così. Sto parlando di effetti cromatici, naturalmente.
Il problema sorge quando decidiamo di attribuire i colori alle cose, alle persone, alle sensazioni, alle idee, ecc. Nascono i guai allora. Se indichiamo il bianco come sinonimo di cosa giusta, pulita, bella facciamo un’operazione di cui potremmo pentirci. Se indichiamo il nero come sinonimo di cosa ingiusta, sporca, brutta potremmo pentirci altrettanto.
Certo, bianca è la neve, ed è anche bella, pulita e “giusta”. E nera è la pece, brutta, sporca e puzzolente. Ma non tutte le cose del mondo sono così. Se si parla di uomini, infatti, è l’uomo bianco sicuramente buono, bello e pulito? E l’uomo nero è sicuramente brutto, cattivo e sporco?
Nell’opinione comune non è certamente così e quindi i colori ci servono fino ad un certo punto. Tuttavia, anche se inconsciamente, siamo portati a privilegiare questo o quel colore, questa o quella situazione, questa o quella azione.
Siamo noi, quindi, al centro del mondo. Siamo o, meglio, ci sentiamo. Ma dovrebbe essere così? Non saremo puniti, dall’esterno o anche dall’interno di noi stessi per questa nostra pretesa?
Io mi fermerei qui perché mi è venuto un sordo mal di testa. Ma mi chiedo. E se non  ci affannassimo, come genere umano, ad attribuire colori o sfumature a persone, oggetti e sensazioni?
Perché dovremmo continuare a sentirci al centro del mondo? Aiutatemi a sbrogliare questa matassa.

Erasmus 05 /10/ 2009

Brunetta accusa i “poteri forti” di preparare una specie di colpo di Stato. Bondi, Zaia e Capezzone gli danno subito ragione. E Berlusconi parla di complotti da mesi. Che cosa c’è dietro queste dichiarazioni?

brunetta
Cari amici di eldy ormai in Italia si parla di tutto e di tutti. Si mischiano le  carte il mazzo troppo voluminoso per mani piccole sfugge di mano, cadendo, sparge carte dappertutto in una confusione generale !! Ogni giorno leggiamo e vediamo con i media  notizie, dichiarazioni sconcertanti: in Italia tutto succede, tutto è possibile! Per fortuna, il paese reale, se pur con fatica va  avanti. I problemi reali: disoccupazione, difficoltà dei pensionati, difficoltà delle e piccole imprese etc. vengono discussi in modo marginale e confuso. Bene! ritornando alla confusione! Vi propongo un articolo apparso su L’espresso  online di questa settimana  ultima, ma non nuova, chicca di questi nostri governanti, se volete; riflettiamo e lasciamo i nostri commenti!

L’ultimo è stato Renato Brunetta, che con linguaggio diretto ha parlato di “élite di merda” che preparano il colpo di Stato. Ma anche Bossi ha parlato di complotto della mafia per quanto riguarda le ragazze portate a Berlusconi, il ministro Zaia ha dato pienamente ragione a Brunetta, il ministro Bondi ha detto che “Brunetta dà voce all’Italia silenziosa” e il portavoce del Pdl Capezzone si è sdraiato su quella che sembra ormai una linea precisa del governo e del Pdl: parlare di un “colpo di Stato” per disarcionare il premier. Non un golpe militare, s’intende, ma più probabilmente un “putsch” parlamentare, con la complicità di non meglio identificati “poteri forti” dell’economia.

Fin da quando è scoppiato il Noemigate, all’inizio dell’estate, Berlusconi ha parlato di complotti e di manovre contro di lui, mettendo nello stesso calderone la stampa d’opposizione (“Repubblica” in testa), il suo concorrente Ruper Murdoch (proprietario di giornali stranieri che lo avevano attaccato), la magistratura (soprattutto dopo la sentenza sul caso Mills). Ma è nelle ultime settimane che la tesi cospirazionista è diventata un tormentone mediatico.

Dietro quest’offensiva c’è probabilmente la grande paura che si ripeta quanto già avvenuto nel ’95: quando la maggioranza uscita vincente dalle elezioni dell’anno prima si sfaldò e nacque il governo Dini, con Forza Italia all’opposizione. Il “ribaltone”, in quel caso, fu dovuto all’uscita dal governo della Lega: questa volta il riferimento è alla nascita di un Grande centro che tenga dentro Casini, Fini e Rutelli, con l’appoggio di Montezemolo e Draghi.

In questo senso, le uscite di Berlusconi e dei suoi sembrano decisamente preventive: qualsiasi ipotesi di una maggioranza diversa per loro sarebbe un colpo di Stato. Benché in Italia il Parlamento sia sovrano, e quindi se in teoria dovesse far cadere questo governo per dare la fiducia a un altro lo farebbe nel pieno rispetto della Costituzione.

Qualcuno pensa che in realtà sia Berlusconi a mettere le mani avanti per una specie di colpo di Stato preventivo, uno strappo alla Costituzione che lo metta in condizione di governare senza intralci altri cinque anni e di farsi eleggere poi al Quirinale.

Marc52      04/10/2009