Passata la festa… il simpatico e realistico quadretto di Alfred ci fa riflettere che il Natale è anche questo, un po’ dissacrante, un po’ disincantato, ma tanto vero. Più o meno in tutte le case è così.
Tutto come da copione: mangiate interminabili, vino a fiumi, bambini che gridano e genitori che se li scordano intenti a giocare a carte; zio travestito da babbo natale riconoscibile dalla pancia prominente, carta da pacchi natalizia sparsa per ogni dove, spaghini che ti fanno inciampare, il tuo bicchiere di plastica che tutte le volte sparisce e ne devi cercare uno nuovo, briciole di panettone attaccate alle maniche del pullover, tutte le bottiglie di acqua presenti sulla tavola sono piene di acqua naturale e tu ne vorresti un po’ gasata ma le ultime due dita sono lassù in cima al lungo tavolo e se ti alzi corri il rischio che qualcuno ti chieda cosa stai cercando e tu non vorresti disturbare.
I tovaglioli di carta che servono esclusivamente ad asciugare il bicchiere di vino versato e che è schizzato sui pantaloni di tuo cugino e tua moglie ti guarda come dire : sei sempre il solito pasticcione.
Come d’incanto salta fuori l’acqua gasata che tanto stavi cercando. Vorresti che te la passassero, ma ti rendi conto che i calzoni di tuo cugino sono più importanti.
I ravioli sono buoni ma quelli di tua moglie sono migliori certamente, comunque dopo la prima porzione ne prendi ancora due per gradire. Di fronte a te tuo zio ti fa segno che sono squisiti e ti invita a servirtene ancora, non ha visto che lo hai già fatto.
Assaggi tutti i vini che ciascuno ha portato e ti assale un dubbio quando qualcuno dice: è meglio non mischiare.
Arrosti, vitello tonnato, faraona, insalate russe, sottaceti, funghi sottolio, cipolline, eppoi… i dolci, tanti dolci. I panettoni farciti, i pandoro per quelli che non gli piacciono i canditi, la crostata della zia, la frutta secca…………le noci: e lo schiaccianoci lo hanno sempre gli altri e tu devi aspettare che il tuo vicino lo posi un attimo per fregarglielo.
Sai che c’è lo spumante dolce ma non lo hanno messo in tavola, devi per forza bere quello che hanno aperto, facendoti passare il tappo a due dita dal naso ridendo tutti come matti.
Tutto da copione, come sempre.
Sparecchiata tavola, ammucchiate le bottiglie al centro, tolte le briciole con la macchinetta,
tolti i tovaglioli che hanno asciugato il vino versato ci si prepara alla tombola.
Qualcuno a gran voce chiede la grappa, qualcuno il limoncello fresco fatto dalla zia che è il migliore.
Distribuite le cartelle qualcuno chiederà chi ha la n° 26 perché se non ha quella non gioca, e qualcun altro, ancor prima di iniziare, griderà: è uscito il 52?
Ci saranno attimi di panico: hanno iniziato e non me sono accorto!!!!
La bambina non sa ancora leggere, vuole estrarre i numeri ed il papà la prederà sulle ginocchia e le suggerirà di volta in volta il numero estratto mentre i più impazienti fremono per la lentezza del gioco.
Io non vinco mai!!!!!!!!
Tutti gli anni vince lei, è fortunata!!!!!
La zia più vecchia è controllata dalla nipote che l’aiuta nel mettere i bottoni sui numeri estratti e con le mani tremanti raccoglie le monete vinte con la quaterna.
Qualcuno vuole un po’ di caffè?
No è tardi andiamo a casa.
Ciao, ciao, ciao, grazie, grazie a voi, ti lasciamo tutto cosi in disordine?
Si non ti preoccupare faccio in un attimo.
Allora ciao, ciao ciao .
Come da copione un altro Natale è passato.
alfred 26 dicembre 2009
Questo quieto racconto natalizio mi è stato affidato da Giulio.lu, che ormai tutti conoscete bene.
È uno scritto a cui lui, giustamente, è molto affezionato: perché è una storia vera, realmente accaduta.
Leggendolo mi sono sentita pervasa da un senso di serenità e di pace, in perfetta atmosfera con quello che dovrebbe essere lo spirito del Natale.
Mi auguro piaccia anche a voi.
Per non dimenticarmelo avevo scritto il suo numero di telefono nel palmo della mano, erano giorni che volevo telefonarle, ma non avevo trovato il momento giusto. L’orologio segnava le nove e quaranta, decisi di aspettare le dieci. Mi sedetti sul divano e mentalmente studiavo come potevo iniziare la conversazione. Ero sicuro di trovarla in casa, anche perché era il venticinque di dicembre, Natale, dove poteva andare? Se non aveva nessuno?
Ecco come incomincerò: -Buon Natale Stefania-
Non è che mi fossi spremuto il cervello alla ricerca di un po’ di fantasia. La sua faccia mi appariva nitida e dolce. Gli occhi profondi e neri nascondevano un velo di tristezza. I capelli lunghi racchiudevano un musetto segnato da simpatiche fossette. Le labbra, raramente s’aprivano al sorriso.
Il campanile suonava le dieci. Sollevai la cornetta del telefono e lentamente feci il suo numero. Attesi a lungo, finalmente una voce fioca disse -Pronto, pronto?-
-Buon giorno- dissi- Indovina chi sono?- Davo per scontato che avesse riconosciuto la mia voce, ma con voce risentita :
-A quest’ora non può essere che un rompiscatole – Poi sentii il clic di un accendino, sicuramente si era accesa una sigaretta.
-Stefania, ma sono il tuo amico, non mi riconosci? Ti ho telefonato per farti gli auguri di Buon Natale.- Ma, imbecille che non sono altro, anche questa volta non le avevo detto il mio nome. Sentii un tramestio, qualcosa era caduto a terra, forse un bicchiere. Finalmente, con affanno rispose:
-Abbi pazienza, scusami, ho preso una sedia, così starò meglio. Mi gira la testa, non ho dormito questa notte. Per me, sei sempre un rompiballe.-
Mi sentivo in colpa, non l’avevo risentita da tanto tempo. Sapevo che era uscita dal -giro di quella roba- e avevo paura che ci fosse ricaduta. Azzardai un timido : -Come stai? -Tutto bene?-Nessuna risposta poi?
-E a te cosa importa? Mi butti giù dal letto proprio stamani che volevo dormire fino a mezzogiorno. Ora mi dici chi sei, e cosa vuoi da me, proprio la mattina di Natale? Ti avverto che odio gli uomini, da questi ho avuto solo dei guai grossi-
-Ora che ci penso- continuò -la tua voce non mi è nuova. Sei corretto, gentile, mi ricorda qualcuno… ma non riesco a capire chi. Scusami se ti ho offeso. Sai che ti dico? Hai fatto bene a telefonare, ti ringrazio. Faccio una doccia, mi cambio e vado alla Messa. Ma te, sei convinto che tutti quelli che vanno in chiesa siano credenti? Nooo! Ci vanno per sfoggiare e far vedere vestiti, pellicce, anelli… sono pochi coloro che vanno per pregare. Pregano le persone anziane: vogliono conquistarsi l’aldilà-
Prese fiato, mi limitavo a dire si e no. Le parole le uscivano di bocca come le castagne da un sacco scucito.
Poi: -Son sicura che appena entrata in chiesa, mi sentirei addosso gli occhi di quelle brave signore: di quelle puttane che non hanno mai teso una mano verso di me. Quante volte, non riuscivo a salire le scale di casa, e mi addormentavo sull’erba del giardino. Neanche una coperta mi buttavano addosso. C’era una vecchia che mi aiutava ad entrare, mi metteva a letto e mi preparava la borsa dell’acqua calda. Mi rimboccava le coperte e quando mi ero addormentata, se ne andava. Quando mi svegliavo non c’era più. Non l’ho mai rivista , forse era la mamma dei drogati, o l’anima di mia madre. Ma non m’importa cosa pensano di me, ognuno fa le sue scelte. Io ho sbagliato e qualcuno più in alto un giorno mi giudicherà.-
Si fermò tossicchiando, sicuramente si era accesa l’ennesima sigaretta. La immaginai che aspirava lunghe tirate di fumo. Continuò con dolcezza.
-Sai, anch’io prego, a modo mio però. Non le so le preghiere che borbottano gli altri, mi rivolgo al crocefisso attaccato in camera e gli racconto i miei casini, le mie preoccupazioni, le mie paure. Ne ho tante di tante di paure sai? Ma a Lui dico sempre la verità. Ma a te che importa? Santo cielo! Quanto ho parlato, avevo proprio bisogno di sfogarmi, di sentire una persona amica, che ti ascolta. Sai, ultimamente avevo ricomprato quella robaccia, ma poi l’ho buttata nel vasone e ho tirato lo sciacquone: ho vinto. Capito? Ho vinto. A te posso dirlo perché mi capisci, mi conosci, sei affettuoso, sei un amico Giulio. Giulio? Ecco chi sei! Come sono contenta, mi cadono le lacrime. E chi poteva telefonarmi la mattina di Natale se non te? Come sono felice, mi hai tolto dall’apatia, non puoi immaginare che regalo mi hai fatto. Grazie, grazie. Dio come sono contenta! Piango di gioia: Buon Natale anche a te e alla tua famiglia. Ora mi cambio ed esco, voglio portare almeno dei fiori sulla tomba dei miei genitori. Grazie, grazie, ti abbraccio forte. Ciao.
Rimasi con il telefono in mano. Mi asciugai gli occhi, qualche lacrima mi offuscava la vista, ma sorridevo felice. Mia moglie mi guardava, non capiva. Le spiegai tutto e anche lei si mise a piangere.
Fuori, il campanile suonava a festa.
Giulio.lu Natale 2009
allego un pensiero preso dalla rete x far riflettere e sperare in un mondo migliore pieno d’amore.
Vorrei avere il potere di regalare per Natale
ad ogni bimbo un sorriso, di restituire ad ogni madre
suo figlio almeno per un abbraccio
e di asciugare quelle lacrime di chi troppo ha perso,
di accarezzare il cuore del disperato con un sogno
e di regalare l’anima in tormento un po’ di pace.
Vorrei avere il potere di spegnere per Natale
il rumore della guerra e il terrore dal volto
di chi troppe volte la vita ha violentato.
Vorrei trasformare la violenza in un abbraccio di pace
dove colori, religioni e divergenze di ogni tipo
possano danzare insieme la danza del rispetto
formando un mondo migliore fatto di amore.
Vorrei avere il potere di incartare l’amore
e farlo arrivare fra le pareti della vostra anima
per rendere tutto quanto un po’ migliore.
Vorrei avere il potere di regalare a tutti un mondo
d’amore e un sereno Natale pieno di sogni.
come trascorrere serenamente quello che può trasformarsi nel periodo più’ stressante dell’anno. Senza dimenticare il vero spirito del natale
Il “mal del Natale”
Le festività in generale sono momenti potenzialmente critici per le persone che vivono già un disagio psicologico, o hanno subito una perdita affettiva. Chi ha recentemente vissuto una separazione, un lutto, o la fine di una relazione sentimentale, avverte maggiormente la solitudine e l’ansia di queste giornate in cui tutti sono impegnati con le loro famiglie. Il confronto con i Natali passati è un pensiero ricorrente penoso e le feste, più che vissute, vengono sopportate come estenuanti giornate di malinconia che si spera passino al più presto possibile.
Anche per chi non vive un disagio particolare, il periodo natalizio, può comunque rappresentare uno stress capace di determinare nervosismo, insonnia e sintomi psicosomatici come disturbi gastro-intestinali, arrossamenti, pruriti. Questi per le irrealistiche aspettative in termini di armonia e gratificazione familiare, per la pressione a mostrare il meglio di sé nel ricoprire il proprio ruolo familiare, per la convivenza forzata con parenti a volte pressoché sconosciuti.
L’interminabile soporifero pomeriggio di Natale è spesso emblematico ”che si fa?”.
Mentre i più giovani sono legittimati a svignarsela in virtù dell’età, agli adulti tocca l’intrattenimento del parentado: tra carte, tombole e Presepi ci si traghetta da un’abbuffata all’altra senza passare per la digestione e grazie a Dio la giornata è andata!
Anche comprare i regali diventa uno stress: poco tempo, poche idee, pochi soldi da spendere. Ma il vero problema è che spesso nel dono si proiettano un investimento emotivo e una aspettativa che vanno al di là del valore obbiettivo dell’oggetto. Tutti investiamo emotivamente troppo nel Natale, come se ci aspettassimo che per magia faccesse scomparire le frustrazioni e ci facesse sentire meno soli, e come se il regalo, fatto o ricevuto, potesse riempire un vuoto, appianare contrasti, colmare sensi di colpa.
Che programma avete?
Nella settimana tra il 25 e il 31 dicembre si affollano bollenti questioni organizzative: dove passare la vigilia? E il pranzo di Natale? Si va dai parenti di lei o di lui? Occorrono abili doti diplomatiche per destreggiarsi senza scontentare nessuno.
Per decidere dove andare a trascorrere il Capodanno più alternativo della propria vita occorre almeno un mese di preparazione, quando magari il proprio sogno inconfessabile è starsene in ciabatte e andare a letto a mezzanotte e cinque, proprio a voler strafare. Ma tocca divertirsi per forza, e possibilmente poter vantare almeno tre o quattro inviti a cui si è dovuto a malincuore dir di no, come toccasana per la propria autostima soprattutto ora che, complice Eldy, Skype, Messenger e Facebook, ecct.. siamo tutti improvvisamente pieni di un sacco di amici.
Insomma, prima ancora che si metta in moto l’ingranaggio natalizio, di vigilie, di pranzi, cene, regali, visite obbligate, megaspedizioni al supermercato ecct….., siamo già sfiniti per il gran correre, di trovare un pezzo mancante del nostro puzzle per completare la nostra lista di doni, per parenti, amici, conoscenti e anche a se stessi per chi è solo.
Lo spirito giusto
Il significato profondo del Natale, al di là dei regali, delle luci, della tavola luculliana, resta nel bisogno umano di relazione, accettazione e speranza. Gli studiosi ritengono che la festa del Natale sopravviva con tutto il suo fascino perché è un rito necessario alla nostra psiche: risponde al nostro bisogno di condividere significati ed emozioni all’interno del gruppo e rappresenta simbolicamente una ”ricarica” per affrontare il nuovo anno dietro l’angolo. La nascita del Bambino divino è il simbolo di ogni rinascita, di nuove possibilità e di speranza nel futuro.
E’ possibile uscire dalla trappola dell’ ”allegria per forza”, ridimensionando le attese magiche e assaporando con maggior attenzione e cure le piccole cose straordinarie che accadono a Natale, dal brindisi con un amico al pensiero di un collega, magari inaspettato, puntando alla qualità delle relazioni piuttosto che aderire a un rituale imposto ma fittizio; utilizzando l’occasione del Natale per imparare a riconoscere qualcosa di buono nelle persone che sentiamo più sgradevoli e distanti e a fare autocritica riflettendo anche sulle nostre responsabilità.
Poiché abbiamo bisogno di “scambiare” e non di ”riempire”, è importante poter scegliere con cura le persone con cui passare queste feste e fare un regalo solo se, se ne senta il desiderio, pensando alla persona che lo riceverà. Anche l’oggetto più modesto rende felici chi lo riceve, se gli facciamo sentire che lo abbiamo scelto pensando proprio a lui, ai suoi gusti o a qualche sua particolarità; un regalo interscambiabile, che vada bene per Tizio, Caio, Sempronio, Cornelia, Agrippina o Gesualda e così via. Quel regalo insomma deve andare bene per chiunque abbia la nostra comprensione, per il pensiero, non per il valore. Noi abbiamo dato un valore al nostro parente, amico o chiunque esso sia, questo è il ”REGALO”.
Natale con i tuoi e…
Le feste di Natale sono culturalmente deputate alla felicità e alla celebrazione della famiglia.
Tradizionalmente genitori, figli, nonni, zii, cugini si ritrovano attorno alla tavola e si scambiano doni per rinsaldare i legami e gli affetti. Basta guardare un qualunque spot pubblicitario di pandori, panettoni, torroni, e chi più ne ha più ne metta: un trionfo di armonia intergenerazionale!
Accade però che una famiglia ”artificiale” venga così a prevalere su quella di tutti i giorni; sopravvive infatti una consuetudine artificiosa legata ad un modello sociale patriarcale che non esiste più nella moderna realtà. Il famigerato pranzo di Natale che riunisce parenti che non si frequentano mai nel resto dell’anno, diventa insomma una sorta di recita familiare, scollegata dalla vita quotidiana quando sempre più spesso le famiglie sono invece composte da una sola persona.
Il Natale impone anche un ”travestimento psicologico” per cui ci si sente in dovere di mostrare la nostra parte migliore e una disponibilità, forzata dalla voglia di strafare, proprio in una occasione che invece rievoca potentemente: gelosie, invidie, vecchi dissapori familiari. E’ mai possibile che familiari che non sentiamo da giorni, settimane, mesi e forse anni d’improvviso chiedono di stare con noi, molti sanno che convivono con pochi denari, visto l’aumento continuo della vita, certo può essere il momento tanto sperato, aiutare chi non può, ma ora c’è la festa del santo Natale, e tutti dobbiamo essere più buoni, i sogni, le speranze che chiediamo in dono a chi sta più in alto di noi, una miglior vita, una speranza di ottenere una certa agiatezza, magari vincendo alla lotteria, è forse questo che immaginiamo a Natale? Se è cosi ben venga questo aiuto morale, festivo, ma perché non farlo tutti i giorni con i propri amici, parenti, i poveri, chi non ha una casa, chi ha sete di giustizia, chi ha in noi la speranza di un futuro migliore, siamo tanti su questa terra che festeggeranno questo Natale, ma ricordatevi che i nostri figli hanno avuto fortuna, amore, e hanno ottenuto sempre ciò che volevano, nel bene, nel male e hanno sentito sempre la nostra forza penetrare in loro e fare in modo di passarla ai loro figli. Fate che questa festa sia sempre in primo piano con voi, con i vostri amici, parenti, e a chi manca il necessario vivere di ogni giorno, è Natale anche per loro. Grazie a tutti voi che sentite nei vostri cuori la speranza di un Natale adeguato per tutti, e che tutti abbiamo ciò che desiderano da sempre. LA PACE IN QUESTO MONDO. ”AUGURI”
lorenzo.an 22 12 2009
carlotta.an in rete ha trovato questa riflessione sul Natale e ce la propone
elataN
Sono sempre della stessa idea, da decenni, quindi un bel copiaincolla del post dell’anno scorso e un altro natale scivola via, senza emozioni.
Ci siamo. E’ natale. I centri commerciali si arricchiscono, le tasche si svuotano, le coscienze si puliscono.
Un regalo per ricordarti di me.
Ma io mi ricordo di te, inutile ricordarmelo tutti gli anni. Dobbiamo rinfrescarci la memoria?
Ma è solo un pensierino! Un pensierino che mi ha costretto ad affrontare una coda di 6 km per trovare un parcheggio e una coda di 6 ore per pagare alle casse. Un pensierino lungo un giorno, che moltiplicato per milioni di pensierini fanno una quantità industriale di pensierini inutili e una massa informe di persone che si spostano freneticamente da un negozio all’altro, nei secoli dei secoli.
I regali si dovrebbero fare solo ai bambini. I bambini meritano sempre la felicità di scartare un pacchetto infiocchettato, ma tu, adulto, che cazzo vuoi? Puoi fare a meno di un regalo. Un regalo inutile, tra l’altro. E se non lo ricevi ci rimani pure male perché è una tradizione.
Tu regali a me, io regalo a te. E’ la legge.
Sarebbe una bella legge se fosse applicata ai regali morali. Vada anche per i regali materiali, dato che ci si sente più generosi, ma per chi ha freddo, per chi ha fame, per chi sopravvive al limite della dignità umana. E il mese prossimo? Il mese prossimo scatta l’amnesia. Chi sono quelle persone bisognose? Chi le conosce? Cosa vogliono da me?
E intanto ci occupiamo delle invasioni dei parenti, delle indigestioni di baci e abbracci, degli addobbi: neve artificiale, alberi artificiali, angioletti artificiali, buonismo artificiale.
Sovraccarico di tensione nelle illuminazioni, sovraccarico di grasso nei pranzi e nelle cene.
Ti ricordi perché siamo qui? Festeggiamo la nascita di un uomo importante. Uno che ha fatto miracoli, uno che ha cercato di farci riflettere sacrificandosi per noi. Ti ricordi di quell’uomo? Era povero, era umile, era saggio. Per chi crede nella sua storia, ogni suo respiro ha avuto un senso, ogni parola un significato, ogni gesto un simbolo. Quale modo migliore di ricordarci di lui se non ingozzandoci e sperperando denaro in capponi, panettoni ultra farciti e regali inutili?
Dovrebbe essere tutto il contrario: il mese delle restrizioni, il mese dei sacrifici, della rinuncia, della purificazione spirituale. Una specie di Ramadan, senza fanatismo, senza eccessive privazioni.
Un momento per avvicinarsi alle persone care e spogliarci del superfluo.
Dicono che manca una guida, dicono che si è persa la vera fede, ma se un nuovo Messia tornasse tra noi, si ritroverebbe su una scala mobile di un centro commerciale, tra Corona che scatta foto e Bruno Vespa che lo intervista. Fa bene a non tornare. Siamo irrecuperabili. E ci meritiamo solo un regalo, a natale: un bel pacco vuoto.
Il caro ministro Maroni ha preso come si dice la palla al balzo per l’evento dell’attentato a Berlusconi per uscirsene con una bella proposta: mettere il bavaglio a tutti i dissidenti, cosi li chiamavano nei regimi ROSSI & NERI creando liste di prescrizione e segnalazione da parte dei vicini al + vicino posto delle SS o squadracce.Il monitoraggio o la chiusura di siti che incitano a delinquere, ma ha dimenticato la sua provenienza: LA LEGA NORD, fomentatori di guerre contro Roma ladrona, il senatur che sistematicamente se viene contraddetto brandisce le sue orde a prendere i fucili e oliarli? Sempre e comunque 2 pesi e 2 misure -La democrazia non è mai stata in pericolo come in questo momento quando si vuole imbavagliare la Magistratura, la Corte costituzionale, l’opposizione. la stampa avversa e si vuole oscurare internet. Tutto ciò avviene negli stati totalitari come la Cina o dall’amico Putin dove i giornalisti vengono assassinati dal KGB.La vera violenza è quella verbale che ogni giorno sentiamo nelle TV e su certa stampa che tutto sono fuorche’ giornalisti che dovrebbero informare i cittadini delle cose che non vanno nel paese non come servitori mentire “Tutto sembrava andare liscio fino a quel maledetto ‘lodo Alfano’. Il Cavaliere aveva ritenuto (per motivi ancora sconosciuti) di poter piegare la Consulta, liberarsi dai processi e incoronarsi da solo in una bella cerimonia alla quale invitare amici e conoscenti. Qualcuno ricorda la bislacca idea di proporre il voto in Parlamento per i soli capigruppo o si è accorto del senso dei continui voti di fiducia? E le mirabolanti attività di propaganda, Alitalia, gli annunci dei successi epici sulla spazzatura di inizio legislatura, i ‘fannulloni’ sgominati, le puttane in galera, gli stranieri debellati, il Paese felice dei consumatori di telefonini?
Invece la Corte costituzionale si è messa di traverso ed a quel punto il Capo ha visto il suo giocattolino in pericolo. Gli scandali, le escort, le banalità suggerite da una parte della stampa non erano la fonte di preoccupazione, perchè la politica prevede un solo rimedio per chi perde (l’opposizione): la possibilità di tornare a vincere grazie ad una proposta alternativa. Quella non c’è neppure a cercarla con l’aiuto di un mago e nessun ‘No B day’ è in grado di stanarla.
L’intralcio del ‘lodo Alfano’ ha fatto precipitare la situazione, spingendo il Cavaliere a mettere in atto il piano B. Quale sia non è dato sapere, perchè il caos regna sovrano nella maggioranza e di certo le intemperanze di Fini non saranno facili da ricondizionare.
Tuttavia il quadro generale sfugge spesso ai commentatori, quasi in Italia l’ipotesi di veder stabilizzare un regime fosse la fantasia di qualche sciocco. I prossimi mesi saranno duri, ma in assenza di opposizione appare difficile uscire da una situazione pericolosa per la democrazia del Paese.
Intanto due milioni di disoccupati, diverse decine di migliaia di cassintegrati, otto milioni di poveri ed altri milioni di famiglie in difficoltà aspettano di capire come poter andare avanti. Ma questo tipo di problemi non sono all’ordine del giorni ed i fan di ‘meno male che Silvio c’è’ preferiscono di gran lunga i miraggi del ‘Grande Fratello’.” una parte di questo articolo l’ho ripreso in rete. ecco cosa diceva il Senatur sul caro amico Berlusconi tra il 94/99 valutate se è stato fulminato sulla via di Damasco!!!!!
1994)Berlusconi, uomo di Cosa Nostra, non poteva che essere di pasta profondamente antidemocratica. (…) Il Polo per le origini mafiose della ricchezza di Berlusconi gravita su Palermo (…) Berlusconi che è il capo di Forza Italia, un partito creato da Dell’Utri inquisito per mafia che con i suoi mezzi senza limiti tiene in vita tutti i partiti del Polo. (Umberto Bossi, Intervento al Congresso Federale Straordinario della Lega Nord, 24/25 Ottobre 1998 Brescia)”L’Uomo di Arcore”
mostra le stesse caratteristiche dei dittatori, perché insiste nella sua volontà di non ritirare l’infame decreto Biondi che mette in libertà i peggiori ladri, concussori, corrotti, ricettatori (Umberto Bossi, 18 luglio 1994)
Un Governo che ha inteso la governabilità come fine a se stessa, il potere per il potere, la governabilità per la governabilità, la vecchia e collaudata massima di Bettino Craxi !(Umberto Bossi, discorso in parlamento, 21 dicembre 94)
Fu allora che si decise di buttare in campo Berlusconi e le sue televisioni, che sono molto più di tre, nascoste dietro vari prestanome. Un uomo dal passato impresentabile e con un patrimonio costruito grazie ad oscuri finanziamenti di società anonime: Cosa Nostra, Craxi, Andreotti, P2. (Umberto Bossi, congresso Lega Nord, 10/12 febbraio)
La caduta del suo governo? Berlusconi venga da me, che gliela spiego io…! Sono stato io a metter giu’ il partito del mafioso. Lui comprava i nostri parlamentari e io l’ho abbattuto (Umberto Bossi, 21 Luglio 1998)
Il dramma di Berlusconi – aggiunge il leader leghista – e’ che e’ un palermitano che parla in meneghino, mandato apposta per fregare il Nord. Io questo lo compresi subito, compresi che bisognava evitare l’annientamento della Lega e mi comportai di conseguenza (Umberto Bossi, 21 Luglio 1998)
C’e’ qualche differenza tra noi e lui… Peccato che lui sia un mafioso. Il problema e’ che al Nord la gente e’ ancora divisa tra chi sa che Berlusconi e’ un mafioso e chi non lo sa ancora (Umberto Bossi, 12 Settembre 1998)
“E’ un palermitano che parla meneghino, e’ il meno adatto a parlare di riforme. L’unica riforma che veramente sta a cuore a Berlusconi e’ che non vengano toccate le sue televisioni. Invece io dico che bisogna portargliele via, perche’ le sue televisioni sono contro la Costituzione. La prima riforma da attuare e’ quella di mettere in circolazione l’informazione. Berlusconi e’ tutto tranne che un democratico” (Umberto Bossi, 12 Settembre 1998)
“Ci risponda: da dove vengono i suoi soldi? Ce lo spieghi, il Cavaliere. Dalle finanziarie della mafia? Ci sono centomila giovani al Nord che sono morti a causa della droga”. (Umberto Bossi, 12 Settembre 1998)
La Fininvest ha qualcosa come trentotto holding, di cui sedici occulte. Furono fatte nascere da una banca di Palermo a Milano, la banca Rasini, la banca di Cosa Nostra a Milano (Intervento di Umberto Bossi al Congresso Federale della Lega, Brescia, 27 Ottobre 1998)
“Silvio e’ uomo della P2, cioe’ del progetto Italia (Intervento di Umberto Bossi al Congresso Federale della Lega, Brescia, 27 Ottobre 1998)
Berlusconi ha fatto cio’ che ha voluto con le televisioni, anche regionali, in barba perfino alla legge Mammi'(Intervento di Umberto Bossi al Congresso Federale della Lega, Brescia, 27 Ottobre 1998)
“Berlusconi è l’uomo di Cosa Nostra” (Intervento di Umberto Bossi al Congresso Federale della Lega, Brescia, 27 Ottobre 1998)
“Molte ricchezze sono vergognose, perche’ vengono da decine di migliaia di morti. Non e’ vero che “pecunia non olet”. C’e’ denaro buono che ha odore di sudore, e c’e’ denaro che ha odore di mafia. Ma se non ci fosse quel potere, il Polo si squaglierebbe in poche ore. Ecco il punto”. (Intervento di Umberto Bossi al Congresso Federale della Lega, Brescia, 27 Ottobre 1998)
Un massone piduista come l’arcorista non poteva che usare quel linguaggio. In fondo Berlusconi e’ sempre stato un problema di “cosa sua” o “cosa nostra”. Ma ne’ mafia, ne’ P2, ne’ America riusciranno a distruggere la nostra societa”. (Umberto Bossi, 24 Febbraio 1999)
Berlusconi ha avuto una fortuna straordinaria nel fare tanti soldi in cosi’ poco tempo. E per di piu’, passando dalla tessera 1816 della P2 e dai salvataggi che il suo amico Bettino Craxi ha piu’ volte fatto al suo impero televisivo. A me personalmente Berlusconi ha detto che i soldi gli erano venuti dalla Banca Rasini. Quella fondata anche da un certo Giuseppe Azzaretto, di Palermo, che alla fine riusci’ a mettere le mani su tutto l’istituto di credito. E in quella stessa Banca, dove lavorava anche il padre di Silvio, c’erano i conti di numerosi esponenti di Cosa Nostra”. (Umberto Bossi, 2 Ottobre 1999)
http://www.youtube.com/watch?v=XegQq_aYnsQUn fatto sicuramente aberrante quello avvenuto al termine della manifestazione del PDL a Milano dove il premier Silvio Berlusconi è stato colpito al volto da un ‘personaggio in cure psichiatriche da 10 anni, ciò a detta di chi lo ha in cura, uno psicolabile. Va comunque condannato il gesto; la violenza non deve esserci mai nella politica!Ben venga lo scontro, se pur aspro ma dialettico, mai scontro fisico. Ora che taluni vogliano strumentalizzare l’accaduto non farà che esagitare ulteriormente il dibattito politico con accuse alla ricerca di eventuali fomentatori e mandanti,certo si è passato il segno, nella Repubblica italiana non c’è mai stato un’attacco così duro contro organi istituzionali.O forse non è esatto dire così, Aldo moro pagò un prezzo molto più alto: la vita! La violenza fa paura, anche la violenza non è solo quella fisica. Che dire di tutte le invettive del Premier contro gli organi preposti al controllo della Costutuzione, della legalità, della Corte Costituzionale, della Magistratura, del Capo dello Stato, dell’opposizione tutta?Basta leggere i giornali e sentire le TV per comprendere che qualcosa non và. Io penso che se veramente convinto della sua innocenza e candido come una vergine,anzichè imporre e farsi costruire leggi ad personam, si fosse sottoposto al processo come ogni mortale cittadino ne sarebbe uscito pulito e degno di rispetto. Certoil vittimismo paga, un bombardamento mediatico teso a farne un’agnello sacrificale, un perseguitato, insomma un Martire e nel frattempo ci si dimentica di altre cose. Comunque resta un fatto molto grave e preoccupante, che manifesta il rischio reale che dalla violenza delle parole si passi alla violenza nei fatti. Ogni violenza va fermamente condannata senza incertezze da tutte le parti politiche e dalle diverse componenti della società.Signori politici lavorate, assumetevi le vostre responsabilità di governo per dare risposte ai cittadini tutti, ai disoccupati ,ai pensionati, ai più bisognosi.
Auguri di pronta guarigione al premier e si torni al clima sereno nella società,nella politica, ciò consentirà sicuramente una ripresa possibile anche nell’economia Italiana
Cari Eldyani, ho appena letto, su “Repubblica” l’articolo di Ezio Mauro: “Contro la violenza per la libertà”.
Credo che sia giusto proporlo, specialmente in questo blog, dove spesso si è discusso animatamente di politica, se c’è qualcuno che non l’ha letto. Questo articolo esprime, con poche parole, quello che io sento e che dovremmo sentire tutti noi italiani, indipendentemente dalle idee politiche che ognuno di noi ha. A voi la riflessione.
Hanno colpito Berlusconi. L’immagine del volto del Premier trasformato in una maschera di sangue raggiunge tutti noi con la sua carica di violenza. Con la follia che trasforma un uomo in simbolo da abbattere ad ogni costo e con ogni mezzo, e la persona che diventa un bersaglio fisico. Il film drammatico di piazza Duomo farà il giro del mondo, testimoniando il degrado dello scontro politico in Italia. Ma per una volta, non è questo che conta. Conta l’effetto su ognuno di noi, sul Paese, sul sistema politico.
Amici e avversari, sostenitori e oppositori oggi devono essere solidali con il premier – come siamo noi – e senza alcun distinguo, nel momento in cui è un uomo colpito dalla violenza. E devono fare muro contro l’insania di questo gesto, prima di tutto perché è gravissimo in sé e poi perché può incubare una stagione tragica che abbiamo già sperimentato, negli anni peggiori della nostra vita.
Solo così la politica (che la violenza vuole ammutolire) può salvarsi, ritrovando il suo spazio e la sua autonomia, nella quale è compreso il confronto durissimo tra maggioranza e opposizione e anche lo scontro di opinioni, programmi e strategie. Ma distinguendo, sempre, tra le critiche e l’odio, tra il contrasto d’idee e la violenza, tra le funzioni e le persone.
Anche se il gesto di piazza Duomo è fortunatamente isolato e frutto di follia, in gioco c’è niente meno che la libertà. La libertà di Berlusconi di dispiegare le sue politiche e le sue idee coincide con la nostra stessa libertà di criticarlo.
Questo spazio di libertà si chiama democrazia: difendiamola.
paolacon.rm 14/ 12/ 2009
http://www.youtube.com/watch?v=RviRvSxdZ68
Mi è tornato in questi giorni in mente il film di Giuseppe Tornatore da cui ho preso il titolo per questo intervento.
C’è una scena, riproducibile cliccando sopra l’immagine posta a cappello di questo testo, che ha richiamato la mia attenzione, paraganobile per certi aspetti, al portaleche ci ospita e alla gente che lo frequenta. La scena inizia con il pubblico che affolla la sala del cinematografo (metafora del portale Eldy), alcuni guardano il film, altri fanno i cavoli loro, tutti in un modo o nell’altro partecipano. Quando la proiezione del film finisce, il cinema è ancora affollato e ad un certo punto in tanti non trovano spazio per accedervi. Alcuni si sono portati anche la sedia da casa, sono tanti quelli che al cinema ci stanno da un pezzo, per aver assistito alla proiezione del film due o tre volte, e ai nuovi arrivati non resta che rinunciare alla visione dello spettacolo (la prepotenza di chi conquista un posto in prima fila). Alfredo (come somiglia ai nostri postatori) allora decide di donare la visione del film gratuitamente a tutto il pubblico che non era riuscito ad entrare in sala (come i blog, in cui ognuno esprime il proprio parere).
Il piccolo Totò, che sogna di diventare lui l’Alfredo del futuro, è contento dalla scelta fatta dal cineoperatore. Gioisce vedendo la gente che torna in piazza ad assistere alla proiezione sui muri delle case, e infine si unisce all’improvvisata platea (come fossero tutti bloggers o eldynauti di quell’immensa piazza che è internet) con cui condividere l’emozione dello spettacolo (leggi le stanze). Il proprietario del cinema ne approfitta subito mandando Nunzio a riscuotere mezza lira di biglietto da ogni spettatore (speriamo che non ci tassino i blog). Nunzio invece di lire raccoglie solo ire popolari condensate in una corale pernacchia,dal valore non quantificabile, ma sinteticamente efficace. L’apostrofo finale è di uno del pubblico che, facendosi portavoce della voglia di svago, lo manda a quel paese,ricordando che la piazza (Eldy) “è di tutti” (coloro che ne accettano le regole). A quel punto si inserisce la voce dell’anima (omissis) della piazza, che invita a non scherzare sull’argomento, perchè la piazza è sua.
Quet’ultima figura, che trova nella piazza la sua casa, la sua vita, si vede solo per un breve frangente in questa scena. Nel corso del film ritorna altre volte e strilla: “fuori, fuori tutti, la piazza è mia”. Chiaramente egli soffre di un male che lui non può riconoscere, ma la piazza si, e lo compensa regalandogli una normalità forse immeritata, ma eticamente positiva. La scena finisce con la pellicola che prende fuoco innescando l’incendio della sala, Alfredo solo tra le fiamme, viene salvato dal piccolo Totò, ma mai più tornerà a vedere disegnarsi il sorriso o il pianto sulle facce della gente che visiona una rappresentazione. Poi la storia s’incammina per altri sentieri e a noi rimane il portale di Eldy, le sue piazze, le sue stanze, e che Santa Lucia che in questi giorni si festeggia, ci conservi gli occhi per poter leggere (e scrivere) liberamente.
popof 13 dicembre2009
Mentre sei seduto a mangiare una pizza a che pensi?
Pensi al modo come è stato costruito quel sapore che ti accarezza il palato, oppure pensi anche al posto che ti sta ospitando? Una pizzeria tranquilla, su un’isolotto del fiume, con l’acqua che scorre ai lati mentre stai seduto a degustare la figlia del forno, e pensi a chi mai è venuto in mente di costruire su un piccolo affioramento del terreno una cascina e dopo qualcun altro a farne un ristorante.Normalmente ci piace costruire in luoghi stabili, che non vivano i condizionamenti del clima, che non subiscano alluvioni, che non vengano travolti dalle mareggiate, dal vento dei tifoni o dal sommovimento dei terremoti. Eppure ogni tanto incontri costruzioni che, un essere senziente e razionale come l’uomo, mai avrebbe realizzato in quel posto. Amore del rischio, legame precario con l’ambiente o sottovalutazione del pericolo? Forse tutto e nulla di tutto questo. Una cosa è certa, che l’uomo evolvendosi dallo stato nomade a quello di agricoltore raccoglitore, ha stabilizzato la propria esistenza, insediandosi in territori che dessero sicurezza dal punto di vista geofisico, e tanto più il territorio in cui si è insediato ha presentato caratteristiche di stabilità, tanto più ha accresciuto la propria ricchezza. Due territori con caratteristiche diverse, la penisola Italiana e il Bangladesh ad esempio, un clima abbastanza stabile il nostro, mediamente continentale e mediterraneo, un clima tropicale quello del paese sul Golfo del Bengala, carattizzato dalla stagione del monsone che dura da giugno a ottobre e fornisce la maggior parte delle precipitazioni atmosferiche che cadono sul paese.Calamità naturali, quali inondazioni, cicloni tropicali, tornado, mareggiate, si verificano quasi ogni anno e si combinano con i danni provocati dalla deforestazione, dal degrado del suolo e dall’erosione, lasciando per strada morte e distruzione. Se guardiamo alla ricchezza dei due paesi, il confronto è disarmante: noi siamo molto più ricchi. Sarà perchè siamo più bravi o perchè abbiamo avuto la fortuna di nascere in un luogo più ospitale scelto dai nostri avi durante le migrazioni dell’alba dei tempi? Visto che notizie di lotterie prenatali non ce ne sono, sono propenso a pensare che il posto scelto per farci nascere non sia stato casuale. Certo i nostri avi han conosciuto periodi di carestia, di pestilenza e di guerra, ma hanno avuto la possibilità di buttare semi in terreni fertilmente stabili, che non subivano inondazioni annuali. Negli ultimi anni però notiamo che c’è un cambiamento nel clima, che sono aumentati gli eventi eccezionali, dalle grandinate alle trombe d’aria e d’acqua,che travolgendo case e cose han provocato vittime e disperazione anche da noi. I paesi ricchi si interrogano cercando di coniugare progresso economico con rispetto ambientale (almeno a parole), rinviando sempre di qualche anno un onere che graverà sulle prossime generazioni, ma accettando formalmente che i gas serra incidono sul surriscaldamento terrestre. Con ogni probabilità l’emissione di anidrite carbonica in atmosferà nei prossimi anni sarà contenuto. Spero che diminuisca per la realizzazione di fonti di energia diverse dalle attuali, frutto della ricerca e realizzazione di modi di produrre meno aggressivi dell’ambiente, e non per la diminuzione degli spazi vivibili e abitabili.
Popof 10 dicembre2009
I genitori hanno diritto alla loro privacy?
Devono dare spiegazioni per evitare una incertezza gigante nei loro confronti?
Si può semplicemente decidere di separarsi senza che i figli lo sappiano da uno solo dei due coniugi?
Può essere compresa dai figli la loro separazione?
Quale futuro diamo a loro se terminiamo una vita di coppia?
COSA SUCCEDERA’ ADESSO?
Nella vita matrimoniale, vi è un momento in cui le cose o vanno bene, e allora le cose giuste si fanno sempre più agguerrite e più felici, e ogni momento triste non verrà mai fuori, al contrario ci ricorderemo dei bei tempi insieme, con le più piccole venature e di finezze per l’amore che va a gonfie vele; o, al contrario, se le cose non vanno ci sentiamo distrutti, finiti, malinconici, diventiamo chiusi con le persone dell’altro sesso, fino ad avere la nausea di coloro che ci circondano. E’ forse vero che gli sbagli si fanno da ambo le parti, molte volte non si ascoltano le cose che dovremmo sentire, al contrario ci sentiamo superiori con chi vuole da noi ascolto e dedizione. Amare che parola corta ma significativa sotto tutti i punti di vista, niente diventa bello, siamo diventati tristi per ogni più piccolo errore commesso; ci sono momenti in cui vorresti buttarti sotto un treno per finirla, o andartene a fare il barbone se si ha paura di morire, ma la società ti dà tanti titoli: sei un debosciato, una persona che non ha fegato, sei uno che ha fatto il porco comodo e poi si lamenta. Eppure nella vita di coppia vi è un momento dove si ha bisogno di parlare di sé, di quelle cose che ti mancano, l’ amore, il sorriso, i figli, le cene in cui si scherzava, si rideva a crepapelle per la felicità raggiunta alla nascita dei nostri figli, ma è mai possibile che una cosa del genere debba capitare proprio a me? Sì, questa è la domanda, cosa ne è successo del nostro amore, cosa non ti ho dato per essere tu a vietare di stare con te e volendo, la separazione di questa unione? Questo prologo al mio scritto sta a significare che un matrimonio è pieno di sfumature, di incertezze, di dubbi che sono cosi incontrollabili e che abbiamo cercato in ogni modo di non credere che capitasse proprio a noi. Chiunque si crede di interpretarsi nel ruolo che descriverò, la cosa più semplice è far finta di credere che sta sognando.
COMUNICARE
Mettere al corrente i figli della decisione di separarsi è un compito delicato e problematico ed è per i genitori uno degli aspetti più spinosi e dolorosi di una situazione altamente stressante.
Spesso i genitori sono tentati di eludere il problema o di rimandarlo, nella convinzione che il figlio sia troppo piccolo per capire o che la notizia possa farlo soffrire troppo.
A parte i casi in cui la conflittualità familiare era talmente devastante e prolungata, che i figli accolgono con sollievo la separazione, in genere la notizia provoca un profondo dispiacere e dolore nei bambini e nei ragazzi, tuttavia , essere tenuti all’oscuro e non avere spiegazioni chiare su ciò che sta succedendo, quando comunque percepiscono tensione e preoccupazione nell’aria, è ancora più angosciante che sapere la verità. I bambini più piccoli, soprattutto, hanno un’estrema sensibilità che li rende capaci di cogliere la sofferenza dei genitori, ma non hanno strumenti per mettere in parola ciò che sentono; hanno inoltre la tendenza a considerarsi responsabili del malessere dei genitori e a fantasticare sul modo in cui possono aiutarli.
C’è il rischio, insomma che il bambino si senta lasciato solo ad affrontare uno stress enorme. Per questo è fondamentale che i genitori trovino un modo chiaro, e adeguato all’età dei figli, per comunicare loro la decisione che hanno preso e soprattutto i cambiamenti che ne conseguiranno.
TI VORREMO SEMPRE BENE
I figli devono essere rassicurati che, anche se l’unione è finita, avranno sempre due genitori che li amano e che continueranno ad occuparsi di loro e che per loro collaboreranno. Il dànno maggiore che si possa fare ad un figlio, in questi casi, è negargli l’accesso all’altro genitore, nonché ai nonni, zii, cugini dell’altro ramo familiare.
Accade spesso che la rabbia per l’ex coniuge si traduca nel tentativo di sottrargli il figlio, ostacolandone la frequentazione, o nel metterlo contro; così al bambino si parla male dell’altro genitore, gli si chiede di schierarsi, o lo si utilizza come “”spia””.
Questi comportamenti, frequentissimi, pongono il figlio in una posizione intollerabile: lo privano dell’indispensabile vicinanza di un genitore e lo caricano di sensi di colpa per il costante conflitto di lealtà.
E’ noto che gli effetti psicologici negativi riscontrati nei figli di separati non dipendono dal divorzio in sé, ma appunto dal grado di conflittualità che permane tra genitori e della perdita della vicinanza affettiva del genitore non affidatario. La separazione dovrebbe invece costituire sì un cambiamento, ma non una perdita.
PERCHE’ CI SEPARIAMO
Si può dire semplicemente che si è deciso di separarsi perché non si va più d’accordo, e questo può essere compreso anche da un bambino piccolo. Ad un adolescente si possono dare spiegazioni più approfondite in termini relazionali, tuttavia è importante, a qualunque età, evitare dettagli inutili e penosi e soprattutto colpe e accuse. Se ci si separa perché uno dei due si è innamorato di una altra persona, si può dirlo, ma attenzione non devono essere accuse verso l’altro che ha fatto di questo una sua scelta, e perché nella vita questo può accadere, si può dirlo ma ricordatevi che il dolore della rottura di questo legame dà disturbo al bambino, quando se ne è sviluppato già un altro. E’ importante comunicare la decisione quando essa è definitiva e irrevocabile, per non coinvolgere i figli in un angosciante altalena di dubbi e ripensamenti, ed evitare che essi pensino di poter fare qualcosa per convincere i genitori a ritornare sui loro passi.
Occorre essere fermi nello scoraggiare le fantasie dei figli perché si debba riunire una famiglia quando non c’è più niente da fare.
La notizia di separazione dovrebbe essere comunicata ai figli da entrambi i genitori e insieme, non uno per volta. Se questo non accade il figlio può sentirsi abbandonato dal genitore che se ne va senza spiegazione, o può comunque percepire che gli è indifferente. Se è solo uno a comunicarlo, il figlio può credere che l’altro non sia d’accordo sulla separazione e tentare di convincere il genitore a cambiare idea.
Quando poi un genitore confida l’intenzione di separarsi al figlio prima ancora di dirlo al coniuge, lo rende complice di un segreto che il figlio non può sostenere e che lo fa sentire traditore nei confronti dell’altro genitore.
Molte volte basterà dire al bambino piccolo che suo padre è fuori per lavoro o un motivo che il bambino veda che la lontananza del padre non sia ancora definitiva, ma alla prima occasione parlare insieme del problema.
QUESTA PROBLEMATICA SI PUO’ CAPIRE?
La si può capire quando le persone che decidono il da farsi hanno già appianato ogni cosa, non fate di tutta un’erba un fascio, parlate, discutete, e soprattutto pensate che i vostri figli si aspettano da voi ciò che loro hanno sempre sognato di avere da voi.
Lorenzo.an 08 /12 /2009
Una Famiglia Apparentemente Unita (storia di vita di Giuseppe amico mio)
Quando ti sei allontanata, non potevi ferire cosi’ violentemente come hai saputo fare con quelle parole cariche di odio e di rancore, hai saputo sprigionare tanto, quanto ne avevi accumulato nel tuo cuore, in tutti questi anni di finto amore. L’avermi abbandonato non ti è bastato, hai voluto caricare la dose ancor di più, dicendomi: “Non ti preoccupare più di tanto… è inutile che tu l’ho faccia… non ti sentire in obbligo verso di loro… incomincia a fartene una ragione… vai tranquillo senza pensare… tanto non sei tu il padre”. Mi sentìi gelare il sangue, non sapevo più cosa dire, rimasi pietrificato, in quel momento la mia mente andò in confusione, caddi in un pianto disperato, il cuore batteva a mille all’ora.
Qualche dubbio, veramente, mi era apparso in questi anni di apparente tranquilla vita coniugale, ma mai, avrei potuto pensare che si trattava di questo, tante volte mi sono chiesto: sarà un momento, un periodo particolare, la stanchezza, il lavoro che in quell’epoca ti portavano fuori di casa anche di notte, ma, mai sarei arrivato a pensare tutto questo,
Tu, meschina che più si voglia, hai tagliato la corda, hai approfittato dell’occasione per non subire qualche ritorsione. Sei scappata e hai fatto bene, perché se mi fossi ripreso in tempo, ti avrei uccisa con le mie stesse mani,.
Forse, devo dirti pure grazie, che sei scappata via in quel momento, se avessi avuto l’occasione di portare a termine i miei bellicosi propositi, chissà, poi, come sarebbe stata la mia vita.
Eppure, in quel momento (forse non ci crederete) ho pensato alla bambine; volevo loro bene cosi’ tanto, le avevo cresciute con tanto amore, come un padre cresce le sue creature.
Amore, affetto, rispetto e con tanti sacrifici, fatti veramente con trasporto, in quel momento mi sono venuti alla mente.
Sì! Volevo loro bene veramente.
Oggi che mi ritrovo qui a raccontare, in tutta sincerità posso affermare che gli voglio tanto bene e che non m’importa niente se non son figlie mie di sangue, ma sono d’amore, perché in loro ho riposto il mio futuro, il mio grande scopo di vita. Non mi importa di chi son figlie e, non certo lo vorrei sapere, voi, siete solo mie, portate pure il mio cognome. Davanti alla gente e alla legge non c’è niente da dire e poi, siete mie nel cuore, nel mio grande amore.
Per tanti anni non ho avuto notizie, continuando a crescere la piccolina con l’affetto da vero padre, come avevo fatto sempre,
Lei, capita la situazione, non mi ha mai chiesto niente, ma ha continuato a volermi bene come se nulla fosse successo,
La grandicella, che rispecchiava il carattere della madre, alla prima nota stonata prese la palla al balzo e scappò da casa, andando a vivere con lei, forse non aspettava altro da tanto tempo, infatti, non ha esitato più di tanto a seguirla, condividendo la sua vita.
Non ho più saputo niente per tanto tempo, intanto gli anni passavano,la piccolina cresceva così bene, con grande predisposizione allo studio, tanto da essere continuamente elogiata dalle compagne di scuole e dalle insegnanti ,
Tutti gli anni tornavamo in Calabria, nella mia terra natia, tra i miei amici d’infanzia, era un rituale, mai detto, mai scritto, ma era come un appuntamento da mantenere.
Tutte le volte era una gran festa ritrovarci, un p’ abbacchiati, ma sempre carichi di rispetto e di affetto, si rideva si scherzava, si faceva tardi la sera come ai vecchi tempi,
Ma ahimè, sempre con qualche pena nel cuore.
Gli anni sono passati così in fretta, portando con loro la parte migliore di noi.
Ognuno di noi aveva la sua storia triste da raccontare ed io avevo un grande dolore da sopportare.
Un bel giorno, preso dallo sconforto, il mio cuore diventò così piccolo, non ne poté più e raccontai la mia triste storia al mio più grande amico.
Avevo voglia di scaricarmi, non ce la facevo più a restare con quel gozzo in gola.
Fu una sorta di liberazione, tanto che mia figlia, ancora una volta capì la situazione e mi abbracciò, piangendo con me.
Un bel giorno, uno squillo di telefono interruppe il bel periodo di pace che stavamo vivendo: era la grande, voleva la sorella per dirgli che la mamma era ricoverata presso l’ospedale di Milano, reparto oncologia e che voleva vederla, aveva un carcinoma alla testa e gli avevano dato pochi giorni di vita. Ci siamo subito precipitati, non ho esitato un attimo, presi la macchina e in un baleno siamo arrivati lì.
Una scena straziante, che non è neanche il caso di raccontare, c’erano i suoi genitori venuti dalla Calabria, qualche amico comune e naturalmente la grande, che stentai a riconoscere dopo tanto tempo che non la vedevo, sciupata in viso, dimagrita a vista d’occhio, evidentemente doveva aver assistito la madre per tutto il suo periodo di degenza e l’aveva segnata tanto.
Purtroppo, le previsioni dei medici erano esatte, nello spazio di pochi giorni è successo tutto, ritrovandomi in una situazione alquanto strana: se riprendermi anche la grande in casa o restare solo con mia figlia. Dentro di me volevo prendere anche lei, in fondo era mia figlia, l’ho sempre sentita tale ma non sapevo come dirglielo.
È stata lei che ha affrontato l’argomento a distanza di pochi giorni dalla scomparsa di sua madre. “Papà ti devo parlare: so che tu vorresti tenermi con te… te lo leggo negli occhi… so che mi hai sempre voluto bene, io non merito il tuo affetto, nel momento peggiore per te, ti ho egoisticamente abbandonato, la cose più giusta sarebbe stata che fossi rimasta con te aiutandoti a crescere la piccolina che aveva tanto bisogno, adesso mi sembra giusto che io continui la mia vita da sola, che io paghi per i miei peccati, sappi che ti ho voluto tanto bene e che te ne vorrò sempre. Quello che tu hai fatto per noi non ha prezzo, basta vedere come hai continuato a fare con la piccola, come ti sei dedicato, non facendole mancare proprio niente che, pur avendo vissuto una brutta storia, grazie a te, è venuta fuori nel migliore dei modi, mentre io, quando ho fatto la scelta mi sono condannata con le mie stesse mani, non vorrei essere nuovamente la pecora nera della famiglia, per cui preferisco andare per la mia strada, vi porterò sempre nel cuore. Addio”.
Naturalmente, adesso chiunque di voi si sarebbe aspettato un finale da vissero felice e contenti finché diventato nonno badavo ai nipotini, ma purtroppo, sembra che i destini delle volte s’incrociano, non è passato tanto tempo che anche lui muore, un infarto gli tronca la vita all’età di 55 ANNI (IRONIA DELLA SORTE)
UNA STORIA VERA, RACCONTATA DAL SUO PIU’ GRANDE AMICO, qualche episodio naturalmente colorito, per la narrazione della storia, ma che non trasforma in nessun modo la cruda verità.
Domenico.rc 08 12 2009-12-09
Nasceva nel febbraio di circa duecento anni fa, e quasi nessuno quest’anno se ne ricordato.
Forse altre storie ci hanno distratto, forse più semplicemente nessuno ne ha voluto parlarne per non riportare alla luce sopite discussioni, che più che sulla ricerca e la scienza da lui professata, si son sempre centrate sulla discutibilità dell’evoluzionismo.
Il fascino della teoria evoluzionistica è un salto di qualità del comune pensare, che, prima ancora che la vita, può spiegare il sistema sociale.
Nella mia piccola ignoranza mi arrotolo giocando mentalmente, cercando di capire cosa mi affascinò dell’evoluzionismo in età giovanile.Ricordo ancora il tabellone su cui il professore di scienze naturali ci illustrava come dal dinosauro alla lucertola il passaggio fosse spiegabile, e ricordo i miei pensieri che correvano, le facce di noi ragazzini di seconda media cercarsi l’un l’altro. Arrivai anche a chiederni se quel mio certo compagno di classe con gli occhi affossati e le guance piene, discendesse da un cane, o se quell’altro dagli occhi verdi e tirati ai lati e i denti un pò sporgenti discendesse da un coccodrillo.Ridicole farneticazioni di preadolescenti che cercano di dare una spiegazione della vita che neanche a cinquantanni puoi dire di aver capito, se davvero ne hai capito qualcosa, perchè come sempre solo chi non dubita è soddisfatto del suo conoscere, ovvero l’innocente ignoranza è consapevole, ma appena appena conosci qualcosa, non puoi non renderti conto dell’immensità delle cose sconosciute o ignorate, e annaspare alla ricerca dell’identita. La scienza oggi, la genetica in particolare, ha dimostrato che l’uomo ha in comune con altre due specie di scimpanzè il 98% del proprio patrimonio genetico, ma resta diverso da tutti gli altri animali come ampiamente dissertato da Jared Diamond ne “Il terzo scimpanzè”. Ora mi chiedo cosa ha portato al dimenticatoio un ricercatore della portata di Darwin?
Secondo me il concetto rivoluzionario della sua teoria. Ricordiamo che è stato contemporaneo di Karl Marx: è stato però Darwin il rivoluzionario più grande. Perchè?
Semplicemente per il fatto che nell’evoluzione delle specie vi è un concetto nascosto agli occhi disattenti, ma ben chiaro a chi perpetua il potere dell’uomo sull’uomo, ovvero se l’uomo è un prodotto dell’evoluzione non è un prodotto divino, percò se l’uomo non è un prodotto somigliante a Dio, neanche il potere esercitato in nome di Dio deriva all’uomo, bensì è un prodotto dell’evoluzione.
Qui le chiese han messo un argine di blasfemia, facendosi portavoci di chi gestiva il potere, in quanto nei secoli passati il concetto era stato a senso unico: Dio aveva creato l’uomo a propria immagine e somiglianza, attraverso l’invenzione del potere ereditario i re si avvicendavano di padre in figlio o comunque sino a quando un altro re non lo spodestava.
Quindi se l’uomo non è emanazione di Dio, neanche il potere deriva da Dio, alla faccia delle guerre combattute con o perchè Dio era dalla nostra parte, e cosa più importante, il potere poteva essere tolto senza commettere peccato. Ecco la vera rivoluzione di Darwin.
Popof 01/12/2009
Alba nel suo scritto “Come si vive con 1000 € al mese” dice che le farebbe piacere se il suo scritto potesse arrivare nelle mani dei nostri governanti che ci fanno credere che la crisi stia finendo. Ci vuole far sapere che l’ha fatto: ha spedito la sua lettera e vuole farci partecipi di questa sua iniziativa, fatta a titolo personale e mi prega di pubblicare questo messaggio.
“Perché nulla vada invano, la mia lettera di come si vive con 1000 € al mese, l’ho inviata al capo gruppo di Italia dei valori pregando che la leggesse il 5 dicembre in piazza a Roma ed eventualmente alla camera dei deputati”
Non sono in campagna elettorale, i nostri politici si son lavati la bocca con queste frasi.
Proprio loro che tanto decantano, di certo non vivono all’osso, perciò dal dire al fare c’è di mezzo il mare.
Li vediamo in tv con la pancetta e le mascelle belle gonfie.
Poverini non sanno come si vive con 1000 euro al mese.
Chi scrive è una persona che sa cosa sia il sacrificio di tanti anni di lavoro per arrivare alla pensione.
Con un onere di 822 € mensile che accumulato con la reversibilità di 250 € fanno un totale di 1072€.
Si è parlato a non finire dei mutui delle famiglie. Mai nessuna parola di un pensionato che deve pagare l’affitto.
Ebbene la metà della mia pensione va in pigione perciò io vivo con 500 euro.
Vero si è parlato anche dei cassa integrati ma, pensionato come me siamo cassa integrati a vita.
Chi aveva qualche piccolo gruzzolo state tranquilli che si è sciolto come la neve al sole.
Il sole anche lui ammalato è forse l’ultima cosa che ci è rimasta .
Il governo ha pensato anche alla nostra salute, meno mangiamo meno malattie del benessere: glicemia, trigliceridi, diabete.
Lui ci mette a dieta (si riduce la spesa allo stretto indispensabile) spende meno soldi per la sanità.
Siamo obbligati a fare un pasto al giorno, la sera un po’ di latte, campi, non muori e mantieni la linea.
Cari signori che governate avete fatto il congresso della FAO contro la fame nel mondo, ricordatevi che il pensionato italiano vive quasi come i paesi Africani.
Solo la sua dignità e l’arte di arrangiarsi gli impediscono di domandare l’elemosina.
Mi piace quando vedo i politici in campagna elettorale nei mercati rionali, ma loro sanno quanto costa la verdura e la frutta?
Quanti cavoli ci sono quel giorno sui banchi, quante finzioni, e qualche broccolo.
Li anche votati.
L’euro ci ha portato alla rovina
Esci con 50 euro quasi 100.000 delle vecchie lire cosa compri?
Giri rigiri fra i banchi ma sai che non puoi permetterti il superfluo il tuo budget è di 50 euro alla settimana.
Devi pensare quando arrivano le bollette.
Mi farebbe piacere che questo scritto potesse arrivare nelle mani dei nostri governanti che ci fanno credere che la crisi sta finendo.
Io mi sento agli arresti domiciliari, pur non essendo indagata.
La mia colpa è che sono una di quelle tante persone che vivono con 1000 euro al mese.
Ho scritto “arresti” sì, perché se esci spendi e se un giorno fai qualcosa in più la devi penare per tutto il mese.
Ecco cari governati con parole semplice e veritiere vi ho descritto il vivere quotidiano.
Questa la testimonianza di Alba.
In data 21 novembre lorenzo.an ci aveva fatto partecipi della sua esperienza di pensionato con l’articolo: “finalmente in pensione,…e adesso?”
Ora sarebbe interessante sentire anche altre testimonianze che potrebbero essere simili o molto diverse. Avete voglia di condividere con gli altri Eldyany?
E voi come la vivete la vostra pensione?