scritto da il 9 09 2009

 “I cambiamenti politici ed istituzionali che si sono verificati nel nostro Paese stanno incidendo profondamente, e negativamente, sulla qualità della democrazia italiana. Il tentativo di ridisegnare la mappa costituzionale in nome di una governabilità che la stessa Costituzione non sarebbe più in grado di garantire, si configura, in realtà, come volontà di esercizio del potere libero da vincoli e regole democratiche. L’argine che la Costituzione Italiana ha eretto a tutela della democrazia e dei diritti fondamentali delle persone, non può essere abbattuto da chi sogna e lavora per trasformare il potere esecutivo in potere assoluto, ovvero in una dittatura della maggioranza.” (trovato in rete e pienamente condiviso).
Dalla caduta del muro di Berlino,l’Europa aveva la possibilità di cambiare corso alla politica e alle sue scelte, ma in virtù del capitalismo, e sotto la spinta delle multinazionali, s’è preferito non modificre il corso della storia,creando isole di ricchezza e un’oceano di naufraghi;s’è praticata la via della guerra preventiva per  esportare la democrazia, la lotta ai terroristi prima finanziati  dall’Occidente,per rovesciare governi ostili al loro tornaconto economico  e poi combattuti,con i figli di povere mamme, mandati a morire <perchè per cosa?>..
Ma sicuramente questa crisi ancora latente,che chè nè dica il Governo,non è ancora esplosa in tutta la sua virilenza ,e quando succederà farà sicuramente svegliare le coscienze di coloro che alle ultime elezioni non hanno votato. Oltre 2.5 ml di nuovi non elettori,questo dato si può leggere come una disaffezione alla politica o come,un campanello d’allarme?
A settembre sono previsti oltre un  milione di nuovi disoccupati.Il divario tra ricchi nababbi e poveri cristi è sempre + evidente,le masse stentano a sopravvivere, arrivare a fine mese per molte famiglie è un’impresa titanica,curarsi per prevenire è un sogno(attese per un’ecografia di mesi danno tutto il tempo di passare a miglior vita)far studiare i figli è un lusso (ma non si è sempre sostenuto che la cultura fosse l’unico mezzo di riscatto?), trovare lavoro per i nostri giovani è un’utopia (eppure ci sono numerose chances, o si espatria o ci si accontenta di rapporti di lavori precari che non permettono una prospettiva di futuro, o si è veline , meglio escort, o …. ), ovviamente da tali possibilità, purtroppo sono esclusi i figli di papà!!.
Che fare? L’unica possibilità resta il cambiamento delle regole di mercato,a tutt’oggi si premiano i Banchieri che hanno dilapidato fortune e dissanguato i risparmiatori,e loschi giocatori di Borsa che hanno venduto “Bufale” a sprovveduti ” con  il placet delle banche.(PARMALAT)
Il risanamento delle banche è a totale carico dei contribuenti ,e in una parte del mondo si dice: “quando il povero dà al ricco anche il diavolo se ne arride”.
Sicuramente qualcosa, si muoverà, i govani debbono avere un futuro e speranze di una vita migliore.

Leggo una lettera e la risposta di Michele Serra a pag. 189 de Il Venerdì di Repubblica del 4 settembre 2009.
Scrive il lettore, che lascio anonimo: “Trovo ipocrita e dannoso questo difendere il Sud a ogni costo solo perché Bossi lo insulta continuamente. Ho viaggiato per l’Italia in lungo e in largo, adattandomi a ogni cultura e mentalità. Quest’anno sono andato in Puglia, masticandola accuratamente: mare bellissimo, vestigia mozzafiato, cibo delizioso e a ottimo mercato, natura avvolgente.
Però molti guidano pericolosamente, spesso è sporco, le oasi usate come discariche, ovunque imperversano cattedrali nel deserto. Perla finale: siamo fuggiti da Taranto in pieno giorno perché continuamente provocati da ragazzacci in motorino (rigorosamente senza casco).
Se denuncio tutto questo, perché devo poi beccarmi eventuali lettere permalose? Perché mi si dice <ovunque è così>, mentre non è vero? La realtà è che la Puglia è un gioiello, ma molti pugliesi sembrano proprio ostinarsi a non volerla rispettare”.
Risponde Michele Serra: (tralascio la prima parte) “I comportamenti che lei descrive sono noti a chiunque frequenti il Sud, amandolo e soffrendo per il suo degrado sociale. A Napoli, in via Toledo, un paio d’anni fa, galleggiando letteralmente tra cartacce e rifiuti buttati per terra da intere famiglie a passeggio, mi sono domandato quando sarà di nuovo possibile dire che sono i napoletani a ridurre Napoli a una discarica, senza rischiare di essere confusi con i ringhiosi anatemi <padani>. Per dirla tutta: rischiare di essere ipocrita mi pare meno grave che rischiare di essere razzista”.
Non sarei d’accordo. L’ipocrisia è sempre una brutta cosa, e a questo punto non mi importerebbe definirla più o meno grave del “razzismo” padano. Questo nostro Paese ha bisogno urgente di una grande operazione verità, in cui ogni cosa venga chiamata con il suo nome. Al Nord come al Sud. Per il bene reale dell’Italia. O no?

Lorenzo.rm          06/ 09/ 2009


Tittati ci racconta un’esperienza di vita e di grande coraggio.

Il  metodo Doman nella riabilitazione dei cerebrolesi.
Lo scopo di questo scritto è quello di divulgare il resoconto della mia esperienza nel campo della riabilitazione,  perché  possa essere di informazione e di aiuto a persone che ne hanno bisogno; lungi da me il volermi sostituire a chi ha titolo e “sapere” specifico in materia, io desidero solo raccontare come è stato affrontato il problema del danno cerebrale nella nostra famiglia.
Quindici anni fa, è arrivato in  mezzo a noi uno splendido bambino Down, dopo i primi giorni e i primi mesi di disperazione e di sconforto che possono essere compresi solo da chi li ha vissuti,  tutti noi ma soprattutto i genitori, iniziammo a guardarci intorno, a cercare informazioni sul da farsi, a chiedere aiuto a persone competenti. Ci venne indicato di rivolgerci ad una struttura medica  molto lontana dalla nostra regione, dove, personale specializzato praticava il metodo Doman su bambini cerebrolesi o comunque con forti ritardi cognitivi. I genitori chiesero subito un appuntamento, nel giro di qualche giorno, furono accolti nella struttura e, dopo la visita al bambino, fu spiegato loro cosa bisognava fare. Il metodo Doman prende il nome dal medico americano che lo ha messo a punto e che, da anni, lo usa sui suoi pazienti; è un metodo che va protratto nel tempo e la sua limitazione, secondo me e non solo, sta nel fatto che, per attuarlo necessita di un congruo numero di persone che si alternano nel lavoro; gli esercizi, con e senza attrezzi, sono mirati a stimolare i cinque sensi e la motricità per l’acquisizione di abilità, prima grosso-motorie, poi, fino-motorie.
I genitori furono molto bene istruiti ed allenati ad eseguire  gli esercizi necessari e, al loro ritorno, insegnarono a noi  (nonni, zii e cugini) cosa bisognava fare; eravamo tutti mobilitati, fu preparata una vera e propria tabella di marcia nella quale ognuno aveva il proprio turno a seconda del tempo libero disponibile. La cameretta del bimbo divenne una piccola palestra con gli attrezzi necessari suggeriti dagli esperti; iniziammo così un lungo percorso che, quotidianamente, vedeva impegnate sei persone, ma, oltre ai genitori, le persone che hanno dato il massimo sono stati i nonni paterni e la nonna materna, loro, nonostante l’età avanzata, ci hanno trasmesso un meraviglioso esempio di amore e dedizione. Quali sono stati i risultati? Certamente la patologia della sindrome di Down non può essere purtroppo eliminata, ma il nostro piccino ha appreso delle abilità quali lo strisciare, il gattonare, e poi  il camminare, in età  diciamo……canonica, quindi quasi come i bimbi “normali”e anche l’approccio con l’apprendimento scolastico è stato abbastanza buono.
Il  pregio fondamentale del metodo Doman è che viene eseguito in famiglia , fra gli affetti più vicini al bambino e quindi più “sentito”.
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Tittati a tutti voi, con affetto     06/ 09/ 2009

Lorenzo.rm ci propone un argomento che mette in crisi molti italiani e che apre tante discussioni.

Leggo dal Corriere della Sera Magazine n. 35 del 3..2009 un “Frammento di Palazzo” di Francesco Verderami che voglio farvi condividere.
Scrive Verderami testualmente: “Il  prelato lo chiamò e lo prese da parte: < Professore> gli disse. E dal tono della voce gli parve quasi che il religioso volesse confessarsi. E’ vero, da tempo erano ormai entrati in confidenza, da quando il Superiore dei Legionari di Cristo l’aveva invitato a tenere un corso di economia ai sacerdoti della sua congregazione. Già allora il <professore> Antonio Martino era rimasto colpito dal fatto che la scelta fosse caduta su di lui, devoto al liberismo e ai suoi precetti. Non è chiaro il periodo al quale risale la vicenda, è certo che all’ex ministro della Difesa vennero chieste “dieci lezioni” sul mercato e sulle sue leggi. La frequentazione aveva fatto nascere un’amicizia, e forse per questo il Superiore sentì di poter parlare liberamente. All’inizio della conversazione Martino colse nell’interlocutore un lieve imbarazzo, come se il prelato volesse togliersi un peso dalla coscienza: <Perché vede, professore, a volte capita che i miei fedeli mi pongano una questione, e ho l’impressione di non saper dare una risposta convincente>.
Per un istante sembrò che i ruoli si stessero invertendo, perché Martino si accostò all’uomo di Chiesa come vestisse lui l’abito talare. <Mi dica padre, di che si tratta?>. <Di tasse, professore>. <Di tasse?>. <Sì, di tasse. In confessionale a volte mi confidano di non pagarle, e io vorrei far capire che sono nel peccato, però mi rendo conto di non far breccia nelle loro coscienze. Mi aiuti, mi dia un consiglio>. L’ex ministro, che da anni si batte per l’abbattimento delle aliquote fiscali e che vede negli esattori i messaggeri di Satana, dopo un attimo di esitazione rispose al sacerdote: <Padre, lei è in grado di dire una menzogna?>”.
Ho riportato tutto il pezzo perché lo trovo di bellissima lettura e poi perché ritengo che esso tratti di un argomento che, sotto sotto, nasconde in moltissimi italiani stati d’animo abbastanza diffusi.
Le domande, in particolare, sono. Perché pagare l’obolo a Cesare? Che ne fa costui? Non spenderemmo meglio noi i soldi che ci prende?
Et similia. Ma è materia di discussione, se si vuole. E con questo spirito la offro alla riflessione degli amici.

Lorenzo.rm 04/ 09/ 2009

Come gli amici di Eldy ormai sanno, non mi piacciono, in politica, le tinte forti, le divisioni nette di campo, i manicheismi, del tutto bianco di qua e del tutto nero di là.
Sicché, quando mi capita di leggere qualcosa di “mediano”, di “non definito”, di “problematico”, sono contento.
Sia quando questo è l’obiettivo esplicito di chi scrive, sia quando dallo scritto esso si possa far derivare.
Prendiamo, ad esempio, l’opinione “contromano” di Curzio Maltese apparsa su Venerdì di Repubblica n. 1.119 del 28 agosto 2009.
Ve ne trascrivo una parte, dedicata a ciò che l’autore definisce la “Bolla politica chiamata Seconda Repubblica”.
Scrive, dunque, Maltese: La Seconda Repubblica “ha fatto sognare molti, a destra e a sinistra. Mezza Italia ha sognato con Prodi una grande stagione riformista in grado di regolare le anomalie italiane e avviare una modernizzazione solidale e una rivoluzione legalitaria. L’altra metà ha sognato con Berlusconi una forte ventata liberale e il secondo boom economico. Sulle basi di queste illusioni il Paese si è spaccato fino al limite di una guerra civile fredda. Ora gli uni e gli altri sanno che non accadrà nulla di quanto sperato. Continuano a votare il meno peggio, secondo i punti di vista, rassegnati comunque al declino. Rimane giusto la lotteria per sognare. Una felicità privata, al massimo familiare. E il colpo che ti sistema per la vita”.
A parte il discorso sulla lotteria come ultima o unica “spes” per far sognare gli italiani, osservo una cosa, sempre in termini problematici, anzi due cose.
Una riguarda il passato. Ma sarebbe stato davvero impossibile, invece di spaccarsi fino al limite di una guerra civile, seppur fredda, trovare un substrato unitario di obiettivi e di azioni da perseguire nell’interesse del Paese?
L’altra riguarda il presente ed il futuro. Ma è proprio impossibile proporsi, da parte di politici, partiti, movimenti di opinione, tali obiettivi ed azioni trascurati in passato?
Io penso che le cose non possono farsi senza i numeri e che la politica non è materia di “chi abbaia alla luna” in spazi troppo ristretti.
Che ne pensiamo noi di Eldy? Ci va di parlarne?

Lorenzo.rm       01/ 09/ 2009

BRITAIN-CARNIVAL-NOTTING-HILLluomo-del-tempo

Con queste foto apro un resoconto del carnevale caraibico più grande del mondo dopo quello di Rio.
Durante l’ultimo week-end di agosto, ormai è una tradizione confermata, si svolge a Londra il più grande carnevale caraibico dopo quello di Rio de Janeiro e il più multi etnico in assoluto.
Il quartiere di Notting Hill,un tempo quartiere malfamato e teatro di sommosse e tumulti incontrollati, è dal 1965 il protagonista di questo bellissimo carnevale che vede star le comunità caraibiche e sud americane residenti a Londra, unitamente ai londinesi. 2
Tutto è nato in risposta agli attacchi raziali agli immigrati, soprattutto caraibici, che vivevano nella zona. Queste aggressioni ebbero luogo negli anni 50, in particolare diversi  assalti nelle le notti di agosto del 1958 fino ai primi di settembre, da parte di bande inglesi. Le bande erano formate da operai bianchi e altri gruppi fascisti che vedevano di mal occhio le famiglie di colore della zona ed avevano, come scopo, di mantenere “la Gran Bretagna bianca”. All’epoca queste bande venivano identificate col nome di “Teddy Boys”.

In origine, questa manifestazione venne ideata da immigrati a Londra provenienti dai Caraibi (anzitutto da Trinidad y Tobago e dalla Giamaica) proprio in risposta agli attacchi razziali subiti e all’atmosfera di razzismo che c’era nel Regno unito in quel periodo. L’ideatrice fu Claudia Jones nel gennaio 1959 e poi con gli anni è diventato un appuntamento gioioso ed il simbolo della multi etnicità di Londra, del suo multiculturalismo e del superamento delle segregazioni, da parte degli inglesi, delle diverse etnie. Infatti Londra è, tra le grandi metropoli, quella dove più numerosi e più appariscenti sono i matrimoni interraziali.
Ciò non toglie che alle volte ci siano stati ugualmente, dopo la festa, degli episodi tumultuosi, per questo la polizia è sempre presente, si mischia alla folla, partecipa alla festa, come si può vedere in numerose foto, ma è costantemente all’erta.BRITAIN-LIFESTYLE-BRITAIN-FESTIVAL-NOTTING-HILL

Quindi, come ogni anno, anche quest’anno, la domenica (dedicata ai bambini ) e il lunedì dell’ultimo week-end di agosto, Notting Hill si anima, si tinge, suona e si riempie degli odori più disparati, tra sfilate colorate, danze e chioschi caratteristici che offrono cibo esotico. Sfilano in costumi variopinti e pieni di fantasia, a suon di musica e ballando, le comunità di Giamaica, di Trinidad e Tobago, i vari stati del Brasile ed anche tanti, tanti inglesi e stranieri da tutto il mondo. In passato questa manifestazione è arrivata a coinvolgere anche fino a due milioni di persone. I numeri dell’ultima edizione sono più che eloquenti: il Carnevale genera ogni anno più di cento milioni di sterline di utili e più di 140.000 persone da ogni parte d’Europa vengono a Londra solo per il Carnevale. Ogni area propone cibi diversi e un tipo di musica diverso, che va dal soft rock al reggae, passando per il blues.83
Musica soprattutto tanta musica, anche perché Notting Hill è famoso per aver ospitato in passato Jimi Hendrix, i Rolling Stones, i Pink Floyd, Eric Clapton e i Led Zeppelin ed altri artisti della scena musicale internazionale che hanno abitato nel quartiere.
Questo carnevale e’ una buona occasione per portare un po’ di sole a Londra, per dimenticare il grigiume quotidiano e divertirsi. Ma è anche una festa per salutare la fine dell’estate e la riapertura ufficiale di tutte le attività, scuole comprese.
Musica ad alto volume, sfilate coloratissime, piatti e drink tradizionali attirano ogni anno turisti e curiosi ad assistere alla festa simbolo della Londra multiculturale e multietnica, in un quartiere poi che, dopo essere stato malfamato, è diventato il quartiere dei vip. Tutti sono invitati a partecipare alla grande festa popolare, anche perché non c’è da pagare biglietto d’ingresso.
Quindi il mio consiglio è: prenotatevi per il prossimo anno!

E nel caso voleste guardare un altro video vi dò le coordinate di quest’ultimo
(http://www.youtube.com/watch?v=_snvmoYC32E)

Paolacon   31/08/ 2009

scritto da paolacon il 1 09 2009


Nelle scuole del Galles viene fatto circolare un filmato decisamente molto forte per cercare di scoraggiare i giovani dall’uso del cellulare e dall’inviare sms mentre guidano.
Sembra che la visione di questo scioccante filmato sia piuttosto efficace, per dissuaderli dal distrarsi dalla guida per frivolezze, per altro tanto pericolose.

L’estate è al temine. Come tutti gli anni le autostrade sono ingolfate e sovraffollate e i guidatori sono spesso stanchi, assonnati e distratti. Ci si mette pure il telefonino e gli sms e gli incidenti aumentano… Non ci vuole molto, pochissimi secondi, il tempo di uno sguardo e poi si è nella pagina di  cronaca sul giornale in mezzo alle solite notizie: “incidente mortale sulla A4” o altra autostrada…
Quindi parlare al cellulare è uno dei motivi più alti di incidente e inviare sms lo è ancora di più.
Per sensibilizzare i conducenti a non parlare al cellulare mentre si guida ed esortarli a fare più attenzione, anche quest’anno è ritornata la campagna: Vacanze coi fiocchi, la quale popola i caselli stradali di testimonial per ricordare: Attenzione alla guida!

Riporto alcuni degli avvertimenti dei testimonial più noti al grande pubblico.
Bruno Astorre, assessore ai Lavori Pubblici della Regione Lazio, che ha detto:
Concordo con lo slogan che quest’anno ricorda: spegniamo il cellulare, accendiamo la prudenza. Parlare al cellulare mentre si guida compromette l’attenzione alla strada e determina il rischio di provocare un incidente grave o mortale, un rischio pari a quello che corre un conducente con alcolemia di 1 grammo/litro, il doppio del limite legale. Insomma, parlare al cellulare è come guidare ubriachi.
Piero Angela, noto conduttore di Super Quark:
Prima di accendere il motore mettiamo in moto la testa e facciamo salire a bordo civiltà e prudenza.
Franco Taggi dell’Istituto Superiori di Sanità:
Parlare al cellulare mentre si guida compromette l’attenzione alla strada e determina un rischio di provocare un incidente grave o mortale, pari a quello che corre un conducente con alcolemia di 1 grammo/litro, il doppio del limite legale. In pratica è come guidare ubriachi.

Attenzione quindi alla guida! Se proprio avete bisogno di telefonare, sostate in un’area di servizio o all’ autogrill. Riposatevi e chiamate. Ma non mentre guidate. Sarete un pericolo per gli altri ma soprattutto per voi stessi!

A volte, utilizzare un cellulare può costare davvero caro, ma le nuove tariffe delle varie compagnie  in questo caso non c’entrano. Secondo i numeri emersi da una ricerca effettuata dal Royal Automobile Club (Rac), in Inghilterra, la situazione è sconcertante.
Analizzando la fascia di giovani con età compresa tra i 18 ed i 24 anni, è infatti emerso che scrivere SMS alla guida è più pericoloso di alcol e droghe.
È chiaro che tutti sanno che si dovrebbe guidare tenendo sempre lo sguardo fisso sulla strada, l’attenzione ai massimi
livelli e le mani incollate al volante. Ma quanti lo fanno sempre, tutto il tempo del percorso? I motivi di  distrazione sono tanti: i navigatori satellitari, i cellulari, la radio e tante altre variabili – la maggior parte delle quali deprecabili – quindi di persone distratte alla guida ce ne sono migliaia ogni giorno (in Italia, come altrove).

Ma torniamo alla crudezza dei dati. Quanto reagisce una persona che scrive un sms mentre guida? Il grado di reattività di chi è intento a scrivere SMS guidando, è pari a circa il 35%. Una cifra davvero esorbitante, soprattutto se paragonata al grado di reattività di chi guida sotto effetto di droghe come la marijuana (21%) o sotto l’effetto dell’alcol (12%).

Davvero un “bel” panorama, che, associato ad un’altra ricerca del RAC ( automobil club inglese), dalla quale risulta che circa il 48% dei giovani tra 18 e 24 scrivere SMS mentre guida, ci fa capire che bisogna fare davvero qualcosa. Si, ma cosa?
Una multa per eccesso di stupidità risulterebbe alquanto difficile da introdurre (benché, scommettiamo, porterebbe in pochi giorni miliardi di euro nelle casse dei comuni), almeno quanto un’eventuale estensione delle norme attualmente vigenti, tesa ad introdurre il reato di invio messaggi testuali alla guida.
Ed allora, non ci rimane che rassegnarci, o sperare in una sorta di rinsavimento generale, in grado di aumentare di colpo il livello di educazione da parte di chi, ogni giorno, si mette al volante sulle strade del nostro paese… il che corrisponde quasi perfettamente alla prima ipotesi.
Ma potrebbe esserci un’altra soluzione quella di sensibilizzare la gente con video realistici al massimo che dessero davvero la percezione di quello che potrebbe accadere.
Nel Regno unito ci stanno provando.

Notizia del 30 agosto 2009
La polizia del Gwent promuove uno spot shock rivolto ai giovani
Che la durezza delle immagini negli spot sulla guida sicura sia efficace è un dato di fatto. Ecco come la polizia del Gwent invita i neopatentati a guidare con prudenza e a non utilizzare gli sms mentre si è al volante.
Il primo video che vi propongo è molto “addolcito” per chi desiderasse vedere il video completo premetto che è decisamente molto forte.
Servisse, vedendolo a salvare delle vite umane! Io penso che anche in Italia dovrebbe esser visonato in tutte le scuole superiori.
http://www.youtube.com/watch?v=g7YicEVOTAE

Inserisco anche il secondo filmato quello originale della polizia inglese, ma se siete impressionabili evitate di guardarlo

Paolacon    31/ 08/ 2009


Riferisce Il Sole 24 Ore in un articolo a firma di Piero Ostellino in data 21 agosto 2009, e  noi “pilucchiamo”:
“i protagonisti «vitali » del nostro capitalismo sono finanziariamente sotto pressione a causa delle inadempienze nelle spettanze (i soldi) da incassare. Sono uno spaccato della maggioranza degli italiani. Che comprende i piccoli e medi imprenditori, ora nei guai, fuori dal circuito delle complicità pubbliche e private; commercianti al dettaglio; professionisti isolati; lavoratori del settore privato; precari; giovani. Se la cavano come possono — contro gli eccessi di regolamentazione, la burocrazia, i privilegi politici, l’eccessiva pressione fiscale, la carenza di infrastrutture, la filiera di complicità — affrontando le incognite e le durezze della vita, e del mercato, con coraggio e spirito innovativo. Sono la risorsa che fa dell’Italia ancora una società «aperta» e competitiva.”.
“Salvo rare, e lodevoli, eccezioni, c’è, poi, la minoranza degli italiani: ciò che rimane della grande industria, pubblica e privata, barricata e protetta dietro la propria non contendibilità; il sistema creditizio che, di fronte alla crisi, se l’è cavata bene, molto per merito proprio, un po’ perché anch’esso protetto da una rete di interessi politici; i professionisti e i manager, inquadrati negli Ordini professionali; gli alti “commis” di Stato; i dipendenti pubblici, tutelati da un sindacalismo chiuso e miope; gli amministratori degli Enti locali attraverso i quali passa, ora, gran parte della corruzione. Nessuno di loro opera sul mercato. Sono le oligarchie che costituiscono la classe dirigente e i cui comportamenti sono ispirati al principio di conservazione. Fanno dell’Italia una sorta di «società pre-capitalistica ».”.
“Gli italiani della prima categoria sono anche la base sociale e il serbatoio elettorale del centrodestra. Ad essi Berlusconi aveva promesso la «rivoluzione liberale». Niente assistenzialismo, ma una radicale semplificazione legislativa che disboscasse la selva di leggi, regolamenti, licenze, divieti, che ne ostacolano la libertà d’azione; una forte riduzione fiscale, che lasciasse loro più risorse da destinare, oltre ai consumi, non solo alle proprie attività imprenditoriali — grazie alle privatizzazioni e alla deregolamentazione — ma anche alla produzione di beni collettivi, nella sanità, nella scuola, nei servizi, che ora, in prevalenza, lo Stato fornisce con grandi sprechi.”.
“Sarebbe bastato questo per far lievitare il Paese: ancora ieri la leader di Confindustria Emma Marcegaglia e il presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo hanno previsto un «autunno difficile» in mancanza di «misure indispensabili ». Ma la «rivoluzione liberale» Berlusconi non l’ha fatta. Perché, ieri, frenato dai suoi alleati (Udc e An) e per carenza culturale sua propria; perché ha continuato a strizzare l’occhio anche agli italiani della seconda categoria che, contrari a ogni cambiamento, votano in prevalenza a sinistra; per circostanze oggettive di fatto. Così il governo—col Paese privo delle condizioni normative che, almeno in parte, li avrebbero potuti scongiurare—fa ora i conti con gli effetti della crisi sul suo stesso elettorato. E quanto di bene ha fatto finora sembra non bastare più. Forse è tardi per rimediare, ma a Palazzo Chigi e dintorni farebbero ugualmente bene a rifletterci e, passata la nottata, a provvedere.”
Fin qui Ostellino. E noi che diciamo? La critica di politica-economica sembra ben centrata. Ma non possiamo esimerci dal dire che in un sistema si fa quel che si può e conviene, e questo nel senso buono della parola. Non si può governare contro la maggioranza, e meno che mai in Italia, quando tutti i gatti sembrano neri anche in pieno giorno. Ci siamo dimenticati delle “lenzuolate” di Bersani? Ebbero un successo migliore, nel campo delle liberalizzazioni, di quello “preannunciato e non realizzato” per dirla con Ostellino, da Berlusconi?
Personalmente diffido dalle enunciazioni di principio. Tanto più se formulate in nome dello stesso elettorato dell’attuale Presidente del Consiglio. Comunque, è un buon sistema per discutere.

Lorenzo.rm     27/ 08/  2009


Inserisco con piacere una riflessione di Lorenzo.rm che commenta “politicamente” un articolo del Corriere della Sera.

Ritorno volentieri su “Riflettiamo” per parlare della linearità e lucidità di un editoriale a firma di Michele Salvati apparso sul Corriere della Sera n. 33 di lunedì 24 agosto.
Ho conosciuto l’autore molti anni fa alla Scuola di Scienze della Pubblica Amministrazione dell’Università di Bologna e lo considero una delle menti intellettualmente più rigorose a sinistra, economista e “tuttologo” di grandissimo spessore culturale.
Ebbene, Salvati si pone un dilemma. Il bipolarismo all’italiana, con l’”esasperazione e la rissa che caratterizzano il confronto fra centrodestra e centrosinistra, sono soltanto una conseguenza della speciale figura di Silvio Berlusconi? E in particolare del modo aggressivo in cui egli ha gestito quel confronto e del modo analogo in cui il centrosinistra –sventurata monaca di Monza- ha risposto”?
Non è che i contrasti fra gli schieramenti a cui siamo abituati in Italia, basati in gran parte su scontri fra orientamenti ideologici di destra e di sinistra, nasconde (il verbo è mio) “un contrasto interno agli schieramenti tra innovatori e conservatori, tra politici più lungimiranti e politici più sensibili al consenso elettorale di breve periodo”? (anche il punto interrogativo è mio).
Michele Salvati, riferendosi al famoso rapporto di Jacques Attali di due anni fa “Per la liberazione della crescita francese”, ricorda come fu colpito dal fatto che più di trecento dettagliate riforme in materie economiche e sociali venissero presentate come <né partigiane, né bipartigiane, bensì non partigiane>. E continua: “Se penso ai grandi problemi che ostacolano la crescita o la qualità civile del nostro Paese, faccio fatica a inserire le soluzioni ragionevoli nelle categorie di destra o di sinistra”.
Da qui le conclusioni, scontate forse per persone di buon senso ma non per spiriti duri e puri. Dice Salvati: “Si pensi, ad esempio, al sottosviluppo meridionale; all’inefficienza di tante amministrazioni pubbliche; agli scadenti livelli di istruzione o all’intollerabile evasione fiscale; all’assenza di ammortizzatori e sostegni al reddito per chi si trova in condizioni di disoccupazione e di povertà; o alla produttività stagnante del nostro sistema economico. Si tratta di soluzioni difficili, che possono contrastare con gli interessi di diversi gruppi sociali e con gli insediamenti elettorali dell’una e dell’altra coalizione, ma che non contrastano con i principi professati da una sinistra riformista e da una destra sensibile alla coesione sociale.”.  Peraltro (l’inciso è mio), “Anche quando esiste un serio contrasto di principi, il dialogo e il compromesso fanno bene alla democrazia”.
Chi scrive è convinto che l’ago della bussola, in politica, debba sempre essere rivolto in direzione degli interessi fondamentali del nostro Paese e che questo debba essere l’obiettivo di tutti gli italiani e di tutti i partiti, o coalizioni, che li rappresentano.
Vogliamo favorire un dibattito fra noi su questi argomenti? Forse ne varrebbe la pena.

Per chi ne volesse sapere di più e leggere l’articolo in questione:
http://archiviostorico.corriere.it/2009/agosto/24/BIPOLARISMO_ALL_ITALIANA_co_9_090824005.shtml


Lorenzo.rm    27/08/2009


Il nostro misterioso Erasmus ci propone ancora una volta un articolo interessante e purtroppo attuale. Che dire, la gente deve trovare un pretesto, un modo di esorcizzare: già Pirandello ci aveva parlato con grande maestria e sensibilità del soggetto, nella novella “la patente”. A voi la lettura e la eventuale riflessione.

Si chiama Emilio, ma tutti lo chiamano “La sfiga” perché è voce pacifica, conclamata, che porti iella, e lui lo sa e, più che scocciarsene, sembra che in fondo ne goda.
Oddio, non lo fa vedere certamente. Ma un sorriso appena accennato, l’occhio qualche volta socchiuso, fanno capire che il chiacchiericcio, la diceria lo turbino davvero poco.
La “sfiga” è molto curioso. Vuole sapere tutto quel che capita e spesso commenta. E allora gli interessati diventano inquieti. Che cosa vorranno dire quegli occhi socchiusi, quel breve commento? Interverrà o lascerà perdere? C’è da giurarci che interverrà.
Una “vox populi” giura che a casa sua, durante una cena a cui aveva invitato dei colleghi, un lampadario si staccò improvvisamente dal tetto in cucina e cadde rovinosamente nei pressi di una collega. La quale da quel momento si ritenne miracolata e cominciò ad amarlo alla follia.
Così capita con le sfighe. Portano iella ma non a tutti. A qualcuno portano fortuna. Un mio capo, una volta, da buon meridionale, mi dettò una ricetta sicura con le sfighe. Bisogna farseli amici, disse, perché essi rispettano l’amicizia, non fanno dispetti.
Colpiscono solo chi non crede in loro, ma chi li rispetta e li ama sono al sicuro, anzi essi fungono da mantello protettivo, da parafulmini a loro favore.
Un amico mi raccontò una volta che uno di essi, ben conosciuto a Napoli, si presentò al banco accettazione dei passeggeri all’ultimo momento con il volo già chiuso. Non si scoraggiò e sembra che abbia detto: “Riaprite la lista perché ho urgenza di partire. D’altra parte, se non parto, vale la pena rischiare un aereo?”.
Sembra che lo abbiano fatto partire.
Emilio queste cose le sa. E’ sempre con noi, ci accompagna. Lo mettiamo al corrente di tutto. E speriamo, speriamo.
Che ne pensate? Io lascio la cosa qui e mi taccio.
Crederci, non crederci?
Sperare, non sperare?
Conoscete antidoti sicuri per le sfighe?

Erasmus  26 agosto 2009

Chi desidera leggere la novella di Pirandello per intero, la trova cliccando su questo link:
http://www.classicitaliani.it/pirandel/novelle/03_040.htm


ubriaco41Vorrei suggerire qualche riflessione, agli amici Eldyani, sull’inquietante e dilagante fenomeno dell’alcolismo tra i giovani e gli adolescenti.
Anche in Italia questa perversa consuetudine non accenna a rallentare il suo impatto.  Siamo ormai agli stessi livelli dei paesi europei, e forse anche mondiali.
Suicidi, danni irreversibili, a causa di frequenti incidenti stradali, atti di violenza, vandalismi e reati gravi si susseguono a ritmo incalzante. Alcuni dati diffusi dall’Istat, affermano che quasi il 20% dei ragazzi fra gli 11 e i 15 anni hanno dichiarato di aver consumato bevande alcoliche nel 2007/2008.  E il 67% dei giovani rischia l’assunzione estrema di alcol il sabato sera.
L’impegno di un’informazione adeguata sui danni e le conseguenze devastanti che l’eccesso di alcol procura, dovrebbe essere assunto non solo dalla famiglia ma da chiunque abbia rapporti con i giovani: la scuola, la comunità sociale e civile e per ultimo, ma certo non per minore importanza, il Governo centrale.
Una critica particolare deve essere rivolta alla Tv per la sua pubblicità di segno assai negativo: essa ci informa, ad esempio, che se vogliamo essere amici veri dobbiamo avere un bicchiere di alcol in mano. Semplice no? Che vogliamo di più dalla vita?
Cominciamo a cancellare questi modelli di vita e di esistenza. L’informazione che i giovani ricevono è di estrema importanza, e quella cui abbiamo accennato è sicuramente inadeguata!ubriaca-1
Frequento giornalmente giovani dagli 8 ai 17 anni, svolgendo del volontariato in una casa-famiglia, e mi pongo questo angoscioso problema con molta attenzione, cercando di aiutare i giovani ad esprimersi con “temini” mirati sull’argomento, e intrattenendoli sui pericoli che corrono  facendo un uso smodato di alcol.
Sarebbe necessario anzitutto comprendere il perché gli adolescenti e i ragazzi  sotto i 18 anni abbiano bisogno di consumare alcol in quantità eccessiva, sino a raggiungere un penoso stato di ebbrezza e di ubriacatura.
E’ la necessità di apparire quello che non si è – né si potrà mai essere – oppure di ricorrere ad un incentivo per tacitare le proprie insicurezze: timidezza, paura, imbarazzo, noia, solitudine, sentimento di inferiorità?
O anche, più semplicemente, è la ricerca dell’omologazione a sciocchi modelli sociali, secondo cui, in un certo senso, occorre trasgredire le regole per essere accettati dagli  altri coetanei, anche solo per avere l’illusione di sentirsi adulti?
Per quanto severi si possa essere, di certo la colpa non è  esclusivamente dei giovani che adottano tali modelli di comportamento;  è anche degli adulti che li creano o danno loro esempi disdicevoli, senza preoccuparsi delle conseguenze deleterie che ne possono derivare, e trascurando totalmente il loro ruolo di educatori.
Tuttavia, sono anche dell’opinione che il grave fenomeno non si risolverà con il semplice proibizionismo che, inevitabilmente,  invita alla trasgressione.ubriaca3
Proibendo semplicemente, senza una campagna di consumo consapevole, si alimenterebbe il mercato nero di vendita e di consumo ma, soprattutto, si otterrebbe il risultato che i nostri ragazzi migrerebbero tutte le sere in luoghi diversi e più tolleranti.
A questo proposito, mi vengono in mente gli ignobili spettacoli, ai quali ho assistito anni fa  a Londra – dove ho soggiornato  – la sera dopo le 23, alla chiusura dei pub, che hanno orari restrittivi, anche nel corso della giornata. Com’è noto, nella Terra di Albione  sono praticamente gli unici esercizi dove si consumano alcolici,  a parte i ristoranti e gli alberghi, ma i bar, ad esempio, non ne servono. Cosicché, poco prima della chiusura,  molti avventori, tra cui molti giovani e donne, dopo aver consumato enormi quantità di birra all’interno,  ne acquistavano cassette intere che poi, ritualmente, lungo i marciapiedi antistanti, continuavano  a scolarsi  fino all’ultima bottiglia, con  i risultati immaginabili.ubriaca21
Non mi augurerei certo, tra qualche tempo, di assistere a spettacoli del genere sulle strade delle nostre città.
In conclusione, poiché gli ultimi dati comunitari sull’abuso di alcol affermano che l’età d’inizio al consumo si è abbassata a 11 anni, e che ciò avviene con sempre maggiore frequenza tra le mura domestiche, la famiglia, in primo luogo, ha il compito determinante di vigilare e intervenire e non essere latitante, come spesso accade.
E’ frequente, infatti, vedere molti minorenni girovagare per le vie cittadine, fino alle 4 di mattina, ricercando non si sa quale passatempo, forse una saracinesca, una fioriera, un cassonetto da sacrificare ad un atto di bullismo, in preda ai fumi dell’alcool? Dov’è la famiglia, in questi casi?
Col passar del tempo, è pur vero che il controllo dei familiari viene sempre meno esercitato: gli adolescenti tendono a sfuggire alle regole imposte, alla ricerca di una propria identità, che si delinea all’interno del gruppo dei coetanei. E’ in questo contesto che si sperimentano le bevande “alternative” (ad esempio la birra ed i superalcolici, in luogo del vino), e i comportamenti trasgressivi come l’abuso.
Si può, quindi, comprendere perché l’alcol sia considerato un valido sostituto delle “droghe”: è una sostanza che può provocare uno stato di profonda alterazione psico-fisica e, allo stesso tempo, è considerato legale e socialmente accettato.
Peraltro, bere ed abusare di alcolici prima dei 15 anni quadruplica il pericolo della dipendenza e perciò occorre trovare il modo per rendere i giovani consapevoli, attraverso ogni mezzo educativo e d’informazione adeguato, delle devastanti conseguenze cui vanno incontro.
Giovanna 3.rm    26.08.2009

Spero di ritrovarvi tutti in buona salute e riposati, anche se ancora accaldati, ma sereni.
Sono successe molte cose durante il periodo di pausa, l’attualità è là che ci fa anche paura, ma io vorrei riaprire il blog con qualcosa di leggero, che ci ricorda forse un periodo felice della nostra vita e che ci fa riflettere come in effetti, con l’ottimismo e tanta fantasia, si riesca a vivere meglio.
Mi riferisco all’effetto Pollyanna.

Vi voglio riassumere, per chi non la conosce e ricordare a chi l’ha sentita già, la storia di Pollyanna: un romanzo destinato ai giovani, di Eleanor H. Porter autrice statunitense. Eleanor Hodgman Porter (New Hampshire 1868 – Massachusetts 1920) scrisse “Pollyanna” nel 1913 e nel 1915 ”Pollyanna cresce”.

È una storia molto semplice quella di Pollyanna: una ragazzina rimasta sola al mondo, che va a vivere con un’austera e severissima zia, la zia Polly.pollyanna1
La vita di Miss Polly Harrington, viene travolta come da un uragano quando le piomba in casa l’allegra ed esuberante nipote Pollyanna. Sebbene sia ancora giovane e bella, zia Polly ha il cuore indurito dalle circostanze della vita e dalla solitudine. L’ottimismo e la gioia di vivere della piccola contagiano tutto il paese, ma quando perfino la zia comincia ad addolcirsi, un dramma sembra sopraffare Pollyanna, che rischia di non riuscire più a giocare al suo amato “gioco della contentezza”.
Solita storia lacrimevole, che però ci fa conoscere un personaggio straordinario: Pollyanna. Questa ragazzina riesce a superare le avversità facendo “il gioco della felicità”, e lei lo spiega a tutti quelli che si trovano in una situazione non facile. Così conquista via via e sempre di più tutte le persone che la circondano, anche la stessa zia Polly. E non si accattiva solo i personaggi del libro ma lo stesso lettore, che è spinto anche lui a fare il famoso gioco, che consiste nel riflettere
che in fondo poteva sempre andare peggio. Tutto da manuale fin qui, come in tutte le belle storie, ma a Pollyanna capita un incidente che la porta a perdere l’uso delle gambe, e questo mette in pericolo non solo la sua capacità di camminare, ma anche la sua felicità e voglia di vivere. E la ragazzina supera tutto con il suo famoso “gioco della felicità”.

L’EFFETTO POLLYANNA: UNA PROVOCAZIONE in senso positivo?
Pollyanna è sempre contenta e rende contenti anche gli altri. Gioca al gioco  della “contentezza “ o della “felicità” che consiste nel trovare qualcosa per essere soddisfatto anche se si è tristi. Il principio di Pollyanna vuol anche dire spingere le persone a rispondere positivamente a una domanda positiva. Invece di chiedere: “ che pensi del colore verde?” si può formulare la domanda in altro modo: “non sei d’accordo che il verde è un bel colore?”
L’effetto Pollyanna consiste soprattutto nel trovare lati positivi anche in eventi negativi: a Pollyanna regalarono un paio di stampelle al posto di una bambola e lei, invece di restarci male, pensò “meno male che non debbo usarle”. Questa era la sua semplice filosofia o del “tanto meglio così, poteva andare peggio”.
Il gioco della felicità di Pollyanna ha lo scopo di innescare una specie di reazione a catena basata sulla gentilezza più elementare, praticata nelle circostanze consuete della vita quotidiana. Può apparire ingenuo come metodo, ma non occorre rifarsi ad ideologie o ad aspetti religiosi, né a studi di psicologia o di sociologia, per verificare come una buona predisposizione verso il prossimo, seguita da un comportamento garbato e sorridente, possa bene influire sul nostro e sull’altrui benessere. Innanzi tutto mettiamoci in condizione di sorridere, imponendoci di contenere le diffidenze, l’insofferenza e l’egoistica fretta, comuni cause di azioni e reazioni inopportune, con un impegno preventivo che eviti di farci subire le nostre stesse negatività e, di riflesso, quelle altrui. Potremo quindi sperimentare con soddisfazione un approccio disteso e disponibile nelle svariate occasioni di tutti i giorni: in casa, sul lavoro e anche sulla strada (a piedi o su qualsiasi mezzo), pronti a ringraziare e a scusarci pure per piccole cose, facendoci soprattutto primi e diretti responsabili del miglior fine di ogni situazione.
Questo gioco la nostra protagonista lo ha imparato dal Padre: è il gioco della felicità. Trovare in ogni occasione un motivo per essere felici, per sorridere ed essere contenti. Pollyanna ha sempre cercato di farsi volere bene, di aprire il proprio cuore a tutti. E lo ha fatto con il gioco, colorando di gioia la vita di chi ha incontrato.
Cercare, come Pollyanna, di trovare qualcosa di bello o positivo anche nella situazione più nera, perché nulla, a mio avviso, può essere totalmente brutto. Se non ci riusciamo al momento proviamo a pensare alle conseguenze positive a lungo termine. Insomma…

Faccio seguire un articolo di Sara Ficocelli apparso su “Repubblica”  (8 marzo 2009)
e che tratta proprio dell’ottimismo.

Ottimismo elisir di buona salute    “chi pensa positivo vive di più”
Uno studio Usa rivela un legame tra stato d’animo, tumori e malattie cardiache.
Chi vede il bicchiere mezzo pieno si ammala del 30% in meno.
Diceva il poeta Tonino Guerra che l’ottimismo è il profumo della vita, “l’ottimismo vola”, e a quanto pare un atteggiamento positivo nei confronti della realtà non solo la rende piacevole, ma anche più duratura. Secondo una ricerca statunitense, infatti, l’ottimismo aiuterebbe a vivere a lungo e in maniera salutare. Lo studio, compiuto su 100.000 donne e presentato in occasione dell’ultimo congresso annuale dell’American Psycosomatic Society, ha rivelato uno stretto legame tra uno stato d’animo brillante e propositivo e il rischio di ammalarsi di tumori, malattie cardiache o morire prematuramente. […]
Gli studiosi dell’università di Pittsburgh, in Pennsylvania hanno cominciato la loro ricerca nel 1994, prendendo in esame un ampio numero di persone e studiandone la personalità. Dopo otto anni, prendendo in esame gli individui che nel frattempo erano passati a miglior vita, gli scienziati americani si sono accorti che la percentuali dei decessi era del 23% più alta tra coloro che tendenzialmente in vita non avevano dimostrato un’indole particolarmente ottimista e viceversa, tra le persone positive, si era riscontrato un 30% in meno di morti.
La ricerca ha preso spunto da indagini precedenti, che già avevano collegato l’indole alla durata della vita. Studiosi olandesi ad esempio avevano osservato come gli uomini e le donne più positivi avessero tassi più bassi di morte per malattie cardiovascolari. In particolare, mettendo a confronto due gruppi di persone con diverse personalità, il rischio di attacco di cuore e ictus era risultato del 77% meno probabile tra gli ottimisti, senza tener conto di età, peso, vizio del fumo e presenza di malattie cardiovascolari o croniche.
Ci sono poi dei sondaggi da cui risulta che, a parità di fattori, le persone ottimiste arrivano a vivere sino a dodici anni più dei pessimisti. […]
Hilary Tindle, autrice dello studio condotto dall’università di Pittsburgh, spiega che per quanto possa essere azzardato affermare l’esistenza di un legame tra ottimismo e stile di vita salubre, è comunque vero che pensare positivo influisce in modo diretto su manifestazioni fisiche come lo stress.
Tra le ipotesi avanzate dagli studiosi per spiegare il rapporto di causa-effetto c’è quella secondo cui le persone ottimiste reagiscono fisicamente meglio alla stanchezza mentale, seguono più attentamente i consigli dei medici, e di conseguenza godono di una salute migliore. “Le donne ottimiste, ad esempio – ha spiegato la Tindle – adottano uno stile di vita più salutare. E’ meno probabile che fumino, sono di solito più attive e hanno quasi sempre un indice di massa corporea più basso. Questi sono tutti fattori di rischio che certamente determinano lunghezza di vita e salute”.
E’ del resto dimostrato che troppe emozioni negative e prolungate nel tempo, come rabbia, aggressività, angoscia, tristezza e frustrazione, possono avere effetti deleteri sull’organismo, producendo uno stato cronico di stress negativo. Dunque Beppe Grillo, quando dice che “non è facile torturare un ottimista, perché se gli dai la corrente a 220V egli penserà: che bello, non mi ha dato la 380V”, non fa solo una battuta. E Pollyanna, la bambina creata nel 1913 dalla fantasia di Eleanor H. Porter, famosa per la filosofia del “tanto meglio così”, non snocciolava solo dritte educative ma anche consigli per mantenersi in buona salute.


Ancora una piccola riflessione di erasmus per riaprire serenamente


Una mia cara amica mi ha chiesto un parere in merito al “mistero” della creazione secondo cui la prima donna, Eva, fu praticamente “creata” da un uomo, Adamo.
Essendo poco informato della cosa, ho inforcato gli occhiali e ho riletto la Bibbia. Sul libro della Genesi ho letto testualmente: Creazione dell’uomo: “Iddio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; lo creò maschio e femmina”. Dunque, maschio e femmina, e non prima maschio e poi femmina, derivata dal maschio.portrait_sempe
Mi accingo a dare una risposta quando, proseguendo nella lettura, scopro che c’è un Secondo racconto della creazione, quello classico della costola: “Dio prese una delle costole (di Adamo), formò la donna….. tratta dall’uomo”. Dunque, è vero, in questa seconda versione la donna è stata derivata dall’uomo.
Nel mettere la mia amica al corrente della mia ricerca e nell’esprimere la preferenza per la prima versione, che dà all’uomo e alla donna pari dignità, sottolineo, peraltro, riferendomi alla seconda versione, che la donna, comunque, dopo la sua bizzarra “creazione” da parte di Dio, ha recuperato alla grande poiché, da allora in poi, tutti sono nati da donna. Vogliamo sottolineare che anche il figlio di Dio, venuto sulla terra a salvarci, lo fu?
E da allora data la disperata inquietudine dell’uomo per essere in grado anche lui  di dare alla luce un figlio. Per fortuna non riuscendoci mai. E tornando alla madre di Gesù, osservo che, in virtù del suo indiscutibile merito, ascese al cielo in corpo e anima.
fernando_botero_081_adamo_ed_eva_1998Chiedo alla mia amica se si ritiene soddisfatta e mi risponde che: “vabbé, lasciamo perdere e passiamo ad altro”. Non mi offendo perché le mie cognizioni religiose sono quelle che sono. Abbiamo ragionato di questa cosa e tanto basta.
Ne approfitto per scendere un po’ di quota in tema di maschi e femmine e le riferisco degli strani risultati di una ricerca riguardante i gatti. Dunque, si tratta di questo.
Hanno preso 42 gatti, 21 maschi e 21 femmine, e hanno fatto una prova in merito all’uso delle loro zampe per afferrare qualcosa (diciamo un pesce) da un recipiente di vetro.
Ebbene, tutte le 21 femmine hanno usato la zampa destra e 20 maschi su 21 hanno usato la zampa sinistra. Solo uno, la zampa destra, ma si è scoperto dopo che era ambidestro.2gatti_303
Che vorrà mai dire? La mia amica mi ha detto che non c’erano dubbi sulla stranezza dei maschi, uomini o gatti che siano.
E io non le ho saputo rispondere.

erasmus  25/ agosto/ 2009


Anche se siamo fuori stagione riapriamo con l’ultima allegra fatica di Erasmus.


Mi accingo a trascorrere il carnevale più triste della vita, solo e in paese straniero, quando un amico italiano mi raggiunge e mi dice testuale: “Andiamo a P. dove organizzano un carnevale di mistero, tutto sulla strada e dove, se ti va bene, puoi incontrare la donna della tua vita”. “Certo, continua, tu da mago e filosofo, non dovresti avere problemi a evocare la più bella, ma ti vedo in ribasso, amico mio”.
Non rispondo, tanto sarebbe inutile, e mi accingo a raggiungere il luogo indicato.
Arrivo nel tardo pomeriggio ma c’è tempo. Tutto comincia non prima delle 10 di sera e finisce ai primi chiarori dell’alba.domino
Prima operazione da compiere, l’acquisto di un capo che chiamano “domino”, ma che è praticamente un barracano nero di panno lucido con due buchi per gli occhi. Con questo capo, tutti, in pratica, acquistano un’identità indifferenziata, maschi e femmine. Ognuno può essere chiunque e mi dicono che questo è l’aspetto più importante del gioco. Tutti uguali, dunque, e tutti intercambiabili.
Poi ci sono due regole, che possono essere o meno rispettate: il silenzio e la distanza. Cioé non si dovrebbe parlare e non ci si dovrebbe toccare, per non indovinare il sesso. Le definirei regole a piacere perché se si decide insieme di parlare e toccarsi si può fare.
Sarebbe fondamentale, per conoscersi, “uscire dal sacco” ma questo è rigorosamente proibito fino alla fine della festa. A quel punto si può aggiungere, al lucido degli occhi e dei costumi, il bianco dell’incarnato, aprendo una finestrella sul viso, finora magicamente occultata.
Teatro della festa è un lunghissimo viale, rigorosamente vietato a qualsiasi traffico, che attraversa due o tre piazze. C’è una sola musica a volume altissimo, e tutti si dimenano, tenendosi, chi vuole, per mano, o seguendosi, o fermandosi e venendo regolarmente circondati. Oh, tutta quest’aria di mistero, queste fiumane nere!
Che volete che vi dica? Mi trovo subito a mio agio in un ambiente che solletica la mia curiosità. Ballo, corro, mi dimeno, scherzo di qua e di là, senza dire una parola. Man mano, però, reso più sicuro, faccio segno ai “domino” vicini se vogliono togliersi la maschera, ottenendone puntualmente un chiaro rifiuto.
Le danze continuano al suono della musica incessante ed è graduale, oltre che il numero di chilometri danzati, la confidenza che si acquisisce con i vicini (o vicine).
A notte inoltrata capisco che ce la farò a scoprire il viso di una figura minutina che da qualche ora mi accompagna. Le chiedo se posso permettermi e mi fa cenno di sì con la testa. Mi avvicino scoprendo l’arcano. E’ proprio la donna che avrei voluto incontrare. Mi scopro anch’io e noto anche il suo cenno d’interesse. Da quel momento, sempre avviluppati nella danza e sussurrandoci ogni tanto qualcosa, usciamo dal serpentone nero e facciamo coppia.maschera-carnevale
Sono felice. Ma mi viene un dubbio. A noi è andata bene, ma, in tutta quella confusione e con un costume praticamente identico per tutti, non potrebbero incontrarsi sgradevoli sorprese? Insomma, scoprirsi due uomini, o due donne? Un paio di baffoni in luogo di due labbra da fragola? O una fanciulla in fiore con un signore già ben oltre la maturità? O un ragazzino imberbe con la classica matrona?
Mi dicono che si trova sempre un accomodamento ma non mi chiedo quale. E’ inutile scandagliare i misteri della vita, soprattutto per uno come me, che non ne ha certo bisogno.
Ma mi rivolgo a voi, amici, che forse ne avete voglia. Che ne dite?

Erasmus 25/ 08/ 2009

Il secondo raccontodi Herasmus prima della fine delle ferie.

Il mio amico P. è alto, biondo, bello. Io no, sono piccolo e mediterraneo.
Ci vogliamo un bene dell’anima e stiamo sempre insieme. L’interesse è sempre quello: per le ragazze. Si va di qua e di là, dopo il lavoro, ci si riposa con la speranza e l’augurio che qualcuna ci degni di uno sguardo, di un’attenzione.
Del resto, di amiche ne abbiamo tante ma il gusto dell’avventura ci fa sognare nuovi incontri, nuove possibilità di allargare il giro, di divertirci.
D’altra parte c’è un teatrino che abbiamo cominciato a sperimentare con risultati lusinghieri. Il gioco del neo.
Funziona così. E sempre con ragazze appena conosciute. Si va con la macchina e ci si ferma in una saletta da tè.  Riservata.
Si chiacchiera del più e del meno. Siamo tutti ragazzi. Due donne e due uomini. Noi due maschi effettivamente contrastiamo. Uno alemanno e l’altro mediterraneo. Ma siamo molto attenti alle esigenze delle ragazze, molto gentili e generosi, molto carini ci definiscono.
Si parla. Si fanno programmi per la serata. Chi racconta una cosa, chi un’altra.
Nel frattempo il mio amico P. continua a chiacchierare mostrando una certa loquacità e parlando, per così dire, anche per me. Io invece divento progressivamente più taciturno fissando man mano più intensamente una delle ragazze, in genere la più alta e chiara.
Mi avvicino lentamente a lei e all’improvviso le salto in grembo dicendole:
“Cara, ti prego, fammi essere il tuo neo”, con ciò chiarendo a me stesso e a lei che nel contrasto fra lei, chiara e grande, e io, piccolo e nero, null’altro che un suo neo potrei rappresentare.
Non ci crederete. La “mossa” è stata ripetuta qualche volta ed il risultato è stato spesso positivo. Nel senso che la ragazza mi ha trovato simpatico e originale.
Per me siamo ai confini della follia.
Che ne dite?

erasmus 10/08/2009