Nel fare il punto sui recenti post, ho notato con interesse la riflessione di Ivanhoe del fiume: ha l’impressione che gli ultimi articoli pubblicati seguano un filo conduttore… chissà un caso? Serendipity?
Fatto sta che abbiamo parlato molto dell’uomo e dei sentimenti e il post, una teoria fantascientifica sulla creazione dell’essere umano, ci porta proprio a domandare: “chi siamo, che facciamo, dove andiamo?” domanda irrisolta da millenni.
A questo punto c’e’ un’interessante riflessione di Angelom ancora sui sentimenti…
E poi altro, per distrarsi un po’…
Angelom ci dice …
Ci vuole entusiasmo!!!
E adesso faccio una riflessione io…
Io ci provo, ci provo e persevero nel mettermi alla prova
io continuo a saltare…..a saltare….
per cercare di fare finalmente un salto di “qualità”…. e passare nella vaschetta più grande…
Vi ricordo gli ultimi articoli pubblicati:
E se fosse…? Racconto scritto da Alfred
Il primo amore non si scorda mai! Ecco i vostri ricordi … (ma ne aspettiamo ancora altri così da riunirli poi tutti insieme)
Il primo amore non si scorda mai! (scritto un po’ da tutti gli Eldyani che ne han voglia)
Ma gli uomini, si rubano? Scritto da Donatella
8 marzo
MISTERIOSO, ALTERO, CROCE E DELIZIA AL COR…
Abbiamo assistito e partecipato con commozione alle morti degli alluvionati in Liguria e nella città di Genova, lontano contro la crisi economica e i suoi rovesci drammatici, infine, abbiamo visto il Presidente del Consiglio dimettersi dopo ineluttabili tentativi di ripresa finiti tutti male. Che cosa c’è rimasto dell’anno appena trascorso? Sicuramente una speranza, un’ancora di salvezza soprattutto per le nuove generazioni, che si affacciano timide, timide ma non impaurite, nel mondo del lavoro. Abbiamo superato brutti momenti nel bene e nel male, siamo riusciti ad andare avanti, ora dobbiamo continuare su quella strada. E qual è quella forza che ci permette di vivere nel migliore dei modi, rendendoci felici e con la voglia di fare sempre di più? La forza è: “l’entusiasmo”, quella particolare gioia nell’affrontare la vita con vigore e con vivissima commozione, esaltazione e benessere in ogni cosa che facciamo piccola o grande che sia. E’ proprio l’entusiasmo che occorre al genere umano in questo momento; non ha senso reprimersi con inutili abbattimenti nichilistici, scoraggiandosi senza lottare. Occorre, invece, uno slancio vitale, una sostenuta voglia di vivere senza avere paura del futuro. Il vero entusiasmo ha come componenti due elementi: l’ardore e la sicurezza. Dobbiamo essere elettrizzati per qualcosa ad esprimere fiducia nella possibilità di venirne a capo, realizzando ciò che abbiamo deciso di fare. Essere positivi, lungimiranti, preparati a condividere con gli altri esperienze è il vero segreto di stare bene, singolarmente e in collettività. L’entusiasmo ha una natura originale inimitabile, non solamente è soggettivo, ma non è possibile simularlo. Tutti noi abbiamo bisogno di mete e di obbiettivi da poterci prefigurare con un senso d’impaziente anticipazione; sono queste le cose che esprimono una spinta avanti alla vita. Il mondo ha bisogno di trasmettere entusiasmo e per trasmetterlo bisogna essere entusiasti. Un antico proverbio cinese recita: “Se volete cambiare l’ambiente, prima di tutto dovete cambiare voi stessi. Se prima non cambiate,non potete cambiare i vostri figli”. In conclusione voglio rievocare l’immagine di una donna genovese che proprio nell’alluvione di quest’anno ha perso i propri cari, c’era la speranza, la voglia di andare avanti, di combattere riuscire a vincere contro la sofferenza. Il sorriso aveva preso sul suo viso il posto delle lacrime in quel suo modo di essere, di affrontare il dolore c’era tutto il suo entusiasmo e di cui hanno bisogno molte persone.
Da centinaia di anni stavano lavorando a quel progetto: centinaia, si centinaia, perché il tempo là era diverso. Era molto più veloce, là, il tempo.
Su 13\1 b-ca il tempo scorreva veloce a causa della rotazione contraria al suo sole, il quale girava da est verso ovest, rispetto ai punti di riferimento astrali convenzionali e girava attorno al pianeta che ruotava in direzione opposta, accelerando enormemente, quando, allontanandosi dall’orbita ellittica ottupla, ricordava vagamente il movimento dell’atomo. Ricordava anche vagamente la struttura dell’atomo.
Non c’era vita nell’universo: su 13\1 b-ca sì!
Avessimo voluto osservarli, noi terrestri, ci saremmo dovuti servire di un microscopio.
<A che punto sei nelle tue ricerche? > chiese YX 100\32 al collega XX 13\1 parlando con voce roca all’interfono wireless, alimentato con i vapori di mercurio. Molti anni addietro, quegli stessi vapori, avevano incominciato ad ammorbare l’atmosfera decimando inesorabilmente la vita e riducendo quel pianeta ad un vero granello di sabbia, vagante nello spazio e destinandolo in breve futuro a diventare completamente disabitato.
<Devo trovare il modo di far funzionare quella pompa che gli ho messo al centro del petto, perché sia sempre al riparo e possa funzionare ininterrottamente. Dobbiamo scoprire una sorgente di energia perché si autoalimenti e che duri almeno qualche anno terrestre: giusto il tempo per imparare a sopravvivere in quell’atmosfera carica di ossigeno, azoto e tutti gli altri gas. Dovrà imparare ad arrangiarsi da solo perché solo sarà. Solo con se stesso. Se sopravvivrà lui, potremo salvare i pochi che rimarranno di noi!!>.
YX 100 13\1 dall’altra parte del vetro ascoltava il collega e lo osservava ansimare faticosamente.
Anche lui respirava a fatica: ma solo vedendo XX 13\1 si rese conto che il tempo stava davvero per scadere.
<Dovremmo dare un impulso a quel muscolo, in modo che tutto il carburante, circolando perennemente nel suo circuito idraulico, alimenti anche le parti più lontane della macchina, arrivando con canalizzazioni sempre più piccole, sempre più sottili, a portare il nutrimento necessario al delicato meccanismo che dirigerà il funzionamento di tutto questo complesso apparato e questo coso che stiamo costruendo, dovrà imparare ad autogestirsi in quell’ambiente, apparentemente ottimale, ma molto ostile e per esso certamente nuovo>
YX 100 13\1 e XX 13\1 lavoravano da anni alla costruzione di macchine che periodicamente inviavano sul pianeta per sperimentarne la vivibilità e costruendone sempre di nuove, sempre diverse, sempre più perfezionate, progettandole in modo che le une potessero essere di ausilio alle altre, nella sopravvivenza in quell’atmosfera a loro sconosciuta, ma apparentemente invitante e piacevole.
Avevano cominciato miscelando i gas in varia percentuale, per creare un ambiente, il più favorevole possibile che permettesse alle prossime forme di vita di autoalimentarsi con ciò che avrebbero trovato sulla terra, ed in seguito migliorandone l’esistenza, con successivi invii ed esperimenti.
Avevano già constatato, anni prima, che le piante potevano trarre nutrimento dal terreno esattamente come avevano progettato, terreno che formava la base del pianeta Terra, ma si accorsero che solo quel nutrimento, non sarebbe stato sufficiente.
Un altro ricercatore, morto poco dopo le prime emissioni dei fatali vapori, aveva scoperto che combinando chimicamente gas, usando una formula rimasta a lungo segreta, sarebbero riusciti ad ottenere il liquido che chiamarono ACQUA.
Inviarono grandi quantitativi di atomi di H e O2 tanto da colmare quasi tutte le cavità presenti che poi formarono i mari e i laghi lasciando terre emerse.
Quando finalmente videro che era possibile la sopravvivenza di nuove vite, decisero il gran passo: inviarono l’ultima invenzione. La più perfezionata, quella che riassumeva tutte le invenzioni e le scoperte di anni di lavoro, sacrifici e speranze: l’UOMO.
Finalmente sulla terra apparve l’uomo.
Non sapeva che fare l’uomo, non sapeva dove andare quell’uomo.
Cominciava a guardarsi attorno e cominciava a porsi domande.
< Chi sono? Che ci faccio qui? A che servo? Da dove vengo? Dove devo andare?
Dal pianeta 13\1 b-ca osservavano quell’uomo. Osservavano i suoi comportamenti, le sue reazioni, osservavano i suoi pianti: era solo. Tremendamente solo. Solo con gli animali che parlavano, ma solamente tra di loro.
XX 13\1 si era rifiutato di spiegare all’uomo lo scopo della sua presenza in quel posto, lontano dal suo pianeta, perché fosse stato creato e perché fosse stato creato tanto diverso da loro.
Se lo avesse fatto sarebbe stato costretto a spiegargli che era un esperimento, che era stato inviato sulla terra come cavia.
Avrebbe dovuto spiegargli che lui era troppo diverso per poter tornare a casa, troppo diverso da loro che lo avevano creato, non avrebbe capito. Non avrebbe accettato.
<Mandiamogli un po’ di compagnia disse YX 100\3>.
<Sì. Ma se dopo volessero diventare tanti e non potessero vivere su quel pianeta, che ne faremmo?> gli rispose dubbioso XX 13\1.
<Ordineremmo loro di rimanere soli. Obbediranno!>
Non obbedirono.
I loro discendenti si stanno ancora ponendo le stesse loro domande:
Chi siamo? Perché? Dove? Quando…?
IL PRIMO AMORE
Il primo amore scende nella fanciulla
come rugiada sui fiori,
in notte di primavera;
investe invece il giovane
con la forza della tempesta
e l’onda del mare
Elisabeth Wolff
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I ricordi di armida. ve
Aveva una balbuzie devastante, assurda. Io già allora (come purtroppo anche ora) avevo il “brutto vizio” di non poter vedere soffrire le persone. Gli stetti vicino, anche senza parlare.Per mesi feci di tutto .per incontrarlo.. succedeva sempre “per caso”. uno sguardo tenero, un sorriso, un tumulto di sentimenti…quanto lo amavo!! Poi successe che la sua famiglia lo mandò in un istituto per correggere il problema della balbuzie e non lo rividi per qualche anno.
Quando ritornò io ero diventata grande, anche belloccia, lui non aveva più l’acne e parlava con una cadenza lenta, affascinante, era diventato un bel ragazzo, ma non aveva più bisogno di me!, Respinsi la sua corte, ci perdemmo di vista.
Lo reincontrai qualche anno fa al centro commerciale… che sorpresa, prendiamo un caffè ecc.. mi parla della sua vita, di sua moglie con cui non è felice,… eh no! ! scappo come una ladra.. già dato Giulio, grazie! già dato… armida. ve
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I ricordi di silvana1.ge
Il mio lui? occhi verdi sguardo ridente, simpaticissimo. Era un ragazzo del sud, dal cuore grande e generoso, passionale in tutto, anche nell’impegno sindacale e politico, una dialettica accattivante che catturava applausi nei convegni sindacali. Mi piaceva la sua ironia, la sua intelligenza, quel suo modo di cogliere l’aspetto poetico della vita. Abitavamo nello stesso quartiere e iniziammo a percorrere insieme ogni mattina un tratto di strada che conduceva alla stazione. Proseguivamo poi il viaggio in treno ed era bellissimo continuare a dialogare utilizzando un linguaggio tutto nostro che creava una sorta di intimità verbale. Pensavamo di essere solo amici, in realtà i nostri cuori si erano già incontrati…
Una mattina lo vidi arrivare con un ramoscello di fiorellini azzurri che aveva strappato da un’aiuola: era il 25 marzo. Mi disse tutto d’un fiato: “mi sono innamorato di te.” Emozionatissima, lo abbracciai. Proseguimmo la strada mano nella mano. La nostra storia divenne un grandissimo amore. Riuscimmo a costruire un legame forte, fatto di condivisione e complicità… Avevamo due quadernetti che ci scambiavamo ogni giorno, su cui annotavamo le impressioni, i vissuti dei momenti insieme, le emozioni. La scrittura scandiva le varie fasi del nostro rapporto e ne approfondiva i contenuti … una sorta di rielaborazione costante che ci permise di conoscerci a fondo. Quando conseguì la laurea iniziò a progettare un viaggio nella foresta amazzonica. Aveva voglia di conoscere altre realtà . Il fuoco dell’avventura gli bruciava dentro. Voleva realizzare con me quel suo sogno, ma per la prima volta eravamo distanti: l’idea di calpestare serpenti in un habitat infido, non mi piaceva affatto. Preferivo la vita di città e tutte le mie sicurezze. Seguirono mesi di conflitti, ma poi compresi che dovevo lasciarlo partire. Avevo già chiaro in me che amare significa rispettare i bisogni dell’altro, anche se ciò può recare dolore. Seguirono due anni di silenzio assoluto. Quel sentimento non più coltivato, sopraffatto dalle incognite si affievolì. Quando ritornò mi cercò ancora, inutilmente.
Recentemente ci siamo incontrati per caso, di nuovo in stazione. Mi ha chiamata, riconoscendomi tra la folla di pendolari. Mi sono fermata attonita: ancora abbracci e sorrisi. Ci siamo raccontati un po’ le nostre vite ed è’ stato come se i fili strappati di antiche emozioni si ricomponessero per ricreare nuova armonia. Rivedere i suoi grandi occhi verdi spalancati su di me mi ha emozionata. Le sue parole? Uno sfarfallio di vibrazioni giovanili impastate di ricordi. Dopo una lunghissima chiacchierata ci siamo salutati con la promessa di risentirci, ma non accadrà perché le nostre strade si sono divaricate per sempre. Rimane però indelebile nel tempo la ricchezza di un cammino fatto con una persona veramente speciale, un’esperienza significativa che mi ha fatto crescere. silvana1.ge
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I ricordi di Robertadegliangeli
Il mio primo amore caspita… son passati cosi tanti anni ma lo ricordo come fosse ora.
Io ero una ragazzina di tredici anni ma il mio corpo ne dimostrava molti di più,
ero affidata dalla zia alle cugine, loro erano molto più grandi, e la sera al mare me come palla al piede diventava un peso…… fortuna che non dimostravo l’età.
Così in una delle nostre uscite, loro con i ragazzi, che per l’occasione hanno portato il fratello, che si accompagnasse a me bellissimo Nevio, mi ha presa per mano e ho passato una bellissima serata sulle giostre, come fa una ragazzina, verso la fine della serata questo bellissimo ragazzo mi ha chiesto ci vediamo anche domani? Io ho detto certamente si, lui si è avvicinato per un bacio e mia cugina ha detto NO lei è troppo piccola. Nevio si gira e mi chiede ma quanti anni hai io 13 la sua mano che stringeva la mia ha lasciato la presa, con mio sommo dispiacere. Si è conclusa la serata, prima felice poi con una tristezza nel cuore…… peccato era solo la prima ma certamente la più dolce. Robertadegliangeli
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Ricordi di Edis-Maria
Bello , bellissimo per me, alto, biondino, occhi azzurri e un fare disinvolto , 17enne. Io, 13enne, semplice, ingenua , lo vedevo nel suo gruppo di amici, che quasi ogni giorno si riuniva nella piazza della cittadina,lo ammiravo per il suo spirito goliardico ed accattivante. Noi ragazzine eravamo quasi tutte innamorate di lui, ma Tullio ci scansava. Un giorno, stranamente ,il suo gruppo si avvicinò al nostro e ci chiesero se , la domenica successiva nel pomeriggio, saremmo andate a fare una passeggiata con picnic. Ci mettemmo d’accordo, con tante bugie raccontate in famiglia, e in bicicletta partimmo verso un paesino vicino. Risa , scherzi , giochi crearono un’atmosfera surriscaldata , cui, noi 13 enni, non eravamo abituate. I prati e i boschi favorirono i nascondini. Mi trovai sola con Tullio ( ero felicissima che avesse scelto me), dopo alcuni bacetti ( io conoscevo solo quelli), giunse quello “ vero”! Toccai il cielo con un dito! Ma …..”Che fai? Lasciami, io me ne vado!” ….. Risposta : “ Sei proprio una ragazzina, tutti fanno così!”. Dopo aver sistemato la gonna, fuggii e tornai nel gruppo. Nei giorni successivi venimmo a sapere che avevano fatto una scommessa inqualificabile ! Il mio primo amore finì così! Da allora non mi sono più piaciuti gli uomini biondi ! Edis-Maria
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I ricordi di ANGELOM
“ Il primo amore non si scorda mai” questo detto, io l’ho portato impresso in me per tutta la vita. Frequentavo la terza elementare di soli maschi, vicino alla mia aula,c’era la terza classe femminile, tutte le mattine quando entravamo, vestiti con il nostro bel grembiulino con fiocco celeste e le bambine con il fiocco rosa, ci scambiavamo qualche parola di saluto. Fra tutte le amiche, una in particolare colse più di una volta la mia attenzione una bambina dagli occhi azzurri, poche volte gli avevo parlato. Si chiama (Maria Antonietta), il suo modo di fare, garbato e gioviale, mi attrasse ancora di più, cominciai a sciogliermi ed invitarla a relazionare di più, ma di cose futili, riguardanti la scuola e del più del meno parlando anche delle nostre famiglie, fu molto interessata quando gli parlai che mio nonno aveva una “Messaggeria” (posto per il cambio dei cavalli nei grandi viaggi) con 5 cavalli e che le piacevano molto. Il nostro rapporto diventò sempre più frequente fino al punto che all’uscita della scuola io la invitai ad accompagnarla a casa, lei accettò di buon grado; da quel giorno,insieme facevamo un bel pezzo di strada, anche se abitava dalla parte opposta del paese, parlando più che altro di come avevamo trascorso la giornata scolastica. Dopo qualche tempo, mi accorsi che non potevo fare a meno di pensare a lei, anche la notte, mi era arrivata la famosa “cotta”. Con la mia forte timidezza non riuscivo ad esternagli i miei sentimenti, seguitando con lei un amore veramente platonico. Finito l’anno scolastico, tutta la sua famiglia si trasferì in Argentina, richiesta dal fratello del padre. Passarono i giorni, io non seppi nulla di questo, quando mi fu riferito, la mia mente si vuotò, e ripensai ai momenti belli trascorsi insieme. Ogni tanto chiedevo di lei ad alcuni conoscenti, ma poi, passarono gli anni e tutti i ricordi si affievolirono. Diventammo adulti. Un giorno mentre ero in piazza con mia moglie, arrivò un mio carissimo amico insieme ad una signora molto bella, ce la presentò come sua cugina Maria Antonietta e mi disse che viveva in Argentina. La mia mente comincio ad agitarsi, iniziammo una conversazione, con mia moglie Lucia che già conosceva la sua famiglia abitandogli vicino, parlammo un po’ di questo, poi come se una forza maggiore mi spingesse, senza nessuna reticenza incominciai a raccontare tutto quello che avevo provato negli anni passati per quella bambina di cui mi ero molto innamorato.
Lei ricordava vagamente, fu molto meravigliata e interdetta, rimase senza parole, ma molto felice. Mi chiese di fare una foto insieme a lei, che scattò Lucia, per mostrarla ai suoi tre figli ormai adulti, accettai di buon grado. Per concludere la mia meravigliosa storia vi posso dire cari amici, che ora ci vediamo e ci sentiamo quasi giornalmente via Skype, il nostro rapporto con le nostre famiglie si è trasformata in una vera amicizia profonda. Quest’anno l’ho invitata a ritornare a Montefalco ospitandola, mi ha promesso che farà di tutto per venire, ed io e Lucia ne saremo molto contenti. ANGELOM
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I ricordi di franco muzzioli
Bè in questo album di primi amori…..di amori in generale…mi sento in dovere (personale) di citare il mio terzo amore.
Eravamo in un pomeriggio di ottobre del 1955 e tra i soliti amici avevamo organizzata la classica “festina in casa”. Uno di questi amici arrivò con la sua ragazza ed una amica. Appena la vidi capii che era “una bella preda”(schifoso maschilista!).
Alta (ora lo so), un metro e settanta con un visino da Audrey Hepburn costantemente sorridente.
Ballammo tutto il pomeriggio facendo subito coppia fissa…lei aveva quindici anni e mezzo io avevo appena compiuto i diciotto .
Ci rivedemmo qualche giorno dopo nei giardini pubblici, un pomeriggio nuvoloso dei primi di novembre, seduti mano nella mano su di una scomodissima panchina di pietra. Ci baciammo con passione a lungo ….e lei mi disse “non sei il primo ragazzo che bacio”…(allora le cose andavano così!).
Passarono settimane ed io non riuscivo a contattarla perché suo padre l’andava sempre a prendere a scuola ed erano proibite le telefonate (immaginarsi!)
Allora pensai di scrivere una lettera (la grafomania è stato sempre un mio cruccio) e dato che non potevo portarla di persona incaricai una giovane commessa di mia madre che aveva un grosso aterlier di modisteria.
Questa sconsiderata “messaggera d’amore”, consegnò la lettera alla bidella, per la signorina …tal dei tali.
Ovviamente la lettera arrivò alla preside che all’uscita recapitò la “missiva d’amore” nelle mani del padre .
“Ma chi è questo Franco?” domando questo genitore tra il serio ed il faceto (perchè la letterina era ingenuamente carina)…. “un ragazzo che ho conosciuto da poco ” disse Anna in un imbarazzo tremendo.
Da allora sono passati cinquantasei anni e quest’anno con Anna festeggiamo 50 anni di matrimonio.
Forse è il terzo amore ….che non si scorda mai….ma proprio mai! franco muzzioli
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I ricordi di alfred-sandro.ge
Ricordo la prima volta che ti vidi: eravamo nelle feste di Natale e i miei genitori avevano deciso di passarle nelle nuova casa di Spotorno che da poco avevano comperata.
La vigilia papà mi portò sulla passeggiata che nei giorni di festa era sempre affollata di persone.
In quel viavai rimasi colpita dal fatto che nonostante non fosse assolutamente freddo le signore
erano tutte impellicciate, mentre io avevo un golfino di lana sulle spalle, la gonna di jeans
e le solite scarpette di gomma di sempre.
Fu allora che ti vidi.
Ti conoscevo già ma non ti avevo mai visto cosi da vicino. Eri bello…
Mi avevano molto parlato di te: ti avevano descritto molto grande,
calmo, minaccioso, calmo e pericoloso allo stesso tempo,
imprevedibilmente capriccioso, capace di esplodere senza riguardi per nessuno.
Mi dissero che esigevi di essere rispettato e temuto, dicevano pure che tutti ti amavano
e che tu non eri amico di nessuno.
L’averti visto cosi da vicino mi mise un’enorme soggezione:
ero ancora una bambina e tu eri così grande!.
Mi accontentai di guardarti, ma mi ripromisi che un giorno ti avrei affrontato.
E il giorno venne.
Era d’agosto…
Era d’agosto. Avevo compiuti sedici anni proprio in quei giorni terribilmente caldi.
Tu eri lì, calmo ed imbronciato, come sempre; io ero sola.
Mi sono avvicinata a te e tu per un attimo ti sei ritirato come se fossi stato colto
da un improvviso imbarazzo, ma ecco, tutto ad un tratto, silenziosamente, mi accarezzi i piedi.
Sento un brivido improvviso salirmi fino alla nuca.
Ti guardo e ti sfido.
Continui.
Mi accarezzi le gambe e piano, piano sali, mi accarezzi le cosce, mi cingi i fianchi:
sono sensazioni nuove e meravigliose. Lascio che arrivi al ventre.
Sono terrorizzata, vorrei urlare, fuggire via, ma quello che provo è bellissimo
ed è la prima volta che ho sensazioni simili.
E piano, piano, con un crescendo di brividi che confondo con la riluttanza, lascio
che mi accarezzi il seno, le spalle: Oddio sono tutta bagnata,
mi sembra che tutti guardino me, ho la testa confusa, non so più cosa fare!
Ho paura! E’ la prima volta per me, ho troppa paura!
Vorrei scappare via , correre, ma sono come impietrita, terrorizzata.
Mi manca il respiro, tremo tutta e per non vederti mi copro gli occhi con le mani.
Singhiozzo e piango, disperatamente.
Ora basta!
E’ meglio che torni indietro perché qui non si tocca più e io non sono ancora capace di nuotare.
Questa volta la sfida l’hai vinta tu ………MARE!!! alfred-sandro.ge
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I ricordi di alba morsilli
Quei 13anni dove il tuo corpo cambia, ma la tua mente è ancora bambina, senti dentro te come ci fossi il mosto che fermenta il vino e non sai distinguere non capisci che cosa è,forse amore non so, ma solo che il mio cuore batteva cento a l’ora quando un ragazzino di 15anni mi guardava.
Allora alla nostra età si giocava ancora,fortunatamente si poteva uscire fuori casa di sera e le donne sedute si prendevano il fresco in strada.
Il gioco preferito era guardia e ladri dove io e il biondino ci nascondavamo dentro i lavatoi privi di acqua per potersi fare le coccole e qualche bacino ingenuo.
Le donne dall’occhio lungo facevano finta di niente ma il giorno dopo mi dicevano ieri sera hai messo i fiori sul davanzale, io venivo rossa come un peperone.
Un giorno che non scorderò mai è quando la notizia che un ragazzino è rimasto sotto il tram con le gambe volò di casa in casa,era Flavio il mio amore, fu il mio primo grande dolore, col passare degli anni la nostra amicizia si fece sempre più fitta ed io per lui ero il suo sole, perché come succede sempre le cose a lungo andare passano, mentre fra noi si è solidificata e le sono stata vicino fino al suo ultimo giorno.
Ricordare di lui è sempre piacevole perché era una persona speciale alba morsilli
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I ricordi di giulia4,mi
Premessa: Vi chiedo solo di non ridere di me, ma di collocare il racconto in un periodo lontano lontano nel tempo.
Avevo da poco compiuto quattordici anni, e fino allora, le possibilità di confrontarmi con il mondo maschile erano state molto scarse se tenete conto che avevo frequentato sia le scuole elementari sia le medie in classi esclusivamente femminili. Gennaro aveva mostrato interesse per me, ed io ero particolarmente felice ed emozionata, mi piaceva molto, (il tipico ragazzo napoletano; occhi neri vispi e allegri, il viso regolare e una massa di morbidi riccioli castani scuri).
Passammo dei mesi ricchi di emozioni; le prime passeggiate, il primo bacio che ricordo ancora, avvenne in piazza Firenze a Milano. Il primo dono per il mio compleanno un ciondolino in oro (che ancora conservo) raffigurante un ferro di cavallo con all’interno il numero 13 , pensate che per nascondere ai miei genitori il fatto che fosse un regalo, lo sporcai con un po’ di terra, per fingere di averlo trovato. … Qualche giorno prima di Natale ci eravamo accordati di trovarci nel primo pomeriggio perché alla sera Gennaro sarebbe partito per raggiungere e festeggiare le feste con la sua famiglia, giusto il tempo per scambiarci i saluti e qualche bacio prima della partenza.
Qualche ora più tardi l’occasione di eseguire una commissione per la mia mamma mi diede l’opportunità di vedere, prima di sera, ancora per qualche minuto Gennaro e ne approfittammo per raggiungere il nostro angolino segreto, una via un po’ meno illuminata delle altre.
I baci scambiati forse con il timore di non vedersi per un po’ di tempo, avevano dato avvio a una passione forse troppo intensa per una quattordicenne (dimenticavo di dirvi, Gennaro ne aveva venti) mi sentivo frastornata e confusa. Trovai una scusa per scappare dall’abbraccio … corsi a casa con il cuore che batteva talmente forte che pensavo potesse scoppiare, imbarazzata e vergognandomi come una ladra (per nulla poi). Non volli più rivederlo, mi vergognavo della mia reazione infantile, feci dire da un’amica, mentendo spudoratamente di essermi innamorata di un altro! Che scema! Non potete sapere quante volte me lo sono ripetuta nel corso della vita.
Il primo amore … sfumato miseramente.
L’ho rivisto qualche anno dopo perché, salito a Milano con sua moglie e due figlie da un’amica comune, aveva chiesto di potermi salutare, anch’io ero sposata e con i miei tre figli, la vita è anche questo … giulia4,mi
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I ricordi di alfred-sandro.ge
Quando una sera al bar di Eldy, chiacchierando, mi chiese:
< Alfred, ho saputo che sei di Genova. In che zona?> Le dissi la zona.
La conosco bene mi rispose.
La chiamai in amici incuriosito:< anche tu abiti da quelle parti?>
disse.
risposi.
disse lei, e continuando aggiuse :
< ho gestito per anni quel negozio…….>
Ere lei: quella bellissima signora che vedevo sempre passando davanti al suo negozio.
Era la bellissima bambina che alle scuole elementari mi aveva fatto battere il cuore e che ho visto diventare ragazza, signorina, sposarsi e che non ho mai avuto il coraggio neppure di dirle ciao.
Non mi conosceva, non si ricordava di me.
Io mi ricordavo di lei: nell’angolo del cortile, viso tondo, occhi tristi, capelli a caschetto neri, grembiulino nero col colletto bianco e il fiocco rosa.
Era bellissima. alfred-sandro.ge
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I ricordi di francesca (franci)
L’autobus era in ritardo, come sempre. Ormai sapevo di dover passare, prima di entrare in classe, dal Preside a giustificarmi ascoltando, per l’ennesima volta, il logoro sermone sul disdicevole comportamento di una studentessa che spesso è in ritardo (frequentavo una scuola femminile).
Ma il mio pensiero era tutt’altro.
Lui si era staccato dalla compagnia e veniva verso di me.
Davanti a tutti, a bruciapelo sui miei occhi abbassati per nascondere un evidente tremore partorito da un’intensa emozione, mi dice:
Visto che siamo in ritardo, noi abbiamo dceciso di “bigiare”, vieni con noi?
Nella mia mente i pensieri si agitano come uno tsunami e perdono quella parvenza di ordine che fatico ad ottenere. Vorrei rispondere un “SI” roboante ma invece:
Nnnon sso..ffforse è meglio se vado a scuola, i miei genitori non sarebbero d’accordo.
E così è stato. Anche questa volta la mia timidezza aveva avuto la meglio.
Avevo 15 anni, frequentavo il primo anno di superiori. Lui era “grande”, di anni ne aveva 17 ed era al terzo anno di ragioneria, nella Milano della mia gioventù.
Mi sono innamorata di quel ragazzo biondo, brillante, spiritoso, intelligente, bello come un dio greco. Ovvio che avesse solo pregi, no?
Ma il nostro era un amore platonico, credo più da parte mia, forse lui mi considerava ancora troppo piccola. Ed io sognavo, sognavo e gli scrivevo fiumi di lettere che, immancabilmente distruggevo.
Poi scelte e compagnie differenti ci hanno allontanato e fatti perdere di vista.
Ma il destino a volte si diverte. Dopo aver allontanato, sposta le pedine e gioca, generosamente, a riunire.
Ricevo un invito da una mia amica per trascorrere il Capodanno a casa (cantina) di amici suoi.
Dopo aver pregato in ginocchio i miei genitori di lasciarmi andare (avevo solo 17 anni..!!) accompagnata, oltre che dalla mia amica che aveva un anno più di me, da mia sorella che di anni ne aveva ben 19, supplico la mamma di adattarmi un vestito per l’occasione. Il tempo era poco ma la notte di quel Capodanno non la dimenticherò, mi sentivo come Cenerentola.
Un tubino in taffetà viola con poche paillettes sparse a donare all’insieme un che di ottimo e raffinato risultato e un paio di scarpette di vernice nera come l’ultima moda del momento voleva, mi hanno fatto volare sulla più alta nuvoletta che danzava nel cielo stellato, con la convinzione di essere la donna più fortunata del mondo.
E quella convinzione è diventata certezza quando, entrando in quella casa, ho visto chi ne era il padrone: LUI, il bel ragazzo biondo, intelligente, ecc….ecc.. di cui ero ancora, a mia insaputa, innamorata.
Mi chiese di ballare al primo pezzo musicale che usciva dal giradischi e non smettemmo per tutta la notte. Il resto è stato una conseguenza stupenda.
Furono tre anni di sogno, di felicità, di attimi unici e irripetibili vissuti all’unisono.
Ma furono anche giorni di conflitti, di angosce, di scontri da cui scaturivano scintille accese per orgoglio e amor proprio creduti violati. Anni in cui la nostra maturità si formava sul fragile terreno dell’inadeguatezza, della confusione che generava impulsi difficili da frenare.
E il tempo ha fatto il suo corso senza aver pietà di noi, del nostro sentimento, senza fermarsi ad aspettare.
Ma l’orgoglio in Amore, si sa, pone limiti e fa tanti danni.
Quattro anni dopo.
Fuori dalla Chiesa, l’auto percorreva adagio la strada. Chissà perché l’autista aveva scelto di transitare proprio da quella via.
Il ragazzo era fermo in mezzo alla strada. Al nostro passaggio si sposta di lato.
Lo superiamo.
Mi volto.
I nostri sguardi si incrociano. Per l’ultima volta.
Era il mio primo amore.
Non l’ho mai più rivisto.
Chissà cosa sarebbe stato se non fosse andata così. francesca (franci)
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I ricordi di rossana
Commenti abilitati Il mio primo amore l’ho incontrato in una piccola cittadina non lontana dal mio paese. Timida io timido lui,un incontro speciale inaspettato,incontrati per caso o per un gioco del destino.Lui un po’ più grande di età ma non di tanto,prendendo un po’ di coraggio mi invitò per un incontro ed io seppure titubante accettai. Mai avrei pensato di innamorarmi così su due piedi,il colpo di fulmine di cui tanto avevo sentito parlare mi aveva folgorato.
Restammo a parlare per ore in un bar poi con un bacio casto ci salutammo. In quel momento mi sentii sola, come mai avrei pensato.L’amore mi aveva preso e rapito cuore mente e sentimenti.Mi alzavo al mattino e mi chiedevo cosa farà?? mi penserà??Mi coricavo alla sera e l’ultimo pensiero era per questo amore
Ma mi chiedevo e lui sarà innamorato di me?? Il timore di un no mi tratteneva, poi fattami coraggio lo invitai io questa volta ad un incontro, per mia fortuna lui accetto’l’invito.Pesai per ore a cosa indossare per farlo innamorare, di lui mi aveva colpito il suo aspetto alto atletico per me il più bello.
Anche questa volta parlammo molto di noi due della nostra vita, ma neppure un bacio, al saluto di commiato però mi diede un forte abbraccio ed io pensai meglio di niente. Poi dopo alcuni incontri baci ed abbracci c’è ne scambiammo tanti e a piene mani.I momenti trascorsi insieme non ci bastavano mai. Mi sentivo viva, ogni cosa fatta insieme irrepetibile,ogni luogo vissuto assieme ancora adesso mi parla di lui. Ringrazio la vita il destino che mi ha fatto incontrare e vivere un amore così speciale. rossana
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I ricordi di Lorenzo.rm
Devo confessare un cruccio. Il mio primo amore nacque, come spesso succede, nei banchi di scuola ma io ero il più piccolo perché, per chissà quale mistero, ero andato a scuola prima o avevo “saltato” una classe o ambedue le cose. La “mia” ragazza sì, mi voleva bene ma, essendo più grandicella, diciamo io 13-14 e lei 15-16, guardava anche quelli più grandi. Ero geloso? Sì, da morire. Ricordo con una precisione allucinante una gita in barca a quattro, con un bacio rubato. Meno male che quei tempi passano. Ma i ricordi, quelli, non passano mai. Lorenzo.rm
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Vi propongo qualcosa di differente.
Fino ad ora la maggior parte di voi si è divertita a leggere ed a commentare; diversi eldyani hanno collaborato con i loro scritti, ma sicuramente qualcuna/o avrebbe voluto scrivere anche lei/lui, ma non ha osato farlo fino ad ora.
Vogliamo fare una scommessa? Siete capaci di scrivere anche voi e sicuramente molto bene. Non è un concorso, assolutamente no, ma un invito ad utilizzare anche voi questo spazio, che è di tutti gli Eldyani.
Franco si mette alla prova per primo ed io per seconda, bastano poche parole per narrare …il vostro “primo amore”.
Spero che tutti, proprio tutti ci deliziate con i vostri ricordi!
Una precisazione tecnica: scrivete i vostri raccontini nei commenti, poi li metteremo tutti insieme, formando un articolo, ma siate “pazienti” perché chi commenta per la prima volta o mette nel commento un link, per ragioni tecniche del blog, non vedrà apparire il suo scritto subito, perché il commento va automaticamente in moderazione. Non è un problema, solo apparirà più tardi.
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“Il primo amore non si scorda mai” è il titolo di una recente canzone di Gigi D’Alessio, ma è vero che non lo si scorda mai?
Per me sì, non me lo sono scordato, avevo sedici anni ero in villeggiatura con mia madre e mia sorella a Zocca, la patria di Vasco Rossi. Lei aveva tredici anni, ma dimostrava di più della sua età. Era bellissima, alta, di quelle ragazzine che ti tolgono il fiato. Liliana aveva un caschetto nero con una frangia che quasi le copriva gli occhi, aveva una pelle splendida, bianca, diafana…..e mi sorrise al primo incontro.
Mi ricordo che facevamo lunghe passeggiate mano nella mano e quando potevo (cioè quando mia madre mi dava “la paghetta”) le offrivo un gelato. L’unico bacio, su di una guancia, lo ricordo ancora, il contatto delle labbra su quella pelle di pesca.
Non l’ho più rivista, chissà se è nonna e come è diventata? Ma non importa… resta il mio primo amore.
Franco Muzzioli
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Anche io come la “Liliana” di Franco avevo tredici anni e, per andare a scuola, prendevo tutte le mattine l’autobus ad orario. C’erano sempre le stesse persone e noi ragazzi facevamo un gruppetto nutrito. Tutti simpatici, allegri e schiamazzanti. Uno, però non partecipava mai ai nostri discorsi, stava in disparte, speso ripassava la lezione. Mi piaceva da morire, se mi guardava mi sentivo paralizzata, quasi balbettavo con i miei amici, ma non osavo rivolgergli la parola e poi ero un bel po’ orgogliosetta. Figuriamoci, non gli avrei mai parlato io per prima. Intanto il tempo passava ed eravamo quasi alla fine dell’anno scolastico, poi ci sarebbero state le vacanze estive e non l’avrei più rivisto, sapevo che frequentava l’ultimo anno della scuola tecnica. Io ero convinta di piacergli, ma facevo finta di niente e mi comportavo come se non lo vedessi. Poi, uno degli ultimi giorni di scuola, non lo vidi sull’autobus e nemmeno il giorno seguente.
Una bella lezione al mio orgoglio e alla mia presunzione, mi aspettava dietro l’angolo: lo vidi passare in Vespa, con una ragazza molto attraente, seduta sul sellino dietro di lui, che si teneva abbracciata stretta stretta.
E così “il primo amore” svanì nel nulla…
Paolacon
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E adesso a voi… coraggio è divertente, osate… sicuramente vi ricorderete del vostro “primo amore”…
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Alcuni giorni fa, mentre ero in coda al supermercato, ho ascoltato, per caso, la conversazione tra due signore: di all’incirca una cinquantina d’anni, curate nell’aspetto e nell’abbigliamento, buona proprietà di linguaggio. Il discorso, era più o meno questo: “Non perdonerò mai, a quella ……, di avermi rubato l’uomo che amavo”.
Già…lei lo amava, ma forse era lui, che non amava lei…
E io, sorridendo tra me e me, mi immaginavo la scena, di questo pover’uomo, “rubato”, suo malgrado, ad una donna che lo amava! Si sarà difeso, per non essere rubato? Avrà opposto resistenza? Alla fine, stremato per il gran combattere, si sarà dovuto arrendere al suo crudele destino!
Eppure, quelle due signore, non avevano l’età di mia nonna, che, se fosse vivente, avrebbe quasi cento anni.
Com’è possibile, che nel 2012, si sentano ancora certi discorsi? L’amore, non è possedere qualcuno, una persona, non è un oggetto in balìa del primo ladro che arriva! Se quel marito, si era fatto “rubare”, era perché lo aveva deciso e voluto.
E’ sempre delle donne la colpa… sono sempre loro che ammaliano e seducono, questi poveri uomini! Ma… non sarà, che questi “uomini poveri”, non sanno resistere al fascino femminile, dimenticando di avere al fianco, una donna che li ama e che dovrebbero rispettare?
Purtroppo, anche in una società moderna, sono sempre le donne, le peggiori nemiche delle donne. E’ molto più facile, colpevolizzare un’altra donna, che analizzare il proprio rapporto amoroso, con cruda lucidità, per non dover ammettere che, se qualcuno “ruba” qualcuno, forse, quel rapporto, era già incrinato, se non addirittura finito, e magari, chi è stato “rubato”, era ben felice di farsi rubare; o forse, per non dover ammettere, di aver sposato, un povero idiota, che perde il controllo, non appena intravede una gonna, e ne segue la scia, come i cani, l’odore di un osso!
Non ho potuto fare a meno di pensare che, se fosse capitato a me, ringrazierei la ladra di turno, per avermi rubato, un uomo, così sprovveduto…
Consiglierei, a chi avesse rubato un simile personaggio, di restituirlo subito alla legittima proprietaria, onde evitare, di dover mettere il signore in questione sotto scorta, caso mai si dovesse trovare di nuovo, in prossimità di qualche ladra!
La donna uscì dalla costola dell’uomo,
non dai piedi per essere calpestata,
non dalla testa per essere superiore,
ma dal lato per essere uguale,
sotto il braccio per essere protetta,
e accanto al cuore per essere amata…
(attribuito a William Shakespeare ma molti lo riferiscono al Talmud)
Mi piace molto la musica ed anche l’opera lirica come a tanti altri eldyani. Girando sul web, ho trovato, per “serendipity”, una esecuzione della “Traviata” di Giuseppe Verdi, rappresentata nella stazione di Zurigo, e mi sono incuriosita. Spero la gradiate anche voi è qualcosa di speciale, di originale e di diverso… (La Traviata im Hauptbahnhof Zürich)
Uno dei capolavori del teatro romantico, nel più classico dei temi: amore e morte, amore e sacrificio, melodie italiane, ma sensi europei.
http://www.youtube.com/watch?v=obDXLlpENUQ
In questo periodo di soap-opera o telenovela o fiction, che dir si voglia, una storia di amore appassionato, con una buona dose di scandalo, cinismo, soldi e interessi, ci sta sempre bene. Ma è di altri tempi…
Giuseppe Verdi rappresentò per la prima volta al teatro La Fenice di Venezia la sua “la Traviata” la sera del 6 marzo 1853.
La “Traviata” è una bellissima donna realmente esistita, fu una delle più famose cortigiane del tempo e fece innamorare di sé Alessandro Dumas figlio, che la conobbe durante una festa.
La giovane, già malata di tubercolosi, tradiva regolarmente il giovane amante che non era in grado di offrirle la lussuosa vita cui era abituata. La rottura fu inevitabile e Alphonsine Duplessis (così si chiamava) tornò alla sua vita di vizio e morì nel 1847 a soli 23 anni. E ancor oggi la sua tomba è piena di fiori.
Alexandre Dumas l’anno dopo descrisse la sua storia in un romanzo “La dame aux camelias” (la signora delle camelie) che ebbe un enorme successo e nel 1849, Dumas ricavò dalla vicenda un dramma che interpretarono grandi attrici come Sarah Bernhardt, Eleonora Duse e Greta Garbo.
A Giuseppe Verdi il romanzo piacque molto ed ebbe anche modo di vedere la rappresentazione del dramma, nel 1852 a Parigi.
Verdi prese a cuore la vicenda di un’anima femminile offesa dalla vita e dalle regole di una morale ipocrita e imperiosa. Ne era il cantore ideale, infatti in quel periodo era pesantemente criticato dai suoi contemporanei benpensanti, perché viveva con Giuseppina Strepponi, senza essere con lei sposato. Il libretto fu affidato a Francesco Maria Piave, come molti altri libretti di opere verdiane.
La storia è molto semplice, nel primo atto la bella e famosa cortigiana Violetta Valéry conosce a un ballo Alfredo Germont che l’ammira da tempo. Tutti brindano (libiam ne’ lieti calici)) e Alfredo invita violetta a ballare, ma lei si sente male e deve fermarsi. Rimasti soli, Alfredo le dichiara il suo amore ( un dì felice, eterea). Violetta gli dà una camelia, suo fiore preferito e dice ad Alfredo che lo rivedrà, quando il fiore sarà appassito; poi, rimasta sola, Violetta si rende conto di essere innamorata davvero, per la prima volta (Ah, fors’è lui che l’anima) (sempre libera deg’io).
http://www.youtube.com/watch?v=-H4RI8EYbyA&feature=related
Nel secondo atto i due amanti vivono felici in una villetta fuori Parigi. Alfredo parte per Parigi, perché viene a sapere dalla cameriera che Violetta ha venduto tutti i suoi gioielli per pagare le loro spese. Mentre Violetta è sola, il padre di Alfredo, Giorgio Germont, arriva. Vuole parlare con Violetta ed il colloquio è drammatico, perché le chiede di rinunciare ad Alfredo in nome della morale e della felicità della sorella di Alfredo, che non potrebbe sposarsi se lui continua a convivere con Violetta (Pura siccome un angelo). Intima lotta di Violetta, ma poi lei accetta, perché sa di avere i giorni contati (morrò, la mia memoria).
Violetta parte per Parigi (amami Alfredo) e si reca ad una festa alla quale partecipa anche Alfredo. E qui, visto che Violetta non vuole più tornare con lui, perché lo ha giurato al padre Germont, Alfredo le getta ai piedi i soldi in restituzione di quelli che lei ha speso per loro. Violetta sviene. (pagata io l’ho)
Nel terzo atto Violetta è a letto malata, il padre Germont racconta tutto ad Alfredo che si precipita dall’amata e questa muore tra le sue braccia (Parigi, o cara)
Mai fino ad ora Verdi era arrivato ad espressioni drammatiche di uguale altezza. È un’opera perfetta, gentile, appassionata, commovente, malinconica. La protagonista primeggia nelle sue interpretazioni intense e vitali; Alfredo è di riflesso e la figura del padre è anche primaria, i suoi incontri con Violetta sono intensi, drammatici e commoventi. È un’opera emozionante, tutte le arie sono bellissime e con un preludio capace di muovere le più segrete intimità dell’anima.
http://www.youtube.com/watch?v=VxU_qJITbs8Forse una storia simile è impensabile al giorno d’oggi, un secolo e mezzo dopo; ma di quanto sono cambiati i tempi?
Distraiamoci un po’ con una storiella graziosa, presa dal web e che ha molte probabilità di essere vera. Se non altro ci fa pensare. Se la conoscete già chiedo venia, ma ci sarà pur qualcuno che non la conosce ancora…
In una nota azienda multinazionale un sistemista è stato chiamato per aggiustare un computer molto grande ed estremamente complesso… un computer del valore di 12 milioni di Euro.
L’esperto di informatica, seduto di fronte allo schermo, preme un paio di tasti, asserisce con la testa, mormora qualcosa a se stesso e spegne il computer.
Poi estrae un piccolo cacciavite dalla tasca e dà un giro e mezzo ad una minuscola vite.
A questo punto, accende il computer e verifica che funziona perfettamente.
Il presidente dell’azienda è felicissimo e si offre di pagare il conto immediatamente.
“Quanto le devo?” chiede.
“Sono Mille Euro, per cortesia” risponde il sistemista.
“Mille Euro? Mille Euro per pochi minuti di lavoro? Mille Euro per stringere una semplicissima vitina? Mi rendo conto che il computer vale 12 milioni di Euro, ma mille Euro mi sembra una cifra veramente esagerata. Pagherò solamente se mi manderà una fattura dettagliata che giustifichi una cifra del genere.”
Il sistemista acconsente con un cenno e se ne va.
Il mattino dopo il presidente riceve la fattura, la legge attentamente, asserisce con la testa e la paga immediatamente, senza una lamentela.
Sulla fattura è scritto:
Servizi effettuati:
– Avvitamento di una vitina: EURO 1
– Sapere quale vitina avvitare: EURO 999.
Piccola morale:
Primo bisogna capire che è sbagliato giudicare un’attività semplicemente dal tempo che occorre per realizzarla.
E secondo, pensiamo a tutte quelle persone competenti che ogni giorno affrontano la mancanza di considerazione da parte di quelli che, per la loro ignoranza, non arrivano a capirli.
Abbiamo parlato di chat, di nick, di internet; tutti argomenti che ci interessano e ci coinvolgono in prima persona. Passiamo una parte del nostro tempo davanti ad uno schermo e ci divertiamo, ci distraiamo, ridiamo facciamo amicizie, ci commuoviamo. Ma la chat può anche essere utile come testimonia quest’episodio vissuto qualche anno fa, in diretta, qui in Eldy. Alfred c’era e ci racconta come è andata, a dimostrazione che Eldy non è solo passatempo, discussione o distensione; è anche una cosa seria ed in molti sensi.
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– Ciao.
– Ciao, come va?
– Al solito, tu?
– Anche io al solito
– Non c’è ancora nessuno!
– Eh si, forse è ancora presto!
Queste sono le frasi che si leggono sovente in chat la mattina tra due persone che si conoscono da tempo.
Frasi banali, scontate. Frasi di routine. Frasi dette con molta probabilità in attesa che arrivino altre persone o una “certa persona”.
Si perché la chat è anche questo: luogo di incontri “riservati”.
Non che Eldy sia una chat per “cuori solitari”, ma avendo la possibilità di avere stanze private spesso qualcuno vi si ci rifugia.
Nel frattempo altri nomi appaiono: la gente si sta svegliando e viene a curiosare per vedere chi c’è.
C’è chi entra subito salutando tutti con un caloroso BUON GIORNO, chi si ferma sulla porta per vedere se nelle presenze…
C’è chi entrando vede solo l’amico/a e saluta subito quello/a. Qualcuno risponde al saluto, qualcun altro no, vuoi perché non gli interessa l’ultimo entrato, vuoi perché impegnato a scrivere e non si è accorto di essere stato salutato.
– Ciao XXX …
– Ciao YYY tutto bene?
– Si tu?– Bene grazie XXX …
– Ciaooooooooooooo!!
– Ciaoooooooooooooo KKK ….
Inizia una nuova giornata in chat: saluti, battute, scherzi, scambi di notizie famigliari:
– La mamma? …meglio grazie!
– I bimbi hanno ancora il raffreddore?
– Si non hanno dormito tutta la notte!!!
– …mannaggiaaaaa !!!
All’improvviso appare una scritta in maiuscolo. (in chat il maiuscolo equivale a urlare)
– AIUTO!!, AIUTO!!, AIUTOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!
– Che succede?
– Chi chiama aiuto?
– Chiamano aiuto! c’è qualcuno in pericolo!
Conosco bene la persona che chiede aiuto, non farebbe mai uno scherzo in chat.
Scrivo in maiuscolo sperando mi noti subito:
< Tony2007.pi CHE TI SUCCEDE? CALMATI E DICCI CHE TI SUCCEDE!>
altri presenti in quel momento allarmati si chiedono l’un l’altro che stia succedendo: è una ridda di domande allarmate.
– MA CHE SUCCEDE? CHI CHIAMA AIUTO?
Ripeto la mia domanda Tony2007.pi:<STAI CALMA E DIMMI CHE TI SUCCEDE.! CON CALMA!>
Devo attendere un po’ la risposta, cercarla tra tutte quelle domande concitate, urlate, con le finali prolungate per dare loro enfasi.
– CHI è CHE STA MALEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE?????, CHE SUCCEDEEEEEEEEEEEEEEEEE?????????
Finalmente individuo tra tutto questo caos la risposta alla mi domanda precisa.
ALFRED,… ERO IN CUFFIA CON SORGIGIO ED ALL’IMPROVVISO NON L’HO PIU’ SENTITO, NON MI RISPONDE!!!!! SO CHE NON STAVA BENE!!! ALFRED!! …HO PAURA!!!!!!!!! TEMO SI SENTA MALE!!!
Stai calma Tony2007.pi le dico. <SAI DOVE ABITA? > <NO, non so, non ricordo,….ho paura!!!!>
Stai calma . mi raccomando, stai calma…. vedrai che non è niente!!!!
Chiediamo se qualcuno sa dove abita !!!!
Rispondono in molti: non lo so, non lo so, mi pare abiti a …………….! si so che è di…………………..!
Nessuna notizia precisa che potesse darci qualche indicazione giusta e utile per riuscire in qualche modo a renderci conto di come si sarebbe potuti intervenire.
Mentre tutti si stanno chiedendo che fare mi viene l’idea che la soluzione migliore sarebbe di chiedere l’intervento della Polizia e senza alcun indugio compongo il n° 113-
<PRONTO POLIZIA DESIDERA?>
<SENTA, MI CHIAMO ALFREDO… E STO CHIAMANDO DA GENOVA.>
<DICA…>
<IN QUESTO MOMENTO STO CHIACCHIERANDO IN UNA CHAT ED E’ APPARSA UNA RICHIESTA DI AIUTO MA NESSUNO SA ESATTAMENTE DI CHE SI TRATTI. DUE PERSONE ERANO IN CUFFIA E UNA DELLE DUE, PARE ABBIA INTERROTTO LA COMUNICAZIONE.>
L’agente al telefono mi dice: <rimanga in linea, le passo la Polizia Postale che è competente per casi come questi.>
<Pronto, buongiorno mi spieghi tutto con calma.>
Ripeto con calma tutto quello che ho appena detto all’altro agente.
<Di che chat si tratta?> chiede
<Eldy.>
Passano pochissimi secondi e sullo schermo del mio computer appare:
<SONO IL TENENTE DI POLIZIA—————————-CI E’ STATO CHIESTO IL NOSTRO INTERVENTO. C’E’ QUALCUNO TRA I PRESENTI CHE CONOSCA SORGIGIO?
QUALCUNO CONOSCE IL SUO N° DI TELEFONO?. IL SUO INDIRIZZO? >
Il trambusto in chat aumenta, le domande si susseguono concitate, frenetiche, confuse. Tutti si chiedono di chi si tratti. Tutti scrivono.
Tutti si rendono conto che sta succedendo qualcosa di grave, di serio. Tutti vorrebbero sapere. La “piazza di Eldy” in quel momento è affollata.
Squilla il mio telefono: è un ufficiale della “Postale” che chiede conferma di quanto è stato detto.
Non guardo più lo schermo, sono impegnato nel dare spiegazioni a quell’agente. Cerco di essere il più calmo possibile, sto dando le informazioni necessarie per rintracciare SORGIGIO non devo assolutamente confondermi. Mi rendo conto che molto dipenderà da me, da come saprò esporre le cose.
Finalmente mi congeda ringraziandomi. Posso ritornare a seguire la vicenda sullo schermo:
<SIAMO LA POLIZIA POSTALE SIAMO RIUSCITI AD INDIVIDUARE IL VOSTRO AMICO. E’ SALVO. ORA E’ IN OSPEDALE. I MEDICI SI STANNO PRENDENDO CURA DI LUI.>
Tiro un grosso sospiro di sollievo… meno male!!!
Guardo l’ora: sono passati meno di venti minuti da quando è iniziato tutto.
Grazie Eldy. Grazie alla Polizia. Grazie a Tony2007.pi senza il suo “AIUTO!!!”
Domani i giornali titoleranno: “Quando la chat salva una vita“.
Un grazie particolare alla polizia postale che non si occupa solo di illegalità legata al mezzo informatico, ma è anche in grado, attraverso questo, di intervenire prontamente e di prestare aiuto in caso di grossi problemi.
<La polizia postale è il reparto specializzato in tutte quelle attività di controllo negli illeciti che possono rientrare nella vasta e complessa materia delle comunicazioni.
L’attività di polizia giudiziaria, tratta reati (anche a mezzo monitoraggio chat-line, newsgroup, social network, ecc), in materia di: hacking (intrusioni, danneggiamenti informatici), telefonia (fissa, cellulare, voip), privacy, illeciti postali, diritto d’autore/copyright(video, musica, pay-tv), pedofilia on-line, e-commerce, vigilanza sulle frequenze radio televisive, truffe, riciclaggio, frodi con carte di credito o carte di debito, frodi legate alle banche on-line, eversione politica,terrorismo, stupefacenti, armi ed esplosivi, prostituzione, ovvero tutte le fattispecie di reato tradizionali che hanno come fine o strumento per la loro realizzazione il mezzo informatico.>
L’amore per il mare, per Bologna, per la gente comune… ed il suo anticonformismo, vissuto con coraggio ed onestà, come scelta di vita.
Questo e tante altre cose era Lucio.
Le sue canzoni hanno fatto da sottofondo musicale alla nostra vita.
Ce ne ha lasciate moltissime e tutte ci hanno accompagnato nei nostri gesti quotidiani o nei momenti importanti, ma ci sono state e ci sono… sempre.
Grazie Lucio, quanto ci mancherai!
http://www.youtube.com/watch?v=WbVKxa1lrZQ
Il 29 febbraio di 220 anni fa nasceva a Pesaro il grande compositore italiano Giochino Rossini.
Il “Guglielmo Tell”, la “Gazza ladra”, la “Cenarentola”, il “Turco in Italia”… e naturalmente il “Barbiere di Siviglia” Grandi opere, tante, tutte eccezionali.
Mi sembra doveroso ricordarlo, ma la scelta dei brani è stata molto sofferta.
Qualcuno dalle parti di Pechino deve aver letto i commenti al simpatico articolo ”Ti conosco mascherina…” di Guglielmo, pubblicato in Parliamone qualche giorno fa.
Scherzi a parte, dopo aver a lungo riflettuto su questa possibilità, le autorità cinesi sembrano essere sul punto di decidere definitivamente per la rimozione dei nickname da chat e forum di discussione, obbligando i naviganti a registrare il proprio nome e cognome prima di partecipare ad essi.
La Cinaè lontana …molto lontana da noi.
Perché si usa il nickname nelle chat e forum?
Il nickname è un alias, un nome di fantasia, che l’utente stesso si sceglie per utilizzare i servizi di community, si tratta di una protezione per la privacy.
Il nick è una cosa davvero personale. Wikipedia ci costruisce sopra un discorso serio:
“Nella cultura di Internet, un nickname o semplicemente nick è uno pseudonimo o “nome di battaglia”, usato dagli utenti di Internet per identificarsi in un determinato ambiente o in una determinata comunità virtuale.”
Nasconde la vera identità è vero, può essere in parte fantasioso, ma non è detto che chi sceglie un nome insolito deve avere per forza qualche cosa di oscuro da nascondere.
Se andiamo in qualche blog o forum di discussione troveremo i partecipanti tutti coperti dal nickname, che in molti casi richiama la loro professione.
E’ chiaro che con il nick ognuno esprime qualcosa di sé, anche in contraddizione con se stesso.
Oltre alla privacy il nick serve anche a quelle persone timide, che si affacciano per la prima volta in una chat, e chattando riescono ad aprirsi, a dire cose che magari con il loro nome non avrebbero il coraggio di dire.
Altri ancora per loro ragioni, giuste o sbagliate che siano, non vogliono far sapere nulla del loro privato.
Qual è il significato dei nick, e come li scegliamo?
Se è una specie di maschera che esprime aspirazioni a identità idealizzate, cosi come le vorremmo?
O si collega a qualche esperienza passata per noi significativa?
Nomen omen, dicevano i latini. Nel nome il destino. Un destino che sembrerebbe determinato da altri, visto che non abbiamo alcuna possibilità di sceglierci il nome alla nascita.
Nelle chat, forum o blog invece, siamo noi a scegliere il nick, forse veramente per ritagliarci la possibilità di avere voce in capitolo sul nostro destino, quantomeno quello virtuale.
Il nick è una maschera, che nasconde e rivela al tempo stesso.
Come scrive una spumeggiante Blogger (Browserina) che colleziona frammenti di chat, quelli più assurdi e divertenti e lo stesso fa con i nick, da questi si può capire qualcosa …di chi lì “indossa”:
grazie a un nick che ho incontrato in una chat di tematica economica mentre cercavo informazioni per un mutuo: GianniBudgetBozzo era bellissimo!
… grazie a due nick che ho trovato nella video chat più frequentata in Italia: SandoCam e Cam_con_vista mi hanno fatto passare un bel momento!
… grazie a Ben_Dur, Calimembro e a DeBelloFallico che non lasciavano alcun dubbio su quale fosse il loro interesse in chat (l’ultimo l’ho incrociato in stanza “Arte e Cultura” ma forse non era così storicamente incomprensibile.)
… grazie a chi ha avuto l’idea di nominarsi “TuaMamma“: vederti entrare in chat e leggere la notifica “TuaMamma è online” è stato impagabile!
… e per finire, anche se mi hai fatto stringere gli occhi per riuscire a capire cosa fosse quella massa di caratteri, a me “inomicarinidinickeranogiàtuttioccupati” non è per niente dispiaciuto!
Allora spazio alla fantasia, senza colpevolizzare nessuno per aver scelto un nick strano, bizzarro ecc.
Nelle chat, blog e forum ci deve essere libertà di pensiero. La libertà di pensiero, però, essendo un diritto richiede essere tutelata da alcuni doveri dettati anche dal buonsenso, regole valide per i nickname o nomi completi.
La cultura nel nostro paese è stata messa in secondo piano, in altri paesi, non si paga neanche una corona per i libri, quaderni, matite penne per un bambino che inizia le scuole, essa fornisce tutto, mentre nel nostro paese le famiglie devono fare i salti mortali per comperare i libri ai propri figli. Nella Repubblica Ceca oltre agli immancabili mega-book-store, nelle zone meno centrali sopravvivono anche piccole biblioteche di quartiere, dove gratuitamente si può leggere. La cultura si respira per ogni dove, si vede leggere, sui tram, nella metropolitana, ecc. Questi sono alcuni esempi. Non voglio assolutamente affermare che l’Italia sia un paese ignorante perché così non è. Ma rimane il fatto, come lo scrittore Beppe Severgnini nel suo libro “La pancia degli italiani” scrive, che nel nostro paese esiste una ristretta minoranza, stimata in 5 milioni di persone , che con regolarità legge giornali, compra i libri, s’informa, segue con interesse l’attualità e contribuisce a creare consapevolezza e conoscenza. Ma per un paese grande come il nostro, è troppo poco. Rimane ancora una massa enorme di persone che, influenzata da una tv, pubblica o privata è la stessa cosa, la cui qualità è in caduta libera, giorno dopo giorno s’imbruttisce, passando questo termine. L’elogio che Roberto Benigni fece davanti al Parlamento Europeo non poteva avere una tempistica migliore. (per chi lo volesse riascoltare: http://www.youtube.com/watch?v=7Z1TvjD9gJQ&feature=endscreen&NR=1)
Dopo anni molti di noi, compreso me ci siamo vergognati di essere italiani, improvvisamente Roberto, con la sua travolgente passione che gli sgorga da cuore, ci ha ricordato quando grande sia l’Italia e mi sono riscoperto di essere italiano e di amare questo paese. Benigni ha sottolineato una cosa importantissima che la culla della cultura per prima è stata proprio la nostra terra, poi divenne nazione.
Ciò significa che se muore la cultura, muore l’Italia. Se come dicono tutti i testi di economia, ogni paese deve mettere a frutto le proprie risorse cercando di sfruttarle al meglio, allora noi italiani abbiamo l’obbligo morale di promuovere, sostenere in tutti i modi la cultura. Per anni abbiamo pensato che in Italia di cultura ce ne fosse così tanta da non doversene preoccupare. In questi ultimi anni si è dimostrato l’esattamente contrario. E’ giunto il momento di rendersene pienamente conto e di agire perché la cultura è alla fine di ogni sviluppo di qualsiasi società umana.
Concludendo cerco di dire: informiamoci continuamente, di stare al passo con i tempi, leggendo libri, magari frequentando qualche biblioteca, forse la nostra mente si aprirà di più.