Paul Gauguin- Pittore francese (Parigi, 1848-La Dominique, Isole paulgauguinfoto1Marchesi, 1903).
Da parte di madre aveva ascendenti peruviani, e da fanciullo era vissuto qualche anno a Lima: dal nonno materno, don Mario Tristan y Moscoso.
La casa di don Tristan, dove l’artista visse fino all’età di sette anni, circondato da lusso e da tenerezze, sarà il primo paradiso perduto, rimpianto da Paul Gauguin.
Alle sue origini peruviane egli amava far risalire il suo amore per le cose esotiche e il suo desiderio d’evasione da un mondo troppo civilizzato.
La conoscenza di quella civiltà molto diversa da quella occidentale fu importante per tutta la sua vita.
Passò qualche tempo in seminario, divenne marinaio a 17 anni, viaggiò in Brasile, entrò nella flotta e la lasciò nel 1871; s’impiegò quindi presso una banca, si fece  una  famiglia e guadagnò  facilmente  denaro.
Aveva frattanto cominciato a dipingere da dilettante, guardando soprattutto a Pissarro, a cui infatti vagamente s’ispirano alcuni paesaggi esposti la prima volta nel 1880.
L’anno successivo egli partecipa alla quarta mostra impressionista e in questa occasione Joris-Karl Huysmans nota la sua opera e G. ne ricevette notevole consenso.
Da allora la passione di G. per la pittura crebbe al  punto  da fargli abbandonare nel  1883  l’impiego, quindi la famiglia, per darsi a dipingere con dedizione totale, e anche con violenta oltranza polemica, in conflitto non solo artistico, ma sociale con il mondo e le consuetudini borghesi.
Nella sua arte vi prendano parte simbolismi e allusioni e persino la retorica del «selvaggio ingenuo e brutale».
Le sue opere migliori possiedono pur tuttavia un’autentica originalità di accento e una qualità di timbro coloristico fondo e intenso, un largo articolarsi di ritmi compositivi.
Le sue opere più belle le dipinse a Tahiti, prendendo a modello gli indigeni, di cui amava la bellezza elastica e squadrata e i toni cupi della pelle, e in cui trovava tagli e atteggiamenti di idoli barbarici.
L’interesse che Paul Gauguin si rivolge più alla sostanza delle cose che alla luce, dopo una prima maniera ancor legata all’impressionismo, cominciò decisamente a scostarsene durante la-belle-angele2i soggiorni in Bretagna (al Pouldu e a Pont-Aven) dove vanno delineandosi i caratteri salienti del suo stile, che volge a campiture piatte e violente di colore, a larghi intarsi di gialli, arancioni, indaco, violetti, verdi fondi, spesso cerchiati di bordi scuri a guisa d’incastonature.
Il periodo bretone, che fu felice e fecondo (Le Christ jaune. La lutte de Jacob avec l’ange, La belle Angèle), fu interrotto dall’ottobre al dicembre 1888 da un soggiorno ad Arles in Provenza, dove fin dal febbraio si trovava van Gogh, che insisteva perché G. lo raggiungesse. les-alyscamps-1888Fu però una convivenza breve e burrascosa, che rischiò di concludersi tragicamente e si sciolse con la fuga di G. e una grave scossa psichica di van Gogh.
Ai fini dell’arte l’influsso reciproco non fu grande, né positivo. E se spesso nella storia dell’arte moderna si associano i loro nomi, ciò ha un senso nei confronti dell’impressionismo, in quanto entrambi vi reagirono in direzione di un colore più intenso e puro e svincolato da effetti atmosferici, più legato invece all’espressione di moti dell’animo o allusivo a suggestioni simboliche; ma le soluzioni artistiche sono poi profondamente diverse nell’uno e nell’altro pittore. Ma di questo non mancherà occasione per parlarne piu diffusamente.
Nel 1889 G. ebbe contatti con i simbolisti.
Nel 1891 partì (e questa volta per un’assenza assai più lunga) per la lontana Tahiti; al ritorno in Francia dimorò ancora qualche tempo a Pont-Aven; e infine nel 1895  la partenza definitiva per Tahiti, e la morte a La Dominique nel 1903. donne-in-spiaggia
Gli anni dopo il 1890 furono i più fecondi per la sua arte, a cui risalgono le opere più celebri:  Ragazza di Tahiti; L’esprit des morts qui ville (1892);  D’où venons-nous? Où allons-nous? Qui sommes-nous? (l897); Il cavallo bianco (1898); Natività (1902); ecc.
G. incise anche zincografie e xilografie, per lo più da suoi quadri; fece della ceramica, e soprattutto nell’ultimo periodo alle Marchesi, si dedicò molto alla scultura: pannelli di legno scolpito per rivestirne la sua casa, statue e statuette di divinità maore.

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Affidò le sue idee e le sue convinzioni a numerosi scritti  polemici  e autobiografici:  Noa-Noa (1891-93), Avant et Après, Racontars d’un Rapin, e molte lettere agli amici.

 

Mi è capitato (sarà capitato anche a voi? Zum zum zum….) che un semaforo,dotato di fotocamera, abbia immortalato la targa dell’autoveicolo che stavo conducendo. Mentre attraversavo un semaforo, l’auto che mi precedeva attivava l’ndicatore di direzione per una svolta a sinistra (tra l’altro vietata), e mi bloccava nel mezzo dell’incrocio: così sono stato fotografato mentre attraversavo con il rosso (attraverso la mia associazione consumatori farò ricorso al sindaco e poi al prefetto e un pò di soldi pubblici voleranno via).

 

Mi è capitato, nel marzo scorso, di trovarmi a Palermo, Via Maqueda (ancora non ho capito chi fosse), pioveva, non c’era un parcheggio regolare libero. Diverse auto parcheggiate sul lato sinistro della via. Strada ampia, a senso unico. Che faccio? Parcheggio anch’io, anche se c’è un divieto con rimozione forzata. Poi prendo una carrozzella a cavalli, e , vista la pioggia, concordato un prezzo equo, mi faccio portare a spasso per il centro. Al ritorno mi avvio verso l’auto e sento il suono di una sirena. Sono i vigli. In maniera indolore, e molto civile, avvisano i possessori di auto in sosta vietata di spostare i veicoli prima del loro intervento, Norma percepita, non scritta. Faccio anch’io in tempo a spostare la mia automobile.

E’ meglio il rapporto umano di Palermo o il fare cassa con il red stop?

Ma non è questa la domanda, anzi le domande sono un quiz psico-socio-attitudinale.

Siete pronti?

 1)dovete parcheggiare e non trovate posto nell’immediato:

a) girate a destra e sinistra sino a quando non trovate un posto idoneo;

b) girate a destra a sinistra, vi spazientite e lasciate l’auto in sosta vietata;

c) non ve ne frega niente e lasciate l’auto in seconda fila che tanto chi rimane intrappolato la prossima volta ci pensa due volte ad arrivare prima di voi.

 

2)dovete parcheggiare e l’unico parcheggio libero è riservato ai disabili:

a) andate oltre cercando un posto libero;

b) parcheggiate nel posto riservato, tanto è per pochi minuti e il disabile può aspettare;

c) ve ne fregate perché siete stufi del “tutto a chi ha meno”(in Francia e a Lecco ho visto un cartello aggiunto “ Vuoi il mio posto? Prendi anche il mio handicap”).

 

3)vi hanno fotografato che superavete il limite di velocità:

a) dite “chi me lo ha fatto fare a recuperare 30 secondi” e pagate la multa;

b) una volta tanto che potevo andare a 140 km/h mi becco la foto, mi tocca pagare;

c) ho superato il limite imposto? Ma chi se ne frega.

 

 

PER IL RISULTATO DEL TEST LEGGERE IL VIDEO CON UNA LENTE D’INGRANDIMENTO ( in alternativa andare ai commenti).

 

Risultato del test: se le vostre risposte sono state in misura maggiore:

 

a) voi di multe statene certi non ne prendete, e se proprio succede siete sfigati.

b)siete una guidatore corretto ma può capitare a tutti di prendere una multa, starete più attenti in futuro

c) ma chi ve lo fa fare ad andare in auto, prendere la bicicletta, o un calesse, o andate a piedi (fa bene alla salute e al portafogli).

Popof                       9giugno2009

scritto da admin il 6 06 2009

Care amiche ,passo dai consigli semiseri alle testimonianze reali e drammatiche di donne che hanno subito violenze e ricatti da uomini “malati” attraverso la chat.;ricordiamoci che finchè siamo nella chat di Eldy siamo in un certo modo protette e tutelate, quindi diffidiamo prima di dare i nostri contatti privati. Con questo non voglio spaventarvi ,anzi, possono nascere degli amori veri e puliti come quello di Grazia e Giuseppe…Vi riporto solo alcune delle tantissime notizie , e una lettera che sta facendo il giro in internet scritta da un’amica di una donna , penso rovinata per sempre da questa esperienza drammatica. Questi casi potrebbero essere denunciati :con l’entrata in vigore nel nostro Codice Penale dell’articolo 612 bis, gli atti persecutori sono puniti con la reclusione da 6 mesi a 4 anni ( cosi poco?).
Purtroppo è un fenomeno in espansione che non deve essere assoluttamente sottovalutato, perchè potenzialmente pericolosissimo.

2009-05-09 11:09
Adesca sul Web donne fragili per spillare denaro, arrestatoSms a marito: scappo con lui. Che si era gia’ fatto dare soldi

(ANSA) – PIACENZA, 9 MAG – Un palermitano di 44 anni, P.G., residente a Torino con la madre, e’ stato arrestato dai carabinieri di Piacenza per circonvenzione di incapace.

E’ accusato di avere adescato su Internet quattro donne con problemi psichici per spillare quattrini. All’ultima, di Modena, aveva promesso amore e la donna aveva abbandonato il marito. Sono stati intercettati a Piacenza mentre lei ritirava denaro in banca: 2.000 euro glieli aveva gia’ consegnati. A chiamare l’Arma il marito, dopo un sms: ‘Scappo con un altro uomo’. La donna era sotto tutela per problemi di salute mentale. (ANSA).

Una lettera presa da internet…allucinante!!!

I pericoli delle chat (storia)

Salve, dopo averci pensato a lungo ho deciso di scrivere una mail perchè una mia carissima amica ha avuto un esperienza piuttosto raccapricciante con una persona che certo non si può definire un galantuomo e per tutta una serie di circostanze, forse paura, disinformazione o chissà, ha deciso di tacere e portarsi dentro tutto questo dolore.
La storia è cominciata in una chatt, in un periodo in cui il suo rapporto col su ex non era poi tanto in forma, si chatta si dice solo per conoscere gente nuova, solo per un diversivo….. comunque, dopo un pò di tempo dà il suo numero di telefono, si sentono, tutto sembra tranquillo, poi si incontrano.
Apparentemente lui sembra equilibrato anche se isterico e taciturno, amoreggiano nella macchina ma senza esagerare, lei è rapita da tanta gentilezza e da tanto affetto, lui si dimostra tranquillo, affettuoso, rassicurante, tanto che lei poi lo invita a casa sua a bere un caffè, tutto ok, lei pensa di fare delle avances, ma lui sembra non approvare di conseguenza va via.
Dopo vari giorni di silenzio totale, lei lo richiama, chiede informazioni, ma sopratutto chiede come mai lui non si faccia più sentire, per tutta risposta sente dirsi che ha impegni lavorativi, e che poi si è sentito rifiutato e per questo ha messo una foto su internet, mentre amoreggivano, per farle dispetto.
Allora lei un pò indispettita dice che è meglio non sentirsi più, ma lui in modo piuttosto abile dice che è uno scherzo, che lui l’ha rispettata, che la desiderava, ….. però è stato corretto.
Continuano a sentirsi, si lui non è di certo un oratore, e inizia a dire qualcosa a proposito di pensieri molesti nei suoi confronti che comunque da lei vengono presi con superficialità perchè questa persona ha ormai catturaro la sua fiducia. Decidono dopo telefonate un pò a sfondo piccante, dopo poco tempo, di incontrarsi e lui si manifesta.
innazitutto chiede in maniera espilicita di sistemarsi in maniera femminile per lui, in modo da non farsi trovare trasandata, e questo va bene, una volta arrivato a casa sua, vuole subito un approccio passionale, violento visto che da subito se lei non acconsentiva ai suoi capricci, minaccia di arrabbiarsi, poi di andarsene, e quando lei dice di non essere interessata e che la porta per uscire dalla sua casa è quella. lui l’afferra per i capelli e glieli tira lasciando completamente scoperto il collo e la bacia in maniera piuttosto violenta, subito lei si ritrae, ma sa già che quella sarà un esperienza poco romantica.
Lui, anche se lei forse in maniera poco convincente dice che non ha voglia di fare nulla, la spoglia la porta sul letto e si spoglia a sua volta.
E’ una situazione poco piacevole ma lei ancora non si rende conto di chi ha effettivamente di fronte.
Subito lui chiede un rapporto orale, allora lei anche se a mala voglia lo accontenta, dopo circa 10 minuti lei smette e dice basta.
Ed ecco che lui la prende e le stringe il collo, e con uno sguardo da maniaco e con voce roca le dice , stringendole la gola, che ora lei avrebbe fatto tutto quello che lui desiderava, giusto perchè nessuno sapeva che lui era li, e nessuno poteva darle una mano. prima di lasciarle lentamente il collo le ricorda, ed ora vero tu non urlerai? lei è terrorizzata, ha paura, non sa che fare, non lo può colpire, la sua paura inoltre è ingigantita dal fatto che questa persona , pratica numerosi sport come la boxe, quindi in fatto di violenza o difesa poteva solo farle male.
Lei cerca di scappare, inizia a piangere, lui la trattiene, la abbraccia e le dice che era tutto uno scherzo. ma non è vero
. Dopo poco tempo ricomincia con le sue richieste e lei dice ancora di no, allora lui la minaccia, quindi lei a suo malgrado acconsente …… dopo circa una mezzora, o forse anche di più lei si stacca e invita lui a dormire, che oramai era tutto finito, invece lui noo, dice che solo appena cominciato. si spegne la luce, si mette un profilattico e anche se lei dice che non ne ha voglia e che le fa piuttosto male, viste le dimensioni spropositate, viene utilizzata per circa 2 ore per il sollazzo di questo schifoso individuo, che parla di punizione per le donne, che dice, ora hai capito tante cose su di me, e ridacchiando continua, a infierire, tu i giornali non li leggi, vero??? Io sono un violentatore di donne.
Comunque dopo finito questo macabro rituale, lei va in bagno, lui addirittura le ordina di portarle da mangiare, e poi dopo un pò si lamenta che lei non sta neanche ferma nel letto, visto che lui deve riposare perchè ha un importante appuntamento di lavoro.
Lei si sente spaesata, non riesce a regire,non capisce se cio che le è successo è finzione o realtà. La mattina comunque lui ancora ordina di portarle un asciugamano e di portarle un bagnoschiuma.
Lui va in bagno, lei potrebbe controllare i suoi documenti nella tasca della valigia, ma è paralizzata, vuole solo che quello stupido individuo vada via, e non controlla, quella credo che sia stata la sua rovina
. Lui si riveste, e nel frattempo visto che lei anche solo per controllarlo entra in bagno mentre lui si lava cerca di farle delle domande, allora lui inizia a parlare e racconta che ama fare certi scherzi a delle sue amiche, impersonando dei ruoli, da maniaco. che forse in effetti è. poi controlla l’orario, dice che è tardi e che lei lo sta infastidendo perciò la butta fuori dal bagno in modo poco gentile, prendendola per il bavero di una giacca. dopo di che beve il caffè, la saluta, la abbraccia e va via.
Questa non è un favola, ma è cio che è successo ad una persona che ora non sà neanche come fare per far punire questo losco individuo, visto che dopo averne parlato con persone vicine a lei le è stato detto che non era una vera e propria violenza, di lasciar perdere tutto, si ma il dolore che si ha dentro, non ti lascia e la paura prima di dormire, ti attanaglia la testa, come ogni rumore viene ricondotto alla paura che il mostro si ripresenti alla sua porta
. Forse si, è passato troppo poco tempo e non ha havuto il modo di visualizzare bene l’accaduto.
Ma la cosa che la fà più star male è che non conosce esattamente le generalità del suo aggressore perciò non può presentare nessuna querela o denucncia.
Certo ha in possesso un numero di telefono che comunque potrebbe essere intestato a chiunque, e un contatto mail, sicuramente con un nome fasullo.
Visto che lui in una delle tante telefonate ha detto che era praticamente irrintracciabile, di conseguenza lei pensa che sia una sua consuetudine comportarsi in questo modo con le donne. chiunque legga questa mail, non la cestini, la faccia leggere a qualcuno che ha la possibilità di fare delle indagini anche un pò così blande, o magari la faccia leggere ad un avvocato per chiedere se ci potrebbero essere glie estremi per una denucia, una querela o anche solamente un esposto. NON E’ UNO SCHERZO. penso che la mia cara amica, se non riesce a tovare una mano d’ aiuto possa compere qualche gesto tragico, o anche peggio rimettersi in contatto col suo violentatore per tenderle un agguato e magari farsi giustizia da sola. . un caro saluto

scritto da admin il 4 06 2009

Qualche suggerimento per come affrontare a tavola il caldo :

Il clima estivo aiuta a smaltire i liquidi in eccesso ma rischia di diventare pericoloso quando non si assumono i liquidi e i sali minerali sufficienti per reintegrare quelli smaltiti nella sudorazione.

Una dieta mediterranea, leggera e colorata, può essere molto utile per non avvertire troppo la sonnolenza e la pesantezza del caldo associata alla digestione e, in più, mantiene tonici e scattanti.

La scelta di frutta fresca e verdura cruda risulta ottima poiché contengono sostanze acquose e vitamine; non si devono tralasciare carne e pesce, riducendo i grassi insaturi e prediligendo condimenti speziati.

Per il condimento dei primi piatti è bene evitare i sughi a base di carne o formaggio e prediligere quelli a base di verdure o pomodoro, mentre per la carne ed il pesce e’ consigliabile optare per una cottura su griglia.  Anche i contorni dovranno avere un condimento “light”: aceto o limone.

Le minestre ed il brodo di verdura, anche se poco appetibili nella stagione calda sono comunque adatti al regime alimentare estivo.

Nei momenti di sete è meglio scegliere di bere dell’acqua o dei succhi di frutta, mentre e’ bene limitarsi nell’assunzione di bibite gassate, alcolici o superalcolici.

Una nota interessante riguarda invece la temperatura dei liquidi che si assumono: la temperatura di una bibita non ha nulla a che fare con la sua reale capacità di dissetare.

Nei casi di attività fisica intensa, in seguito a una sudorazione forte e sotto lo stimolo della sete, e’ meglio scegliere delle bevande a base di sali minerali.

Esse solitamente contengono sostanze energetiche (fruttosio), sostanze minerali (sodio, cloro, potassio, calcio).

Un esempio di dieta estiva:

Pranzo
– Bucatini ai peperoni (pasta 60 gr; peperoni 100 gr) 226 calorie
– Bresaola al limone (bresaola 70 gr) 106 calorie
– Insalata di pomodori e carote (200 gr) 54 calorie

Cena
– Crema di pomodori (200 gr) 50 calorie
– Carne alla pizzaiola con basilico (carne 120 gr.; pomodorini freschi 50 gr) 160 calorie
– Insalata verde mista con peperoni (200 gr) 37 calorie
Totale pranzo e cena 633 calorie

Pranzo
– Spaghetti al pomodoro e basilico (60 gr) 200 calorie
– Petto di pollo al limone (100 gr) 100 calorie
– Insalata di pomodori, carote, pepreroni (200 gr) 70 calorie

Cena
– Pizza alle verdure (200 gr) 300 calorie
– Insalatina di cicorino e pomodorini (200 gr) 30 calorie
– Birra analcolica (250 ml) 15 calorie
Totale pranzo e cena 715 calorie

http://www.youtube.com/watch?v=nvlCsNO2eHg
scritto da admin il 3 06 2009

Leggevo nei giorni scorsi che da una statistica emerge che il Kenya (e molti altri paesi africani) presenta un tasso di felicità della popolazione molto elevato,
mentre nei paesi occidentali si registrano i più alti livelli di depressione al mondo (basti guardare ad esempio le statistiche dei suicidi, dove il nord Europa detiene il primato mondiale)…. .

Come è possibile, mi domando ,che in molti paesi poveri ,la gente ,
pur vivendo in condizioni peggiori, è molto più felice delle popolazioni occidentali che vivono nell’abbondanza materiale?

Forse sono rassegnati e convive in loro il vero senso sociale,soffrendo e morendo di guerre e fame e si tengono uniti nella disperazione.

I fattori saranno tanti , può essere che ancora non hanno perso il senso della semplicità sapendo apprezzare quello che la vita gli regala,senza bisogno ,come da noi, di continui artefizi per illuderci di stare bene ed essere i migliori in un continuo inseguire il …niente !

Siamo ingabbiati..? gabbie dorate, ma sempre gabbie ?

Vedi le quattro mura (si fa per dire), le auto ; se ci giriamo attorno che vediamo?

La macchina è una gabbia,..i cellulari di cui non possiamo farne a meno,sempre con la testa china a scrivere,sono gabbie ,ci vediamo con gli amici e cerchiamo un’altra gabbia in cui chiuderci..si vero parliamo anche fuori, ma una città cos’è? Una gabbia.

Questo può essere un mio punto di vista.

Chi nasce come noi nel mondo civilizzato certe sfumature le perde.

E’ come chiedersi del perché i bambini giocano con i sassi e ridono….perché sono liberi,non vivono in nessuna gabbia, anche se ci sono dentro.

.Chissà cosa pensano quelli del Kenya di noi !

.Sarà che chi è ricco diventa viziato e non si accontenta più di quello che ha, a differenza del povero che riesce ad apprezzare anche le piccole cose della vita.?.

Cosa ne pensate?

 

 

 

Son passati vent’anni. La notte del 3 giugno 1989, dopo giorni di occupazione da parte degli studenti, la primavera cinese venne soffocata nel sangue.

 Scrive su “Repubblica” il giornalista Sandro Viola, ricordando quei giorni:

“La truppa seduta sui marciapiedi, gli ufficiali ai telefoni per chiedere ordini che non arrivavano, la catena di comando dell’Esercito popolare cinese (che all’epoca contava due milioni e mezzo di uomini) evidentemente saltata.

Il giorno precedente, per bocca del primo ministro Li Peng, il governo aveva proclamato la legge marziale. Proibizione di manifestare, coprifuoco.

Ma era stato come parlare al vento, non agli abitanti di Pechino.Tutto era infatti rimasto com’era ormai da quasi due settimane: la piazza Tienanmen occupata da molte migliaia di studenti, e intorno alla Tienanmen – il cuore del Potere – centinaia di migliaia di dimostranti, in certe ore un milione, affluiti da ogni punto della capitale.

E tutto questo senza alcuna reazione da parte delle autorità”. 

Quanti non fecero più ritorno a casa dopo l’intervento dei militari, ancora oggi, non si sa con certezza, si parla di stime.  Il governo cinese informò il mondo che a perdere la vita furono 200 civili e 100 militari.

La CIA stimò 400-800 morti.

Il conto approssimativo di Amnesty International, nel considerare anche i giustiziati posteriormente, indica un numero superiore a 1000 morti.

Altri parlano di 7.000-8000.

 Sui giornali di quei giorni si diceva di come le famiglie non sapessero niente dei propri figli spariti: qualcuno pensava che fossero stati arrestati, altri che si trovassero in qualche ospedale.

Molte famiglie non han saputo più nulla. Era, ed è, impossibile anche cercare di sapere (della serie chiedi e sarai deportato).Ancora oggi dopo 7.230 giorni i famigliari di chi non c’è più, ad ogni bussar di porta fuori orario, si guardano in faccia l’un l’altro con la tacita speranza che il figlio, la figlia, il fratello o la sorella sia dietro la porta, e corrono ad aprire.

 E  dire che l’immagine del giovane che fermava il carro armato fece il giro del mondo, per noi tutti era la possibilità che davvero Davide battesse Golia.

Ci fece sperare che non finisse come finì, schiacciati come formiche.

In fondo è questa l’immagine di Cina ricorrente, quella di un paese dalla popolazione immensa come un formicaio: 1.000 o 10.000 su 1.300.000.000 che percentuale è? Varia tra lo 0,00007% e lo 0,0007%.

In un mondo dove i percentili contano solo se sopra il 50% la vita ha perso senso. Ricordate i cori di protesta dei governi Internazionali per quell’evento? Io no, non li ricordo, non ci furono.

Oggi è ancora silenzio, dalle Ambasciate alle Rappresentanze all’ONU e ai Ministeri degli Esteri, Foreign Office o altrimenti denominati. Probabilmente nell’era globale delle comunicazioni il silenzio è ancora d’oro, e con la crisi economica in atto, occhio e orecchi sono fissati solo sull’economia.

Rimangono solo due sensi disponibili, il tatto e l’olfatto, ma la Cina non è vicina.

E il sesto senso, quello di colpa, è sotterrato.

Popof                            3giugno2009

scritto da admin il 2 06 2009

Io, scrivo sempre cose di mio pugno, la farina è sempre del mio sacco, questa volta no, ho trovato questo articolo, mi è piaciuto tantissimo,e voglio condividerlo con voi.

Quest’articolo non è diretto ai saccenti, non si riconoscerebbero tali, ma a tutti gli altri che li subiscono, forse tra queste righe troveranno la forza per neutralizzarli e per accrescere la fiducia in se stessi.

Ne parlo perchè chi ostenta troppa conoscenza non ci impedisca di seguire noi stessi e non mini la fiducia e la nostra autostima. Comunque tutto sommato mi dispiace un po’ per loro, vivono nel sospetto che gli altri siano sempre in agguato, giocano sempre in attacco (ma in realtà è difesa, attaccano per non essere attaccati), ogni giorno in trincea e quindi non serenamente, hanno pochi amici, perchè pochissimi eletti possono essere ritenuti tali.Comunque provate ad immaginare due amici entrambi saccenti …ogni incontro: un match di galli da combattimento!.

Ve lo passo in versione integrale, non perchè non avrei avuto la possibilità di esprimere miei pensieri, ma considerata la delicatezza del tema , ho preferito passarvi l’opinione di un autorevole giornale: Riza Psicosomatica.

 

“Li possiamo trovare ovunque: tra i parenti, tra gli amici, sul lavoro, in spiaggia, ad un corso e in tanti altri contesti.Loro sempre lì, sempre pronti a elargire lapropria sapienza, anche senza che glielo chiediamo.Sono i saccenti, cioè coloro che pensano di sapere tutto meglio di chi hanno davanti e non si trattengono di manifestare questa presunta superiorità con consigli non richiesti, sermoni compiaciuti, critiche salaci ed evidenziano che soltanto loro sanno che cosa è bene o male, utile o inutile, giusto o sbagliato.

In tutti i campi, essi possiedono “la verità”, o comunque una conoscenza migliore della nostra e la impongono nei discorsi, restando impermiabili alle argomentazioni pur valide di qualsiasi interlocutore, anche quando questi è palesemente più esperto su quello specifico tema.

 

RIDICOLI ma PERICOLOSI. Ad esempio a pranzo o a cena insieme, se raccontiamo qualcosa di noi (una vacanza, una decisione, un problema), ci sentiremo dire che loro lo saprebbero fare meglio, che conoscono un posto migliore, che la scelta ottimale è un’altra, trasmettendoci essenzialmente questi messaggi: tu sbagli, tu non capisci, non hai fatto abbastanza, non hai scelto bene , non vai bene.

Il saccente gesticola in modo da valorizzarsi (indica se stesso, assume posture da maestro, da capo o da padrone della situazione) e ti guarda come per dirti: sei il solito inetto.Ciò accade soprattutto se ci rivolgiamo a lui per un aiuto(che se viene dato, è accompagnato da critiche e insegnamenti) o per uno sfogo personale (che non viene accolto ma rispedito al mittente con tanto di predica sugli errori compiuti).

Se riuscissimo a guardarlo con distacco e ironia, ci accorgeremmo subito che i suoi attacchi sono ridicoli e grotteschi.Ma la sua spocchia, sommata al fatto che non di rado ce lo troviamo tra parenti o tra i migliori amici o nello stesso luogo di lavoro, ci irrita profondamente.

Anche perchè con lui non si può fare un vero dialogo, non ci si può mai sentire capiti.

E soprattutto, se siamo incerti o disorientati,possiamo fare scelte sbagliate, influenzate dalla sua finta ma prorrompente sicurezza, che di solito non coglie per nulla le reali problematiche di chi ha di fronte. A dar credito ad un saccente : ci si sente inadeguati, incapaci, inferiori; si viene influenzati nelle decisioni che contano; si fanno errori clamorosi e mai si sarebbero compiuti; si resta in un ateggiamento psicologico di dipendenza. E allora ????

 

INDIVIDUALO. Il saccente dà consigli senza richiesta, non chiede mai, non ha dubbi, critica anche senza conoscere bene la situazione, ostenta le sue opinioni e la sua conoscenza, non ha l’umiltà di ascoltare, non cambia mai idea.

Il vero sapiente fa l’opposto: ascolta, chiede, comprende. Solo su richiesta, e solo a volte, suggerisce qualcosa.

PROTEGGITI. Se si è influenzabile dalla falsa sicurezza dei saccenti,non raccontare loro troppe cose di te. Se hai un progetto o un’idea, prima agisci e porta a compimento, o verrai disturbato da critiche e consigli. Riduci anche le confidenze o verrano usate per crearsi una visione di te che diverrà un inossidabile pregiudizio.

DISATTIVALO. Se parli con un saccente evita di:

a) fargli domande come se fosse un oracolo;

b)combatterlo o competere con lui in una gara di ostentazione.

Lascialo parlare senza farti impressionare. Piuttosto cerca di selezionare: magari tra quello che dice c’è qualcosa che ti può servire.

 

Semplice               2giugno2009


Si può vivere in funzione di una sola cosa? Certo che no. Premettiamo allora un prevalentemente.
Allora. Si può vivere prevalentemente in funzione del denaro che si guadagnerà? C’è gente che ama moltissimo il denaro, lo tesoreggia, lo impiega per tutti gli usi possibili, leciti ed illeciti. Ma si può dire che vive in funzione del denaro? Forse sì. Anche perché il denaro, oltre che guadagnarlo, si può rubare in vari modi, con truffe più o meno evidenti, con il mercato del vizio. Ma, in questo caso, siamo al di fuori della legge e quindi è bene rientrare nell’ambito del lecito. Però, sì, si può vivere prevalentemente per il denaro.
Andiamo al sesso. Si può vivere prevalentemente in funzione del sesso? Direi di no, a meno che non rientriamo in una classe di età molto giovane e siamo di sesso maschile. Solo i maschi giovanissimi possono fare dei nodi al fazzoletto per indicare il numero delle conquiste facili o meno facili. Salvo poi a fermarsi quando conoscono una ragazza di cui si innamorano. In questo caso non fanno più classifiche e non contano più il numero delle conquiste ma cadono, come si suol dire, “come pere cotte dall’albero”. Le ragazze, poi, anche giovanissime, non vivono mai in funzione del sesso; per loro è prevalente l’idea dell’amore, anche quando non lo conoscono. In questo caso lo sognano. Quindi, in definitiva, direi che non si può vivere prevalentemente in funzione del sesso.
Passiamo all’ambizione. Si può fare dell’ambizione la molla della propria vita? Attenti, qui si parla dell’ambizione in senso stretto, della smodata passione per il proprio io, che si vuole al di sopra degli altri, più potente, “er più” come dicono a Roma. Nel concetto c’è qualcosa di perverso, di malato. D’altra parte l’ambizioso non è molto ben considerato dall’opinione pubblica. Quando si vuole dare al concetto un carattere positivo si parla di “sana ambizione”. Ma la sana ambizione è un’altra cosa. Ne parleremo dopo. Io, seppure senza grandi prove, non darei all’ambizione un posto molto importante nella vita degli uomini. Ci sono addirittura dei casi, anche nei giovanissimi, di persone senza ambizioni, che si accontentano del poco che hanno. Per non parlare dei giovani che scialacquano, direi con serena letizia, tutto ciò che i genitori hanno guadagnato e risparmiato. In definitiva, quindi, neppure l’ambizione può essere prevalentemente la molla della vita.
A questo punto devo osservare che le risposte a questi quesiti sono date da una persona di una certa età, di cultura medio-alta, che vive in un Paese, l’Italia, da annoverare fra i paesi a più alto reddito. Io direi di non muoverci da qui per non allargare troppo il discorso. E tornerei ai tre concetti chiave per cercare di chiarirli ed eventualmente apportare delle correzioni al fine di renderli più consoni alla realtà.
Dicevo che il sesso non è generalmente la molla fondamentale della vita. Ma l’amore? Se dal concetto di sesso passiamo a quello dell’amore il cammino non è breve. Oggi ci sono tante persone senza amore e colme di sesso. Può essere l’amore una delle molle della vita? Personalmente direi di sì. Giovani e anziani, maschi e femmine, non possono fare a meno dell’amore, di qualsiasi natura si tratti. Non possono accettare l’idea di sentirsi soli  senza l’affetto di un compagno o di una compagna. Ecco, l’amore e non il semplice sesso potrebbe essere vitale. Ma il solo?
Non credo. Dicevo prima che il denaro può essere trainante, può costituire un elemento prevalente. Ma se si accompagnasse all’amore non sarebbe meglio? Amore e denaro, insieme, ecco un binomio apparentemente invincibile. Ma se “pecunia non olet”, come dicevano i latini, certi modi di fare il denaro, certi settori in cui possiamo impiegare degli sforzi per guadagnarlo, certe quantità che superano di molto il necessario, alla lunga possono far dubitare dell’importanza del denaro, del guadagno, anche se, putacaso, esso si accompagnasse all’amore. Anzi, a volte, è proprio la presenza dell’amore a limitarne l’importanza.
Dunque, amore e giusto guadagno in un’attività piacevole e gratificante.
In questo quadro positivo anche quella che abbiamo chiamato “giusta ambizione” potrebbe avere un peso non secondario. Ma potremmo chiamarla facilmente con un altro nome, e non ambizione. Impegno per un buon risultato con una ricaduta positiva d’immagine, apprezzamento per un lavoro ben realizzato, capacità di estendere i risultati positivi a favore di un numero ampio di persone, ecc.
So che in questo modo ho complicato un discorso che si intendeva semplice e dai contorni ben definiti. Ma è proprio la vita del genere umano ad essere complicata e a non permettere facili semplificazioni. Se poi mi  domandaste come la penso risponderei: io la penso come l’ho scritta.
lorenzo.rm    2 giugno 2009

water

 

 

Ieri sera ho guardato, in prima serata TV, la trasmissione di Santoro, così come faccio quasi sempre, cioè quando posso. C’era Letizia Moratti, Sindaco di Milano, che, vi confesso, non avevo mai ascoltato in un dibattito. Sono rimasto impressionato dalle capacità oratorie, dalla proprietà e forza del linguaggio, dalla solidità ed attendibilità delle sue argomentazioni, allorché interveniva nel dibattito. Beh, ragazzi (si fa per dire!), quando incontro ed ascolto personaggi come la Moratti, come Anna Finocchiaro e tante altre donne, che non nomino poiché ritengo sufficienti due nomi per tutte, capaci di distruggere, sul piano dialettico e concretezza di argomentazioni, qualunque personaggio maschile a confronto, io mi commuovo e gioisco. Mi commuovo e gioisco al pensiero di cosa hanno dovuto soffrire, nella storia, per il proprio riscatto e per l’affrancamento da una posizione che, non dimentichiamolo, molti anni fa, presso alcune cosiddette civiltà avanzate, le relegava pressoché al rango di bestie, anche se tuttora, nel mondo, sussistono alcune identiche realtà. Sono state veramente brave e se colpa c’è stata da parte dell’uomo in generale, così come c’è stata, io chiedo scusa, cento volte.

Credo, amiche ed amici di Eldy, non faccia male rinverdire il ricordo di queste lotte con un rapido excursus storico.

Tutti ricordiamo i movimenti femminili, tuttora esistenti, che rivendicano l’emancipazione delle donne dalle condizioni d’inferiorità giuridica e sociale e la loro liberazione dai condizionamenti imposti dai predominanti modelli maschili nelle relazioni tra i sessi.

La lotta per l’emancipazione –

Le prime rivendicazioni di parità tra i due sessi si manifestarono sul finire del ‘700, radicate nella “cultura dei diritti” illuminista e nei mutamenti strutturali apportati al ruolo della donna al modello familiare borghese. Nei circoli femminili sorti in Francia durante la rivoluzione, ampia diffusione ebbero la “dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, scritta da Olympia de Gourges (1790) e “la rivendicazione dei diritti delle donne” dell’inglese Mary Wollstonecraft (1792). Il codice napoleonico e la Restaurazione bloccarono, tuttavia, sul nascere questo iniziale processo di emancipazione.

La questione del suffragio –

Esso fu rilanciato a metà del secolo XIX in U.S.A. ed in Gran Bretagna dal movimento delle suffragette, che rivendicava il diritto di voto anche per le donne. Sul finire dell’ ‘800, movimenti e congressi femminili tornarono ad ampliare i confini del dibattito oltre il solo problema elettorale, grazie anche allo stimolo dato alla questione femminile dal movimento socialista; in forte dissonanza ed entro una cornice più tradizionale rispetto ai movimenti femminili di radice laica e socialista fu, invece, il contributo dato dalle organizzazioni femminili cattoliche.

In Italia A.M. Mozzoni fondò nel 1881 la Lega promotrice degli interessi femminili, mentre A. Kuliscioff nel suo “Monopolio dell’uomo” (1890) pose il problema dell’inferiorità sociale e giuridica della donna.

Movimenti femminili si svilupparono anche nella Russia zarista, e la presenza di diverse donne entro il gruppo dirigente bolscevico favori l’approvazione di leggi emancipatrici della donna dopo la rivoluzione del 1917. Nel secolo XX il diritto di voto alle donne, già concesso tra 1893 e 1908 in Nuova Zelanda, Australia, Finlandia e Norvegia, nonché nei diversi stati degli U.S.A. tra 1869 e 1920, fu riconosciuto solo lentamente (1918, Austria e Germania; 1928, Gran Bretagna; 1945, Francia; 1946, Italia), ma nel frattempo erano maturate le premesse per nuove rivendicazioni sul piano giuridico, professionale, salariale ed assistenziale, dal 1910 richiamate, ogni 8 marzo, nella giornata mondiale della donna, istituita dal consiglio mondiale del movimento femminile.

Il femminismo –

Nel secondo dopoguerra in Italia i temi complessivi della tutela e dell’assistenza delle donne furono posti, dall’ Unione Donne Italiane, legata ai partiti di sinistra, mentre in campo cattolico operava il Centro Italiano Femminile (C.I.F.). A partire dagli anni ’60, si affermarono, negli U.S.A. Women’s Lib, ed in Europa MLD, Movimento di Liberazione della Donna, correnti di pensiero animatrici del femminismo (emblematico il contributo della statunitense B. Friedan con la sua “mistica della femminilità”, 1963); la questione femminile cessava di essere posta esclusivamente in termini di rivendicazione di una parità giuridica per coinvolgere più radicalmente gli elementi strutturali della relazione con l’universo maschile, a partire dalla sfera della sessualità (dove veniva criticata la subalternità femminile ai tradizionali modelli sopraffattori del maschilismo), alla ricerca e valorizzazione della specifica identità femminile.

In quest’opera ebbe notevole importanza, sia pure nella sua dimensione elitaria, l’attività dei piccoli gruppi di “autocoscienza”. La battaglia per la “liberazione” della donna ha avuto in Italia significativi risultati negli anni ’70 con l’istituzione del divorzio, l’approvazione del nuovo diritto di famiglia che equiparava marito e moglie (ricordate il reato, soltanto per la donna, di “abbandono del tetto coniugale”?), la depenalizzazione dell’aborto.

Negli anni ’80 l’attenzione si è concentrata sulle “azioni positive” per rendere effettivi nella società i diritti conseguiti sul piano giuridico e assicurare “pari opportunità” di realizzazione professionale e di rappresentanza politica. Negli anni ’90, le stesse fondatrici del movimento femminile (B. Friedan in testa) avviavano un ripensamento critico di alcune posizioni assunte in materia di maternità e parità dei ruoli, la cui funzione originaria, marcatamente polemica, rischiava di favorire un’omologazione ai modelli maschili piuttosto che un loro originale superamento. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

Dedico questa ricerca a mia madre, a mia sorella, a mia moglie, a mia figlia, a tutte le donne del mondo, le quali, ciascuna nella propria epoca, hanno vissuto momenti non certo esaltanti della condizione femminile, concorrendo, però, tutte, tenacemente, caparbiamente, nella lotta per la propria emancipazione. Invito tutte le amiche e gli amici di Eldy a riflettere, meditare sul cammino che la donna ha saputo meravigliosamente compiere per il proprio riscatto.

Con un abbraccio virtuale, nel rinnovare la richiesta di perdono per il motivo che, come maschio, ho oggettivamente concorso, nella storia, alle colpe connesse a questi fatti, vi saluto affettuosamente.

 franco3.BR       1giugno2009

 

Bibliografia: F.Pieroni Bortolotti. Alle origini del movimento femminile in Italia. Einaudi.Torino 1963

AA.VV. La questione femminile in Italia dal ‘900 ad oggi. Franco Angeli. Milano 1979

 

MORIRE DI LAVORO

30Maggio2009.

Anche oggi il consueto bollettino di guerra: 2 morti per cause legate all’attività lavorativa. Fortuna che è un sabato semi vacanziero visto che martedì si festeggia la Repubblica.

Repubbica che all’art. 1) della Costituzione recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.

Ho sottomano le statistiche INAIL del 2007 (le ultime disponibili): 1207 morti, e dice il redattore “benchè dietro le statistiche si nasconda sempre la perdita di vite umane, il bilancio risulta positivo”. Le previsioni erano di 1210 morti, e nel 2006 i morti furono 1341.Nei numeri sono compresi gli infortuni mortali in itinere, cioè quelli avvenuti nel tragitto casa lavoro (274 nel 2006 e 300 nel 2007), distinti da quelli stradali ma legati all’attività lavorativa.

La tabella è consultabile all’indirizzo:

http://www.inail.it/repository/ContentManagement/node/N670420288/Bozza3DATI%20INAIL%20N%2012.pdf 

 

2006 2007

TAV. 1: INFORTUNI MORTALI DENUNCIATI PER

TIPOLOGIA DI ACCADIMENTO

ANNI EVENTO 2006-2007

In occasione di lavoro                  1.067         79,6       907     75,1

– stradali                                   421           31,4       342      28,3

– altre modalità                            646          48,2       565      46,8

In itinere                                     274          20,4      300      24,9

– stradali                                     271          20,2      287      23,8

– altre modalità                              3             0,2         13     1,1

TOTALE                                      1.341        100,0    1.207    100,0

 

Io leggo anche un altro dato non riportato: ogni anno oltre 3500 vedove/i, orfani, genitori (non trovo il sostantivo che identifica i genitori orfani di figli), che la sera non hanno rivisto i propri cari tornare a casa. Che han ricevuto magari una telefonata per vedere il mondo crollare. Sogni spezzati insieme alle vite. Un vortice di morte che travolge anche le vite dei vivi.Quest’anno abbiamo perso il conto, i giornali non lo aggiornano più: alle 12,40 l’ultimo decesso per lavoro a Livorno, un operaio trentacinquenne.

Sin quando non ci tocca da vicino chiniamo la testa, chiudiamo gli occhi, magari una preghiera. Poi stringiamo le mani in tasca, ci tocchiamo in testa e proseguiamo speranzosi.Come di rito, alle famiglie verranno recapitati prima i telegrammi di cordoglio, poi, se lavoratori dipendenti, in genere attraverso i legali, le lettere di contestazione disciplinare per non aver seguito le procedure antinfortunistiche: è triste ma è un passaggio necessario prima di stabilire le effettive responsabilità (intese come colpe), e i familiari conosceranno ancora attimi di tensione, rabbia, pianto e disperazione.

Dio, quando cacciò Adamo dall’Eden condannò l’uomo a coltivare la terra da cui era stato creato. Ebbe l’accortezza di escludere la morte per lavoro.

 

Popof 1giugno2009

Ieri sera, mentre bevevo la mia birretta al pub mi è capitato sotto agli occhi un libretto del tipo

“LASCIATE IL VOSTRO COMMENTO” sull’argomento di cui sopra. Leggendolo, a parte battute tipo: “ma come fai a fidarti di un essere che sanguina per 5 giorni al mese….e non muore!!!” ho notato un pò di confusione, sopratutto sull’equazione sesso=amore. A dire la verità, nemmeno io ho le idee ben chiare per cui giusto per fugarmi qualche dubbio ho cercato “amore” su www.garzanti.it
ed ecco cosa ho ottenuto dalla ricerca:
Affetto intenso, sentimento di profonda tenerezza o devozione: amore paterno, materno, fraterno, filiale; sentire, provare amore…

Beh!, un pò troppo semplice come spiegazione non trovate? Oppure siamo noi
che vogliamo complicarci la vita volendo assolutamente trovare altre
definizioni?

Vi posto ciò che un mio caro amico, alla mia specifica domanda ha risposto e dopo vi lascio liberi (se volete) nei commenti di darmi la VOSTRA definizione di AMORE…

Buona lettura.

AMORE A UNO significa amarsi da soli, è la forma più spartana ed ecologica dell’amore. E’ sentimento al risparmio. Le energie affettive si muovono in una solo direzione, o meglio, vanno e vengono dallo stesso soggetto …Usando un’immagine postale, si potrebbe dire che mittente e destinatario hanno lo stesso indirizzo e non c’è necessità di francobolli né di timbri. E’ un’ amore non ufficiale, ma non per questo illegale, ed libero da condizionamenti e sensi di colpa. Nell’amore in UNO, l’autonomia è assoluta anche in campo erotico: si dipende ovviamente dalla voglia di uno soltanto e non ci sono disparità, malintesi, o cali di desiderio che creino dolore e imbarazzo. L’unico vero grave difetto sta nel fatto che, qualora non si vada più d’accordo con se stessi, non ci si può comunque lasciare.

AMORE A DUE Significa amare una sola persona per volta. E’ la forma di amore più tradizionale e diffusa. Tutti pensano di averne un’idea precisa , ma in realtà nessuno ci capisce niente. E’ un sentimento contraddittorio, fatto di ripensamenti continui, carico di luci ed ombre, di alti e bassi, di pari e dispari. Secondo alcuni è la fonte unica della vera felicità, secondo altri è profondamente innaturale. Nell’amore in DUE si procede senza un programma e l’esperienza non conta nulla. Quasi sempre, infatti, chi ha amato per anni una sola persona e poi l’ha lasciata, si innamora di un’altra persona molto simile alla precedente, con la quale compirà gli stessi errori, irrimediabilmente. Sotto questo aspetto starà molto meglio chi è stato lasciato, perché potrà per lungo tempo coltivare l’illusione di non aver avuto nessuna responsabilità per la fine del rapporto. L’unico vero pregio di questo tipo di amore sta nel fatto che se, per puro caso, dura tutta la vita, ripeto per puro caso, si ha la certezza di essere stati baciati da Dio in persona.

AMORE A TRE Teoricamente, vuol dire amare due persone contemporaneamente …In pratica, significa ficcarsi in un guaio spaventoso. Questo tipo di condizione viene comunemente associata alla figura geometrica del triangolo. Pochi, però, sottolineano che si tratta di un triangolo non equilatero, bensì scaleno: i lati uniscono tre punti sentimentalmente collocati a casaccio, che si amano e si odiano fra loro in quantità e forma disperatamente diseguale. Ciò comporta un profondo squilibrio psichico e un terribile sforzo per conciliare l’inconciliabile. L’amore in TRE è arricchito (o impoverito, a seconda della prospettiva) da un’interminabile catena di lunghe bugie, di segreti di cui sono a conoscenza tutti tranne uno, di incontri clandestini che si svolgono sempre negli stessi posti, di imbarazzanti scambi di nomi e di persone e di cose e di regali. L’unica vera soddisfazione in questo tipo di amore sta nel fatto che, prima o poi, quello dei tre che ha cominciato crolla psicologicamente e finalmente gli altri due se ne possono andare soddisfatti per la propria strada.
AMORE A QUATTRO Significa amarsi in un numero di persone davvero consistente. E’ un sentimento pluralistico, affettivamente democratico, in un certo senso ecumenico, per il quale non è certo che occorra possedere più libertà interiore o meno capacità mentale. La percezione sociale dell’amore in QUATTRO si modifica sensibilmente a seconda del sesso. Di solito, il maschio
che ama (o dice di amare) tre donne contemporaneamente è benevolmente considerato dalla critica (maschile) ma non altrettanto dal pubblico (femminile). Viceversa per la donna che ama tre uomini, è severa la critica (femminile) mentre è altissimo il gradimento del pubblico (maschile).

AMORE A CINQUE:, SEI, SETTE Significa amarsi in tanti, più si è meglio è, senza preclusione alcuna, senza ruoli definiti, senza paure schemi o pudori. Qualcuno lo chiama amore collettivo o anche amore in comitiva o anche amore universale (in quest’ultimo caso, qualcuno ha molta faccia tosta). Gli antichi Greci erano convinti che gli Dei fossero entusiasti nel vedere uomini e donne ammucchiarsi in quella forma d’amore e la elevarono a rito religioso. Gli antichi romani, a loro volta entusiasti nel vedere i Greci ammucchiarsi in quel modo, si adeguarono agli usi dei loro e coniarono la famosa espressione “nnamo a pregà, nnamo a fa n’orgia”.

Lasciatemi il Vostro Commento, le critiche sono ben accette se costruttive…

CALCIO.CE

scritto da paolacon il 1 06 2009

BUON VENTO!!!
Esperienze ed emozioni che non abbiamo neppure sognato.39 BARCOLANA
Vento tra i capelli, vento sulla faccia e un sottile rumore costante. Siamo di bolina e tutti pronti a virare; ai winch cominciamo a prepararci, cime in mano, pronti via e poi dopo la virata navigazione calma, ma pronti per un altro bordo.
Siamo in mare aperto, la costa è lontana e si intravede, ricca delle sue insenature che non potremmo apprezzare da terra. Grigia, aspra, rocciosa, color sabbia, con spruzzature di verde, arida. Siamo di fronte alle isole Incoronate, in Croazia e la più grande pace regna. kornatiVia i motori, via soprattutto gli orologi, lontani da tutto, uno stile di vita che non ha niente in comune con quello che affrontiamo tutti i giorni. Si deve comunque restare concentrati, pena una manovra sbagliata. Là c’è un refolo, attenzione. È una chiazza di colore diverso nel mare piuttosto calmo, attenzione, lì il vento è più forte. Ne sentiamo l’odore.
E poi finalmente arrivano, li aspettavamo da tanto, eccoli, eccoli, cominciano a giocare con la prua; siamo emozionatissimi. Poggiamo per facilitare il loro gioco, passano sotto lo scafo e ricompaiono a prua, fanno un piccolo salto e ci guardano con i loro occhi buoni, poi lanciano piccoli strilli caratteristici come uno squittio. Ci vogliono parlare? Avrei davvero voglia di andare a giocare con loro: i delfini color argento che sono tanto socievoli e sembra ci dicano venite in acqua con noi. Poi come sono arrivati se ne vanno e noi continuiamo la nostra serena navigazione. È questo senso di libertà, di pace, di serenità, che è assolutamente indescrivibile se non si prova, che fa della vela una esperienza a parte. È uno sport? È uno stile di vita? È solo un’emozione?
Continuiamo la nostra navigazione ed io mi siedo davanti sul pulpito ed ho l’impressione di essere librata sull’acqua come se volassi. È una sensazione unica. È calmo ed è tutto sotto controllo, ma vuoi mettere anche la bellezza di partecipare ad una regata? Una grossa regata con tante classi di barche è un’altra esperienza irrepetibile. Io ho partecipato a varie regate, ma la più emozionante è sempre stata la Barcolana, che si svolge a Trieste, alla metà di ottobre e chiude le regate dell’anno. Ci partecipano sempre circa 2000 barche, di almeno 7 classi e poi ci sono le maxi che sono quelle che hanno partecipato anche alla Luis Vuitton cup. E sono barche enormi. Ma l’emozione più grande è il momento dello stacco dalla linea di partenza, al colpo del razzo, quando le barche si muovono tutte insieme ed ognuno cerca di trovarsi un’apertura verso la prima boa. È davvero un’emozione unica.
Bisogna dire che non esistono cure per chi è preso dalla febbre della vela, che non è uno sport come tanti altri, perché può essere molto duro, ma è anche un’avventura, un divertimento di gruppo e può servire a superare i conflitti generazionali. Quante emozioni: dal semplice piacere di scivolare silenziosi sull’acqua, alla rabbia di una regata persa stupidamente; dalla fatica della manutenzione al senso di solidarietà e complicità una volta che ci si ritrova in un porticciolo è un appartenere ad una grande famiglia: al popolo del vento. Infatti l’augurio che ci si fa sempre prima di ogni partenza è: “buon vento”


paolacon        31 maggio 2009

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Ho cominciato a fare vela a 16 anni. A  quel tempo ero amico del figlio del comandante dell’Accademia Navale di Livorno e cosi insieme a lui cominciai a prendere lezioni di vela da un sottocapo che ad ogni errore  ci premiava con un colpo di stecca da vele. Certi pomeriggi avevamo le gambe  piene di lividi.
Imparammo senz’altro a guidare una stella che è già una considerevole barca a vela, ma non sapevamo altro.
Ai diciotto anni abbiamo fatto un corso completo. Una cosa più seria dove oltre che alle tecniche relative alla vela si cominciò a parlare di navigazione, di rotta di calcoli di rotta, di uso del sestante, di radio goniometri e di calcolo del punto nave.
Ora si poteva parlare di andare per mare. Ma non avevamo una barca; la prima occasione si presentò quando un medico amico di mio padre e proprietario di una bella barca, ci chiese se volevamo fare un giro per l’arcipelago toscano, visto che non si fidava ad andare solo. Fu un giro di soli otto giorni ma fu indimenticabile facemmo l’Elba, la Capraia e la Gorgonia, tre isole una più bella dell’altra, il tempo era splendido e potemmo provare tutte le andature bolina,  traverso e  poppa.
Poi per diversi anni ci siamo accontentati di fare vela con piccole derive 5,20 e 4,70 niente  di più. Intanto avevo cominciato a lavorare e la vela la potevo fare solo durante le vacanze. Venni trasferito a Ivrea dove ci sono diversi laghi, e dove sul più grande c’è un circolo velico, qui mi sono subito iscritto e ho comprato un piccolo cabinato di 6 metri, su cui passavo gran parte del sabato e della domenica. Comprai un carrello e durante le vacanze me lo portavo dietro sino a Castiglioncello, dove mio padre aveva una casa e cosi tutti i giorni uscivamo in mare con moglie e bambini e facevamo il bagno al largo. Si perché nel frattempo mi sono pure sposato e sono arrivati due figli un maschio e una femmina. Cominciai a viaggiare per lavoro e in Norvegia sono stato invitato spesso da colleghi a far parte di equipaggi di vela, cosi ho preso confidenza col mare del nord, che è molto più difficile dei nostri mari e spesso  è molto violento.
Ma anche lì si impara. Si apprende che si può navigare anche con condizioni estreme,  si impara a ridurre la velatura e ad affrontare il mare nella maniera più conveniente. I Norvegesi sono bravissimi e io ho imparato a trattarli con rispetto, dopo aver visto con che disinvoltura guidavano la loro barca. Purtroppo sono quasi sempre andato in Norvegia d’inverno e cosi, il piacere della vela, era un po’ rovinato dal gran freddo, cui io non ero abituato . Loro i “Vikinghi”, come li chiamavo io, ridevano e mi offrivano la bottiglia di Snaps  per riscaldarmi,  ma io mi spellavo le mani intirizzite  dal freddo. Solo una volta ho fatto vela in Norvegia d’estate e la cosa era totalmente diversa. Il mare più calmo, il sole che tramontava alle 23,30 e risorgeva alle una e mezza, la  possibilità di passare tutto il fine settimana in mare, comprare il pesce dai pescatori e mangiarlo a bordo, senza toccare terra. Una esperienza unica.
Dopo la Norvegia il lavoro mi ha portato in Israele, ma lì si poteva far vela solo con piccole derive, ma era divertente lo stesso.
Indubbiamente le esperienze più belle le ho vissute in Australia. Sidney è una città splendida, affacciata su una baia enorme, che  si apre sul pacifico  e che in ogni momento brulica di barche a vela dalle più piccole, alle più grandi. E’ uno spettacolo vedere tutte quelle vele colorate e il gran rispetto che i natanti a motore hanno per i velisti, cosa impensabile in Italia. I tramonti sul pacifico hanno colori incredibili e il navigare senza rumore  (e senza inquinare) è splendido. Meno splendido è vedere che si è sempre seguiti da due o tre pescicani, di notevoli dimensioni, che impediscono in modo assoluto di fare il bagno. Noi abbiamo i delfini che sono molto più belli e soprattutto sono innocui, loro hanno i “ damn sharks”  gli squali dannati come li chiamano laggiù.
Mi sono quindi trasferito in Perù dove ho vissuto per sei anni e anche lì ho potuto fare vela spesso, perché molti degli amici avevano una barca a vela. Il pacifico è veramente il paradiso dei velisti, con i suoi venti costanti e con le correnti ben segnate sulle carte e questo spiega la bravura dei Neozelandesi in fatto di vela. Sono spesso andato a pescare con amici in barca a vela  e si pescavano dei pesci di considerevoli dimensioni. Io guardavo stupefatto, visto che di pesca d’altura non capisco molto, cosa riuscivano a tirare su.
Al ritorno dal Perù per dieci anni con un gruppo di amici, ogni anno ci prendevamo venticinque giorni di pausa e affittavamo a Trieste una grossa barca a vela e per tutto questo tempo scorrazzavamo in lungo e in largo per l’Adriatico, eravamo in nove e su una barca di 19 metri si stava più che comodi. Abbiamo girato tutto l’arcipelago delle Kornat comprando il pesce dai pescatori e andando a terra solo per rifornirci di acqua per la doccia. Siamo arrivati sino a Dubrovnik e al Pireo in Grecia e abbiamo smesso solo quando la situazione con la Yugoslavia è peggiorata. Nel 1990 infatti siamo stati fermati da una fregata Croata che pensava trasportassimo armi e dopo una perquisizione,  sotto la minaccia dei mitra, abbiamo deciso che era meglio smettere. Dopo queste esperienze, per due anni sempre con quel gruppo, ho fatto due Barcolane che sono la regata annuale di Trieste alla quale partecipano centinaia di barche. Andato in pensione e dopo un infarto che si è felicemente concluso, si è chiusa la mia stagione velistica.
regata

Antonio2.li    31  05  2009

L’AZZURRO MARE (scritto da domenico, inserito da paolacon)

E’ incredibile, sembra che questo mare scivoli sulla mia pelle, basta un niente,  un alito di vento, per sentire tutto il suo profumo. Tutto ciò  mi procura questa rara e impagabile sensazione! Essa mi riporta indietro, alle vecchie emozioni, quando andando su e giù per questo azzurro mare, in cerca di calore, in questo  angolo di paradiso,  godevo  della sua serenità. Il destino ti ha messo sulla mia strada, è come ritrovare un vecchio amico, che dopo lungo tempo ritorna possente, a far sentire la sua voce, come un padrone, a volte generoso a volte crudele, ma sempre con rispetto e  ammirazione.  Queste sensazioni particolari pensavo di averle perse, ma mi sbagliavo,  le avevo solo accantonate.  Grazie per non avermi abbandonato e di non esserti mai dimenticato di me! Con il mare di fronte, come per incanto,  tutto mi appare più bello, e sono fortunato di averti ritrovato.
Questa strada  che ho imboccato di nuovo, e che non vorrei più abbandonare,  porta diritta al mare, e non si ha più voglia di tornare indietro. Oh Signore,  e pensare che credevo di aver perduto tutto! Ora sì,  come un poeta sensibile, cantore di emozioni, sono pronto a  canticchiare le sue  gesta,  sia di quando è calmo o  in tempesta.
Ricordo quando passavo delle ore,  seduto ad ascoltare il suo dolce mormorìo poi, in maniera lenta e guardinga, mi distendevo sulla  battigia, e restavo immobile ad ammirare i suoi movimenti, sentendomi avvolto in un’atmosfera speciale. Non vorrei più andarmene, anzi  più  i ricordi si fanno vivi,  più ritrovo me  stesso,   e mi sembra di ascoltare dolci  parole  d’amore.  Questa è la linfa vitale che mi dà forza e tu, solo tu, la sai alimentare.  Queste emozioni rimangono impresse nella mia mente e non si cancelleranno mai. Ciò che più mi rasserena è  questo legame profondo, che niente e nessuno potrà mai portarmi via.
Domenico e Boba    31 maggio  2009
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chagall-promenade
Marc Chagall, il cui vero nome era Moïshe  Zakharovich Shagalov, nacque a Liosno, nell’odierna Bielorussia, il 7 Luglio 1887, primo di sette figli, in una famiglia ebraica, molto unita.
Dal 1906 al 1908 studia pittura a Vitebsk, poi alla Scuola delle Belle Arti di Pietroburgo.
Per vivere a Pietroburgo, gli ebrei dovevano essere muniti di un permesso di soggiorno e Chagall,  per mantenersi, era costretto a lavori di ogni genere, finendo perfino in prigione.
Nel 1910, grazie ad un viaggio finanziato da un mecenate,  si trasferisce a Parigi, dove conosce nuove correnti pittoriche e di pensiero, interessandosi particolarmente  al  Fauvismo e al  Cubismo. Negli ambienti artistici d’avanguardia frequenta pittori ed intellettuali, tra gli altri Guillaume Apollinaire, Robert Delaunay, Cardas e Léger.
Lo stile di Chagall è già indirizzato alla scomposizione delle immagini,  realizzata  in chiave onirica e fantastica, tenendo conto degli insegnamenti del  fauvismo e del cubismo. chagall-le-violiniste-bleu
Nel 1915 Chagall ritorna in Russia e si sposa.
Negli anni della guerra rappresenta la dura cronaca del presente trasfigurandola  in un sogno, sovrapponendo fantasie popolari, violinisti solitari e figure volanti.
In patria  la sua arte è molto apprezzata,  tanto che ottiene l’incarico di realizzare le decorazioni per il Teatro Ebraico Statale “Kamerny”, ma presto il suo dissenso con il comunismo lo porterà a Berlino,  per proseguire l’anno dopo per Parigi.
Tra i soggetti più ricorrenti nei quadri di Chagall figurano il mondo della nascita, le nozze nel villaggio, la vita dei contadini, i rabbini e le feste ebraiche, usando colori intensi e cupi, per creare atmosfere inquietanti.
A Parigi  Chagall rientra nel giro degli artisti e lavorerà intensamente, allestendo diverse mostre. Nel frattempo, il nazismo prende il potere in Germania e tutte le opere di Chagall vengono confiscate.
Nel 1941 accoglie  l’invito del Museo d’Arte Moderna di New York e parte per l’America.
La morte della moglie nel 1944 sconvolge Chagall che abbandonerà i pennelli per molti mesi.
Al termine della guerra ritornerà a Parigi.  Nel 962 disegnerà le vetrate per la sinagoga dello Hassadah Medical Center di Gerusalemme e nel 1964 una grande vetrata a New York.chagall-vetrata-a-new-york1
Riceverà molti premi e riconoscimenti per la sua arte.
La sua opera, intrisa di spiritualismo che rivela una matrice insieme russa ed ebraica, costituisce l’espressione visiva di un ricchissimo mondo interiore, un fantasmagorico universo di emozioni, un caleidoscopio d’immagini reali e fantastiche.
Il suo linguaggio, atemporale, eterno come l’animo dell’uomo e la poesia dello spirito,  riesce, più di ogni altro, a raccontare i sogni e a dare un volto alla speranza.
L’artista sembra porsi come osservatore del mondo,  d’un mondo  riccamente colorato, visto attraverso delle vetrate.
Egli  riesce ad esprimere i suoi sentimenti con colori vivissimi e pieni di leggerezza.
Chagall morirà il 28 Marzo 1985 a Saint Paul de Vence.
giovanna 3.rm      31maggio 2009