Riccardo Avanzi ci manda un articolo molto interessante dicendomi:
“Tradotto e corretto da me, su indicazione della mia carissima amica Pepi Blanes, mi è stato inviato da amici brasiliani per diffonderlo sul web, perché di queste cose nessuno ne parla.”
Una idea da far venire la pelle d’oca!
Alfredo Moser è un meccanico brasiliano.
Nel 2002 ha avuto un’idea particolarmente brillante, stanco di subire frequenti black-out che interessavano la città Uberaba, città situata a sud del Brasile, dove tutt’ora vive. Alfredo ha iniziato a sviluppare l’idea della rifrazione solare in acqua e ben presto vista la sua grande genialità, inventò, la lampadina dei poveri. Una idea semplice, e alla portata di tutti: una bottiglia di plastica riempita con due litri a cui si aggiunge un po’ di candeggina per fare in maniera che non si formino le alghe, inserendo alcune bottiglie in fori praticati nel tetto, sigillandoli poi con silicone. Ha inventato l’illuminazione libera, biologica, senza nessun costo per illuminare la casa durante il giorno, illuminazione particolarmente utile per baracche ed edifici precari che specialmente nelle baraccopoli, dove le case hanno solo una finestra è più che mai utile. A seconda dell’intensità del sole, la potenza di queste lampadine è tra 40 e 60 watt. “E’ una luce divina. Dio creò il sole, e la sua luce è per tutti “, ha detto Moser intervistato dalla BBC . “Non costa un centesimo ed è impossibile prendere la scossa elettrica”.
L’inventore non ha ottenuto nessun profitto dall’installazione in case e imprese locali, la sua invenzione non lo ha reso ricco, né lui lo aveva previsto. Però può raccontare con grande orgoglio: «Conosco un uomo che ha piazzato le bottiglie sul tetto, e in un mese ha risparmiato abbastanza per comprare beni di prima necessità per se, per la moglie e per il figlio appena nato”, racconta Alfredo soddisfatto. La sua idea si è diffusa in tutto il mondo. La lampadina geniale non è in uso solo a Uberaba. Negli ultimi anni, l’invenzione ha subito una grande espansione in tutto il terzo mondo. Ad esempio, la Fondazione MyShelter (mio rifugio) nelle Filippine, ha accolto con entusiasmo la sua idea. MyShelter è specializzata in costruzioni alternative che utilizzano materiali come il bambù, pneumatici o carta. Nelle Filippine, dove il 25% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, e l’energia elettrica è particolarmente costosa, 140.000 famiglie hanno fatto ricorso a questo sistema di illuminazione. Il Direttore Esecutivo di Myshelter Illac Angelo Diaz spiega che le lampadine-bottiglia si sono diffuse in almeno quindici paesi, tra cui l’India, il Bangladesh, Fiji e Tanzania.
Mentre Alfredo, ancora incredulo, dice: “Non avrei mai immaginato che la mia invenzione avrebbe avuto un tale impatto”.
“Mi dà la pelle d’oca al solo pensarci.”
E voi che ne pensate, lui non lo meriterebbe il Nobel?
Le Apuane
Una bracciata ancora e nell’acqua particolarmente limpida di Fiumaretta, nuotando lentamente, alzo lo sguardo e le vedo avvolte in una leggera fumosità che le rende ancora più magiche.
Se non fosse per le fila multicolori di ombrelloni, per la bandiera con le tre onde di “mare pulito”, per i pini marittimi della litoranea, direi che stò sguazzando in un lago alpino.
A volte sono rosa, nel contrasto di un cielo azzurro, dove nuvolette quasi stanziali, aleggiano sulle cime più alte.
I canaloni di marmo bianchissimo, sembrano nevai eterni e la magia di questo strano luogo, riassume tutte le bellezze d’Italia, affascina e stupisce.
Dietro, mi separa dal fiume Magra un molo di bianchi blocchi di marmo che luccicano al sole, guardo ancora queste splendide Apuane ed immagino Giulio, tra quelle vette, col suo sax, suonare un bluese la melodia riecheggia tra gola e gola, tra picco e picco e l’eco giunge al filo dell’acqua che vibra e scintilla nella calda mattina d’estate.
Ho voglia di invitarvi ad un tè delle 5, per una chiacchierata informale su tutto quello che volete.
Intanto il tè nella migliore tradizione, e quello formalissimo: le fette di limone ed il bricchettino del latte per chi lo vuole;
le tazze belle di porcellana fine, due salatini e una cosetta dolce.
Scegliete la tazza che preferite
con latte o con limone?
Un dolcetto?
Poi potremmo parlare di quello che desiderate, come viene, in semplicità, tra un pasticcino e l’altro.
Che ve ne pare?
Chi viene? Siete tutti invitati.
Vi ricordate dove eravate voi, quell’11 settembre del ’73, il giorno più nero della storia del Cile?
Il golpe del generale Pinochet, il bombardamento cruento del palazzo presidenziale, la Moneda, e la morte del presidente socialista Salvador Allende, forse suicida.
Ne seguì una dittatura feroce, che provocò migliaia di vittime tra morti e desaparecidos. Una ferita sempre viva.
Ieri più di 30mila persone hanno marciato a Santiago, per chiedere verità sulle migliaia di persone scomparse e la fine dell’impunità.
(preso dal web)
Ricominciamo, con tanta buona volontà, una spruzzata di buon senso, un pizzico di fortuna, le mani un po’ di tutti, e contando anche sulla continuità di un aiuto futuro.
Eccomi di nuovo con voi, dopo una pausa estiva prolungata, dovuta a mille problemi di vario tipo, a vacanze e ferie belle e tempestose, che forse un giorno vi racconterò…
Ed ecco Franco Muzzioli, che con l’energia e la generosità di sempre, ci dà una mano a ravviare e rimettere in sesto questo blog.
Il mio canto libero scritto da Franco Muzzioli
E il settembre è giunto, dopo i temporali estivi, dove qualche grandinata è arrivata dentro anche a questi blog, si spera in temperature più miti, i colpi di sole saranno meno frequenti, l’unico problema è che andiamo verso il periodo della vendemmia, con il pericolo di qualche sbronza inopportuna.
Chiaramente un “grillo sparlante” quale sono io, deve stare attento alle folgori che possono arrivare anche in autunno , ma come cantava Battisti …”il mio canto libero sei tu“….eldyana e eldyano …..voi che volete continuare a dire la vostra, proponendo e commentando.
Che cosa c’è di più bello del libero pensiero, nel rispetto dell’altro e nella correttezza dialettica?
Spero che l’autunno, stagione “matura”, dove si colgono i frutti ed i colori si accendono, sia fuorviera di belle idee e tanta partecipazione.
La canzone prosegue :
….” la veste dei fantasmi del passato
cadendo lascia un quadro immacolato
e s’alza un vento tiepido d’amore
di vero amore…..“
Dai che ricominciamo !!!!!!
Franco affida al grande Lucio Battisti il messaggio di speranza e il ritorno
Il fascino del cambiamento
In questo periodo dell’anno, l’imperativo è il cambiamento. Si torna al tran tran quotidiano dopo un periodo, anche se non siamo partiti, abbastanza inconsueto. Sembra strano eppure proprio adesso si cerca di cambiare, si fanno buoni propositi e si cerca di attuarli… Andare in palestra regolarmente, approfondire lo studio di quella lingua straniera che zoppica, dedicare più tempo a se stessi… come se avessimo davanti l’anno nuovo. Non è Capodanno, ma lo è in realtà nella nostra mente. La prova? presso alcuni popoli il nuovo anno comincia proprio adesso. E l’anno scolastico? Non inizia ora?
Poi c’è Pasquino che mi ha fatto tornare in mente la bellissima poesia di Gabriele D’Annunzio che comincia così:
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti…
…
E si conclude con queste parole:
Ah perché non son io cò miei pastori?
Bene è tempo perciò di cambiamento anche per noi, cambiamenti in casa, cambiamenti mentali.
“La Transumanza“
La transumanza, ci spiega Titina, dal francese “transhumanche“, composto dal latino trans (oltre) e humus (terra) è una pratica antica della pastorizia. E’ identificata nello spostamento del gregge o della mandria nei pascoli a valle nella stagione fredda, in quelli di montagna durante quella estiva.
Praticata in Molise fin dai tempi dei Sanniti, continua ancora oggi …
Pastori
Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natía
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
Gabriele D’Annunzio
NON MI RIESCE DI PUBBLICARE DEVO AVERE IL MIO PC ROTTO
Riporto qui un commento di Franco Muzzioli a questo post di Lorenzo3An.
Franco suggerisce di farne un articolo ed io seguo il suo consiglio.
“La prosa di Lorenzo ,intimistica e accorata, a mio parere varrebbe un articolo …sulla solitudine….sull’amicizia….sui ricordi…e su questo nostro strano modo di comunicare (monitor/tastiera).”
A voi il piacere di scrivere.
I momenti migliori della nostra vita si sono avuti con l’incoscienza, con la stupidità di essere dei ragazzini che vivono ogni attimo senza mai pensare al futuro. Cerchiamo negli occhi di ogni madre di avere la sua consapevolezza che non facciamo errori, che non commettiamo imprudenze, che non si faccia schiamazzi.
Ma chi di noi non ha fatto errori?
Chi non ha fatto imprudenze e chi non ha fatto schiamazzi, magari per un capriccio, per un disguido con gli amici o con i coetanei.
Nessuno!!
Siamo umani e come tali possiamo sbagliare, ascoltiamo i loro consigli, mettiamo nelle nostre menti le regole che ci vogliono in questa vita, ci siamo legati ogni cosa come fosse tutto da ricordare, ma non abbiamo fretta di sapere.
Abbiamo la scuola che ci da lezioni per andare avanti nella vita, e credo che nessuno sia immune da questo, una volta era un pregio andare a scuola, oggi se non abbiamo un diploma o una laurea nessuno ti da ascolto.
Eppure siamo degli incorreggibili romantici, cerchiamo negli altri l’amore, la forza per andare avanti e ci appoggiamo agli amici, leggiamo negli loro occhi chi ci ascolta, quanto bisogno ci sia di una parola, di un sorriso, un abbraccio, un legame che è solo l’amicizia ti può dare.
Nascondersi dietro un monitor, dietro un telefono, o dietro a un cellulare non significa che non siamo ascoltati, a volte il timore che siamo davanti a delle persone dal vivo che ci guardano ci creano problemi , che ci osservano ci fanno essere timidi o addirittura balbuzienti e le nostre guance diventano di ogni colore dell’arcobaleno, e ci blocchiamo, no!!! il vetro e i vari palliativi che ci aiutano sono degli ottimi aiuti per avere le nostre idee aperte a chi ci vuole ascoltare.
Ma che fine ha fatto quel ragazzino che inconsciamente faceva di testa sua e riusciva nel suo intento?
Dove è finita la spavalderia che si aveva quando non si dava ascolto ai genitori e le cose andavano bene ugualmente?
Sono passati gli anni, la gente ora ti osserva, critica ciò fai, si meraviglia se hai fatto qualcosa di straordinario e non ha più quella spensieratezza che aveva come te.
Ora ha gli stessi tuoi problemi, che dava ascolto, ora non ricorda gli insegnamenti avuti e ricarica su di te le sue responsabilità, forse il tempo cancellerà ogni suo ricordo di gioventù, ma gli insegnamenti rimangono nella nostra mente per sempre, in un cassetto chiuso a chiave e, ora non troviamo più la chiave per aprire i nostri ricordi.
Per farlo ci vogliono tante cose, una di queste è la vera amicizia, le nostre parole danno e ricevono forza da ogni attimo vissuto con loro, non servono paroloni ma una ottima intesa a far si che ogni attimo sia di immensa gioia, ridendo, scherzando e magari fino a piangere dalla felicità.
Non nascondiamoci dietro ad un monitor per il solo gusto di scrivere o dire frasi che a qualcuno possono sembrare assurde, un pensiero, un dolce ripiego dicendo che ti voglio bene, non significa che siamo amanti ma siamo amici.
Non si possono vedere i sorrisi o i pianti attraverso un monitor, nei nostri cuori però sappiamo che lei o lui sta vivendo un attimo bello da ricordare o brutto da dimenticare, ma siamo tra amici e si possono fare, questo è il bello da scegliere se vuoi ricordare o dimenticare.
Ognuno di noi nella vita sa e percepisce quali sono stati i suoi momenti felici o brutti, ma non ci siamo fermati, non ci siamo persi in quel mondo fantasmagorico che è la vita, abbiamo cercato di migliorarci, di compiere imprese che a volte ci sembravano assurde e oggi ripensando a quei tempi, nessun pensiero ci da più soddisfazione di come ci siamo tirati fuori da quelle brutte esperienze, ma gli errori ci hanno dato forza, ogni errore è stato pagato con pianti, con sorrisi con feste e con gioie immense.
Ecco ora la mia vita è arrivata ad un bivio, dimenticare o ricordare i brutti momenti ed essere felice per un sarcastico modo di vivere, non si può essere felici e dentro spezzati da lacrime che tornano sempre fuori, da ricordi che ci fanno star male, ma siamo umani e come tali piangiamo, ridiamo e comunichiamo che non stiamo bene ed è giusto ricordare ogni cosa del passato.
Non dire mai.
Darsi del “lei” è da snob? Oppure è un segno di “uguaglianza”?
Prendo come spunto un articolo di Piero Ottone, certamente scrittore e giornalista un po’ snob…e che dice …< leggo di tanto in tanto un lamento, se non proprio un grido di dolore da chi è apostrofato da sconosciuti con il “tu”. Infatti l’uso del “tu” fra persone che non si sono mai viste e conosciute si diffonde nei supermercati, nei treni, negli autobus ecc.>
Nei paesi anglosassoni da tempo hanno risolto il problema con il pronome “you”, ma anche in altri paesi europei sta diventando abitudine.
Piero Ottone continua dicendo che per lui non è corretta questa abitudine, almeno per la nostra cultura e che il “tu” universale è un concetto di eguaglianza . Ma l’eguaglianza, la “égalité”, scoperta dai francesi con la rivoluzione, non è un valore in senso assoluto, in certi casi è una conquista preziosa ..l’eguaglianza di fronte alla legge, ad esempio.
Quindi tutti dobbiamo esser uguali nei diritti e nei doveri ..e continua…<Mi pare giusto che ci siano gradazioni dovute all’età, alla cultura, alle funzioni che si esercitano…perché ignorarle?
Perchè non tenerne conto?
Un anziano o una persona che svolge una attività importante, non può essere considerata (aggiungo ..formalmente) come il ragazzo che consegna il latte nel quartiere. L’uno e l’altro meritano rispetto, ma solo una società decadente può fare di un erba un fascio, mettere tutti nello stesso piano ed usare con gli uni e con gli altri lo stesso linguaggio>…….
E’ certo che se incontriamo culture diverse dobbiamo adattarci senza scandalo alle loro abitudini. Buona parte degli immigrati tendono a darti del tu e questo non deve suonare come offesa perché fa parte della loro cultura.
Però non accetto che in un ospedale un’ inferiera dia del “tu” ad una anziana o ad un anziano degente, non accetto il “tu” al cameriere quando lui ti tratta con il “Lei”, non accetto il “tu” gratuito, il “tu” cafone, il “tu” offensivo.
Il “tu” è un segno di conoscenza, di amicizia, di intimità non deve essere svilito da comportamenti volgari, ineducati o fintamente egualitari.
Ovviamente …parola di snob!…
Che ne pensate?
Proprio dopo l’articolo-denuncia di Alba Morsilli viene tirato in causa un altro aspetto che si riscontra negli ospedali. Negativo?
Diritti e doveri dei pazienti